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Premessa. Nell'articolazione dei temi che costituiranno oggetto di studio e dibattito nel Convegno di Medicina Legale Previdenziale di quest'anno un interesse

CONTRIBUTO ALL'ANALISI DELLA RESPONSABILITA' AMMINISTRATIVA DEL MEDICO PREVIDENZIALE

1. Premessa. Nell'articolazione dei temi che costituiranno oggetto di studio e dibattito nel Convegno di Medicina Legale Previdenziale di quest'anno un interesse

particolare è stato manifestato per la problematica della "responsabilità professionale", con riferimento alle specifiche figure del "medico previdenziale" e del "medico competente".

A tale problematica, infatti, sono state dedicate due sessioni, in una delle quali l'Avvocatura generale svolgerà una relazione in materia di "responsabilità professionale del medico competente".

Al fine di contribuire, peraltro, in modo onnicomprensivo all’incontro di studio, con la presente comunicazione si intendono apportare ulteriori spunti di riflessione mediante l’approfondimento di uno specifico tipo di “responsabilità” alla quale, talora 1, sono assoggettati i medici addetti alle strutture sanitarie pubbliche, considerati sotto il profilo esclusivo di dipendenti, o comunque di soggetti legati dal c. d. "rapporto di servizio" 2 con la Pubblica amministrazione presso la quale sono chiamati a fornire le prestazioni professionali per assicurare il diritto alla salute garantito dall’art. 32 della Costituzione 3

Si tratta della c. d. "responsabilità amministrativa" affidata alla giurisdizione di una magistratura speciale, la Corte dei Conti

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1 La disamina dell’andamento giurisprudenziale della Corte dei Conti degli ultimi anni e le analisi svolte dai Procuratori generali in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario mostrano che la consistenza delle fattispecie di responsabilità concernenti i medici è del tutto marginale nel contesto generale dell’attività giurisdizionale di responsabilità per danni alla Pubblica amministrazione, e che, spesso, l’azione giudiziaria scaturisce o trova sostegno soprattutto in una decisione di condanna emessa dal giudice penale.

2 Per consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti sussiste rapporto di servizio ogni volta che un soggetto venga inserito, anche se temporaneamente, in un apparato organizzatorio pubblico preordinato al soddisfacimento di pubbliche esigenze (ad es. nel caso di medici chiamati a fare parte di un organo collegiale nell’ambito di un procedimento finalizzato al riconoscimento a favore di categorie meritevoli di assistenza).

3 Cfr. in materia ALBENZIO, Rassegna di giurisprudenza sui principali problemi relativi al rapporto di lavoro dipendente e convenzionato dei medici del Servizio sanitario nazionale, in Foro italiano, 1993, I, p.

2286. SCOCA, Osservazioni sul rapporto di impiego dei medici ospedalieri, in Rass. Amm. San., 1970, 156 e 251

, che viene a configurarsi in ipotesi di danno

4 Cfr. in proposito l'art. 103 della Costituzione, secondo cui "La Corte dei Conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge", ritenuto "punto di arrivo di una complessa evoluzione legislativa, dottrinaria e giurisprudenziale iniziatasi con la legge istitutiva della Corte dei Conti del Regno d'Italia (L. 14 agosto 1862, n.800) e, nel contempo punto di partenza di ulteriori studi ed elaborazioni tuttora in atto" (così testualmente, F. BALSAMO - L. RICCIARDI, Codice delle leggi sulla Corte dei Conti e leggi complementari, Giuffrè Milano, 1977, p. V). La Corte, in origine, non aveva tra le proprie attribuzioni (cfr. in particolare la legge n. 800/1862 citata) anche quella di

arrecato all’erario in conseguenza di comportamenti collegati tanto all’esercizio della professione medica svolta attraverso l'attività diagnostico - valutativa o terapeutica, quanto alla mancata osservanza di specifici obblighi propri del rapporto di impiego o comunque di servizio con la pubblica amministrazione.

2. La “responsabilità amministrativa” del medico nell’ambito della responsabilità professionale. Prima di addentrarci nel vivo della trattazione conviene chiedersi se tale argomento possa ritenersi pertinente con l'oggetto in dibattito in questo Convegno, che attiene propriamente alla "responsabilità professionale".

Al riguardo potrebbe obiettarsi, infatti, che di norma, quando si parla di

"responsabilità professionale", ci si intende riferire prevalentemente alla responsabilità della professione medica sotto l'aspetto penalistico o risarcitorio di diritto civile, per le conseguenze che l'attività sanitaria può comportare sulla salute del "paziente", ovvero sotto l’aspetto “disciplinare”, per inosservanza di doveri derivanti dall’appartenenza all’Ordine professionale.

Nel capitolo dedicato alle “fonti della responsabilità professionale medica”, F.

INTRONA osservava che “la responsabilità medica è stata di solito trattata nell’unico riferimento verso il malato e le si riconosce tradizionalmente, come fondamento giuridico, il principio che ciascuno ha l’obbligo di rispondere in sede penale e civile dei danni cagionati a terzi” 5

In tale prospettiva, alla luce del vigente ordinamento giuridico, mentre le fattispecie penalmente rilevanti costituiscono oggetto di specifica disciplina nel codice penale o in leggi speciali, invece, i rapporti tra medico e paziente sono presi in considerazione nell’ambito della normativa riguardante l'esercizio delle professioni intellettuali

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giudicare sulle responsabilità per danni arrecati all'Erario, che risulta introdotta nell'ordinamento solo con l'art. 82 del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440, "Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”, secondo cui "l'impiegato che per azione od omissione, anche solo colposa, nell'esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo", e con l'art. 83 dello stesso Regio decreto, secondo cui “i funzionari di cui i precedenti articoli 81 e 82 sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti, la quale, valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto”. Tali disposizioni sono state poi recepite nell'art. 13 del R. D. 12 luglio 1934, n. 1214 (testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti) secondo cui La Corte, in conformità delle leggi e dei regolamenti, "giudica sulle responsabilità per danni arrecati all'Erario da pubblici funzionari, retribuiti dallo Stato, nell'esercizio delle loro funzioni" e nell’art.

52 dello stesso decreto in cui si prevede che “I funzionari, impiegati ed agenti, civili e militari, compresi quelli dell’ordine giudiziario, e quelli retribuiti da Amministrazioni, Aziende e Gestioni statali ad ordinamento autonomo, che nell’esercizio delle loro funzioni per azioni o omissione imputabili anche a sola colpa o negligenza, cagionino danno allo Stato o ad altra Amministrazione dalla quale dipendono, sono sottoposti alla giurisdizione della Corte, nei casi e modi previsti dalla legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato e da leggi speciali”. La più recente normativa in materia di responsabilità amministrativa è dettata dalle leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e n. 20 e dalla legge n. 639 del 1996 (cfr. anche Corte Costituzionale n. 371 del 20 novembre 1998, in Giur. Cost. 1998, 3243, con nota di E. CASETTA, Colpa del dipendente pubblico ……..o colpa del legislatore”).

5 Cfr. F. INTRONA, La responsabilità professionale nell’esercizio delle arti sanitarie, , Padova, 1955, p.

89, con riferimento all’opinione di F. DOMENICI

6 Cfr. , in tal senso, l'esposizione della problematica in G. ALPA - M. BESSONE - V. CARBONE, Atipicità dell'illecito - IV, lesione del credito , tutela del consumatore, responsabilità del professionista, illecito della P:A:, Giuffrè Milano , con particolare riguardo ai "Profili di responsabilità aquiliana nell'esercizio di attività economiche e professionali", p. 306, in cui particolare attenzione è dedicata, nel contesto della "responsabilità civile del professionista intellettuale" (p. 346) anche al medico (cfr. p. 350).

In giurisprudenza si è poi affermato in generale che "Nel contratto di prestazione d'opera intellettuale tra il chirurgo ed il paziente, il professionista, anche quando l'oggetto della sua prestazione sia solo di mezzi, e non di risultato, ha il dovere di informare il paziente sulla natura dell'intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati, e sulle possibilità e probabilità dei risultati conseguibili, sia perché violerebbe, in mancanza, il dovere di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (art. 1377 c. c.), sia perché tale informazione è condizione indispensabile

disciplinato dall'art. 2229 c. c., norma dedicata al ”lavoro autonomo”, che è collocata nel Titolo I del Libro V “Del Lavoro”.

In tale articolo del codice appare anche il riferimento al potere disciplinare (potere che presuppone l'accertamento di una responsabilità di natura "disciplinare") demandato alle "associazioni professionali" salvo diverse disposizioni di legge (cfr., ad esempio, per il medico – chirurgo, il R. D. L. 3 maggio 1935, n. 18, il D. L. 13 settembre 1946, n. 233, il D. P. R. 5 aprile 1950, n. 221; ovvero per il dentista l'art. 99 e ss. del T.

U. leggi sanitarie R. D. 27 luglio 1934 n. 1265).

In particolare, la disciplina della responsabilità per danni arrecati dal professionista a terzi è contenuta nell'art. 2236 c. c., in cui si stabilisce che " se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave" 7

Sicché, in relazione a tale disposizione, si ritiene ormai, in forza anche di un orientamento giurisprudenziale consolidato, che la responsabilità civile del professionista debba essere valutata secondo il parametro di carattere generale fissato dall'art. 1176 c. c., con le limitazioni desumibili dall'art. 2236 c.c.

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per la validità del consenso, che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, senza del quale l'intervento sarebbe impedito tanto dall'art. 32, comma 2 della Costituzione, a norma del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, quanto dall'art. 13 della Costituzione che garantisce l'inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica, e dall'art. 33 della l.

23 dicembre 1978, n. 833, che esclude la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente se questo è in grado di prestarla e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità (art. 54 c. p.)" (Cfr. Corte di Cassazione III sez. civile, 25 novembre 1994, n. 10014)

7 Cfr. Corte di Cassazione, III sez. civile, 1 febbraio 1991, n. 977, secondo cui "In tema di responsabilità del medico, ai sensi dell'art. 2236 c. c., la limitazione di responsabilità ai casi di dolo o colpa grave si applica, non a tutti gli atti del medico, ma solo a quelli che trascendono la preparazione professionale media, altrimenti il medico risponde anche per colpa lieve, spettando al cliente provare che l'atto del medico era di facile esecuzione e che per effetto dell'opera del medico egli ha subito un peggioramento delle proprie condizioni di salute, salvo per il medico, in tal caso, di provare di avere eseguito la prestazione don diligenza". Relativamente a quest'ultimo punto in giurisprudenza si è altresì affermato che "Il medico chirurgo nell'adempimento delle obbligazioni contrattuali inerenti alla propria attività professionale è tenuto ad una diligenza che non è solo quello del buon padre di famiglia, come richiesto dall'art. 1176, comma 1 c. c., ma è quella specifica del debitore qualificato, come indicato dal comma 2 dell'art. 1176 c. c., la quale comporta il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che nel loro insieme costituiscono la conoscenza della professione medica, tenendo conto che il progresso della scienza e della tecnica ha notevolmente ridotto nel campo delle prestazioni medico - specialistiche l'area della particolare esenzione indicata dall'art. 2236 c. c." (Corte di Cass. III sez. civile, 3 marzo 1995, n. 2466, che ha confermato la sentenza di merito in cui era stato escluso che possa considerarsi problema tecnico di speciale difficoltà per uno specialista ortopedico la corretta terapia della immobilizzazione delle articolazioni di un arto ustionato). Quanto alla "colpa grave" essa è stata configurata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione come " ipotesi particolarmente grave di imperizia e, precisamente, come totale difformità del metodo o della tecnica su cui la scelta è caduta, da quelle regole che, per il comune consenso delle autorità scientifiche e per consolidata sperimentazione, si possono considerare acquisite alla scienza ed alla pratica, sì da costituire il necessario corredo, culturale e sperimentale, del professionista che si dedichi ad un particolare settore della medicina (Cass. III sez. civile, 13 ottobre 1972, n. 3044)

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8 Cfr. Corte di Cassazione 26 marzo 1990, n. 2428 in Giust. Civ. 1991, I, 1, 600, con nota di CARUSI, citata in ALPA ed altri in op. loc. cit. p. 351 e ss.. In tale sentenza è stato affermato che la responsabilità del professionista per i danni causati nell'esercizio della sua attività postula la violazione dei doveri inerenti al suo svolgimento, tra i quali quello di diligenza, che va, a sua volta, valutato con riguardo alla natura dell'attività e che, in rapporto alla professione di medico chirurgo, implica scrupolosa attenzione ed adeguata preparazione professionale. Conseguentemente, il professionista medico chirurgo risponde anche per colpa lieve, quando per omissione di diligenza o per inadeguata preparazione provochi un danno nell'esecuzione d'un intervento operatorio o d'una terapia medica, mentre egli risponde solo se versi in colpa grave, quante volte il caso affidatogli sia di particolare complessità o perché non ancora sperimentato e studiato a sufficienza o perché non ancora dibattuto con riferimento ai metodi terapeutici

In ordine alla problematica della responsabilità civile e penale del medico nei delicati rapporti con il paziente è stato evidenziato da tempo che essa ha assunto particolare rilevanza per effetto della c. d. "socializzazione della medicina".

Aldo FRANCHINI, nel presentare l'opera di Francesco INTRONA "La responsabilità professionale nell'esercizio delle arti sanitarie" del 1955, osservava in proposito che tale “socializzazione” ha reso " del tutto popolare …..l'uso del medico, ma, nello stesso tempo ne ha creato un personaggio facilmente vulnerabile e soprattutto giudicabile da chiunque intenda farlo".

Il riferimento alla “socializzazione” della medicina consente di comprendere anche le ragioni che hanno indotto ad ampliare l’ambito della “responsabilità professionale”

anche a fattispecie diverse da quelle collegate al diretto rapporto medico – paziente.

In proposito può rilevarsi che era favorevole ad un’estensione della responsabilità come sopra delineata lo stesso INTRONA, il quale nella citata opera, ritenendo che dovesse essere allargato il concetto di “terzi” danneggiati (riferibile in linea di principio ai malati) anche allo Stato e agli Enti, da cui il sanitario a volte dipende, e alla classe medica stessa, in proposito affermava “ intendo, infatti, raccogliere nel concetto di responsabilità oltre che l'attitudine a rispondere giuridicamente del proprio fatto illecito anche tutto il complesso di doveri, poteri e diritti che competono al medico come tale e come cittadino e che sono oltre che di significato giuridico anche di natura etica, morale, schiettamente professionale" 9

Pertanto, insieme con gli "obblighi legali penali" e gli "obblighi legali civili", INTRONA individuava i c.d. "obblighi legali disciplinari" che consistono nel rispetto di tutti i regolamenti emanati da Enti, Amministrazioni, Sindacati, Ordini professionali, ecc.

dai quali il medico dipende, precisando che tali obblighi amministrativi e disciplinari

“sono collegati al rispetto di regolamenti statali, provinciali, comunali, parastatali, privati, di sindacati ed ordini professionali: è tutta una gamma vastissima di cui una mirabile raccolta è stata fatta da ROMANESE (dal quale io la traggo) e che interessa il medico sia in quanto funzionario di quei determinati enti parastatali, ecc. sia come libero professionista" 10

Secondo una definizione pacificamente ammessa, “con l’espressione responsabilità amministrativa si indica la responsabilità dei dipendenti pubblici per i danni causati agli enti di appartenenza da azioni od omissioni poste in essere nell’esercizio delle funzioni loro attribuite”

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3. Elementi costitutivi: rapporto di servizio, danno, comportamento, dolo o colpa grave, rapporto di causalità. Nelle considerazioni da ultimo svolte, dunque, riposa per i medici la matrice della c.d. “responsabilità amministrativa”, in forza della quale sorge il loro assoggettamento alla giurisdizione della magistratura contabile in applicazione di una regola che è comune a tutti i dipendenti pubblici.

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La Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili ha al riguardo sancito che “La responsabilità amministrativa contrattuale, l’accertamento della quale è devoluto alla giurisdizione della Corte dei Conti, richiede il concorso di tre elementi. Occorre, infatti:

a) che il danno sia lamentato dallo Stato, da un Ente territoriale minore o da un ente pubblico non economico; b) che sia chiamato a risponderne un soggetto legato all’ente da un rapporto di impiego o di servizio; c) che il danno sia arrecato nell’esercizio di un’attività illecita, commissiva od omissiva, connessa con tale rapporto, sia che abbia carattere strumentale o strutturale per l’esercizio della funzione stessa” (Corte di

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da seguire. In senso conforme cfr. anche Cass. III sez. civile 8 luglio 1994, n. 6464, 18 ottobre 1994, n.

8470.

9 Così , testualmente, F. INTRONA, op. loc. cit., pag. 90.

10 Cfr. F. INTRONA, op. loc. cit. p. 129

11 Cfr. F. GARRI, Responsabilità amministrativa, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXVI, p. 1

Cassazione SS. UU. Civili 25 ottobre 1999, n. 744, in cui vengono richiamate anche Cass. SS. UU. n. 9746 del 17 novembre 1994 e n. 3970 del 2 aprile 1993).

La stessa Corte dei Conti, riferendosi ad altre sentenze della Corte di Cassazione (in particolare a Cass. SS. UU. n. 4874/1998, n. 3358/1994, n. 13411/1991 e n.

2083/1990), ha precisato che, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 3, lettera c-bis del d. legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito nella legge 20 dicembre 1996 n. 639, sussiste la giurisdizione della magistratura contabile ogni qualvolta esista un rapporto di servizio (quindi pure carenza di un rapporto di dipendenza) per il caso di danno cagionato alla propria e ad amministrazioni ed enti diversi da quelli di appartenenza 12

Inoltre, con riferimento ad una fattispecie in cui veniva in rilievo la trasformazione di un’azienda municipalizzata in “ente pubblico economico”, la Corte dei Conti, nell’affermare l’insussistenza della propria giurisdizione (in coerenza con l’orientamento della Cassazione SS. UU. n. 12654/1997), affermata invece da una Procura regionale, si è adeguata ad una “giurisprudenza ormai pacificamente consolidata”, sostenendo che “ il criterio distintivo della responsabilità per danno ad ente pubblico economico arrecato dai propri amministratori e dipendenti è nel senso che la competenza a giudicare spetta all’a. g. o. per quanto attiene a tutte le attività riferibili alla gestione di impresa, mentre alla Corte dei Conti spetta di conoscere dei danni arrecati con atti che siano espressione di poteri autoritativi o di funzioni pubbliche”

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Pertanto, la responsabilità amministrativa scaturisce da atti, espressione di poteri autoritativi o di funzioni pubbliche (in tal senso Cass. SS. UU., 22 maggio 1991, n.

5792, citata in Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale Regione Lombardia, 20 marzo 2001, n. 303, in Riv. Corte dei Conti, n. 2/2001. p. 164)

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12 Cfr. Corte dei Conti, Sezione I Centrale, 30 aprile 2001, n. 102/A, in Riv. Corte Conti, 2001, n. 2, p.

107, nella quale si precisa che “sono sottratte al sindacato del giudice contabile le scelte di governo, di indirizzo e di alta amministrazione, mentre permangono nel quadro generale delle responsabilità sindacabili dal giudice contabile quelle attinenti ai fatti gestionali”, individuando “atto di gestione” in

“ogni atto amministrativo il quale sotto l’aspetto finanziario comporti entrata o spesa per l’ente (gestione finanziaria) e sotto l’aspetto patrimoniale comporti aumento di passività o diminuzione di attività negli elementi del patrimonio (gestione patrimoniale). E’ stato configurato “rapporto di servizio” anche nell’ipotesi di conferimento di incarico a libero professionista che si trovi a svolgere, anche in base a convenzioni di diritto privato, attività per conto di un ente pubblico essendosi affermato che “non è, quindi, la forma del rapporto con l’ente che è decisivo ai fini dell’ammettere od escludere il rapporto di servizio, quanto, piuttosto, la funzione esercitata”, che deve comportare l’esercizio di funzioni proprie dell’Ente e l’inserimento del professionista nell’organizzazione dell’ente stesso (cfr. Corte dei Conti, Sezione II Centrale, 13 marzo 2001, n. 105/A, in Riv. cit. p. 114)

13 Cfr. Corte dei Conti, Sezione II Centrale, 7 marzo 2001, n. 93/A, in Riv. Corte dei Conti, n. 2, 2001, p.

112, in cui a sostegno della propria decisione si rileva che “innumerevoli sono le pronunce della Cassazione che ribadiscono tale principio (v. oltre quella citata dalla sentenza appellata, le precedenti sempre delle Sezioni Unite civili, 17 ottobre 1992, n. 11436; n. 5792 del 22 maggio 1991; n. 231 del 9 aprile 1999), implicitamente avallato dalla Corte Costituzionale (ord. n. 307 del 9/22 luglio 1998, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, c. 1 del d. l. n.

487/1993, convertito con modificazioni nella legge n. 71/1994 nella parte in cui devolve all’a. g .o. le controversie nelle materie di contabilità pubblica riguardanti i dipendenti di diritto privato dell’Ente Poste italiane. La questione, sollevata dalla Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Puglia, per asserita violazione degli artt. 3 e 103 Cost., è stata dichiarata manifestamente infondata dal “giudice delle leggi ” in base alla premessa che l’art. 103 della Costituzione stabilisce il carattere della tendenziale e non assoluta generalità della giurisdizione della Corte dei Conti, sicché la sua concreta attribuzione richiede l’interpositio legislatoris, affermando che pertanto la giurisdizione in materia di responsabilità dei dipendenti postali non riposa su norme costituzionali e che la scelta del legislatore è ragionevole e coerente con la disciplina del rapporto di lavoro desumibile dall’art. 409 c. p. c. che riserva all’autorità giudiziaria ordinaria le controversie concernenti i rapporti di lavoro dei dipendenti degli enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica.

, che provocano danno alle

14 Cfr. anche Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale di appello Regione Sicilia, 20 marzo 2001, n. 59/A, in Riv. Corte Conti cit. p. 153, in cui si afferma che al fine di risolvere la questione della sussistenza della

finanze dello Stato o della Pubblica amministrazione in genere, e costituisce una figura di responsabilità tipica dei dipendenti o dei soggetti comunque legati da rapporto di servizio con lo Stato o gli Enti pubblici.

Si tratta di una responsabilità che sorge in presenza non della mera illegittimità di un atto: è stato in proposito chiarito, infatti, che “la giurisdizione della Corte dei Conti, in tema di responsabilità per danno al patrimonio pubblico, è una giurisdizione di danno e non di legittimità, essendo quest’ultima conferita ad un’altra giurisdizione e che

Si tratta di una responsabilità che sorge in presenza non della mera illegittimità di un atto: è stato in proposito chiarito, infatti, che “la giurisdizione della Corte dei Conti, in tema di responsabilità per danno al patrimonio pubblico, è una giurisdizione di danno e non di legittimità, essendo quest’ultima conferita ad un’altra giurisdizione e che

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