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Fabio Bartoli **

2. La situazione europea: tutta l’Europa in subbuglio.

È normale che un uomo cambi così tanto il suo modo di vedere il mondo? Probabilmente, oltre al naturale sviluppo della personalità dell’autore, ebbe un ruolo importante anche il pe- riodo storico in cui tale lavoro venne compiuto. Se è vero che tutti i periodi storici hanno i loro momenti critici che spesso portano a cambiamenti grandi o piccoli, è difficile individuare un altro momento storico tanto ricco di avvenimenti così sconvolgenti, e così pieni di conseguenze, come fu il periodo che va dal 1770 al 1831. È qui che nascono le nuove esigenze a cui l’opera di Goethe prova a rispondere.

Tenendo conto del fatto che questo non è uno studio storico ma di filosofia e, quindi, la storia è presa come uno strumento indirizzato a raggiungere i fini dell’approccio filosofico, biso- gna limitare i riferimenti solo a certi fatti. Sembra che una buona via sia quella di vedere cosa

6 Il periodo non fu senza soluzione di continuità. Ci furono periodi di inattività lunghi anche svariati anni.

7 Riassumendo D’Amico 1958: la questione dell’unità nasce dai dettami descritti, per sviluppare in maniera appropriata una favola, da Aristotele nella Poetica. In realtà lui descrisse solo la prassi delle opere teatrali del suo tempo, è stato l’umanesimo cinquecentesco, soprattutto con Castelvetro, a canonizzare tali indicazioni e a completarle con altre due unità così dette aristoteliche. In definitiva, una buona opera teatrale doveva avere: unità

di tempo, ovvero la vicenda doveva svolgersi in un’unica giornata; unità di luogo: l’azione doveva svolgersi dall’inizio

alla fine nello stesso luogo nel quale i personaggi agivano o, perlomeno, raccontavano le vicende accadute e, infine, doveva avere unità di azione: il dramma doveva comprendere un’unica azione e farla vedere dall’inizio alla fine.

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accadeva in Europa, per fornire un contesto più generale, e di vedere come la Germania si inse- risce in quel movimentato periodo.

Per fare ciò si è scelto di considerare tre eventi molto significativi a livello europeo (rivolu- zioni industriale, francese ed età napoleonica) e successivamente tre più prettamente tedeschi (Federico II, pietismo e illuminismo tedesco), evidenziando i nessi presenti tra la particolarità tedesca e il contesto generale europeo. Questa scelta metodologica risponde alla finalità della nostra descrizione, ma anche sembra un po’ calcare i bisogni degli intellettuali tedeschi di quel periodo che, grosso modo, si possono riassumere in queste domande: come posso conciliare la mia situazione nazionale con la situazione europea? Posso aiutare il mio paese a mettersi al passo con i tempi?

Non è un caso che il diciottesimo secolo sia passato alla storia con l’appellativo di secolo delle rivoluzioni. Questo nome è ben meritato perché, nell’arco di cento anni, scoppiarono al- cune delle rivoluzioni che influirono maggiormente sullo sviluppo della società contemporanea: La rivoluzione industriale, la rivoluzione americana e la Rivoluzione francese.8 Tra queste, per

prima cosa si vuole analizzare la rivoluzione industriale.

Quando si parla di rivoluzione industriale ci si riferisce al processo di industrializzazione della società che ha i suoi albori nell’Inghilterra di fine Settecento e che in sessant’anni ha cambiato completamente i connotati socio-economici europei.9

In questo periodo nascono quegli agglomerati industriali che presto presero il nome di fab- briche. La nascita di questi luoghi di lavoro è importante perché comporta uno spostamento di popolazione dalle campagne alle città (posto dove, di solito, le fabbriche si costruivano), ma anche perché grazie a questo nuovo metodo produttivo si riesce anche ad abbandonare il vetu- sto sistema economico feudale, in cambio del più moderno sistema industriale. Una delle de- scrizioni più importanti di questo mutamento nei processi produttivi si deve allo scozzese Adam Smith, con il suo libro del 1776 La Ricchezza delle nazioni.

Questo mutamento ebbe come conseguenze il predominio della classe borghese nel nuovo sistema economico che si andava delineando, e la nascita di una nuova classe sociale: il proleta- riato. Alcuni hanno individuato lo scontro tra questi due gruppi sociali come uno dei principali motori degli eventi storici successivi.10

Sarebbe un errore pensare che questa situazione abbia generato cambiamenti solo a livello socio-economico. Questo nuovo tipo di sistema di produzione dei beni ha comportato anche un deciso cambio di mentalità a livello popolare. Così, mentre con il sistema feudale è l’aristocratico a farla da padrone, soggiogando il contadino grazie alla superiorità che deriva dal diritto di na- scita, ora è l’industriale che, essendosi arricchito tirando su un’impresa, tiene sotto il suo giogo l’operaio, riuscendo a conquistare lo stesso prestigio economico degli appartenenti all’aristocra- zia. In queste due dinamiche però c’è una differenza sostanziale: il titolo aristocratico lo si riceve per diritto di nascita, mentre industriale si diventa e, di solito, per diventare tali, serve un forte senso per gli affari, unito ad uno sviluppato spirito di iniziativa. Doti, queste ultime, inutili se non unite ad un perenne dinamismo che spinge ad alzare sempre più l’asticella delle prestazioni, in un mondo dove la concorrenza è spietata e chi si ferma è perduto.11

La quiete è diventata un peccato, il leitmotiv di questa nuova era è il dinamismo, sia econo- mico che sociale. Ecco che vediamo affiorare uno dei temi più importanti del Faust: il dinamismo come principio vitale indispensabile per la realizzazione del successo individuale; il contratto che lo scienziato stipula col diavolo si basa proprio sul fatto che il primo è sicuro che non vorrà mai

8 Per quanto riguarda le rivoluzioni americana e francese cfr. Arendt 2006.

9 Questa definizione fu definitivamente consacrata da Arnold Toynbee con la pubblicazione di alcune sue conferenze su questo tema: Toynbee 2004. Per quanto riguarda una descrizione economica di questo processo cfr. Hudson 1992. 10 Cfr. Marx, Engels 2009; e Arendt 2006.

11 Per una teoria dell’imprenditore come primo motore dell’innovazione e quindi come primo iniziatore della crescita economica, cfr. Schumpeter 1971.

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fermarsi a godere di un attimo della sua vita. La tragedia finisce proprio quando Faust chiede all’attimo di fermarsi per poterne godere. Ecco le parole usate dal protagonista:

Faust: Se mai mi adagerò su un pigro letto in pace, venga immediatamente la mia ora!

Se con lusinghe potrai tanto ingannarmi che io mi compiaccia di me stesso, se con il godimento ti riuscirà d’illudermi, quello sia per me l’ultimo giorno! Questa scommessa t’offro! […] Qua la mano!

Se dirò all’attimo: Sei così bello! Fermati!

Allora tu potrai mettermi in ceppi, allora sarò contento di morire! Allora suoni la campana a morto, allora non dovrai servire più; l’orologio si fermi, la lancetta cada, e sia passato il tempo chi mi è dato!12

Si vede molto bene, leggendo queste parole, come Faust incarni alla perfezione gli ideali sopra descritti. È disposto a scommettere la propria anima che non sarà mai soddisfatto di nes- sun momento e che quindi non sarà mai vittima del desiderio di fermarsi per contemplare un qualsiasi attimo.

Dopo aver descritto il primo tassello utile alla contestualizzazione dell’opera che ci interessa, ci fermiamo qui e cambiamo scenario e nazione. Ovviamente la descrizione della rivoluzione industriale e dei suoi effetti potrebbe continuare per svariate pagine, però, non essendo inte- ressati ad una trattazione completa del tema, non approfondiremo oltre, anche perché nella bibliografia specialistica si possono trovare delle autorevoli elaborazioni.

Se nella rivoluzione industriale si hanno le basi economiche per la “morte dell’aristocrazia”, il fatto politico che maggiormente contribuì a questo “omicidio” fu la Rivoluzione Francese del 1789.

Con questo nome, canonicamente, si identifica quel periodo in Francia, che inizia il 14 luglio del 1789 con la presa della Bastiglia (carcere che rappresentava il potere della monarchia fran- cese) e termina il 9 novembre del 1799 con il colpo di stato napoleonico detto del “18 Brumaio”. Per descrivere le intenzioni di questa rivolta popolare ci serviremo delle parole dello storico Allan Forrest:

I rivoluzionari si proposero la distruzione di gran parte della struttura su cui reggeva la Francia dell’ancien regime, ma il loro intento non fu solo distruttivo, nonostante il manifesto vandalismo di molti giacobini: essi cercarono anche di creare nuove istituzioni e nuovi atteggiamenti sociali, di fondare un nuovo ordine sociale e politico in sostituzione del vecchio.13

Il nuovo ordine si basava su un sistema di merito: andava bene che nella società ci fossero delle disuguaglianze, ma esse dovevano essere decise in base alla capacità della persona che risultava previlegiata. Il principio base della rivoluzione, la libertà, non era intesa come una li- bertà da tutto e tutti, veniva intesa come una libertà di migliorare, senza essere vittima di nessun pregiudizio dovuto alla nascita, la propria posizione in società.

12 Goethe 2008a, vv. 1691-1706. 13 Forrest 1999, p. 9.

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Non è casuale che la storia d’amore più toccante della nostra tragedia tedesca, quella tra Faust e Margherita, sia un rapporto sentimentale tra due persone di classi sociali diverse. Il modo tragico con cui si conclude la storia si può interpretare come la resistenza di Goethe ad accettare questo nuovo modo di vedere il mondo, in cui il mischiarsi tra classi sociali non è più considerato un problema.

Ciò non significa che Goethe non sia favorevole a questo cambiamento, che si trasforma nel desiderio delle classi meno agiate di entrare in stretto contatto con le classi superiori. Ne è la dimostrazione il fatto che, pur dopo aver commesso delitti ed azioni malvagie in nome del suo amore per Faust, Margherita, alla sua morte, non venga mandata all’inferno ma salvata in extre- mis da Dio alla fine della prima parte:

Faust: Tu devi vivere!

Margherita: Giudizio di Dio! A te mi sono data! […]

Margherita: Tua sono, Padre! Salvami! Angeli! Sante schiere, fatemi scudo intorno, difendetemi!

[…]

Mefistofele: È giudicata! Voce dall’alto: È salva!14

Ecco subito individuata un’altra idea nata in quel periodo e che si ritrova nel personaggio goethiano: la sua assoluta riluttanza per le imposizioni dall’alto, e il suo desiderio di poter essere libero nel mondo, disponendo di tutti i mezzi che riesce a procurarsi, anche a costo di chiedere aiuto al diavolo.15

Questo desiderio di libertà è individuabile anche nella sua delusione per il sapere accade- mico che, imponendogli regole sui suoi studi, gli ha impedito di raggiungere la vera conoscenza del mondo. Faust arriva alla conclusione che il solo modo per conoscere veramente la natura è liberarsi dal giogo delle regole positive umane e diventare un tutt’uno con la natura:

Lo spirito sublime mi ha spregiato, la Natura davanti a me si chiude. Il filo del pensiero si è strappato, da tempo mi disgusta ogni sapere. Plachiamo allora le passioni ardenti nelle profondità dei sensi!

Nascosto dietro i veli impenetrabili della magia, sia pronto ogni prodigio! Tuffiamoci nelle turbine del tempo, nel vortice degli accadimenti! Allora sofferenza e godimento, trionfo e sazietà

si avvicendino pure come viene; l’uomo agisce solo se non riposa.16 E ancora:

Lo sento, invano mi sono accaparrato tutti i tesori dello spirito umano; se alla fine mi fermo a riposare

dal dentro non sgorga alcuna forza nuova; non sono né più alto di un capello

né più vicino all’infinito.17 14 Goethe 2008a, vv. 4604-4612.

15 Ortega y Gasset 1940 ha sottolineato l’aspetto del Goethe liberatore in un suo breve saggio. 16 Goethe 2008a, vv. 1744-1756.

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Questi due importantissimi eventi storici hanno le loro radici ideologiche nella scuola di pen- siero diffusasi in tutta l’Europa settecentesca, chiamata Illuminismo. Parleremo in maniera più specifica di come questa scuola di pensiero si sviluppò in Germania.18

Come già anticipato, la Rivoluzione francese19 si concluse con il colpo di stato di Napoleone

Bonaparte del 1799. Sono stati scritti fiumi d’inchiostro su questo personaggio che monopolizzò l’attenzione mondiale tra fine Settecento e inizio Ottocento e sulle conseguenze che ebbero le sue azioni sullo sviluppo della storia posteriore.20

Citando le parole di Adolphe Thiers: «È nel continuum Rivoluzione/età napoleonica che na- sce l’individuo moderno, un individuo pronto a fare, e dunque di rinominare di sé, la storia».21

Napoleone è la rappresentazione vivente della mentalità nata da questi due eventi: da una parte, la meritocrazia per il talento e non per il diritto di nascita; e dall’altra, la tendenza a voler raggiungere sempre un risultato più ampio.

Come la fine della storia napoleonica insegna, questo nuovo tipo di atteggiamento aggres- sivo e ambizioso verso la vita non va inteso solo in maniera positiva. Intrinsecamente questo comportamento porta dentro sé il germe della disfatta, perché è molto facile perdere la propria obbiettività lanciandosi in imprese che non si possono più definire ambiziose ma impossibili e, di conseguenza, cadere vittima di fragorosi insuccessi.