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NOTA SULLA MALATTIA IN FRIEDRICH NIETZSCHE Paolo Scolar

4. Pensieri malati / malattie pensanti.

Quattro decenni prima di Jaspers, esordendo nella sua opera Friedrich Nietzsche in seinen Werken – pubblicata a Vienna nel 1894 quando Nietzsche era ancora in vita –, Lou Salomé mette in luce lo «stretto legame» tra la «sofferenza» di Nietzsche e l’evoluzione del suo «pensiero», sottolineandone il ruolo propulsivo e «l’influsso che gli stati d’animo dell’uomo malato hanno sul pensiero». Lei che forse lo conosceva molto meglio di chiunque altro, arriva a definire la sua parabola esistenziale come una vera e propria «storia di dolore». Come affermato da Domenico Fazio nell’appendice all’edizione italiana del libro, gli scritti di Nietzsche appaiono agli occhi della Salomé alla stregua di una grande autobiografia del dolore. L’alternanza tra salute e malattia rappresenta l’elemento caratteristico e sempre ritornante dell’esperienza interiore di Nietzsche, che lo obbligava a continui autosuperamenti. La malattia, continua Salomé, «non fu solo un caso della vita, bensì una necessità intimamente voluta, un’esigenza che corre attraverso la sua intera evoluzione e ne costituisce l’autentica fonte spirituale».23

A distanza di un secolo, anche Domenico Venturelli appare della stessa idea della Salomé, appoggiando la tesi secondo cui non ha senso chiedersi chi sarebbe stato Nietzsche e cosa po- trebbe essere stata la sua filosofia senza l’esperienza del dolore: lui non solo aveva una malattia, ma era questa malattia. Parlare di malattia in Nietzsche non significa arrestarsi alle circostanze della sua travagliata esistenza, tendando in modo forzoso di scinderla dal suo pensiero quasi si volesse trovare sotto la patina di quei sintomi psicopatologici un pensiero nietzscheano puro e

19 Ibi, p. 97. 20 Ibi, p. 101. 21 Ibi, pp. 103-104. 22 Ibi, p. 111. 23 Andreas-Salomé 2009, pp. 24-26, 206-207, 209.

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originario, non inficiato dalla malattia. Ciò vorrebbe dire sradicare il senso stesso della sua filo- sofia, impensabile al di là del rapporto con la malattia, la quale, propone ancora Venturelli, non deve rivelarsi un impedimento, bensì una via privilegiata per accedere alla comprensione della filosofia di Nietzsche.24

In effetti, sostiene a tal proposito Giuseppe Nuccitelli, non solo Nietzsche concepisce il pen- siero filosofico in una condizione di lacerazione, bensì senza sofferenza tale filosofare non avrebbe mai trovato un terreno fertile dove nascere. Anche se, tuttavia, questa strada non è per nulla esente da insidie e comporta già in partenza il pericolo di incappare in un duplice vicolo cieco, ovvero far dipendere i due termini consequenzialmente l’uno dall’altro. Da un lato, pro- segue Nuccitelli, c’è il rischio di idealizzare la filosofia di Nietzsche, astrarla e considerarla indi- pendente, senza un effettivo rapporto con la sua vita e la sua sofferenza. Dall’altro quello di cadere nell’estremo opposto, ovvero privare il pensiero nietzscheano della sua reale autonomia e del suo valore, spostando riduttivamente il suo senso solamente sulla patologia e con questa contaminarlo.25 Quasi come se, per un verso, la malattia di Nietzsche fosse provocata dal suo

aver spinto la speculazione filosofica fino ad altezze inimmaginabili e, per un altro, come se il pensiero stesso fosse il tragico e ineluttabile sbocco di un’esistenza crogiolata nella sofferenza. Questa dicotomia fa trasparire un’immagine falsata e fuorviante di Nietzsche: un essere umano diventato pazzo a causa del suo intenso lavoro intellettuale, che si rispecchia in una filosofia non lucida e genuina ma offuscata dalla patologia, frutto di una mente malata. Due facce della stessa medaglia, che non rendono pienamente ragione di quello che è stata l’esperienza filosofica nie- tzscheana.

Anche secondo Karl Jaspers, quando la critica ha tentato di indagare la malattia di Nietzsche è sempre inciampata in mille difficoltà, le quali hanno «screditato e svalutato la sua filosofia». Troppi sono i pareri, che si susseguono in un turbinio di voci discordanti. A chi esclama che quelle di Nietzsche «sono opere di un demente» ribattono coloro i quali affermano che «Nietzsche, prima del 1888, non era un malato di mente». La logica dell’«alternativa» è sempre dietro l’an- golo: «o Nietzsche era malato, o è stato uno dei grandi uomini della storia». Una è sempre in procinto di prendere in contropiede l’altra e metterla in fuorigioco, «negando che si possano verificare nello stesso tempo entrambe le possibilità». Jaspers vuole «opporsi» con decisione a questa dialettica falsa e opprimente. Tenta di distaccarsi da questi cori di tifoserie contrapposte che, rimbalzandosi freneticamente le proprie convinzioni su Nietzsche, non fanno altro che «mo- strare di non aver affatto compreso né il suo pensiero, né la realtà della sua vita». A sua detta, non sono altro che schieramenti «dogmatici», dietro i quali «si cela l’incapacità di porre delle domande e di procedere ad un’effettiva ricerca».26

Per uscire da questa imbarazzante impasse bisogna andare oltre la logica dell’opposizione, imboccando la via che non mette in alternativa tra di loro pensiero e malattia, ma li tiene co- stantemente legati, in una tensione fruttuosa. Risulterebbe infatti altrettanto patologico tentare di giustificare Nietzsche slegando il suo pensiero dalla sua condizione di eterno malato. La strada da seguire è allora quella che vuole mettere in relazione la malattia con il pensiero, portando alla luce, come suggerisce Andrea Spoladore, il ruolo decisivo che il vissuto patologico ha avuto nello sviluppo delle riflessioni di Nietzsche, nel quale la malattia si mostra sempre “pensata” e diviene quasi spontaneamente filosofia.27 L’esperienza filosofica nietzscheana non è affatto con-

cepibile senza il dramma della malattia. Anzi, Nietzsche si fa portavoce di un pensiero che non si vergogna più di entrare in comunicazione con la malattia, proprio perché l’avventura del pen- sare e quella del male fanno davvero un tutt’uno: in lui, asserisce a ragione Pierre Klossowski, il pensare diventa identico al soffrire e il soffrire al pensare. La malattia è sempre un esperimento di pensiero, che a sua volta rappresenta sempre un’esperienza di malattia.28

24 Cfr. Venturelli 2006, p. 12.

25 Nuccitelli 1996, pp. 9-10. 26 Jaspers 1996, p. 104.

27 Cfr. Spoladore 2008, pp. 23-25; cfr. Manzi 2005, p. 560.

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Pensiero e malattia si compenetrano a vicenda, travasandosi l’uno nell’altra in un rapporto di feconda circolarità. L’itinerario spirituale di Nietzsche lascia trasparire come grazie alla soffe- renza sia possibile per l’uomo intraprendere un certo esercizio del pensare e un cammino di conversione, dove il pensiero si mette in ascolto del dolore, prova a dargli voce e a dialogare con esso.29

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BREVE DESCRIZIONE DEL GOETHEZEIT E DI COME QUESTO ABBIA INFLUITO SULLA