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NOTA SULLA MALATTIA IN FRIEDRICH NIETZSCHE Paolo Scolar

3. Tra medicina e filosofia Le altalene di Jaspers.

La cosa più sorprendente è che, qualche anno più tardi, sarà proprio un medico psichiatrico a riflettere per primo sull’importanza filosofica della malattia in Nietzsche. È Karl Jaspers, che all’interno della monumentale opera Nietzsche. Einführung in das Verständnis seines Philoso- phierens (1936) dedica un’ampia e dettagliata sezione al tema della malattia nella filosofia nie- tzscheana.

Jaspers compie un doppio movimento, ben espresso dalle sue parole. Da una parte vuole «liberare l’opera di Nietzsche da quei difetti che possono essere classificati come casuali inter- ferenze dovute alla malattia», dall’altra è consapevole che la stessa «malattia sembra diventare un momento di senso positivo, un’espressione creativa dell’essere, una rivelazione immediata di qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto inaccessibile». Un’altalena ermeneutica che sale e scende ritmicamente: mentre sgombra il terreno da tutte quelle fallaci interpretazioni che ve- dono la filosofia nietzscheana come il mero esito di un «malato», Jaspers denuncia coloro che vogliono minimizzare gli aspetti patologici di Nietzsche relegandoli nell’ambito medico e an- dando alla ricerca di una filosofia sana, per nulla intaccata dalla malattia. È impossibile, riecheg- gia nuovamente lo psichiatra-filosofo, «cercare in Nietzsche la pura verità, non potendo mai se- parare definitivamente tale verità da quelle deviazioni». Anche la malattia «appartiene alla ve- rità e non può essere separata da essa».10

L’intento jaspersiano appare delimitato da due frasi. Quella d’esordio dà subito a intendere la modalità con cui egli andrà a parlare della malattia: «In tutta l’opera di Nietzsche ritroviamo domande sul senso e sul significato della malattia».11 L’altra, con la quale si chiude questa parte

dell’opera, riassume in modo conciso il suo intero sforzo ermeneutico: «La malattia di Nietzsche non ha solo interrotto in modo rovinoso la sua vita, ma, nella sua lenta evoluzione, gli è talmente connaturata che, senza la malattia, non potremmo immaginarci né la sua vita, né la sua opera». Il baricentro dell’attenzione è spostato dalla malattia di Nietzsche alla malattia secondo Nie- tzsche. Jaspers è consapevole che le precarie condizioni di salute hanno spinto Nietzsche a in- terrogarsi e riflettere in modo problematico sul senso della malattia, facendone una vera e pro- pria cassa di risonanza filosofico-esistenziale. «I fattori patologici hanno avuto non solo un ef- fetto di disturbo, ma forse hanno anche reso possibile ciò che altrimenti non sarebbe mai stato creato: è sconcertante il fatto che debba essere una malattia a determinare ciò che Nietzsche

10 Jaspers 1996, pp. 110-111.

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considerava il necessario sviluppo del suo pensiero, e che costituiva la grandezza spirituale e la profondità esistenziale del suo essere».12 Separare Nietzsche della sua malattia vorrebbe dire

non capire alcune tra le pagine più belle e più profonde di tutta la sua produzione filosofica. In Jaspers, tuttavia, l’anima del medico non è abbandonata ma sembra convivere sottopelle insieme a quella del filosofo. Da un lato nelle sue parole si avverte l’impronta medico-psichia- trica, soprattutto quando anche lui tenta di trovare il bandolo della matassa mediante il ricorso a una giustificazione biologica della malattia nietzscheana. Cita a riguardo un’ampia letteratura specifica sulla questione e, con l’accuratezza del medico, afferma che «per comprendere Nie- tzsche è indispensabile conoscere con precisione le sue malattia e saperne distinguere con pre- cisione i possibili significati».13 Dall’altro lato riconosce che la questione trascende la sua ridu-

zione a cartella clinica e che la malattia funge da valore aggiunto nell’opera nietzscheana, carat- terizzandola in modo totalizzante. Senza questa condizione valetudinaria Nietzsche non sarebbe diventato lo stesso pensatore che abbiamo di fronte. Il valore delle sue opere non solo non viene alterato o messo in discussione, ma risulta accresciuto, dal momento che è caratteristica di que- sta malattia stimolare la creatività. Essa non è stata per lui una scomoda interferenza, bensì uno dei fattori della sua grandezza.14

Il quadro clinico diagnosticato da Jaspers a partire dai comportamenti di Nietzsche nell’ul- timo periodo della sua vita pubblica recita: «Psicosi. Affezione organica del cervello, molto pro- babilmente una paralisi progressiva, e in ogni caso un processo degenerativo originato da fattori esogeni, sia che si ascrive ad una infezione, sia ad un abuso di droghe: questa seconda ipotesi è tuttavia improbabile e non è mai stata dimostrata con certezza. Non si tratta di una malattia ereditaria».15 Quasi sicuramente questa è la patologia terminale, che lo ha portato alla morte.

Tuttavia, continua Jaspers, a partire dalla sua gioventù «Nietzsche è sempre stato afflitto da diverse malattie, ma non da una malattia mentale. Il fatto che poi sia diventato pazzo ha indotto qualcuno a ritenere che già negli anni precedenti si potessero riscontrare i segni della futura malattia. Questa concezione perde di vista il dato di fatto, e l’opinione opposta, che Nietzsche sia stato perfettamente sano, dal punto di vista mentale, sino alla fine del 1888».16 Jaspers sot-

trae in questo modo Nietzsche a tutti coloro che, con pregiudizio positivistico, volevano attri- buire gli esiti della sua filosofia a sintomi di pazzia. Le numerose patologie che lo perseguitano già da giovane non hanno niente a che vedere con la follia finale, la quale dunque non può aver influito sulla sua produzione filosofica.

Dopo aver analizzato in dettaglio le varie patologie che «hanno accompagnato tutta la vita di Nietzsche, in una forma più o meno intensa, alternando miglioramenti e peggioramenti»,17 il

bollettino medico jaspersiano si chiude con una certezza e, allo stesso tempo, con una perples- sità. Se «nessun segno di follia è riscontrabile prima del 27 dicembre 1888, a tutt’oggi non è ancora possibile raggiungere una conoscenza certa» circa la malattia di Nietzsche, «non sapendo se si sia trattato di una sola malattia o di disturbi di natura completamente diversa che hanno colpito solo casualmente la persona».18

Questo strascico dubbioso spiana probabilmente la strada alla riflessione teoretica sulla ma- lattia in Nietzsche. Quasi come se Jaspers volesse dire che, non sapendo con assoluta certezza quale fosse la patologia di Nietzsche, è giunto il momento di cambiare rotta, interessandosi più di ogni altra cosa al senso e al valore che la malattia ha avuto nella sua speculazione filosofica. Si chiede pertanto «se nello sviluppo spirituale di Nietzsche si sia manifestato in modo evidente qualcosa che conferisce alla sua filosofia un colore che non gli è proprio. Se lo sviluppo spirituale che porta alla grandezza della sua opera sia puramente immanente oppure se sia determinato

12 Ibi, pp. 109-110; cfr. Manzi 2005, pp. 562, 564, 568-570. 13 Jaspers 1996, p. 94. 14 Cfr. Cantillo 2001, pp. 87-89. 15 Jaspers 1996, p. 95. 16 Ibidem. 17 Ibi, p. 96. 18 Ibi, p. 95.

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da fattori non spirituali ma biologici». Jaspers fatica non poco ad abbandonare del tutto il campo clinico, ma la rottura è evidente: ora la malattia non è più un impedimento per un approccio alla filosofia nietzscheana bensì diventa un portale ermeneutico attraverso cui entrarvi. Non si tratta di scoprire se «Nietzsche scrivesse sotto l’influsso della malattia», quanto di portare alla luce come, proprio grazie ad essa, sia riuscito ad arrivare a pensare certe cose e in un certo modo.19

In Jaspers il medico e il filosofo si intrecciano continuamente, rincorrendosi e sorpassandosi, per poi riacchiapparsi a vicenda. Se della malattia nietzscheana «non è possibile dare – almeno fino ad oggi – una risposta definitiva e non si può dire con precisione cosa sia questo fattore biologico, cosa gli sia realmente accaduto», di certo «non si può avere il minimo dubbio sul fatto che si accaduto qualcosa di decisivo». «Assenza di una diagnosi precisa», ma al tempo stesso sicurezza che qualcosa ha «stimolato il suo processo creativo»: c’è un «legame indissolubile tra la spiritualità di Nietzsche filosofo e le esperienze che lo assalivano».20 Anche se non si conosce

con certezza quale patologia abbia attanagliato la sua esistenza, una cosa è sicura: la sua ispira- zione filosofica ha risentito di un fattore estraneo, la malattia appunto, che ha influito in modo decisivo sulla sua «creazione spirituale».

Alla fine, il medico che è in Jaspers sembra gettare la spugna ed esclamare come «per com- prendere Nietzsche non sia necessario conoscere una diagnosi. Ai fini di una sua sostanziale comprensione filosofica, le categorie della medicina entrano in gioco soltanto se sono assoluta- mente certe: e queste diagnosi non lo sono».21 Resa forse solo parziale, quella di Karl Jaspers,

dettata appunto da una mancanza di prove empiriche. Sta di fatto che è lo stesso medico-filo- sofo a riconoscere responsabilmente i limiti di una considerazione meramente scientifica della malattia, la quale «non giunge mai alla conclusione di un sapere definitivo e onnicomprensivo». Anzi, «questo atteggiamento» di impotenza «è la condizione indispensabile» affinché si possa originare una riflessione più ampia sul senso della malattia e del dolore all’interno dell’esistenza umana.22