3. Le riscritture di Luigi Compagnone e Giorgio Manganelli
3.2. La vita nova di Pinocchio
3.2.1. La struttura e i temi
I ventisette capitoli in cui è suddivisa l’opera riassumono eventi che nella storia originale si sviluppano su più capitoli ed espandono altre situazioni assenti nell’ipotesto. Gli intertitoli sinottici dell’originale sono sostituiti da titoli tematici allusivi. Spesso le sinossi degli intertitoli sono riprese all’interno dei capitoli e servono a ristabilire la diegesi dell'opera fonte e continuare il racconto. Il ricorso al monologo interiore142 e al flusso di coscienza, accennati in AP, rappresentano tratti narrativi e di analisi interiore di considerevole importanza.
Gli elementi resistenti tipicamente pinocchieschi sono contenuti nelle prime pagine: le parti anatomiche, in particolare il naso, il riso di scherno per Geppetto e la fuga di Pinocchio per i «tristi sobborghi» accolta dall’ilarità della folla, il «Grillo parlante e docente»143 che abita in casa di Geppetto tra le pagine ingiallite di un grosso libro, il teatro e la sua funzione catartica.
Uno dei primi temi introdotti da Compagnone è il rapporto padre-figlio, ripercorrendo quel tema della mono-genitorialità così presente in Collodi che suggerisce anche l’inadeguatezza di un padre, solo e sprovvisto di strumenti relazionali, a prendersi cura di un figlio inatteso. Geppetto è sempre all’inseguimento del burattino il quale inizia da subito un percorso autonomo e indipendente. In seguito al rifacimento dei piedi, Geppetto perde progressivamente la sua potestà genitoriale a causa dell’inserimento di una pluralità di figure femminili, le «Matres», che occupano lo spazio destinato al
142Compagnone ricorre spesso al monologo interiore tanto da creare un verbo, "interiormonologare". Spesso il monologo occupa intere pagine e si trasforma in un flusso di coscienza che ha anche lo scopo di inserire elementi e riferimenti utili al proseguimento della narrazione. Il primo a utilizzare il monologo interiore è Geppetto che nel primo capitolo ripercorre tappe della Storia del mondo e della sua storia personale e affida al monologo, che diventa una lunga digressione, la genesi del suo burattino. I monologhi contengono spesso affondi sociologici introspettivi dall’effetto quasi grottesco.
padre nell’opera fonte. Nel finale della storia il rapporto fra le due figure maschili si ristabilisce ma in maniera debole e superficiale.
Un tema cui Compagnone dedica molta attenzione è rappresentato dalle fughe di Pinocchio verso la corruzione, dapprima come mendicante con il «Rey Catolicismo Felipe II de España dicho el Cojo, ovvero lo Zoppo»144 (Porqué lloras, niño?) e poi come socio del Gatto e la Volpe.
Uno degli elementi chiave della Vita nova è rappresentato dal teatro: come nelle AP e nel Commento, i pifferi seducenti attraggono Pinocchio mentre si reca a scuola con il vestito procuratogli da Geppetto: per poterlo acquistare il falegname vende al Museo dei Reduci la giubba del Lager, in cui viene rinchiuso al posto di Pinocchio. Il Lager sostituisce il carcere delle AP: l’esperienza della prigionia è associata al tema della fame e della povertà, che investe soprattutto Geppetto.
Il teatro della Vita nova è il luogo della psicoterapia che trasmette al burattino l’ossessione per la madre (anzi, le madri). È questo uno dei temi persistenti della riscrittura di Compagnone, insieme alla denuncia del capitalismo e della corruzione.
3.2.2. «Il teatro degli Edipici» e la psicoterapia
I pifferi seducenti (gli stessi delle AP) attraggono Pinocchio in un percorso di deviazione che lo allontana dalla scuola, descritta da Compagnone come luogo dell’omologazione e della pedante e dottrinale trasmissione di informazioni. Il burattino entra nel «Teatro degli Edipici […] ove si rappresentano Psicodrammi [attraverso] una forma di psicoterapia […] in cui si chiede al paziente affetto dal Mal di Edipo di rappresentare una parte in un
144 Ivi, p. 26. Le caratteristiche del re anticipano i tratti della coppia di impostori per eccellenza, il Gatto e la Volpe. Il re di Spagna accompagna Pinocchio nelle prime fughe e lo introduce allo sfruttamento provocando la ribellione del burattino. Compagnone dichiara di aver inserito il re per sopperire alla mancanza di re delle AP.
dramma creato con speciale riferimento ai suoi sintomi e problemi».145 Il capitolo, dal titolo Psychodrama interruptus, inizia con la scena di un battibecco fra due personaggi, Edipo e Giocasta, che sostituiscono Arlecchino e Pulcinella. I due alternano registro teatrale e locuzioni dialettali fino al momento dell’agnizione corale che coinvolge «gli Edipici, Amleto e Oreste e Clitennestra ed Egisto, e Antigone Ismene Eteocle Polinice […]»146:i personaggi riconoscono Pinocchio e lo accolgono con «abbracci di sincero Edipismo».147
Anche qui i balzi di Pinocchio lo straniano dal pubblico che reclama lo Psicodramma, ma anziché Mangiafoco arriva sulla scena il Regista che conserva alcuni tratti del burattinaio: «un ometto dall’aria cupa e dalla barbetta nera e grigia sul mento e la mascella sinistra fregiata di cicatrici e gli occhi [che] parevan due lanterne scrutanti sin nel fondo dell’animula oedipica»148. Persiste l’idea di bruciare Pinocchio in un fuoco che è del tutto interiore al burattino e al suo vissuto, ma viene meno il carico carnevalesco che investe Mangiafoco nelle AP149. Il Regista, in linea con l’impostazione psicoanalitica del capitolo, si rivela essere il dottor Freud e stimola in Pinocchio la riflessione sul rapporto con il padre, parola che provoca la tosse nel Regista (lo starnuto in Mangiafoco). Per la prima volta è menzionata la figura materna in maniera diretta e Pinocchio dichiara che la madre è morta prima della sua nascita. . Il dottore consegna a Pinocchio la madre («La Ma'») sotto forma di un’effigie della Gioconda che diventa un elemento costante della riscrittura: da questo momento infatti Pinocchio è teso alla protezione
145 Ivi, pp. 44-45.
146 Ivi, p. 46. 147 Ivi, p. 47. 148 Ivi, p. 48.
149 Gli elementi carnevaleschi, grotteschi e antropofagi che nelle AP e nel Commento sono utilizzati per descrivere Mangiafoco sono qui attribuiti al re di Spagna. Pinocchio utilizza titoli encomiastici per imbonire il sovrano proprio come nell’ipotesto era solito fare con il burattinaio.
della madre con la quale deve creare un rapporto che assume sfumature diverse nel corso della narrazione.
3.2.3. Rovesciamenti e moltiplicazioni: le «Matres»
Uno dei rovesciamenti più consistenti rispetto all’ipotesto riguarda la figura della madre. Completamente assente nelle AP, dove è sostituita dalla Fata, che ha spesso un approccio materno, rappresenta uno degli elementi costanti della Vita Nova. L’introduzione della figura materna rappresenta un ribaltamento della mono-genitorialità paterna di Geppetto ma anche la nascita di un doppio narrativo e tematico. La madre è in realtà sfuggente, abbinata a vizi più che a virtù. È consegnata a Pinocchio dal dottor Freud sotto forma di effigie della Gioconda con la raccomandazione di consegnarla al padre, proprio come era avvenuto per le cinque monete d’oro. Alla madre-Gioconda Compagnone trasferisce il carico di valori delle monete e per traslazione la madre subisce lo stesso tipo di trattamento. Questa figura materna è ignota a Pinocchio, a Geppetto e anche al lettore: non ha voce né struttura narrativa, è un elemento inanimato che sorride in ogni situazione ma diventa presto il fulcro della narrazione. Seguendo i suggerimenti del Gatto e la Volpe, Pinocchio semina la madre nel Campo delle Madri, che si trova nel Paese dei Figli, affinché cresca in un albero rigoglioso e si moltiplichi. La moltiplicazione e l’accumulo delle «Ma’» è il pensiero ricorrente di Pinocchio che ravvisa dapprima un vantaggio affettivo e in seguito un ritorno economico. Le «Matres» abbondano, si replicano e in ogni situazione assumono connotazioni diverse. Compagnone tratteggia una figura materna adatta a ogni esigenza narrativa fino al finale in cui la madre diventa un oggetto di lucro nelle mani di un corrotto Pinocchio. Da un punto di vista linguistico, invece, i riferimenti alla madre sono parodici, mutuati dal linguaggio comune: «O la Ma’ o la vita», «Dacci la Ma’ o sei morto», «La Ma’ no, mai».