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Riassunti e monologhi interiori

1. Le avventure di Pinocchio: genesi, struttura, temi

1.5. Riassunti e monologhi interiori

racconto rispetto alla storia»57: la consequenzialità è suggerita anche dal secondo connettivo «che» a mettere in correlazione tutte le parti del testo. Dal punto di vista della fabula, invece, sono anticipati i due elementi che aprono e chiudono l’intera opera: il pezzo di legno animato e il bambino.

La struttura complessiva delle sinossi risulta eterogenea così come l'uso dei tempi verbali con l’alternanza di paratassi e ipotassi, forme attive e forme passive58. In alcuni casi l’anticipazione di azioni e eventi è accompagnata dal futuro rimarcando la presenza di un narratore onnisciente e rivelando talvolta il finale del capitolo stesso. Altre volte Collodi dimostra di essere in grado di stimolare l’effetto sorpresa nel lettore creando suspense nell’intertitolo. 59 La disposizione consequenziale dei sommari, tuttavia, ricostruisce una trama di senso compiuto con una linea narrativa precisa che rimanda alla storia stessa, come se si trattasse di una storia nella storia. Dunque sarebbe ipotizzabile relazione che supera la paratestualità, forse non propriamente metatestuale ma comunque con tratti di testualità di secondo grado che prevedono una relazione con il testo di partenza e ne condensano o ampliano alcuni punti, un richiamo al lettore, una sorta di guida volta a illuminare alcuni tratti ritenuti significativi dall’autore. Gli intertitoli saranno ripresi anche in alcune ri-mediazioni, per esempio negli adattamenti di Giulio Antamoro e di Giannetto Guardone, come unità didascalica di passaggio e collegamento diegetico.

1.5. Riassunti e monologhi interiori

I riassunti, probabile eredità del formato in feuilleton, servono a Collodi per ricapitolare eventi e situazioni e ripartire con la narrazione. Fernando Tempesti riconosce nei «leggendari riassunti» di Pinocchio un riferimento alla cultura parlata

                                                                                                               

57 G. Genette, Figure III. Discorso del racconto. Torino, Einaudi, 1976, p. 133.

58 L’intertitolo del capitolo VI recita: «La storia di Pinocchio col Grillo-parlante, dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noja di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro». In questo caso la locuzione avverbiale «hanno a noja» assolve la funzione metrica del passato e segnala narrazione. AP, p. 371.

59 «Pinocchio ritrova in corpo al Pesce-cane…chi ritrova? Leggete questo capitolo e lo saprete». AP, p. 510.

 

piena di «ellissi, di ricuperi e di false partenze»60. I riassunti creano insomma un rapporto di asincronia anaforica fra il tempo del racconto e il tempo della storia e hanno la funzione di transito fra due momenti del racconto che devono essere collegati. L’autore vi ricorre soprattutto in situazioni specifiche, ovvero quando Pinocchio deve ottenere un vantaggio o un avanzamento nel suo percorso personale. I tre riassunti più consistenti si trovano infatti in corrispondenza di tre situazioni critiche. Nel primo caso Pinocchio racconta la sua disavventura a Geppetto (di ritorno dal carcere) e ottiene il rifacimento dei piedi bruciati durante la notte sopra il caldano e le pere per placare la fame. Lo stile del primo riassunto è concitato, ricco di catene paratattiche, parallelismi, sineddochi e susseguirsi di congiunzioni e ritmo crescente a creare un effetto comico dalla sintassi allusiva:

‘Pinocchiuccio mio! Com’è che ti sei bruciato i piedi!’

‘Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una nottata d’inferno e me ne ricorderò fin che campo. Tonava, balenava e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi disse « Tu sei un burattino «Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti» e io gli dissi: «Bada, Grillo!...» e lui mi disse: «Tu sei un burattino e hai la testa di legno» e io gli tirai un manico di martello, e lui morì, ma la colpa fu sua, perché io non volevo ammazzarlo, prova ne sia che messi un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino scappò fuori e disse: «Arrivedella... e tanti saluti a casa.» E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino col berretto da notte, affacciandosi alla finestra mi disse: «Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero? me ne tornai subito a casa, e perché avevo sempre una gran fame, messi i piedi sul caldano per rasciugarmi, e voi siete tornato, e me li sono trovati bruciati, e intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più! ih!... ih!... ih!... ih!’61

Un resoconto dunque che evidenzia l’ingenuità e l’inadeguatezza del burattino nell’affrontare la vita senza una guida.

Il secondo riassunto si ritrova dopo che Pinocchio è stato salvato e recuperato dalla Quercia grande e deve raccontare alla Fata la sua vicenda allo                                                                                                                

60 F. Tempesti, op.cit., nota 7, pp. 51-52. 61 AP, p. 380.

 

scopo di ottenere l’assoluzione e l’amicizia della donna-bambina. La concatenazione degli eventi si fa più ordinata e stilisticamente più lineare:

‘Ora vieni un po’ qui da me, e raccontami come andò che ti trovasti fra le mani degli assassini’.

‘Gli andò, che il burattinaio Mangiafoco mi dètte cinque monete d’oro, e mi disse: «To’, portale al tuo babbo!», e io, invece, per la strada trovai una Volpe e un Gatto, due persone molto per bene, che mi dissero: «Vuoi che codeste monete diventino mille e duemila? Vieni con noi, e ti condurremo al Campo dei miracoli.» E io dissi: «Andiamo;» e loro dissero: «Fermiamoci qui all’osteria del Gambero rosso, e dopo la mezzanotte ripartiremo.» E io, quando mi svegliai, loro non c’erano più, perché erano partiti. Allora io cominciai a camminare di notte, che era un buio che pareva impossibile, per cui trovai per la strada due assassini dentro due sacchi da carbone, che mi dissero: «Metti fuori i quattrini;» e io dissi: «non ce n’ho;» perché le monete d’oro me l’ero nascoste in bocca, e uno degli assassini si provò a mettermi le mani in bocca, e io con un morso gli staccai la mano e poi la sputai, ma invece di una mano sputai uno zampetto di gatto. E gli assassini a corrermi dietro, e io corri che ti corro, finché mi raggiunsero, e mi legarono per il collo a un albero di questo bosco col dire: «Domani torneremo qui, e allora sarai morto e colla bocca aperta, e così ti porteremo via le monete d’oro che hai nascoste sotto la lingua.’62

Il burattino ha acquisito maggiore maturità e soprattutto la scaltrezza di riconoscere le potenzialità dell’interlocutore.

Nel terzo riassunto Pinocchio parla con il venditore di pelli che, acquistatolo dal Direttore del circo, vuole trasformare il piccolo ciuco infermo in pelle da tamburo. In questo caso il riassunto procede in modo più lineare: Pinocchio, attraverso il discorso diretto libero, fornisce una relazione lineare degli eventi e le interruzioni del venditore creano un equilibrio scenico fra il tempo del racconto e il tempo della storia. Pinocchio temporeggia e distrae il venditore per guadagnarsi la salvezza e la fuga:

Quel buon pasticcione del compratore, curioso di conoscere la vera storia, gli sciolse subito il nodo della fune, che lo teneva legato: e                                                                                                                

 

allora Pinocchio, trovandosi libero come un uccello nell’aria, prese a dirgli così: ‘Sappiate dunque che io ero un burattino di legno, come sono oggi: ma mi trovavo a tocco e non tocco di diventare un ragazzo, come in questo mondo ce n’è tanti: se non che per la mia poca voglia di studiare e per dar retta ai cattivi compagni, scappai di casa... e un bel giorno, svegliandomi, mi trovai cambiato in un somaro con tanto d’orecchi... e con tanto di coda!... Che vergogna fu quella per me!... Una vergogna, caro padrone, che Sant’Antonio benedetto non la faccia provare neppure a voi! Portato a vendere sul mercato degli asini, fui comprato dal Direttore di una compagnia equestre, il quale si messe in capo di far di me un gran ballerino e un gran saltatore di cerchi: ma una sera, durante lo spettacolo, feci in teatro una brutta cascata e rimasi zoppo da tutt’e due le gambe. Allora il Direttore, non sapendo che cosa farsi d’un asino zoppo, mi mandò a rivendere, e voi mi avete comprato!’.63

Si tratta di un resoconto più distaccato e disincantato: Pinocchio, consapevole della fine che lo attende, temporeggia e cerca di distrarre l’interlocutore. L’evoluzione verso il burattino scaltro e il briccone astuto e spudorato è completa. In seguito a questo episodio inizia il percorso verso il ravvedimento.

Oltre ai riassunti, che servono a ripercorrere parti del racconto e ripartire con la narrazione, Collodi ricorre in due episodi al monologo interiore, nei capitoli XIV e XX. Il capitolo XIV è successivo a uno dei momenti più tragici del cammino di Pinocchio: il burattino ha appena lasciato l’Osteria del Gambero rosso e decide di raggiungere il Gatto e la Volpe nel Campo dei miracoli. Attraversa un bosco buio e minaccioso mentre il Grillo trasformato in lucciola simile a un lumino da morto, lo esorta a ritornare indietro. Quasi per darsi coraggio, il burattino parla fra sé e sé e riesamina la sua situazione disgraziata con un approccio, anche in questo caso, auto-assolutorio. Il primo monologo contiene un’anticipazione anacronica di quanto sta per accadere realmente, ovvero l’incontro con gli Assassini:

                                                                                                               

63 AP, p. 504. In questo passaggio è riportata solo la prima parte del riassunto, a titolo esemplificativo.

 

— Davvero — disse fra sé il burattino rimettendosi in viaggio — come siamo disgraziati noi altri poveri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci dànno dei consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri; tutti: anche i Grilli-parlanti. Ecco qui: perché io non ho voluto dar retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini! Meno male che agli assassini io non ci credo, né ci ho creduto mai. Per me gli assassini sono stati inventati apposta dai babbi, per far paura ai ragazzi che vogliono andar fuori la notte. E poi se anche li trovassi qui sulla strada, mi darebbero forse soggezione? Neanche per sogno. Anderei loro sul viso, gridando: «Signori assassini, che cosa vogliono da me? Si rammentino che con me non si scherza! Se ne vadano dunque per i fatti loro, e zitti!» A questa parlantina fatta sul serio, quei poveri assassini, mi par di vederli, scapperebbero via come il vento. Caso poi fossero tanto ineducati da non volere scappare, allora scapperei io, e così la farei finita.64

Si tratta per lo più, in questo caso, di ciò che Seymour Chatman definisce «monologo interiore concettuale»65, registrazione delle parole che passano nella mente del personaggio e che conduce anche a una sorta di auto-riflessione sulla situazione disgraziata in cui si trova. Se il primo monologo è di tipo auto-assolutorio, nel secondo, a distanza di sei capitoli, si intravvede una maggiore consapevolezza da parte di Pinocchio in merito ai propri errori e alle proprie scelte scellerate:

Quante disgrazie mi sono accadute... E me le merito! perché io sono un burattino testardo e piccoso... e voglio far sempre tutte le cose a modo mio, senza dar retta a quelli che mi voglion bene e che hanno mille volte più giudizio di me!... Ma da questa volta in là, faccio proponimento di cambiar vita e di diventare un ragazzo ammodo e ubbidiente... Tanto ormai ho bell’e visto che i ragazzi, a essere disubbidienti, ci scapitano sempre e non ne infilano mai una per il su’ verso. E il mio babbo mi avrà aspettato?... Ce lo troverò a casa della Fata? È tanto tempo, pover’uomo, che non lo vedo più, che mi struggo di fargli mille carezze e di finirlo dai baci! E la Fata mi perdonerà la brutta azione che le ho fatta?... E pensare che ho ricevuto da lei tante attenzioni e tante cure amorose... e pensare che se oggi son sempre

                                                                                                                64 AP, p. 405.

65 S. Chatman, Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel cinema, Milano, Il Saggiatore, 2010, p. 201.

 

vivo, lo debbo a lei!... Ma si può dare un ragazzo più ingrato e più senza cuore di me?66

Pinocchio sta per incontrare il Serpente che devierà ancora una volta i suoi buoni propositi, ma il secondo monologo esprime piuttosto commiserazione per coloro che lo hanno aiutato e rammarico per non averli ricompensati. Anche i monologhi, come i riassunti, spostano la narrazione da uno scenario all’altro e accompagnano la crescita del personaggio verso una maggiore consapevolezza del proprio percorso, sia interiore sia nel rapporto con la narrazione. I monologhi ed i soliloqui hanno dunque la funzione di interpunzione nella linearità cronologica ma anche di breve autoriflessione sul proprio operato che però il più delle volte non contribuisce a una crescita, rimane fine a sé stessa e alle esigenze della narrazione.