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Luigi Comencini e lo sceneggiato Le avventure di Pinocchio

5. Modelli di permanenza e transizione di Pinocchio fra migrazioni e

6.7. Luigi Comencini e lo sceneggiato Le avventure di Pinocchio

comunicazione del marchio Disney.

6.7. Luigi Comencini e lo sceneggiato Le Avventure di Pinocchio

Luigi Comencini gira lo sceneggiato sulla storia di Pinocchio nel 1972 con l’assistenza della sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico. Il progetto nasce però nel 1963 come film per il cinema. Comencini sta girando La ragazza di

Bube, trasposizione cinematografica del libro di Carlo Cassola, ambientato in

Toscana e decide di fare «un film moderno molto semplice, molto povero, su questa Toscana ma senza ricordi storici»363. Il romanzo di Collodi si adatta perfettamente alle esigenze della sceneggiatura e ancora una volta è quel tratto di atemporalità impresso da Collodi a guidare la scelta del regista, che si rivolge al produttore Franco Cristaldi. Nel frattempo Federico Fellini annuncia di lavorare alla preparazione di un film su Pinocchio per la televisione italiana (che però non sarà realizzato). Comencini sospende allora il progetto, che sarà ripreso otto anni dopo quando la Rai richiede al regista un film su Pinocchio, ma a puntate e per la televisione, nel solco di una tendenza iniziata verso la metà degli anni Cinquanta che vede l’affermazione dello sceneggiato come genere.

I primi sceneggiati si basano infatti sull’adattamento di testi letterari: «il romanzo era destinato a rivelarsi precocemente, e in forma duratura, il principale veicolo della diffusione massiva della cultura umanistico-letteraria presso il pubblico italiano»364. In particolare i primi adattamenti televisivi propongono romanzi di tradizione storica o letteraria, di matrice per lo più risorgimentale per rinforzare il senso di appartenenza e la condivisione di ideali, oltre a consolidare l’unità linguistica degli spettatori. Adattato al format dello sceneggiato, il romanzo offre anche la possibilità di veicolare letteratura alta e storia, stabilendo                                                                                                                

363 Gili, A.J., Luigi Comencini, Roma, Gremese, 2003, p. 72.

364 M. Buonanno, La fiction italiana: narrazioni televisive e identità nazionale, Bari, Laterza, 2012, pp. 6-7.

uno standard che la Rai segue dall’inizio nella sua funzione di servizio pubblico. I primi teleromanzi ricalcano le routine produttive del teatro: non a caso i primi attori di sceneggiati provengono dal mondo teatrale e si prestano al nuovo genere, che si impone inizialmente come ibridazione di diverse forme di rappresentazione in cui la figura dell’attore è il cardine della narrazione. La staticità delle scene e l’impianto teatrale delle scenografie si adattano al formato seriale in cui rientra la lezione del feuilleton mutuata anch’essa dalla paraletteratura ottocentesca. Nel 1967 l’adattamento de I promessi sposi introduce un’innovazione: suddiviso in otto puntate, molto fedele all’originale, porta in scena l’opera letteraria alta per eccellenza, sovvertendo la tendenza all’adattamento di opere minori:«permeato da una ‘sorta di ossessione dell’interno’ istigata dalla ricerca dello ‘specifico televisivo’, e pertanto girato interamente in elettronica e in studio, I promessi sposi è stato la più compiuta e perfetta incarnazione della concezione culturale ed estetica dello sceneggiato»365. Non è dunque strano che, in questo periodo di revival della letteratura ottocentesca, a Comencini sia proposto l’adattamento di un prodotto culturale tipico di quell’epoca. Allo stesso tempo, il regista ha già sperimentato la pratica della serializzazione attraverso il genere del documentario e soprattutto grazie a una delle sue realizzazioni più note: Pane amore e fantasia. Uscito nel 1953, insieme a Poveri ma belli (1957) di Dino Risi diventa il prodotto della Titanus che dà inizio alla pratica della serializzazione. Per Pinocchio però il progetto è diverso poiché è trasmesso agli inizi degli anni Settanta, quando lo sceneggiato televisivo è già un genere affermato e soprattutto in un periodo in cui la Rai sta riformando il suo palinsesto e può evolversi vero una diversa organizzazione da un punto di vista sia espressivo sia formale. La triade reithiana «informare, educare, intrattenere», che ha rappresentato un modello paradigmatico unitario fino alla fine degli anni Sessanta, scorpora i tre elementi che conoscono uno                                                                                                                

365 M. Buonanno, op. cit., p. 12.

Cfr. anche O. De Fornari, Teleromanza. Mezzo secolo di sceneggiati e fiction, Alessandria, Falsopiano, 2011; A Grasso, Storia della televisione italiana, Milano, Garzanti, 1992.

sviluppo autonomo e si intrecciano in maniera disomogenea. Abbandonati i

clichés dello sceneggiato statico, ambientato in un teatro o in uno studio, la Rai

inizia a spingersi verso programmi più dinamici e creativi. Dopo anni di ricostruzioni e scenografie in cartapesta, nel 1970 la «Tv dei ragazzi» propone programmi di narrativa ambientati in esterni seguendo un percorso innovativo e sperimentale che diventa il marchio di Raidue, dove un pubblico sia adulto sia giovane segue le avventure di «Nel mondo di Alice» e «Jack London, l’avventura del grande Nord» (1974). Lo scopo non è più esclusivamente pedagogico, ossia avvicinare i ragazzi alla lettura dei classici, o di intrattenimento, ma in alcuni casi diventa parodistico. I grandi classici della letteratura Ottocentesca iniziano infatti a essere svestiti del loro autoritarismo e le fiabe tradizionali sono rivisitate in maniera dissacrante e scherzosa.366 Parallelamente, la Rai trasmette programmi recitati da attori e marionette come «Gulliver» (1969) o «Storia di una nota che stonava» (1970). Il passaggio cruciale per l’avvento della TV dei ragazzi è il 1972, anno che anticipa la riforma Rai del 1975367, quando la prima rete Rai rinuncia alla «Tv dei Ragazzi» a favore di Raidue che, dal 1976, trasmette «Tv2 Ragazzi». La riforma Rai segna uno spartiacque nella programmazione e nella narrazione anche per fronteggiare la concorrenza delle reti private che in quello stesso periodo offrono cartoni animati giapponesi e telefilm americani. Allo stesso tempo cresce la produzione di sceneggiati filmati che si avvicinano sempre di più al modello produttivo del cinema italiano e europeo. Dalla fine degli anni Sessanta compaiono i primi sceneggiati su pellicola che, essendo piuttosto costosi, sono dati in appalto a grandi produttori cinematografici: il primo modello di questa nuova fase è rappresentato dall’Odissea di Franco Rossi del 1968.

Il Pinocchio di Comencini si colloca dunque in questo scenario di grandi cambiamenti nella narrazione, nell’audience e nel tipo di produzione. Comencini                                                                                                                

366 «Uoki-Toki», programma del 1975, anticipa i programmi-contenitore di oggi e propone una serie di rivisitazioni delle fiabe lette in molti casi da attori teatrali come Paolo Poli .

367 Cfr. E. Pellegrini, Gian Burrasca, Pinocchio &Company. Il racconto televisivo per ragazzi 1954-1994, Rai, VPQT n. 129, Roma, 1995, pp. 7-64.

adatta, un po’ a fatica368, la storia al format seriale e gira le scene in esterna in luoghi aperti e rurali che da una parte restituiscono l’idea della Toscanina collodiana e dall’altra accolgono il desiderio di avventura e la giocosità di un bambino. L’eroe della Rai degli anni Settanta è rappresentato appieno dal modello di Pinocchio: personaggio indipendente, autonomo, che si affida al padre ma ne mette in discussione l’operato e corre verso la libertà, ma anche simpatica canaglia, che si impappina mentre parla con Mangiafoco e mente in maniera spudorata. Questo modello, proposto in numerose produzioni Rai destinate ai giovani, è orientato a accrescere l’autostima nei ragazzi, dei quali si conserva il lato spensierato ma si rinforza la spinta verso l’adultizzazione.369 Altri sceneggiati dell’epoca, come Ciuffettino (1969) e Gian Burrasca (1964), propongono lo stesso tipo di eroe fanciullesco derivato da opere letterarie, ma Comencini apporta numerose variazioni sia sul piano dell’espressione e della forma sia sul piano del contenuto. Lo sceneggiato, come dichiarato dal regista, ha una struttura ad arco in cui i vari episodi, che funzionano come piccole storie indipendenti, sono legati da macrotemi: «ho ricostruito quello che procedeva unicamente in funzione del finale tra padre e figlio; il dialogo nella balena, l’uscita, il ritorno alla vita di Geppetto guidato questa volta dal bambino»370. Nello stesso periodo Comencini si dedica a un’inchiesta sulle condizioni dell’infanzia in Italia, I bambini e noi, documentario in sei puntate che la Rai trasmette tra il 1970 e il 1978371. L’inchiesta, condotta personalmente dal regista,                                                                                                                

368 La versione del 1972 è composta da 5 episodi, mentre la versione per l’estero ne conta 6. La versione del 1982 ha 6 episodi.

369 Il modello Rai si contrappone al modello proposto dale televisioni private in cui gli eroi adulti tendon all’infantilizzazione e I ragazzi non sono definiti a tutto tondo, ma solo in alcune caratteristiche, talvolta enfatizzate, come la scarsa indipendenza o la tendenza a combinare guai.

370 Gili, A.J., Luigi Comencini, Roma, Gremese, 2003, p. 72.

371 Attraverso la voce degli intervistati Comencini racconta il processo di evoluzione socio-culturale dell’Italia e rimarca la differenza fra nord e sud. I bambini sono i veri protagonisti della narrazione che si sviluppa in sei puntate, ognuna su un tema specifico: le differenze sociali, il lavoro, l’istruzione, gioco e divertimenti. L’approfondimento del tema dell’infanzia e del rapporto genitori figli (soprattutto padri e figli) è al centro di altre opere di Comencini come Incompreso, Infanzia, vocazione e prime esperienze di

si sviluppa su scala nazionale e fornisce una fotografia sulla condizione dei bambini in Italia, il loro rapporto con la famiglia e le differenze sociali. Il racconto dei vari protagonisti372 e la scansione in puntate aiutano il regista a realizzare uno sceneggiato che ha come protagonista un bambino e è destinato a un pubblico giovane, anche se i risultati di ascolto (ventun milioni di spettatori in media) dimostrano quanto Pinocchio sia un personaggio trasversale e adatto a ogni generazione. La messa in onda è preceduta da un’operazione di lancio promozionale con interviste di regista e attori sul set, una serie di speciali e un’ulteriore iniziativa volta a coinvolgere il pubblico in una partecipazione attiva: la Rai indice il concorso «Ho visto Pinocchio in TV» in cui i giovani telespettatori devono restituire un feedback dopo la visione dello sceneggiato, con una premiazione nell’aprile 1972, durante la trasmissione dello sceneggiato. L’informazione diventa elemento paratestuale intorno al primo testo televisivo basato sulle AP, ma restituisce anche a Pinocchio quello status di prodotto culturale che da sempre lo accompagna nella sua vicenda editoriale. Anche in questo caso, infatti, Pinocchio è oggetto di consumo e modello di consumo, adattamento non secondario, unica versione televisiva italiana a imporsi in maniera decisa e che rappresenterà un modello di riferimento per le produzioni future, un prodotto a cui sarà impossibile non riferirsi. La produzione che accompagna il film di Comencini fagocita infatti altri adattamenti dell’opera di Collodi, come dimostra Un burattino di nome Pinocchio373 di Giuliano Cenci del 1970, che non gode dello stesso tipo di ricezione, sovrastato dalla produzione di Comencini che va in onda di sabato in cinque puntate (8,15,22,29 aprile e 5 maggio 1972) alle ore 21, fascia di maggiore ascolto dei programmi Rai.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Giacomo Casanova, veneziano (1969), Voltati Eugenio, Cuore. Comencini definisce l’infanzia come l’unico momento di grande libertà e ciò che emerge dalle sue opere è l’attenzione verso l’alterità e la capacità di demarcare i due mondi, adulti e ragazzi, in maniera netta e distinta indagando però i rapporti che legano le due parti.

372 Uno dei protagonist dell’inchiesta, Domenico Santoro, che lavora nella prima puntata dal titolo La fatica, interpreta Lucignolo nello sceneggiato su Pinocchio.

373 Si tratta di una versione più fedele all’originale e molto più artigianale nell’impianto scenografico con la voce narrante di Renato Rascel, autore anche dei testi musicali.