3. Le riscritture di Luigi Compagnone e Giorgio Manganelli
3.3. Giorgio Manganelli e la pratica della riscrittura
3.3.3. Manganelli e l’individuazione di «parallelismi interni» alle
sovranità, seppur scenico dunque momentaneo, è attribuito a Mangiafoco.
Le espansioni metatestuali si generano con particolare vivacità nelle parti in cui il commento riguarda riflessioni sull’uso della lingua. Un caso esemplificativo è riportato al capitolo VI, dove la digressione si genera da un refuso interpretativo, quel «nottataccia d’inferno» e «nottataccia d’inverno» che divide i commentatori. Manganelli ritiene che Collodi intendesse fornire un’informazione sulla “stagione della nascita di Pinocchio”, ma l’uso di inferno al posto di inverno è considerato dall’autore un «refuso agevole» che richiama il fuoco e l’inferno e si collega alla figura della fuga e della morte. I numerosi richiami ai lettori procedono essenzialmente in due direzioni: da un lato essi intendono focalizzare l’attenzione sugli elementi dell’ opera fonte, dall’altro corrispondono alla volontà dell’autore di fornire indicazioni sulla pratica riscrittoria. Al primo tipo appartiene, per esempio, l’invito a congedare con gratitudine Mastro Ciliegia dalla storia, definito «l’unico nostro rappresentante, colui il cui unico destino è l’errore»180 figura che ha il privilegio di introdurre Pinocchio e che viene abbandonato senza commiato da Collodi. Al secondo tipo sono invece riconducibili le numerose digressioni sui livelli e i fuochi di lettura.
A metà dell’opera, nel capitolo XVIII, Manganelli collega tutti i temi portanti del suo commento: le fughe di Pinocchio, il suo rapporto con i vari personaggi, in particolare con Geppetto, la Fata e la coppia di «Criminali Sventurati»181 del Gatto e la Volpe, le isotopie cromatiche, il teatro e la recitazione. Il capitolo rispetta il cambio di tono e di registro narrativo dell’originale e prepara lo sviluppo della seconda parte della storia. Anche nel capitolo conclusivo Manganelli incrocia la riscrittura con l’opera fonte nel portare a conclusione i temi principali e nel congedare i personaggi.
3.3.3. Manganelli e l’individuazione di «parallelismi interni» alle AP
180 Ivi, p. 26. 181 Ivi, p. 102.
Manganelli individua due casi di parallelismo interno al testo collodiano: la vicenda delle due bare e la città di Acchiappacitrulli.
Dal punto di vista della fabula, “la piccola bara” che accompagna l’apparizione della Fata al capitolo XV è la stessa che dovrebbe portar via Pinocchio che giace ammalato sul letto della casina bianca nel capitolo XVII. Ma né Pinocchio né la Fata ne usufruiscono: «la morte di Pinocchio coincide con la salvezza della Bambina e della casina bianca», dunque la bara diventa il cardine di un doppio ribaltamento narrativo per cui Pinocchio riprende vita e la sua fuga continua mentre la Bambina diventa Fata, figura «polimorfa ma anche instabile»182. La presenza delle due bare a poche pagine di distanza è un particolare che, per Manganelli, non può sfuggire al commentatore che abbia istinto da parallelista: «il caso della ‘piccola bara da morto’183 può dare qualche suggerimento sul modo adeguato di commentare, o piuttosto di scrivere in parallelo»184. La presenza di una storia parallela all’interno di un testo non è altro, dunque, che la dimostrazione della profondità di un testo, il quale, «sia attraversato nella sua struttura di luogo degli echi, che maneggiato come labirinto di tutti i possibili itinerari, è assolutamente senza limiti». 185
Le due bare sono anche presagio di un destino sinistro, un ulteriore parallelismo che accomuna le due figure, Pinocchio e la Fata, in un percorso che attraversa due luoghi d’incontro privilegiati: la prigione e lo «spedale». I due luoghi sono menzionati in un accoppiamento semantico nel capitolo IV dal Grillo parlante e successivamente dalla Fata. È come se la Fata fosse presente in tutto il viaggio del burattino e la sua fine allo «spedale», ultimo luogo fisico in cui è descritta, ricongiungesse la sua storia a quella di Pinocchio (il quale ha conosciuto anche la prigione in maniera indiretta, per aver fatto incarcerare
182 Ivi, p. 101.
183 Una terza, possibile bara aleggia nel capitolo XXVII, quando Eugenio è colpito alla tempia da un libro e giace come un «morticino» assistito da Pinocchio.
184 Ivi, p. 99. 185 Ivi, pp. 99-100.
Geppetto al posto suo, e in maniera diretta per esservi stato rinchiuso da innocente) e la ricollegasse alla figura della bambina morta che aspetta la bara all’inizio del capitolo XV. Manganelli rileva dunque che «la prigione e lo spedale diventano il luogo della decadenza, della fine, della nascita»186. Ma è nell’episodio che precede la trasformazione finale che, secondo Manganelli, si genera uno dei parallelismi maggiori. Pinocchio vede la Fata che presagisce un futuro roseo ma anche la Fata sta dormendo e sognando: i due sogni sono dunque speculari e creano un duplice corridoio onirico attraverso il quale la Fata penetra per l’ultima volta nel mondo dei vivi.
Il secondo caso di parallelismo interno riguarda una linea che porta Manganelli a congiungere i tre Paesi descritti da Collodi: Acchiappacitrulli, Api industriose e Balocchi. Gianfranco Marrone rintraccia nel commento di Manganelli due tipi di parallelismo: uno lineare, che, sul piano dell’essere, collega Api industriose, governato dal lavoro ma abitato da ladri e incompetenti; Balocchi, regolato dal gioco ma catastrofico; e Acchiappacitrulli, luogo della punizione. L’altro oppositivo, in cui «sul piano dell’apparire Balocchi si oppone ad Acchiappacitrulli sulla base della categoria euforia/disforia, mentre Balocchi si oppone ad Api industriose sulla base della categoria gioco/lavoro».187 Analizzati in ordine di apparizione, i tre paesi propongono una progressione verso la svolta finale di Pinocchio. In Acchiappacitrulli la città ha «struttura essenzialmente teatrale»188 e si presenta come un’evoluzione sofisticata del circo. I suoi abitanti sono dramatis personae che mettono in scena l’utopia rovesciata inseguita da Pinocchio. Acchiappacitrulli racchiude per Manganelli «una storia parallela […] che prefigura il Paese dei Balocchi»189 luogo in cui Pinocchio sperimenta il carcere ( da innocente) e che dunque lo lega al suo destino. Api industriose è la rappresentazione della menzogna: il nome copre una schiera di ladri, carabinieri, mastini e mostri verdi, ma anche, secondo Manganelli, il
186 Ivi, p. 201.
187 G. Marrone, op. cit., p. 270. 188 G. Manganelli, op. cit., p. 107. 189 Ivi, pp. 111-112.
Nuovo Mondo inseguito da Geppetto. Il Paese dei Balocchi è infine la «metropoli dell’euforia»190, la «terribile profezia [che] ha un che di convenutale e insieme di carcerario»191. Balocchi dunque è collegato a Acchiappacitrulli dall’elemento del carcere, chiudendo la struttura del parallelismo in maniera circolare.