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2. Modelli di intertestualità e intermedialità

2.2. Percorsi intermediali

Fino a qui sono state prese in considerazione opere che interessano le AP nella sua interezza, come testo intorno al quale si crea una rete intertestuale di relazioni in cui le variazioni ruotano intorno a tratti invarianti rappresentati da temi e motivi conduttori. Ma un fenomeno che interessa valutare a questo punto è la migrazione di Pinocchio al di fuori delle AP, una corsa in solitaria oltre i confini di un’opera verso forme di ibridazione che ne determinano la persistenza in seno all’orizzonte culturale di tutti i tempi.

Un passaggio chiave nel processo di migrazione e ibridazione potrebbe essere collegato alle prime illustrazioni del personaggio da parte di Enrico Mazzanti. Già illustratore della traduzione dei Racconti delle Fate, Giannettino e

Minuzzolo, Mazzanti definisce un mondo che, fino a quel momento, era stato

solamente immaginato dal lettore. Basti pensare che le prime immagini utilizzate per le illustrazioni del «Giornale per i bambini» sono «raccogliticci» che vengono con ogni probabilità mutuati, come sostiene Tempesti, da «un committente chiesastico ad un committente laico»108 a dimostrazione del fatto che l’utilizzo delle immagini non segue logiche di adattamento ai contenuti del testo. Un primo passo è compiuto dai Paggi: essi commissionano a Collodi la traduzione dei Racconti delle fate e a Mazzanti le tavole iconografiche dedicate all’opera, inaugurando così il passaggio dall’illustrazione raccogliticcia alla vignetta nazionale, concepita per l’opera viene destinata. Per Pinocchio un primo cambiamento si registra dal 16 febbraio 1882, con la ripresa della storia109: in questa occasione, le immagini sembrano ideate per il testo che accompagnano. Da questo momento in poi, il corredo iconografico segue il viaggio di Pinocchio e stimola l’interesse di numerosi illustratori fra i quali spiccano i nomi di Carlo Chiostri e Attilio Mussino.

Dalla pubblicazione in volume del 1883 il personaggio di Pinocchio inizia a compiere un viaggio in solitaria e a inserirsi in altri dispositivi narrativi. Ne sono un esempio le numerosissime «pinocchiate», attualizzazioni che non si sedimentano nell’orizzonte culturale ma sfruttano il tema della fuga e del viaggio, così importante nelle AP, per inserire Pinocchio in scenari esotici o nostrani piuttosto variegati (ne sono un esempio le celebri «pinocchiate» fasciste). Si giunge così ai primi adattamenti cinematografici e teatrali con la prima trasposizione di Giulio Antamoro del 1911 fino al 1940, anno della svolta nell’approccio adattivo di Pinocchio. L’adattamento di Walt Disney, infatti,                                                                                                                

108 F. Tempesti, op. cit., p. 267.

109 Le prime immagini che ritraggono in maniera pittosto stilizzata la storia sono attribuite a Ugo Fleres. Si tratta di sei tavole che ritraggono parti della storia soffermandosi sulla seconda parte, dall’impiccagione in poi.

rappresenta un multistato culturale di riferimento che dalla sua uscita in poi si pone al fianco dell’opera fonte in quanto modello di riferimento, sia formale sia discorsivo, per successivi adattamenti. Un adattamento rappresenta infatti uno schema narrativo, cristallizzato nella memoria di chi ne usufruisce, e che entra in relazione con altri testi in un gioco di rimandi al cui centro si trova il fruitore. Il nuovo schema è il risultato di forze centrifughe e centripete che agiscono sia a livello di produzione sia a livello di ricezione poiché, come sostiene Linda Hutcheon, «un adattamento non esiste nel vuoto né in quanto prodotto né in quanto processo ma sempre in un contesto – un luogo, una società e una cultura determinante»110. Per questo motivo, è necessario considerare non solo il prodotto, ovvero l’adattamento in quanto tale, ma anche il processo che determina e guida l’itinerario generativo di tale prodotto. Per quanto riguarda l’adattamento di Disney l’itinerario generativo comprende i numerosi passaggi che precedono l’opera e che in questo caso sono rappresentati dalle traduzione delle AP e dai primi adattamenti per il teatro negli Stati Uniti.

Il processo di transcodificazione a cui sono sottoposte le AP comprende infatti anche le numerose traduzioni che si susseguono negli anni. In questo percorso sono state analizzate le traduzioni che, per prime, sono giunte negli Stati Uniti e che hanno rappresentato modelli di base per successive transcodificazioni. Una delle prime è quella di Mary Alice Murray pubblicata a Londra nel 1891 e poi giunta negli Stati Uniti l’anno successivo. La Murray propone una traduzione piuttosto fedele all’ipotesto sia nei contenuti sia nei registri e nei toni. Diverso è invece l’approccio di Samuel Cramp che nel 1904 procede a tagli e riconfigurazioni testuali, soprattutto per gli episodi più violenti, che rappresentano a loro volta una matrice per futuri adattamenti111. Insieme alle                                                                                                                

110 L. Hutcheon, Teoria degli adattamenti, Roma, Armando, 2011, p. 13.

111 Le traduzioni delle AP sono numerose. Si è ritenuto opportuno analizzare le traduzioni di Murray e Cramp in quanto rappresentative di due approcci traduttivi distinti che influenzano a loro volta altre traduzioni. È possibile infatti stabilire un parallelismo fra la traduzione di Murray e quella di Augustus Caprani del 1909 per Doubleday Page per completezza e fedeltà all’originale, a cui si aggiunge anche la traduzione di Carol Della Chiesa per Mcmillian del 1925. L’approccio di Cramp,

traduzioni, è necessario considerare le prime riscritture per il teatro che comportano una risemantizzazione e una riflessione sull’opera fonte e un’adesione alle richieste dell’industria culturale americana dei primi anni del Novecento. Pinocchio entra a far parte del Federal Theatre Project che influenzerà anche le scelte di Disney nella sua versione cinematografica. In Italia, invece, è la serie TV di Luigi Comencini del 1972 a fornire un nuovo modello di adattamento, ripristinando quella scansione seriale che risale alla pubblicazione in feuilleton del 1881. Si potrebbe dunque sostenere che le versioni di Disney e Comencini contribuiscono a una ridefinizione del dualismo fra autore e fruitore nel processo dialogico di ricezione di una storia che ha viaggiato nel tempo e è stata sottoposta a un processo di “transculturalizzazione”112.

Pinocchio è un esempio di quanto il significato e la resa di una storia siano soggetti a cambiamento e a un riposizionamento all’interno della cultura di arrivo e dell’industria culturale di riferimento con la quale ricostruiscono rapporti di senso. Non a caso il personaggio partecipa al revival della fiaba che si sviluppa intorno agli anni Novanta e che interessa numerosi altri personaggi come Biancaneve o Cenerentola. Forse perché anche la fiaba, come è capitato alle AP, è stata per anni al centro di una decostruzione nei suoi temi e nelle sue unità costitutive che ne ha favorito la migrazione e l’ibridazione.