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1905-1992

Matematica

«Maria Cibrario è stata una figura eccezionale per molti motivi. È stata una delle prime donne in Italia a salire la cattedra universitaria in discipline matematiche, ha lavorato scientificamente con grande successo, intensità e straordinaria continuità per tutta la Sua lunga vita, imponendosi all’attenzione di tutto il mondo matematico, non solo di quello italiano, ha saputo conquistarsi con la Sua cordialità e gentilezza l’affetto e la gratitudine dei Suoi allievi e dei tanti studenti della Università di Pavia, che hanno seguito le sue lezioni, e la simpatia e l’amicizia di quanti hanno avuto la fortuna di incontrarla; è stata moglie e madre esemplare in una famiglia altrettanto esemplare, è riuscita insomma a comporre e portare avanti bene, con intelligenza, grande equilibrio e serenità, tanti ruoli, tutti molto impegnativi.» (Magenes 1994, p. 37)

Con queste commosse parole Enrico Magenes rievocava all’Accademia dei Lincei, a due anni dalla scomparsa, Maria Cibrario, figura di spicco della matematica italiana e una delle prime donne, dopo Pia Nalli e Maria Pastori, a conseguire in Italia il posto di professore ordinario in discipline matematiche.

Maria Elisa Eugenia Cibrario nasce a Genova il 6 settembre 1905 da Giulio e da Cristina Botto, in un contesto famigliare di notevole spessore culturale. Il padre, cava- liere e capitano dell’esercito, appartiene all’illustre famiglia torinese che annovera fra i suoi membri il conte Giovanni Antonio Luigi Cibrario (1802-1870), studioso di storia e di economia, professore all’Università di Torino, ministro delle Finanze del Gabinetto D’Azeglio e dell’Educazione e degli Affari Esteri sotto Camillo Benso di Cavour. A causa dei frequenti trasferimenti richiesti dalla carriera militare del padre, Maria Cibrario lascia la Liguria nell’infanzia, compie gli studi al Liceo classico Verri di Lodi e il 22 luglio 1923 si iscrive al corso di laurea mista in Scienze Fisiche e Matematiche dell’Università di Torino, ma dopo aver frequentato il primo anno, nel 1924 passa al corso di Matematica pura. Durante gli studi universitari si dimostra un’allieva di talento: riporta ad esempio la votazione massima negli esami dei corsi di Analisi – algebrica, infinitesimale e superiore, seguiti rispettivamente con Ugo Cassina, Giuseppe Peano e Guido Fubini – e altrettanto brillanti sono i risultati ottenuti nei corsi di Geometria e di Meccanica tenuti da A. Ter- racini, G. Fano, T. Boggio e C. Somigliana. La laurea, conseguita il 14 luglio 1927 con il massimo punteggio di 100/100, sancisce per Cibrario l’ingresso nel mondo della ricerca: la tesi – intitolata La trasformazione di Laplace e le sue applicazioni alle equazioni lineari

di tipo parabolico a coefficienti costanti e redatta sotto la direzione di Guido Fubini – è

infatti giudicata degna di menzione ed è accolta per la pubblicazione sui “Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere”, una rivista che ospiterà, nel corso degli anni, molti articoli della studiosa. Accanto alla tesi, Cibrario discute le due sottotesi Un errore

di una superficie e formule relative. Quest’ultima verte su uno dei temi prediletti da Peano

nei suoi corsi di Matematiche complementari ed è, con tutta probabilità, il frutto di una ricerca svolta sotto la sua direzione.

Pochi mesi dopo la laurea, nel novembre del 1927, Cibrario consegue l’abilitazione all’insegnamento secondario di Matematica e Fisica riportando la votazione 60/70 e pa- rallelamente muove i suoi primi passi nella carriera universitaria, divenendo assistente presso la Scuola di Calcolo infinitesimale diretta da G. Peano. Quest’ultimo ne aveva apprezzato le doti scientifiche e didattiche e nel 1991, in occasione di un convegno di studi sul matematico cuneese, Cibrario ne ricordava con affetto le parole scherzose che era solito ripeterle: «Signorina ma perché viene a lezione? Queste cose che dico le avrà imparate a memoria!». Il segno sicuro della stima di Peano emerge nelle relazioni annuali sull’attività dell’Istituto di analisi da lui diretto, da cui traspare l’apprezzamento per lo zelo e l’energia della sua assistente, che riusciva a coniugare un’intensa attività di ricerca, testimoniata da otto pubblicazioni in sei anni, con un’altrettanto fervida attività di insegnamento di 60 ore di didattica frontale, cui si aggiungevano le consulenze per i laureandi e le esercitazioni del corso di Matematiche complementari.

Gli interessi di Peano in quegli anni erano però ormai lontani dall’analisi pura e concernevano prevalentemente la linguistica e la didattica della matematica. Cibrario li condivideva in parte e, sollecitata dal Maestro, collaborava alla rivista “Schola et Vita”, organo dell’Academia pro Interlingua, con due articoli scritti in latino sine flexione, la lin- gua internazionale da lui ideata e promossa: Metallos utile e Unitate de mensura. Systema

metrico decimale. Frutto di una ricerca di analisi condotta sotto la direzione di Peano è

invece l’isolata memoria di Cibrario, Proposizioni universali e particolari, e definizione del

limite, che Peano presenta all’Accademia delle Scienze di Torino il 23 giugno 1929. In

questa nota la sua assistente, utilizzando il simbolismo logico della quinta edizione del

Formulario Mathematico, analizza le 24 proposizioni che scaturiscono dalla definizione di

limite agendo sull’alternanza dei quantificatori esistenziale e universale in essa presenti. Lo schema concettuale della nota, arricchita da un interessante paragrafo conclusivo di

Notizie storiche, ricalca perfettamente quello di altre ricerche consimili condotte da Pea-

no nel 1910 e nel 1913 (Sugli ordini degli infiniti, Rend. R. Acc. Lincei, s. 5, 19, 1910, pp. 778-781; Sulla definizione di limite, Atti R. Acc. Scienze di Torino, 48, 1913, pp. 750-772) e proseguite dai suoi allievi Vincenzo Mago (Teoria degli ordini, Mem. R. Acc.

Scienze di Torino, s. 2, 64, 1914, n. 8, pp. 1-25) e Ugo Cassina (Sul concetto di limite, Rend. R. Acc. Lincei, s. 6, 8, 1928, pp. 639-645).

Cibrario è attenta a inserire il suo studio in un più ampio settore di indagini cui affe- riscono, ad esempio per quanto riguarda le classi limite, i risultati di Ulisse Dini e quelli più recenti di Gustavo Sannia (I limiti di una funzione in un punto del suo campo, Mem. Acc. Scienze di Torino, s. 2, 66, 1915, n. 5, pp. 1-22). Certamente la giovane studiosa, pur essendo influenzata, nella sua formazione, dal rigore logico-critico del matematico cuneese, deve aver percepito il clima di emarginazione che lo circondava in quegli anni nell’Ateneo torinese, tanto da ricordarlo come un «insigne maestro» ma anche come un «uomo solo, profondamente solo» (Cibrario, Recensione di Selected Works of Giuseppe

Peano, translated ed edited by H.C Kennedy …, Historia Mathematica, 3, 1976, pp. 230-

grado di formulare e di realizzare impegnativi programmi, grazie alle sue doti peculiari, così ricordate nel necrologio da Fulvia Skof: «la forza, il rigore del pensiero uniti a una chiara e disciplinata fantasia e [alla] metodica costanza» (1993, p. 290). A partire dal 1928, dunque, Cibrario preferisce dedicarsi a problemi di analisi “pura”, collegati con i suggerimenti e gli stimoli che le giungono da due altri illustri matematici che operano all’Università di Torino: Francesco Tricomi e soprattutto Guido Fubini, che anche a di- stanza di molto tempo lei indicherà come il suo «sommo», «illustre e venerato maestro». È Fubini che dirige Cibrario nella tesi di laurea e la orienta nelle prime ricerche sulla teoria delle caratteristiche, suggerendole, fra l’altro, la lettura e l’approfondimento dei lavori di Eugenio Elia Levi e di Hans Lewy sulle equazioni non lineari di tipo iperbolico. Ancora nel 1937-38, poco prima di abbandonare l’Italia, Fubini le propone un problema applicativo coinvolgente un’equazione non lineare di tipo iperbolico, ripreso poi succes- sivamente, ma da un punto di vista prettamente teorico, nel 1942.

Il rapporto con Tricomi, divenuto nel 1932 dopo la morte di Peano direttore dell’Istitu- to di Analisi, appare invece più distaccato. Nel necrologio che Cibrario redigerà per il “Bol- lettino dell’Unione Matematica Italiana”, descrive il matematico napoletano come «molto corretto e cordiale» nei suoi confronti, privo di atteggiamenti baronali, un docente «giusta- mente esigente, ma molto equilibrato nel giudizio [che] mai si irritava o pronunciava parole offensive verso qualche studente non preparato» (Cibrario 1980, p. 73). Tuttavia un filo comune di ricerche la lega a Tricomi: quelle sulle equazioni di tipo misto, con l’obiettivo di generalizzare i risultati conseguiti da lui, ricerche condotte «soltanto per consiglio del suo Maestro Fubini» ed esclusivamente sotto la sua guida, pur traendo beneficio da frequenti scambi di opinioni con Tricomi (Cibrario 1980, p. 77).

I contatti con Peano, Fubini e Tricomi – seppure in misura diversa – lasciano sulla giovane studiosa un’orma indelebile dal punto di vista scientifico e umano, per cui non stupisce che Cibrario sia lieta di tornare a Torino, per partecipare nel maggio del 1977 al convegno organizzato dall’Università e dall’Accademia delle Scienze per gli ottant’anni di Tricomi, che qui incontra per l’ultima volta, nell’ottobre del 1979 per il simposio in memoria di Guido Fubini e di Francesco Severi, e infine nell’ottobre del 1982 per le ce- lebrazioni di G. Peano, a cinquant’anni dalla morte. In queste occasioni accetta l’invito a tenere le conferenze Risultati antichi e recenti in teoria delle caratteristiche e Attualità di

alcuni metodi classici in Analisi matematica, a detta di F. Skof «esposte con il suo tipico

generoso vigore», in cui ripercorre e traccia un bilancio delle sue ricerche di analisi. Nel periodo trascorso a Torino, fino al 1939, giungono a Cibrario i primi riconosci- menti per i suoi risultati scientifici: nel luglio del 1929 riceve il premio Corrado Segre per gli anni 1926, 1927 e 1928; nel 1932 consegue «con lusinghiera relazione» la libera do- cenza in Analisi infinitesimale e nel 1933 le è conferito, in considerazione dei suoi primi lavori di ricerca, il premio ministeriale per le Scienze matematiche di 2000 lire, assegnato dall’Accademia dei Lincei agli assistenti universitari (Rend. R. Acc. Lincei, Cl. Scienze FMN, s. 6, 17, 1933, p. 678). All’attività didattica svolta in seno all’Istituto di Analisi, Cibrario accosta quella nel corso di Istituzioni di matematiche, che tiene fra il 1935 e il 1937. Nel 1938-39 le è inoltre affidato l’insegnamento di Matematiche complementari e la direzione dell’omonimo Istituto: è l’unica donna, in questo periodo, a Torino, a ricoprire la carica di direttore di un istituto universitario.

Sul versante della ricerca, dal 1931 Cibrario inizia a dedicarsi allo studio delle equazio- ni differenziali a derivate parziali lineari del secondo ordine di tipo misto, all’epoca consi- derate – come avrebbe raccontato con arguzia – «semplici curiosità analitiche». Saranno proprio queste ricerche a darle fama in campo internazionale, dopo la scoperta che le equazioni a derivate parziali di tipo misto iperbolico-ellittico da lei studiate costituiscono un modello adeguato per la descrizione dei fenomeni dell’aerodinamica transonica. Le indagini di Cibrario fino al 1942 traggono origine dalla celebre memoria lincea del 1923 nella quale Tricomi studia l’equazione a derivate parziali del 2° ordine di tipo misto, che oggi porta il suo nome. Dopo un acuto esame critico delle ipotesi sotto cui risulta valido il risultato di Tricomi, Cibrario si propone di affrontare più in generale la questione, e giunge a classificare una vasta classe di equazioni lineari del secondo ordine di tipo misto sotto qualche ipotesi, non troppo restrittiva, ma atta a circoscrivere il campo di ricerca. Dopo aver dimostrato che, oltre all’equazione di Tricomi, occorre introdurre altre due forme canoniche, e aver individuato le sottoclassi distinte, Cibrario passa ad affrontare il problema di studiare la natura delle soluzioni e i problemi «ben posti». Dai lavori dedi- cati a questo studio, in cui dimostra grande versatilità e vasta cultura, emerge una vera e propria teoria riguardante l’ampia classe delle equazioni di tipo misto (celebri soprattutto i teoremi di esistenza e unicità) che avrà un fecondo seguito in campo internazionale.

Nel 1938 Maria Cibrario sposa il collega Silvio Cinquini – conosciuto a un congresso dell’Unione Matematica Italiana – che è appena stato chiamato sulla cattedra di Analisi dell’Università di Pavia. A Torino l’atmosfera stimolante in cui Cibrario si era formata è ormai svanita e, con l’entrata in vigore delle nefaste leggi razziali, il corpo accademico perde docenti e ricercatori d’eccezione, fra cui il suo maestro Fubini, costretto a riparare negli Stati Uniti. Non stupisce quindi che anche lei, che ha ormai a Pavia la sua famiglia, opti per il trasferimento come assistente e professore incaricato di Meccanica razionale nell’Ateneo pavese, dove si svolgerà la maggior parte della sua carriera.

Il trasferimento coincide con una svolta nella sua attività di ricerca: a partire dagli anni Quaranta Cibrario lascia sostanzialmente lo studio delle equazioni di tipo misto (l’isolamento negli anni della guerra non poteva infatti far immaginare l’interesse che stava scaturendo per esse in America e in Russia) e si rivolge ad altri problemi riguardanti le equazioni a derivate parziali. Precisamente, studia i classici problemi di A.L. Cauchy, E. Goursat, G. Darboux per certi tipi di equazioni a derivate parziali, fra cui quelle iper- boliche non lineari del secondo ordine, e i sistemi iperbolici quasi lineari e non lineari. La scelta di rimanere nel campo delle funzioni di variabile reale, anziché in quello analitico, comporta la natura locale dei risultati ottenuti e, in conseguenza dell’atteggiamento clas- sico nella posizione dei problemi, per questi studi Cibrario fa sistematico riferimento alla «teoria delle caratteristiche», cui era stata introdotta da Fubini prima della sua partenza per l’America. Di particolare importanza, in quest’ambito di ricerche, è il lavoro Un

teorema di esistenza e di unicità per un sistema di equazioni alle derivate parziali, uno dei

pochi studi italiani ad essere citato nel fondamentale trattato di R. Courant e D. Hilbert,

Methods of Mathematical Physics.

Il ritmo e il tenore della produzione scientifica di Cibrario non scemano neppure negli anni della seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra, con la nascita dei tre figli Giuseppe, Vittoria e Carlo nel 1944, nel 1947 e nel 1949. A causa degli scon-

volgimenti legati al conflitto, la studiosa deve però attendere il 1947 per risultare ternata nel primo concorso a cattedra di Analisi matematica bandito in Italia. È quindi chiamata come professore straordinario di Analisi matematica dapprima a Cagliari e successiva- mente a Modena, come professore ordinario dal 1948. Nel 1950 ritorna all’Università di Pavia sulla cattedra di Analisi matematica e su questa rimane fino all’andata fuori ruolo, per sopraggiunti limiti d’età, nel 1980. Qui tiene anche parallelamente l’insegnamento di Analisi matematica per gli allievi del corso di laurea in Fisica e per gli studenti della Facoltà di ingegneria, ed è incaricata sui corsi di Teoria delle funzioni e di Complementi di Analisi matematica in quella stessa Facoltà.

Negli anni successivi al definitivo rientro a Pavia, Cibrario inizia a collaborare con il marito Silvio Cinquini che fino a quest’epoca si era dedicato prevalentemente alle funzioni analitiche, al calcolo delle variazioni nella scia di L. Tonelli e alle equazioni dif- ferenziali ordinarie. I frutti delle ricerche condotte dai due coniugi, in stretta e armonica collaborazione, confluiscono in un cospicuo gruppo di lavori, in cui i problemi, che Cibrario aveva trattato in precedenza localmente, sono risolti anche «in grande». Allo scopo, vengono assunte definizioni più generali del concetto di «soluzione», e dei «pro- blemi» posti e gli autori adoperano i più moderni strumenti dell’Analisi, generalizzando una tecnica che C. Caratheodory aveva applicato con successo allo studio delle equazioni differenziali ordinarie. La produzione di Cibrario in quest’ultima fase della sua vita è dunque tutta incentrata sui sistemi iperbolici di equazioni in due e più variabili, affron- tati dal nuovo punto di vista delle soluzioni generalizzate. I risultati ottenuti sono esposti organicamente nel celebre trattato Equazioni a derivate parziali di tipo iperbolico, basato sull’Analisi classica e sugli elementi della Teoria delle funzioni di variabile reale. Gli studi sulle equazioni di tipo iperbolico non lineari in due variabili, con riferimento alla teoria delle caratteristiche, sono invece l’oggetto di un articolato e ricco corso di lezioni tenuto a Varenna nel 1956 nell’ambito del C.I.M.E.

Dai suoi volumi di lezioni, anche dai più giovanili, emergono le notevoli capacità didattiche di Cibrario, la «sua forte carica comunicativa, il desiderio di trasmettere agli altri il proprio sapere, con la necessaria cura dei dettagli e le osservazioni d’assieme che pongono il lettore nella condizione di cogliere il significato della ricerca esposta, senza fatica nonostante la complessità dei problemi trattati» (Skof 1993, pp. 291-292). I suoi ultimi risultati, apparsi nel 1985 quando aveva ormai raggiunto gli ottant’anni, riguarda- no il problema di Cauchy per certi tipi di sistemi non lineari.

Numerosi sono i riconoscimenti che la comunità nazionale e internazionale confe- risce a Maria Cibrario per le sue ricerche: nel 1951 la nomina a socio corrispondente e dal 1967 a membro effettivo dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, nel 1967 la medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte, l’elezione, nel 1968, a socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino, nel 1981 quella a socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Nel 1992 è annoverata fra i soci fondatori dell’Unione Matematica Italiana e, su proposta dell’Ateneo pavese, fin dal 1981 le è conferito il titolo di professore emerito con decreto del presidente della Repubblica. In quest’occasione Cibrario tiene un breve ma intenso discorso, le cui pa- role conclusive rappresentano una sorta di testamento spirituale (Cazzani Nieri 1994, p. 302):

«Spero che io possa ancora dedicarmi serenamente a quegli studi che sono stati tanta parte della mia vita. E voglio ancora manifestare una mia speranza, che la passione per l’attività scientifica e per la ricerca disinteressata, fatta perché è bella e soddisfa per se stessa, fatta per la dignità dello spirito umano, non si affievolisca nei giovani e continui ad essere l’anima della nostra Università.»

A testimonianza della fama di cui Cibrario godeva nel mondo matematico inter- nazionale Enrico Magenes cita gli attestati di stima che più volte aveva avuto modo di rilevare nelle parole di R. Courant, J. Leray, H. Lewy e S. Sobolev.

Maria Cibrario si spegne a Pavia, all’età di 87 anni, il 16 maggio 1992. Di lei resta la vasta produzione scientifica: oltre cento pubblicazioni che, accanto ai numerosi studi sulle equazioni differenziali a derivate parziali, annoverano ricerche su altre questioni di analisi, geometria, critica dei principi e teoria dei numeri, fra cui la trasformata di Laplace, i numeri e i polinomi di Bernoulli, i problemi di minimo, i rapporti fra serie di polinomi sferici generalizzati e serie trigonometriche riguardanti funzioni ipergeometri- che di Gauss, le congruenze di rette iperspaziali e l’estensione dei metodi della geometria descrittiva dallo spazio ordinario a quello a 4 dimensioni per rappresentare le rigate e certe varietà di piani. Il rigore critico che contraddistingue la sua produzione scientifica, la sua obiettività e la sua capacità di cogliere le origini, i riflessi e i legami fra i vari rami dell’analisi ben traspaiono dalle oltre cento recensioni di monografie e trattati che cura per la rivista “Mathematical Reviews”.

Le testimonianze di colleghi e allievi sono concordi nel ricordare, con affettuoso rim- pianto, le doti di intelligenza, comprensione e umanità, la «signorile cordialità» di Maria Cibrario e soprattutto l’entusiasmo che sapeva infondere nei suoi studenti e nei giovani che avviava alla ricerca, per cui era «incoraggiante guida […] attenta, preziosa e venera- ta Maestra» (Cazzani Nieri 1994, p. 302). L’affezione per l’Ateneo in cui trascorsero la maggior parte della loro carriera portò Maria Cibrario e Silvio Cinquini a donare alla Bi- blioteca del Dipartimento di Matematica un cospicuo fondo librario, comprendente circa centocinquanta monografie di analisi del Novecento, alcune delle quali piuttosto rare.

In memoria dei coniugi Cinquini, dal 1999 è stato istituito, presso l’Università di Pavia, un premio per la miglior tesi di laurea in Matematica e in ricordo della loro plu- ridecennale attività di ricerca e d’insegnamento il 15 gennaio 2007 una lapide è stata affissa nel Cortile Volta dell’Ateneo pavese.

ELENCODELLEPUBBLICAZIONI

• La trasformazione di Laplace, Rend. Ist. Lomb., s. 2, 62, 1929, pp. 337-353.

• Proposizioni universali e particolari, e definizione di limite, Atti R. Acc. Sci. Torino, 64, 1929, pp. 319-330.

• Metallos utile, Schola & Vita, 6, 1929, pp. 95-100.

• Teorema di Leibniz-Wilson sui numeri primi, Per. di Mat., s. 4, 9, 1929, pp. 262-264. • Sulla non esistenza di congruenze W di rette iperspaziali che abbiano per prime due falde focali

• Sulle congruenze di rette di S4 aventi per falde focali delle varietà luoghi di ∞1 S

2, Rend. Ist. Lomb., s. 2, 63, 1930, pp. 843-855.

• Unitate de mensura. Systema metrico decimale, Schola & Vita, 6, 1931, pp. 79-84.