Nel 2018 l’indice nominale FAO dei prezzi agro-alimentari (Food Price In-dex, FPI)(8)registra una media annuale pari a 168,4 (base 100 nel triennio 2002-2004), con una contrazione del 3,5% rispetto all’anno precedente: i prezzi sono stati in calo costante nella seconda parte dell’anno, e soltanto a febbraio 2019 si registra una ripresa generalizzata. Questa debolezza dei prezzi nel corso del 2018 è conseguenza soprattutto di un inasprirsi delle dispute commerciali, che hanno colpito in particolare il prezzo statunitense della soia, unita ad un rallen-tamento della crescita della domanda e a condizioni favorevoli dell’offerta; va inoltre considerato l’effetto del rafforzament del dollaro statunitense.
La contrazione media dei prezzi del 2018 interessa, seppur in modo diver-so, tutti i principali prodotti, ad esclusione dei cereali, che registrano un au-mento del 9,0% su base annua; si riducono infatti i prezzi delle carni (-2,2%), dei lattiero-caseari (-4,6%), e soprattutto quelli degli oli vegetali (-14,7%) e dello zucchero (-21,9%). L’aumento dei prezzi dei cereali è conseguenza dell’andamento dei prezzi del mais, in particolare negli USA per effetto del sostegno delle esportazioni, e del frumento, anche in previsione di una contra-zione dell’offerta dovuta a prospettive non favorevoli sul raccolto in Australia e nella Federazione Russa. In calo invece i prezzi del riso, per effetto della pressione dell’offerta e della competizione tra i maggiori esportatori. Dopo l’aumento nella prima metà dell’anno, i prezzi dei lattiero caseari hanno perso il 20,3% nella seconda metà dell’anno, in risposta all’aumento dell’offerta di esportazione da parte dei principali paesi produttori, in particolare la Nuova Zelanda. Relativamente più stabile il prezzo delle carni, seppure in chiara con-trazione dopo i picchi dei primi mesi dell’anno. In particolare, per le carni sui-ne, la pressione sui prezzi è dipesa dalle restrizioni alle importazioni e dalla forte disponibilità di prodotto da parte dei principali paesi esportatori, situa-zione questa che caratterizza anche le carni bovine. Si riducono anche i prezzi del caffè (-15,1% su base annua) mentre rimangono sostanzialmente stabili i prezzi del the (-0,8%); in controtendenza, dopo il crollo dell’anno precedente, il prezzo del cacao, salito del 12,4%, seppure condizioni favorevoli nel raccol-–––––––––
(8) http://www.fao.org/worldfoodsituation/foodpricesindex/en/
to della Costa d’Avorio dovrebbero frenare un’ulteriore crescita.
Le produzioni vegetali
Nell’annata 2018/19(9) i mercati dei cereali dovrebbero restare bilanciati, anche dopo le stime più recenti: la produzione cerealicola, includendo il riso, viene stimata pari a 2.655 milioni di t, in leggera contrazione (-1,8%) su base annua, in particolare per effetto della contrazione nella produzione di frumento e mais (che scendono rispettivamente a 731 e 1.117 milioni di t), che più che compensano gli aumenti per riso e sorgo. La contrazione della produzione di frumento è causata principalmente dall’andamento dei raccolti nell’UE, nella Federazione Russa, in Australia ed in Cina.
Per quanto riguarda la domanda complessiva, questa cresce dell’1,1% su base annua, ed è stimata pari a 2.683 milioni di t. In particolare, assistiamo ad un picco nella domanda di frumento, che tocca 748 milioni di t (+1,2%), so-prattutto per l’aumento della domanda in Asia. In crescita anche la domanda di altri cereali, che tocca 1.425 milioni di t, cioè un aumento dell’1,1%. Cresce anche la domanda di riso (+0,8%), che raggiunge 511 milioni di t.
Si riducono, in controtendenza, i volumi di commercio, che scendono a 412 milioni di t (-2,2%), in sostanza a causa della contrazione nei volumi di fru-mento (-3,6% rispetto all’annata precedente, scesi a 170 milioni di t). Tale contrazione dipende sia da una minore domanda da parte di alcuni paesi im-portatori sia da una minore offerta da parte di alcuni dei principali paesi espor-tatori, in primis Federazione Russa, Ucraina, UE ed Australia. Per gli altri ce-reali si registra soltanto una leggera contrazione (195 milioni di t sono i volu-mi scambiati), causata da una volu-minore domanda di importazione di sorgo e or-zo, mentre sono cresciuti gli scambi di mais, soprattutto per effetto di una cre-scita delle importazioni dell’UE e di molti paesi asiatici. Anche gli scambi di riso scendono del 2,6% attestandosi a meno di 47 milioni di t.
Per quanto riguarda gli stocks, gli andamenti di mercato conducono ad una riduzione: gli stocks complessivi scendono a 849 milioni di t (-2,9% rispetto al livello iniziale), il che si riflette in una contrazione del world stocks-to-use ra-tio, pari al 30,7%, rispetto al picco del 32,6% dell’annata precedente. La con-trazione interessa sia il frumento che gli altri cereali, mentre sono in crescita gli stocks di riso. Nel dettaglio, si riducono del 5,0% gli stocks di frumento, scesi a 267 milioni di t, per uno stocks-to-use ratio pari al 35,1%, e del 4,3%
quelli degli altri cereali, di poco sopra 400 milioni di t, per uno stocks-to-use ratio pari al 27,0%.
–––––––––
(9) Le valutazioni riportate si basano su stime e previsioni FAO. Si veda:
http://www.fao.org/worldfoodsituation.
Per la stagione successiva le prime previsioni della FAO indicano una ri-presa della produzione di frumento, che dovrebbe tornare quasi ai livelli dell’annata 2017/18, cioè 757 milioni di t, principalmente per effetto dell’aumento delle produzioni nell’UE, nella Federazione Russa e in Ucraina, mentre le prospettive sono meno favorevoli per gli Stati Uniti ed il Canada, dove le produzioni dovrebbero rimanere stabili. Per gli altri cereali, condizioni favorevoli dovrebbero riflettersi in maggiori produzioni in Sud America (Ar-gentina e Brasile).
Nell’UE(10), la produzione di cereali scende a 290,5 milioni di t, raggiun-gendo il valore più basso degli ultimi 7 anni, anche se per l’annata successiva le previsioni sono, nonostante la contrazione delle superfici, di una ripresa del-la produzione, che dovrebbe portare le produzioni cerealicole a 307,5 milioni di t. In conseguenza di una domanda abbastanza stabile (+0,5%) e di un netto peggioramento della bilancia commerciale, crescono gli stocks finali (+2,2%).
La minore offerta è dovuta ad una annata non favorevole per frumento tenero (che scende a 128,7 milioni di t) e, in misura minore, orzo; positivo invece l’andamento delle produzioni di mais, che crescono del 6,6%, fino a sfiorare 70 milioni di t. Per l’annata successiva è prevista una ripresa delle produzioni, che toccheranno 307,5 milioni di t, una leggera contrazione della domanda di mangimi, che si riflette quindi in una contrazione della domanda complessiva, una ripresa della bilancia commerciale, ed un ulteriore aumento degli stocks. Il grado di auto-approvvigionamento, che nel 2018/19 è di poco superiore al 100%, ritornerà al 108%.
Per i semi oleosi, il 2018/19 si prospetta molto favorevole: la produzione complessiva viene stimata a 616 milioni di t, +4,6% rispetto all’annata prece-dente, grazie soprattutto agli incrementi di soia, e in misura minore girasole.
La produzione di soia beneficia di una ripresa della produzione in Argentina, dell’aumento delle rese negli Stati Uniti e di una espansione delle superfici in Brasile, Cina e India. Anche la produzione di olio di palma dovrebbe mantene-re il suo tmantene-rend di cmantene-rescita, mentmantene-re mantene-registra una flessione la produzione di colza, per effetto di condizioni climatiche poco favorevoli nell’UE e in Australia.
Aumentano di conseguenza le produzioni sia di oli che di farine. In contrazio-ne la domanda di faricontrazio-ne, per effetto della riduziocontrazio-ne contrazio-nella domanda di mangimi in Cina, mentre la domanda di oli rimane sostenuta, anche in virtù della forte domanda per la produzione di biodiesel. Le condizioni di mercato dovrebbero portare comunque ad un aumento degli stocks, sia per gli oli (16,5% è lo stocks-to-use ratio) che, soprattutto, per le farine. Riprende a crescere il com-–––––––––
(10) European Commission, Short-Term Outlook for EU Agricultural Markets in 2018 and 2019, Spring 2019.
mercio globale, dopo la frenata dell’anno precedente, anche se su questa ripre-sa peripre-sa comunque l’incertezza sul contenzioso tra Stati Uniti e Cina. La situa-zione di mercato ha determinato, come detto, una pressione sui prezzi, in co-stante diminuzione nel corso del 2018 e anche nei primi mesi del 2019.
Nell’UE il 2018/19 dovrebbe registrare una contrazione della produzione complessiva di semi oleosi, che dovrebbe ridursi a 32,9 milioni di t (-6,1%), dovuta sostanzialmente all’andamento negativo delle produzioni di colza. La domanda prosegue il suo trend, e dunque tutto questo si riflette in una leggera variazione negli scambi commerciali, con un aumento delle importazioni del 10,7%, fino a toccare il livello record di 20,6 milioni di t. Rimangono stabili gli stocks, mentre il grado di auto-approvvigionamento scende al 62%. Le prime previsioni per l’annata successiva indicano un declino nelle superfici investite ma una sostanziale stabilità delle produzioni, associata ad una leggera contrazione della domanda.
Cresce leggermente la produzione mondiale di zucchero, che raggiunge 185,2 milioni di t (+0,4%): le riduzioni attese nell’UE, in Tailandia ed in Paki-stan dovrebbero essere più che compensate dagli incrementi produttivi in sile, Cina ed India, che diventa il maggior produttore mondiale insieme al Bra-sile. Continua la crescita dei consumi (175,3 milioni di t, per un consumo capite di 23,3 kg/anno), soprattutto per effetto dell’aumento dei consumi pro-capite nei PVS (+2,2% su base annua, toccando 16,2 kg/anno), determinato sia dal forte ribasso dei prezzi che dall’aumento del reddito. L’andamento negati-vo dei prezzi determina anche un consistente aumento dei negati-volumi scambiati, che toccano 57,9 milioni di t (+4,3%), e riflette la maggiore disponibilità di prodotto sul mercato, conseguenza anche di un aumento delle superfici investi-te, delle politiche di limitazione delle importazioni e di sostegno alle esporta-zioni, e della debolezza delle monete brasiliana e indiana rispetto al dollaro.
Va anche tenuto presente il collegamento tra i prezzi dei semi oleosi e dello zucchero, per effetto della produzione di biocarburanti, per cui la tenuta dei prezzi degli oli vegetali potrebbe riflettersi in una espansione della domanda di bio-etanolo che darebbe un sostegno ai prezzi dello zucchero.
Dopo il picco dell’annata precedente, nell’UE la produzione di zucchero nel 2018/19 si riduce del 17,3%, scendendo a 17,6 milioni di t, principalmente a causa di condizioni climatiche avverse. La contemporanea contrazione della domanda, che scende a 18,5 milioni di t, e delle esportazioni, che si dimezzano fino a 1,7 milioni di t, mantiene il grado di auto-approvvigionamento abba-stanza elevato, pari al 95%, con prezzi in discesa. Questa contrazione dei prez-zi potrebbe riflettersi in una diminuprez-zione delle superfici investite a barbabieto-la per l’annata successiva (-60 mibarbabieto-la ha), seppure barbabieto-la ripresa delle rese dovrebbe consentire di aumentare la produzione.
Nel 2018/19 la produzione di caffè prosegue nel suo trend di crescita, ed arriva a superare 10 milioni di t (+1,5%), con un surplus di mercato (differenza tra offerta e domanda) di circa 167 mila t. Crescono anche i consumi (+2,1%), che toccano 9,9 milioni di t. L’aumento delle produzioni è dovuto soprattutto all’incremento registrato in Brasile, il maggiore produttore mondiale con una quota di circa il 37%, mentre negli altri paesi produttori non si registrano va-riazioni significative. Prosegue il trend negativo dei prezzi, iniziato verso la fi-ne del 2016, pur con qualche rimbalzo durante l’anno. Anche la produziofi-ne di cacao cresce, raggiungendo un picco di quasi 4,8 milioni di t, e mantenendo un surplus di mercato di circa 40 mila t. La Costa d’Avorio rimane di gran lunga il maggior paese produttore (45% della produzione mondiale), ed è responsa-bile dell’aumento della produzione mondiale. I prezzi, dopo i minimi raggiunti nel 2017, hanno mostrato qualche segnale di ripresa nel 2018.
Le produzioni animali
Continua anche nel 2018 la crescita delle produzioni di carni, che vanno a toccare 335 milioni di t (+1,5%), per effetto di un aumento generalizzato che riguarda tutti i principali comparti; la crescita delle produzioni è dovuta al re-cupero in Cina e agli aumenti nell’UE ed in Australia, e in parte negli Stati Uniti. Le maggiori produzioni sono quelle di pollame e di carni suine (121,6 e 120,6 milioni di t, rispettivamente). Crescono anche i volumi di commercio, che raggiungono 33,6 milioni di t (+2,6%): in aumento le esportazioni soprat-tutto di Stati Uniti, UE, Australia, Argentina e Tailandia, per effetto della cre-scita della domanda di Cina, Messico, Giappone e Corea. A livello globale, i consumi pro-capite mostrano un leggero incremento, e risalgono a 43,7 kg/anno, come nel 2016. I prezzi come detto registrano una contrazione nell’anno, come conseguenza dell’andamento dei mercati.
Nel 2018, cresce nell’UE la produzione netta complessiva, che tocca 48,2 milioni di t (+2,7% rispetto all’annata precedente); crescono con lo stesso tas-so (+2,6%) anche i consumi, che sfiorano il livello record di 45 milioni di t, per effetto dell’aumento dei consumi pro-capite che per la prima volta supera-no i 70 kg/ansupera-no. In crescita anche i volumi complessivi di commercio (export + import), con un grado di autoapprovvigionamento che rimane pari al 108%.
Le prospettive per il 2019 sono per un ulteriore aumento, dell’ordine di 0,4%, che dovrebbe portare la produzione netta complessiva a 48,4 milioni di t, a fronte di una domanda stabile.
Se andiamo nel dettaglio, vediamo che la produzione netta di carne bovina tocca 8,0 milioni di t, anche per effetto di un aumento delle macellazioni dovu-to a condizioni climatiche non favorevoli. Le consistenze continuano a ridursi
(-1,3% anche in quest’anno), con una diminuzione di 100 mila vacche da car-ne e 375 mila vacche da latte. Analoghi i consumi, pari a 8,1 milioni (per un consumo pro-capite di 11,0 kg/anno), senza sostanziali variazioni nei volumi degli scambi con l’estero, seppure si assista ad una contrazione dell’export do-po il picco del 2017 (le destinazioni principali sono Africa e Medio-Oriente): il grado di auto-approvvigionamento è pari a 102%. Le previsioni per il 2019 in-dicano una contrazione delle produzioni (-1,3%), per effetto della riduzione della mandria nel 2018; anche i consumi pro-capite sono previsti in calo della stessa percentuale, sottolineando anche il fatto che esiste un certo legame tra andamento della domanda e dell’offerta, almeno nel breve periodo. I prezzi in calo nel 2018 (-5% su base annua) si stabilizzano all’inizio del 2019, e la con-trazione nell’offerta potrebbe tradursi in una spinta al rialzo.
Per la carne suina, la produzione netta cresce nel 2018 del 2,0%, toccando 24,1 milioni di t; anche in questo caso si assiste ad contrazione delle consi-stenze, che registrano un -3% su base annua, per effetto dei prezzi bassi, del ri-schio di febbre suina e delle restrizioni ambientali. La contemporanea crescita dei consumi pro-capite, che salgono a 32,6 kg/anno, comporta un’espansione dell’1,7% della domanda finale. Cresce l’export, sostenuto dalla domanda estera (+9,0%), in ripresa dopo il calo dell’annata precedente e pari a 2,7 mi-lioni di t: circa il 50% dell’export è diretto verso l’Asia, in particolare la Cina (35%). Il grado di auto-approvvigionamento rimane stabile al 112%. Le previ-sioni per il 2019 indicano una sostanziale stabilità della produzione, grazie all’aumento delle rese che bilancia la riduzione delle consistenze, ma una con-trazione dei consumi (-1,1%); di conseguenza si dovrebbe registrare un au-mento dell’export, che arriva a sfiorare 3 milioni di t. In auau-mento anche il gra-do di auto-approvvigionamento, al 114%. Anche i prezzi, gra-dopo il ribasso del 2018, dovrebbero riprendere a salire, per effetto di una offerta stabile ma an-che delle prospettive sui mercati all’esportazione, in particolare in Cina.
In forte ripresa anche la produzione di carni avicole, che registrano un +4,7%, toccando 15,2 milioni di t, in virtù anche del perdurare delle restrizioni sulle importazioni dal Brasile; i prezzi interni dei broiler nel 2018 sono ben al di sopra della media dei 5 anni precedenti. Analogamente riprende anche la corsa dei consumi (+4,6%) che sfiorano 14,5 milioni di t, per un consumo pro-capite di 24,8 kg/anno. Crescono i volumi scambiati, in particolare le esporta-zioni, destinate principalmente in Asia, Africa e Medio-Oriente. Per il 2019 le previsioni sono per una ulteriore crescita di produzione e consumi, anche se con tassi ridotti, intorno al 2%. L’andamento dei prezzi, in leggera flessione ad inizio anno, dipenderà soprattutto dall’andamento delle importazioni.
Si riduce dello 0,9% la produzione di carni ovi-caprine, a fronte di consumi stabili; il grado di auto-approvvigionamento si mantiene al 91%. L’andamento
climatico ha determinato una minore disponibilità di foraggio, e dunque si è proceduto a macellare prima, con pesi medi inferiori: si registra anche una di-minuzione delle consistenze. Questo andamento negativo delle produzioni do-vrebbe confermarsi anche nel 2019. Anche le importazioni sono rimaste stabili (per l’85% provengono dalla Nuova Zelanda). I prezzi nel 2018 sono stati alti, per effetto di una minore offerta e di una domanda mondiale sostenuta: le pre-visioni indicano una loro tenuta anche nel corso del 2019.
Continua a crescere la produzione globale di latte, che dovrebbe sfiorare 827 milioni di t nel 2018 (+2,0%), grazie soprattutto agli aumenti produttivi in Asia, Europa e nelle Americhe. Un incremento del 2,5% viene registrato anche dai volumi di commercio, che salgono a 74,5 milioni di t, con aumenti genera-lizzati per tutti i principali prodotti (burro, latte scremato in polvere, latte inte-ro in polvere e formaggi), a vantaggio principalmente di Stati Uniti, Messico, Nuova Zelanda, Argentina, Uruguay ed Australia, mentre la situazione è meno favorevole nell’UE. Cresce la domanda per effetto dell’aumento dei consumi pro-capite che raggiungono 108,3 kg/anno nel 2018 (+0,9%). I prezzi, dopo essere saliti nella prima metà dell’anno, si sono indeboliti successivamente, in particolare per i formaggi, il burro e il latte intero in polvere, ed alla fine dell’anno si registra un calo medio del 3,4% su base annua.
Nell’UE nel 2018 registriamo come detto una contrazione del numero di vacche da latte di 375 mila unità, che porta le consistenze complessive a 22,7 milioni. La produzione dovrebbe crescere leggermente, dello 0,6%, toccando 166,4 milioni di t, grazie all’aumento del 2,4% delle rese, che arrivano a 7,2 t/capo. Il 95% della produzione viene consegnata ai caseifici. Per il 2019 si prevede un analogo aumento delle produzioni (+0,6%) che dovrebbero supera-re 167 milioni di t. L’UE mantiene la sua posizione leader nell’export, con una quota di mercato del 32%; le tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno aperto op-portunità per l’export dell’UE verso la Cina. La previsione per il 2019 è per una ulteriore crescita della domanda mondiale. L’andamento dei prezzi, che nel corso del 2018 è stato in media superiore a 340 euro/t, è stato del 2% infe-riore rispetto all’anno precedente.
Per quanto riguarda i prodotti trasformati, si riducono ancora le produzioni di prodotti freschi, scese a 46,0 milioni di tonnellate nel 2018 (-0,7%), con previsioni di una ulteriore contrazione nel 2019 (-0,2%): tale contrazione ri-guarda sostanzialmente il latte fresco, che prosegue nel suo trend negativo, e in misura minore la crema, mentre le altre produzioni (latti acidificati e yogurt, e altri prodotti freschi) registrano un aumento. Anche i consumi sono in contra-zione e scendono a 44,9 milioni di tonnellate (-0,6%), con previsione di una ulteriore riduzione nel 2019 (-0,2%): di conseguenza anche il consumo pro-capite, nel 2017, scende sotto 88 kg/anno. L’export registra una contrazione
del 3,6%, attorno a 1,1 milioni di tonnellate, mentre le importazioni rimangono marginali.
Situazione diversa per i formaggi: la leggera contrazione dei prezzi regi-strata nel 2018 ha rallentato la crescita della produzione, che è pari a 10,6 mi-lioni di t (+0,3%); per il 2019 si prevede una ripresa più forte. Analogo au-mento si ha nella domanda interna, che tocca 9,9 milioni di t, con previsioni di crescita anche per il 2019 (+0,5%): il consumo pro-capite nel 2018 è stabile ri-spetto all’anno precedente e pari a 18,8 kg/anno. Nessuna variazione di rilievo negli scambi commerciali, che sia per export che per import si collocano allo stesso livello dell’anno precedente. I formaggi rivestono circa il 40% delle esportazioni dell’UE in valore (i mercati più importanti sono il Nord America e il Medio-Oriente): la contrazione delle esportazioni negli Stati Uniti (-5%) è stata bilanciata dall’aumento delle esportazioni verso Giappone, (probabilmen-te anche per effetto dell’accordo di libero scambio con lo s(probabilmen-tesso Giappone) (+12%) e Svizzera (+2%). Le condizioni della domanda dei paesi importatori indicano una possibile ulteriore crescita dell’export dell’UE nel 2019 (+1%).
Si riduce la produzione di latte scremato in polvere nel 2018 (1,5 milioni di tonnellate, -1,5%), anche se dovrebbe riprendere a crescere nel 2019. Cresco-no invece le esportazioni, che toccaCresco-no 822 mila tonnellate (+5,4%), con previ-sione di un ulteriore aumento nel 2019. Anche per questo prodotto l’UE ha un ruolo leader a livello mondiale, con una quota del 38%, seguita dagli Stati Uniti (32%) e dalla Nuova Zelanda (16%). Crescono anche i consumi interni, che arrivano a 820 mila tonnellate nel 2018. L’andamento del mercato porta nel 2018 ad una contrazione degli stocks complessivi, sostanzialmente per
Si riduce la produzione di latte scremato in polvere nel 2018 (1,5 milioni di tonnellate, -1,5%), anche se dovrebbe riprendere a crescere nel 2019. Cresco-no invece le esportazioni, che toccaCresco-no 822 mila tonnellate (+5,4%), con previ-sione di un ulteriore aumento nel 2019. Anche per questo prodotto l’UE ha un ruolo leader a livello mondiale, con una quota del 38%, seguita dagli Stati Uniti (32%) e dalla Nuova Zelanda (16%). Crescono anche i consumi interni, che arrivano a 820 mila tonnellate nel 2018. L’andamento del mercato porta nel 2018 ad una contrazione degli stocks complessivi, sostanzialmente per