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Mobilità intra-regionale, sotto popolamento e spopolamento

CAPITOLO 2 Le migrazioni interne dalla Sardegna dall’Unità ai giorni nostri

2.5 Mobilità intra-regionale, sotto popolamento e spopolamento

Come già accennato in precedenza, la storia della Sardegna è sempre stata caratterizzata da un costante sotto popolamento e da un fenomeno sempre più importante di spopolamento di alcune aree, in particolare quelle interne. La popolazione sarda si è quasi triplicata a partire dall’Unità e fino ai giorni nostri, passando da 600 mila abitanti nel 1861 ad oltre un milione e seicentomila odierni. L’andamento della crescita della popolazione sarda ha seguito grossomodo quella del resto dell’Italia perlomeno fino alla prima metà del Novecento, mentre a partire dal 1936 la popolazione sarda è cresciuta superando l’andamento di quella italiana in generale (Gatti e Puggioni, 1998). La Sardegna del secondo dopoguerra era la regione italiana col più alto tasso di fecondità totale pari a 3,80, mentre nel 1990 l’indice era sceso al di sotto della media nazionale, attestandosi sul valore di 1,28 rispetto all’1,32 della media nazionale (Ruju, 1998). Ancora oggi la Sardegna è la regione col tasso di fecondità più basso in Italia, attestandosi sul valore di 1,07 nel 2016 (ISTAT). Oltre a questo, la Sardegna si presenta ancora come una delle regioni meno densamente popolate d’Italia, con i suoi 68 abitanti per kmq (Gatti e Puggioni, 1998). Oltre alla condizione di sotto popolamento e di spopolamento, è rilevabile come la Sardegna sia una delle regioni più vecchie d’Italia:

Il forte declino della natalità, in modo particolare, ha prodotto un prolungamento della vita media e un conseguente importante invecchiamento della popolazione. Se al censimento del 1951 l’età media della popolazione era di 28,8 anni, nel 2011 l’età media è salita a circa 44 anni (43,7). Così, se sempre nel 1951 vi erano solo 26 ultra sessantacinquenni ogni 100 individui con meno di 20 anni, nel 2011 gli ultra sessantacinquenni sono diventati ben 112 ogni 100 abitanti con meno di 20 anni. Si è dunque avuto un sorpasso degli anziani sui giovani, secondo una dinamica comune ad altre regioni e territori (Bottazzi e Puggioni, 2013: 14).

Al cambiamento della struttura demografica dovuto al calo della fecondità e al progressivo invecchiamento della popolazione hanno contribuito anche i movimenti migratori:

L'emigrazione è in generale causata da condizioni economiche e del mercato del lavoro difficoltose, oltre che, in particolare a un livello sub‐regionale, dalla ricerca di condizioni di vita migliori. Le implicazioni per le regioni in via di spopolamento sono numerose e

coinvolgono più ambiti, spesso con un rafforzamento di disparità regionali già decisive nell'innescare il flusso di persone in uscita (Bottazzi e Manca, 2013: 69).

Parallelamente al movimento migratorio verso l’esterno si è accompagnata anche una forte mobilità interna alla stessa regione. Le destinazioni di questi flussi sono state principalmente le aree costiere e urbane, rappresentate principalmente da Cagliari e dalla sua vasta area metropolitana che assieme raccolgono un terzo della popolazione sarda, mentre un altro terzo risiede in altri comuni urbani o semi-urbani come i capoluoghi di provincia, e il restante terzo è distribuito in un vasto territorio interessato da forti fenomeni di spopolamento, introducendo un problema di riequilibrio territoriale della regione, poiché senza popolazione o con una popolazione vecchia il discorso sulla dinamizzazione economica e sullo sviluppo si fa ancora più difficile (Bottazzi, 1999). Le città, poste lungo le principali direttrici della rete viaria e ferroviaria continuano a crescere.

La Sardegna, insieme altre regioni del Sud Italia e ad alcune regioni della Germania dell'Est, della Scandinavia e di alcuni paesi dell'Est europeo, è inserita nella categoria denominata Challenge of Decline Type. Questo tipo di regioni mostra un declino demografico dovuto sia ai bassi livelli di fertilità che all'emigrazione; una quota significativamente più alta di lavoratori al di sopra dei 55 anni rispetto a quelli tra i 20 e i 39 anni; un livello di PIL pro capite e una quota di lavoratori stranieri spesso al di sotto della media europea. Le regioni con queste caratteristiche sono richiamate ad adottare politiche che le dotino, o ne rafforzino la presenza nei loro territori, di infrastrutture primarie (trasporti, energia e infrastrutture ICT) necessarie per accrescere la competitività regionale. Oltre a ciò, una serie di altre "raccomandazioni" politiche riguardano direttamente gli individui e le famiglie, per interventi finalizzati a migliorare la qualità della vita di chi risiede nei territori in via di spopolamento e rendere quindi tali regioni più "attrattive" per vivere e lavorare (Bottazzi e Manca, 2013: 71).

Il riassetto della struttura insediativa ha portato a privilegiare a partire dal dopoguerra le zone altimetriche più basse, e il riavvicinamento al mare e alle zone costiere, abbandonate da secoli a causa della malaria (Gatti e Puggioni, 1998). L’altitudine media degli insediamenti decresce, passando dai 285/279 metri sul livello del mare a inizio Ottocento, diminuendo di 22 metri tra il 1821 e il 1921, e di ulteriori 76,6 metri tra il 1921 e il 1991 (Gatti e Puggioni, 1998). La popolazione tende dunque

a spostarsi verso i comuni situati nelle zone di pianura o lungo le coste, dove sono presenti i poli economici, amministrativi e turistici più importanti. Anche i flussi migratori hanno prima spopolato parte delle aree interne, e al rientro invece si sono insediati prevalentemente lungo le coste e nei comuni di maggiore ampiezza demografica (Gatti e Puggioni, 1998). Strettamente correlato a questi aspetti è il fenomeno dello spopolamento, che ha colpito il 55% dei comuni nell’intervallo censuario tra il 1981 e il 1991. Le province più colpite sono state quelle di Nuoro e Oristano, soprattutto nel trentennio tra il 1961 e il 1991 (Gatti e Puggioni, 1998). Il passaggio dalla campagna alla città è uno degli elementi fondamentali del processo di modernizzazione di un’area. Tuttavia questo processo in Sardegna, ma non solo, ha subito una declinazione del tutto particolare, poiché non è stata accompagnata all’industrializzazione, ma piuttosto «la dialettica ruralità-industrializzazione, tipica di tutta l’Europa continentale, è stata sostituita, infatti, da quella della ruralità- terziarizzazione» (Sapelli 2000, in Bottazzi 1999).