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Il rapporto con la Sardegna e le prospettive per il futuro

CAPITOLO 4 La mobilità studentesca dalla Sardegna: il caso degli studenti sard

4.6. Gli studenti sardi nell’Ateneo di Pisa Risultati dell’analisi qualitativa

4.6.4. Il rapporto con la Sardegna e le prospettive per il futuro

Uno degli obiettivi delle interviste era anche quello di indagare come fosse cambiato e se fosse cambiato il rapporto e la visione della Sardegna da parte degli intervistati, a fronte dell’esperienza di mobilità e confrontandosi con una realtà nuova. Quello che sembra emergere dalle interviste è un forte attaccamento degli studenti intervistati all’isola, ma allo stesso tempo un grande scoramento circa le reali possibilità per il tessuto economico e produttivo sardo di garantire delle reali opportunità di crescita da un punto di vista lavorativo o di carriera. In questo senso, il riferimento al mercato del lavoro torna utile, nel senso che esso non emerge in prima istanza come motivo di attrazione nella realtà nuova in cui si decide di andare a studiare, ma per certi versi opera da fattore di spinta per chi decide di andare a studiare fuori. Occorre poi tenere in considerazione un altro aspetto che emerge tra gli intervistati, e cioè la diversa visione della società sarda tra chi proviene dalle zone dell’isola più in crisi, specialmente dai piccoli paesi o dalle zone più isolate, e chi invece proviene dai poli urbani o dall’hinterland. In ogni caso, ciò che emerge dalle parole degli intervistati è che nell’Isola le opportunità siano poche, e che effettivamente il problema delle migrazioni sia reale, perlomeno nella loro percezione:

C’è l’idea che se rimani in paese non hai opportunità, non è più come prima. Il mondo sta cambiando e se non ti muovi è come se non stessi allo stesso passo. Non puoi più fare come prima, anche la mentalità è cambiata. Non ci sono lavori retribuiti, manco più al bar. Per cui la gente decide di uscire, fare esperienze. Alla fine da noi o vanno tutte a fare la ragazza alla pari o i ragazzi i militari (S. T.).

In questo senso, emerge la discrasia tra il racconto che della Sardegna si fa dall’esterno, come isola vacanza e come immagine stereotipata, e la percezione che ne hanno i giovani che ci vivono in relazione alle reali opportunità che la Sardegna offre o può offrire:

Una cosa che ho capito in questi anni che son qua è che fuori dalla Sardegna nessuno sa niente della Sardegna, a parte i turisti che ti dicono “sono stato lì al mare, ah che bello che bello”. L’immagine che c’è dei sardi fuori dalla Sardegna è veramente molto stereotipato, in generale si sa poco e quel poco che si sa è legato al

bel mare, alle pecore e così via… Fondamentalmente non è cambiata la mia immagine della Sardegna, vedo una regione un po’ arretrata, secondo me indietro, e che ancora non ha capito ancora come affrontare il futuro e le sfide del futuro, non ha una sua identità… (G. C.).

Allora diventa normale che la gente se ne vada, ma non perché se ne voglia veramente andare dalla Sardegna, quanto più perché non c’è lavoro, e questo è un concetto ben chiaro nelle parole degli intervistati, quando gli viene domandato che percezione abbiano del fenomeno della mobilità e delle migrazioni dalla Sardegna:

Penso che la Sardegna non possa cambiare finché non ci sarà una presa di coscienza delle proprie possibilità, fare qualcosa come sardi per la Sardegna. Sono speranzosa per il futuro, non ottimista. Se il territorio non offre nulla, è normale che la gente se ne vada. Il fatto che gli studenti vadano fuori è un rischio, perché poi potrebbero non tornare. Tornerebbero se ci fossero opportunità di lavoro. I motivi per tornare son tanti, ma se manca il primo che ti dà l’opportunità di magiare allora non torni (S. T.).

Tuttavia la speranza c’è, e risiede anche nella possibilità che chi è andato fuori per formarsi o per lavorare, prima o poi torni per mettere a disposizione della comunità tutto il bagaglio di competenze e conoscenze acquisito altrove. In questo senso, se da un lato il fenomeno della mobilità per studio o delle migrazioni per lavoro sono percepite come un problema dagli intervistati, in particolare in relazione allo spopolamento e all’invecchiamento dell’Isola, la speranza di un futuro migliore non li abbandona, e anzi, molti ritengono che andare fuori sia una grossa opportunità e un’esperienza assolutamente indispensabile, se poi si torna:

Un insieme di giovani laureati è una risorsa della Sardegna. Secondo me per andare bene uno dovrebbe fare esperienze all’“estero” per vedere come funziona. La pastorizia, che è uno dei settori fondamentali in Sardegna, avrebbe molto da imparare da altri posti. Si dovrebbe uscire non per dire che si è “fighi”, ma per apprendere delle conoscenze da riportare poi nel luogo a cui si è affezionati e che si vorrebbe vedere meglio di quello che è. […] La Sardegna potrebbe offrire molto di più, anche la campagna potrebbe offrire di più. Il problema è che tutti quelli che studiano o fanno

qualcosa se ne vanno, o per scelta o per costrizione. Ora come ora la Sardegna è bloccata, perché non riusciamo ad avere le opportunità, non perché non ci siano. Perché chi avrebbe le opportunità è costretto ad andarsene. Il settore della pastorizia, dell’enologia, potrebbero offrire grandissime opportunità, però c’è ancora molto da imparare, e in questo senso vedere come fanno in altre parti come in Toscana o Emilia potrebbe essere importante. Ma poi queste conoscenze andrebbero riportate in Sardegna. E’ l’unico modo per uscire dalla crisi (E. C.).

L’immagine che della Sardegna restituiscono gli intervistati è, nella loro percezione, quella di un posto in cui essere giovani è difficile, in cui mancano le opportunità. Tuttavia, le speranze non sembrano mancare, e neanche la voglia di mettersi in gioco per migliorare la situazione.

L’ambito relativo alle prospettive future è uno di quelli che ha maggiormente messo in difficoltà gli intervistati, in bilico tra il desiderio di tornare e la paura di non riuscire a realizzare le proprie ambizioni. La maggior parte degli intervistati vorrebbe fare ulteriori esperienze fuori e confrontarsi col mondo del lavoro prima di tornare in Sardegna. Questo sarebbe utile per crearsi un bagaglio di esperienze e di professionalità tali da poter permettere un accesso più facile al mercato del lavoro sardo, che agli occhi degli intervistati pare molto chiuso, soprattutto per chi studia nell’area umanistica o sociale. Invece sono paradossalmente gli studenti delle discipline di area scientifica i più possibilisti rispetto ad un ritorno nell’Isola. Solo pochi tra gli intervistati hanno ben chiara la prospettiva di un futuro lavorativo in Sardegna, come A. C., studente di Ingegneria Informatica:

Sono molto patriottico, penso che la Sardegna sia il posto migliore in cui vivere, un posto tranquillo. Diciamo che sarei disposto anche un po’ a penalizzarmi dal punto di vista dello stipendio, del posto di lavoro… Perché ho nostalgia proprio del posto… a me la Sardegna piace, ho nostalgia anche delle persone, ma proprio del posto, di come è fatta la Sardegna (A. C.).

Alcuni invece sono sicuri che in Sardegna proprio non ci torneranno, come V.M., studentessa di lingue:

Non vedo la possibilità di un ritorno in Sardegna, e anzi, spero di andare oltre l’Italia, vorrei andare all’estero (V. M.).

La scelta di una prima mobilità per studio può quindi indubbiamente fungere da trampolino oltre che per una stabilizzazione al di fuori dell’Isola, anche per un progetto migratorio fuori dai confini italiani. Buona parte degli intervistati ha paventato l’ipotesi di un periodo di studio o lavoro all’estero come orizzonte possibile. La maggior parte degli intervistati non sembra dunque propensa a tornare subito in Sardegna, principalmente per motivi legati alle opportunità di lavoro e di carriera:

Mi piacerebbe rientrare in Sardegna ma con una laurea in Cooperazione Internazionale non credo ci siano chissà quali offerte, per cui mi piacerebbe ritornare sì, a vivere, anche in futuro, perché si vive bene, però non credo che sarà così a meno che le cose non cambieranno (M. M.).

Anche S.M. P., in procinto di finire la specialistica non sembra orientata a rientrare in Sardegna, ed anzi, ambisce a nuove e future esperienze:

La Sardegna è casa mia, quindi ogniqualvolta penso alla Sardegna mi viene la pelle d’oca, però ho capito che per il momento la mia vita non è là, per cui mi piacerebbe sia rimanere qua perché è una regione che mi piace, però non escludo un’esperienza fuori dalla Toscana, anche all’estero.

Le ambizioni lavorative e la percezione del mercato del lavoro sardo non incentivano certo gli studenti a tornare, influenzati anche dal mondo circostante che sembra correre, mentre la Sardegna resta indietro:

Siamo tutti interconnessi, possiamo vedere il mondo attraverso gli schermi e quindi la voglia di uscire e di metterti in contatto con altre realtà ti viene di più rispetto a quello che poteva succedere anni fa. L’obbligo c’è se fai un certo tipo di lavoro, se sei in una realtà lavorativa che è influenzata dalla globalizzazione, dai mercati, da tutto questo insieme di cose, allora lì sei obbligato a muoverti, perché pensare di aprirti la tua attività e campare solo delle vendite che fai in Sardegna o nella tua regione non è più pensabile. E quindi lì diventa un obbligo spostarsi, imparare lingue etc… (G.C.).