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CAPITOLO 3 La mobilità studentesca interregionale in Italia

3.1 Mobilità per studio e migrazioni interne

Come osservato nei capitoli precedenti, il tema delle migrazioni caratterizza fortemente il dibattito all’interno degli ambienti accademici e dell’opinione pubblica italiana e internazionale. I flussi migratori «costituiscono uno dei fenomeni che meglio caratterizzano l’attuale evoluzione della società e dell’economia in Italia e nel mondo» (Papagni, 2012: 9). All’interno dei processi di migrazione interna trova spazio anche la mobilità per studio, intesa in questo caso come la propensione a spostarsi per studiare in una provincia o regione diversa da quella di residenza.

Secondo Findlay (Findlay et al., 2017) mentre il tema della mobilità studentesca in ambito internazionale è stato abbondantemente trattato dalla letteratura accademica, poco spazio ha trovato invece quello della mobilità per motivi di studio interna agli stati o tra regioni. Findlay e colleghi, che hanno concentrato la loro attenzione sulla mobilità interna in UK con l’obiettivo di verificare se i drivers della mobilità studentesca internazionale fossero in grado di spiegare anche la mobilità interna ad uno stato, ritengono che mentre la letteratura sulla mobilità internazionale per studio ha individuato la globalizzazione e l’internazionalizzazione dell’istruzione terziaria insieme al desiderio di accrescere il proprio capitale sociale e culturale come fattori determinanti nella scelta di mobilità, la letteratura internazionale che si è occupata della mobilità studentesca all’interno degli stati o delle regioni ha puntato invece lo sguardo più su fattori come la vicinanza o lontananza dal luogo di studio o dalla famiglia (Findlay et al., 2017).

In Italia il tema della mobilità studentesca è stato trattato finora solo marginalmente dalla letteratura accademica, e soprattutto viene affrontato principalmente da un punto di vista economico. La mobilità interna per studio in Italia dunque, al pari delle migrazioni interne qualificate, restano poco esplorate. Quanto detto da Tomei (2017a) sull’importanza dello studio dei fenomeni delle migrazioni qualificate e sul ruolo «che la migrazione qualificata sta svolgendo nella selezione e

allocazione ottimale della forza lavoro intellettuale richiesta dai nuovi poli di sviluppo dell’economia della conoscenza» (Tomei, 2017a: 13), vale anche per le migrazioni interne per studio e in particolare per gli «effetti trasformativi di questa migrazione sulle dinamiche di sviluppo dell’Italia» (Tomei, 2017a: 13).

La mobilità per studio rappresenta un particolare tipo di migrazione qualificata (Affuso e Vecchione, 2012). Appare opportuno sottolineare che la mobilità per studio non si caratterizza a tutti gli effetti come un fenomeno migratorio canonico, perlomeno da un punto di vista amministrativo. Difatti solitamente essa si presenta come un trasferimento temporaneo, strettamente legato cioè alla durata del corso di studi, e non implica un cambio di residenza amministrativo, sfuggendo dunque alle rilevazioni sui cambi di residenza anagrafica e alla contabilità dei movimenti migratori. Tuttavia presenta alcuni dei caratteri sociologici che la assimilano alle dinamiche di altri tipi di migrazioni, quali ad esempio la circolazione di capitale umano, l’inserimento in un sistema culturale per certi versi estraneo, la funzione svolta dalle reti migratorie, l’importanza delle biografie personali nel determinare la scelta migratoria, e le determinanti di tipo economico o socio-culturale alla base della scelta di mobilità.

L’evolversi del fenomeno, in particolare a partire dagli anni Novanta, ha fatto sì che parte della letteratura scientifica si interessasse di questo particolare tipo di migrazione. La letteratura sul tema risulta ancora poco organica, considerato che questo aspetto delle migrazioni riguarda decine di migliaia di studenti ogni anno, andando ad intaccare la distribuzione del capitale umano nel paese e influenzando i processi di crescita delle regioni (Affuso e Vecchione, 2012). Questo risulta importante soprattutto alla luce delle direttrici che interessano il fenomeno della mobilità studentesca. Principalmente infatti ci si muove dal Mezzogiorno3 verso il Centro-Nord, ricalcando le traiettorie storiche delle migrazioni italiane del dopoguerra. Per quanto possa apparire ovvio, queste dinamiche affondano le radici nel persistente divario fra le varie zone del paese, andando ad intaccare dunque l’ampiezza e la qualità della offerta formativa, la qualità della vita ed eventualmente il futuro degli studenti. Inoltre, questo processo va a sommarsi all’emigrazione di quegli studenti che si laureano nella propria regione di residenza e che si spostano solo dopo aver

3 Nel presente lavoro il termine Mezzogiorno include le regioni del Sud (Abruzzo, Basilicata, Campania,

conseguito il titolo, i cosiddetti mobili post-lauream, andando così a ingrossare le fila dei movimenti migratori che interessano in particolare le regioni del Sud.

La mobilità per studio dunque può essere ricompresa all’interno di quei fenomeni migratori che interessano tutti i paesi del mondo, pur presentando appunto caratteristiche proprie. La mobilità per studio in Italia si inserisce all’interno di un più vasto fenomeno migratorio che a partire dagli anni Cinquanta ha coinvolto tutto il Paese, con particolare riguardo agli spostamenti sull’asse Sud-Nord, prima nel ventennio fra gli anni Cinquanta e Settanta e poi di nuovo a partire dagli anni Novanta. Parte della letteratura indica gli anni Novanta come uno snodo fondamentale nello sviluppo dei fenomeni migratori in Italia (Viesti, 2005; Piras, 2005; Impicciatore, 2016). Infatti è da allora che si inizia a parlare di fuga dei cervelli (Jahnke, 2001; Piras, 2005), con particolare riguardo alla situazione che vive il Mezzogiorno d’Italia, da cui ogni anno migliaia di diplomati o laureati fanno le valige per intraprendere un percorso migratorio verso il Centro-Nord Italia o verso l’estero. In questo senso, studiare la mobilità ante lauream significa studiare i divari ancora persistenti fra il Nord e il Sud del paese, e studiare come questo meccanismo contribuisca al divaricarsi di questa spaccatura che affonda le sue radici negli anni. Difatti, come afferma Viesti (2005), se nel breve periodo sembrano prevalere gli aspetti positivi, legati soprattutto al possibile riequilibrio complessivo sul mercato del lavoro nazionale, nel lungo periodo sembrano invece prevalere gli effetti negativi, legati non tanto alla mobilità in sé, quanto al fatto che i flussi siano intesi e unidirezionali, provocando un effetto di brain drain. Inoltre, come paventa Viesti (2005), l’allontanamento dei giovani «può polarizzare maggiormente la struttura della popolazione verso le fasce più anziane, che contemporaneamente hanno bisogno di più servizi ma che sono meno in grado di finanziarli» (Viesti, 2005: 685), generando veri e propri fenomeni di spopolamento e abbandono, che sul lungo periodo possono creare problemi molto gravi.

La mobilità studentesca costituisce infatti in molti casi il primo step di un percorso di mobilità interna più duraturo e strutturato, e permette di fare importanti valutazioni sul sistema educativo del paese e sulla distribuzione del capitale umano all’interno di esso (Ciriaci, 2005; Viesti, 2005; Impicciatore, 2016; Viesti, 2016; Viesti, 2017). La scelta della sede di studio e quella della residenza futura sono difficilmente indipendenti l’una dall’altra:

La prima influenza anche la seconda, dato che la motivazione principale nella decisione di iscriversi all’università consiste – per un diplomato su due – nell’aspettativa (una volta laureato) di più rapide e migliori prospettive occupazionali e salariali. In tal senso, tale forma di mobilità è del tutto paragonabile ai movimenti migratori della popolazione (Zurru, 2016a: 89).

In questo senso i fenomeni della mobilità per studio si saldano con quelli delle migrazioni qualificate o delle migrazioni per lavoro. Questo ci permette di approcciare al tema attraverso il filtro delle teorie sulle migrazioni, che per certi versi ben si adattano a spiegare anche il comportamento degli studenti fuori sede.

Nel corso di questo capitolo tratteremo del fenomeno in relazione alla mobilità interna e non alla mobilità per studio in ambito internazionale. Anche su questo fronte il dibattito in ambito sociologico resta aperto, tra chi ancora sostiene una netta distinzione tra le migrazioni interne e internazionali, e chi come King e Skeldon (2010) reputano che fra questi due fenomeni esistano numerose analogie. Le teorie migratorie, divise in Macro, Micro e Meso, rappresentano un valido strumento di analisi, e partendo da presupposti teorici diversi cercano di spiegare perché si emigra, perché alcuni emigrano mentre altri no, quali effetti questo genera sui luoghi di destinazione e su quelli di partenza e altro ancora.

L’obiettivo di questo capitolo è quello di passare in rassegna i principali contributi al tema della mobilità per studio, all’interno della cornice delle teorie migratorie economiche e sociologiche più importanti. Inoltre, il fenomeno verrà descritto in maniera diacronica, con riguardo alla sua evoluzione nel corso degli anni.