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CAPITOLO 3 La mobilità studentesca interregionale in Italia

3.5 Le teorie migratorie

I fenomeni migratori esistono da quando esiste l’uomo, tanto che si può affermare che gli umani sono una specie migratoria (Massey et al., 1998). Le migrazioni hanno attraversato e caratterizzato tutte le grandi fasi della storia, segnando la nascita di alcuni popoli e il declino di altri. Per questo motivo lo studio delle migrazioni ha sempre destato particolare interesse in vari ambiti disciplinari, dall’economia alla sociologia, dalla demografia alla geografia alla storia. L’attenzione degli studiosi si è rivolta principalmente allo studio delle migrazioni internazionali, in particolare in questi ultimi anni in cui flussi migratori molto eterogenei stanno interessando il mondo globalizzato.

Le migrazioni vanno infatti inquadrate come processi, in quanto portatrici di una dinamica evolutiva che comporta una serie di modificazioni e adattamenti nel tempo. Le migrazioni sono infatti sistemi che mettono in relazione le aree di partenza, quelle di transito e infine quelle di destinazione, coinvolgendo più piani e diversi attori, da quelli istituzionali ai meri sistemi normativi di regolazione (Ambrosini, 2011).

I movimenti emigratori si riferiscono dunque all’uscita dal paese o dall’area di origine, mentre i movimenti immigratori riguardano invece l’ingresso nel paese o nell’area di arrivo. I fenomeni migratori possono quindi essere studiati da due distinte prospettive, cioè dalla prospettiva della società ricevente e da quella di partenza (Ambrosini, 2011).

Alcune teorie si concentrano sull’origine dei flussi e sullo studio delle cause che generano le migrazioni e sull’impatto che questi generano sulle società di partenza e di destinazione, altre invece indagano le ragioni per cui le migrazioni tendono a perpetuarsi, anche quando siano mutate le cause o le condizioni che ne hanno inizialmente dato origine. Solitamente sono due gli ambiti di indagine che riguardano lo studio delle migrazioni internazionali: il primo riguarda la ricerca dei fattori decisivi dei processi e degli schemi migratori, il secondo, lo studio dei modi in cui i migranti si integrano nelle società che li ricevono (Massey et al., 1998). La mancanza di una teoria organica ed omogenea non è tanto imputabile ad una carenza degli studiosi, quanto piuttosto alla complessità di un fenomeno sfaccettato e disomogeneo, che richiede un approccio multidisciplinare. Lo studio delle migrazioni interne risulta

essere fondamentale in quanto meccanismo di distribuzione spaziale della popolazione:

In most advanced societies, inter-regional migration is a major mechanism through which labor resources are redistributed geographically, in response to changing economic and demographic forces (Greenwood, 1997: 648).

A partire dai primi lavori pionieristici del geografo Ravenstein (1885), il fenomeno delle migrazioni ha attratto sempre più attenzione, in quanto si caratterizza per essere un fenomeno complesso e molto eterogeneo. Principalmente le strade percorse dai teorici degli studi migratori si sono orientate da un lato verso gli aspetti Micro, cioè i singoli individui e sul processo decisionale che ha portato alla migrazione; dall’altro lato invece le prospettive Macro si sono focalizzate principalmente sul contesto e sull’ecologia del fenomeno migratorio, basandosi principalmente sull’analisi delle variabili aggregate. Le migrazioni possono dunque essere studiate sia dal lato delle determinanti che causano o perpetuano la scelta migratoria, e sia dal lato delle conseguenze che la scelta migratoria avrà sia sulle società di arrivo che su quelle di partenza dei migranti. L’oggetto di studio della sociologia delle migrazioni riguarda principalmente le cause delle migrazioni. L’obiettivo è quello di capire perché alcune persone emigrano mentre altre no, perché da alcuni Stati emigrano tante persone mentre da altri, apparentemente nelle stesse condizioni e con le stesse caratteristiche ne emigrano pochi, e ancora perché i migranti non scelgono necessariamente le destinazioni più vicine e più ricche di opportunità (Zanfrini, 2004). Per cercare di comprendere il fenomeno migratorio più a fondo, è necessario analizzare le teorie migratorie che nel corso degli anni hanno cercato di interpretare e spiegare le migrazioni. Solo a partire dalla seconda metà del Novecento prende avvio il tentativo di spiegare tramite dei modelli teorici generali le determinanti della scelta migratoria, ovvero le ragioni strutturali e le motivazioni personali alla base della decisione soggettiva di migrare.

Le determinanti della scelta migratoria sono una delle dimensioni di maggiore interesse dell’analisi dei fenomeni migratori. Gli studiosi delle migrazioni si sono da sempre interessati alla ricerca delle cause e dei motivi che portano all’avvio dei flussi migratori e al loro perpetuarsi, cercando di indagare diversi aspetti del fenomeno,

relativi alla composizione dei flussi, alla loro direzione, alla durata o alla intensità. Si deve al geografo Ravenstein l’elaborazione del modello Push-Pull secondo cui i fenomeni migratori agiscono come all’interno di una serie di vasi comunicanti, operando tramite fattori di spinta e attrazione una sorta di riequilibrio fra i vari paesi, fino al raggiungimento di un equilibrio stabile. Sulla base di questo modello prende avvio la teoria economica neoclassica, che ricerca nelle cause strutturali di tipo macroeconomico e microeconomico le ragioni della scelta migratoria.

Tuttavia, come evidenziato da Massey et al. (1998), l’approccio teorico alle migrazioni che ha caratterizzato gli ultimi cinquant’anni non è più in grado di spiegare da solo un fenomeno così complesso. Questo ha portato alla messa in discussione dei due pilastri fondamentali delle teorie migratorie moderne, in particolare a livello Micro mettendo in discussione la concettualizzazione dei migranti come attori razionali che rispondono e reagiscono alle sollecitazioni dovute alle disparità fra i paesi, e sulla base della massimizzazione del loro guadagno operano la scelta di migrare; mentre a livello Macro, mettendo in discussione la meccanica dell’approccio Push-Pull, che vede le migrazioni come un modo per riequilibrare i divari tra domanda e offerta di lavoro (Massey et al., 1998).

Le teorie economiche classiche incontrano infatti numerose difficoltà nella spiegazione dell’evoluzione dei fenomeni migratori in un mondo post-industriale (Massey et al., 1998). Le teorie migratorie classiche hanno dunque il loro limite nella meccanicità e nella astoricità delle loro assunzioni:

Ahistorical frameworks that offer universal explenations, immutable laws, and timeless regularities are not very helpful in trying to understand new patterns of international movement. The theoretical concepts now employed by social scientists to analyse and explain international migration were forged primarily during the industrial era and reflect its particular economic arrangements, social institutions, technology, demography, and politics

(Massey et al., 1998: 3).

In questo quadro così complesso, risulta difficile operare una sintesi coerente degli approcci al fenomeno migratorio, ragion per cui non è mai stata elaborata una teoria migratoria unitaria ed onnicomprensiva che potesse contenere al suo interno aspetti così eterogenei. Come evidenziato da Massey et al. (1998), la prospettiva economica neoclassica ha orientato il suo sguardo principalmente alle ragioni

economiche della scelta migratoria. Nella sua variante Macroeconomica ha concentrato il suo interesse nei differenziali di reddito tra le diverse aree di un paese, inizialmente in relazione alla mobilità rurale-urbana nel modello elaborato da Harris e Todaro (1970), poi riorientata alla spiegazione delle migrazioni fra paesi più o meno sviluppati. La variamente Micro invece si è orientata maggiormente verso la scelta individuale del singolo attore nella massimizzazione dell’utilità scaturita dalla scelta migratoria (Todaro, 1969; Borjas, 1989). La migrazione è concepita come una forma di investimento in capitale umano (Sjaastad, 1962). Tuttavia, le sole differenze economiche non sono in grado di spiegare l’avvio dei flussi migratori, anche se costituiscono una componente necessaria.

Da queste critiche scaturisce l’idea secondo cui solo un approccio interattivo sia in grado di comprendere i diversi piani dei fenomeni migratori. L’interazione fra il soggetto e le sue motivazioni e l’ambiente circostante, a livello sociale, economico e politico è ora il centro dell’elaborazione teorica (Massey et al., 1998).

3.6 Contributi dalla letteratura sociologica ed economica allo studio della