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Il modulo procedimentale dell’annullamento in autotutela, tra complessità e

6. L’annullamento d’ufficio nell’originaria disciplina della l n 15/2005.

6.1. Il modulo procedimentale dell’annullamento in autotutela, tra complessità e

semplificazione.

Sotto il profilo procedimentale, le modalità di esercizio dell’annullamento in autotutela prevedono oneri formali la cui intensità varia a seconda delle peculiarità della fattispecie concreta oggetto di riesame.

Il procedimento dell’annullamento d’ufficio si presenta astrattamente complesso nelle forme, in coerenza con la natura discrezionale del potere esercitato, che deve essere bilanciata dal rafforzamento delle garanzie partecipative.

In primo luogo, l’esito del giudizio di comparazione deve trasfondersi nella motivazione91 del

provvedimento di autoannullamento: la motivazione, infatti, costituisce garanzia di controllabilità da parte del giudice amministrativo e dei privati delle modalità di esercizio del potere, e segnatamente, della ragionevolezza con cui l’Amministrazione ha condotto quella valutazione comparativa tra contrapposti interessi che rappresenta dopo la l. n. 15/2005 un limite legale all’autotutela.

L’obbligo di motivazione conosce tuttavia delle deroghe, ritenendosi non necessaria qualora sia trascorso un breve lasso di tempo dall’adozione dell’atto annullato, o qualora l’illegittimità dello stesso sia stata cagionata dalla malafede del privato che beneficia del provvedimento, o qualora si tratti di recuperare illegittimi esborsi di denaro pubblico.

È evidente nelle prime due ipotesi l’esonero da una motivazione profonda e dettagliata si giustifica in relazione allo spessore dell’affidamento ingenerato dal provvedimento annullato: da un lato la brevità del tempo trascorso tra l’adozione dell’atto originario e il suo ritiro esclude il consolidarsi di una posizione meritevole di una tutela forte da parte dei destinatari del provvedimento, dall’altro l’eventuale concorso di quest’ultimi nell’illegittimità dello stesso è antitetica alla formazione di un affidamento legittimo92.

Nel caso di atti illegittimi che comportano oneri finanziari per l’ Amministrazione l’assenza di un obbligo così intenso di motivazione del provvedimento di ritiro si fonda sulla natura vincolata93

91 cfr. tra le tante, Cons. St. 26 gennaio 2015 n. 62, Cons. St. 30 luglio 2013 n. 4026, Cons. St. 19 marzo 2013 n. 1605, in www.giustizia-amministrativa.it.

92 Si esclude l’obbligo di motivazione per l’annullamento di atti ampliativi adottati a seguito di falsa rappresentazione della realtà da parte dell’interessato (cfr. Tar Puglia, 4 aprile 2006, n. 1831, in www.neldiritto.it).

93 La deroga all’obbligo di motivazione per gli atti a contenuto vincolato è stata più volte sostenuta dalla giurisprudenza, come sancito, tra le tante, da Cons. St. 7 maggio 2012 n. 786, e Tar Lazio, 13 giugno 2012, n. 5365 in www.neldiritto.it.

dell’atto di ritiro, al punto che secondo alcuni si tratterebbe di un’ipotesi di c.d. “autotutela doverosa”94.

In realtà appare preferibile ricondurre le ipotesi citate ad altrettanti casi in cui l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo risulti in re ipsa, ovvero sussistente in via presuntiva, non richiedendo pertanto la specifica indicazione nella motivazione nell’atto di ritiro95.

Il procedimento di riesame, inoltre, diviene complesso nelle forme, dovendosi rispettare il criterio del contrarius actus, che impone alla p.a. di replicare nell’intervento in autotutela lo stesso schema procedimentale seguito per l’emanazione del provvedimento originario.

Si ritiene che la funzione amministrativa sia di contenuto identico a quella esplicata in precedenza, seppure di segno opposto, e dunque deve articolarsi secondo gli stessi moduli già adottati, senza i quali rischia di rimanere monca o comunque difettosa rispetto all’identica causa del potere: la p.a., pertanto, è tenuta a porre in essere un procedimento gemello di quello a suo tempo seguito per l’adozione dell’atto revocando, richiedendosi una speculare e pedissequa identità dello svolgimento procedimentale.

Alla base di tale ricostruzione si pone ancora una volta la concezione dell’autotutela come espressione del medesimo potere di amministrazione attiva, che viene rieditato con esiti opposti alla determinazione di primo grado.

Ciò non convince i sostenitori della tesi dell’autonomo potere di riesame, che pongono a sostegno della necessità del rispetto della simmetria procedimentale l’esigenza di assicurare le medesime garanzie partecipative per gli interessati, le cui posizioni giuridiche risultano ancora più intrecciate con l’azione amministrativa rispetto all’assetto di rapporti precedente all’emanazione del provvedimento di primo grado.

Nella stessa ottica si colloca l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, che la giurisprudenza individua come adempimento procedimentale necessario qualora la p.a. intenda emanare un provvedimento di secondo grado di annullamento, revoca o decadenza.

La comunicazione di avvio del procedimento di riesame è strumentale all’attivazione della garanzia partecipativa degli interessati, a sua volta dipendente dal legittimo affidamento che possano aver maturato sulla base dell’atto oggetto di ritiro, pertanto è possibile individuare alcune eccezioni: si esclude la necessità della comunicazione ex art. 7 l. n. 241/90 qualora l’autotutela sia esercitata nei confronti dichiaratamente provvisori, la cui rimozione integra un mero ritiro più che un autentico riesame in autotutela.

94 La giurisprudenza talvolta parla espressamente di autotutela doverosa, come potere a carattere vincolato e necessitato, in relazione all’autotutela edilizia, o all’autotutela per l’inquadramento del personale (cfr. Cons. St. 7 maggio 2012 n. 786, cit.), o ancora in caso di provvedimenti contrastanti con il diritto comunitario, o in caso di ottemperanza ad una decisione del giudice ordinario passata in giudicato. Vedi anche M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, Torino 2014.

Allo stesso modo la comunicazione di avvio del procedimento non appare necessaria nei casi in cui l’adozione del provvedimento di annullamento appaia doverosa nell’ an e vincolata nel quomodo essendo incontestati i presupposti tra le parti, o qualora il quadro normativo di riferimento non presenti apprezzabili margini di incertezza96.

Sotto il profilo temporale, la scelta del legislatore del 2005 è stata quella di non prevedere un limite fisso e predefinito per l’esercizio dell’annullamento d’ufficio, preferendo piuttosto stabilire che il potere di riesame debba intervenire entro un lasso di tempo ragionevole dall’emanazione del provvedimento originario.

Si tratta di un parametro volutamente indeterminato ed elastico che deve essere individuato in concreto, in considerazione del grado di complessità degli interessi coinvolti e del relativo consolidamento97, ancorato ad una valutazione costituzionalmente orientata in termini di

ragionevolezza.

L’art. 21 nonies esclude l’inesauribilità del potere di autotutela che, nella sua prospettiva relazionale con l’affidamento dei privati, permane finché l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo possa dirsi prevalente sugli interessi concorrenti.

Emerge, ancora una volta, come il ripristino della legalità dell’azione amministrativa sia un’esigenza cedevole a fronte della tutela delle legittime aspettative dei privati, che non può da sola giustificare il ritiro del provvedimento originario: si tratta di un interesse circoscritto in un termine ragionevole, ovvero razionalmente limitato dagli sviluppi che il rapporto regolato può subire nell’intervallo che passa dall’emanazione dell’atto al suo annullamento.

Dal versante opposto, sussiste un dato temporale assoluto, secondo cui un lasso di tempo oggettivamente “non considerevole”, non comporta alcun insorgere di legittimi e tutelabili affidamenti, e un dato relativo, per il quale gli affidamenti, pur in astratto configurabili per il decorso di un tempo considerevole, in concreto non siano “ragionevoli”98.

A ben vedere, la ragionevolezza che l’art. 21 nonies l. n. 241/90 riferisce al tempo dell’annullamento, è in realtà una qualificazione maggiormente attinente alle posizioni individuali dei soggetti coinvolti nel procedimento di revisione delle decisioni iniziali.

Il termine per il riesame in autotutela, dunque, non è mai “ragionevole di per sé”, piuttosto è la ragionevolezza delle situazioni giuridiche sorte e consolidatesi a costituire un limite all’esercizio del potere.

96 cfr. Cons. St. 22 giugno 2006 n. 3867, in www.neldiritto.it.

97 cfr. Cons. St. 27 febbraio 2012, n. 1081 e Tar Puglia 11 novembre 2011, n. 1704 in www.neldiritto.it. 98 cfr. Cons. St. 10 dicembre 2010 n. 8729, in www.giustizia-amministrativa.it.

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