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Premessa: le diverse tipologie di contratti pubblici e la veste cangiante della pubblica

L’AUTOTUTELA INTERNA ED ESTERNA AL CONTRATTO: I CONTROVERSI RAPPORTI TRA REVOCA E RECESSO DELLA P.A.

1. Premessa: le diverse tipologie di contratti pubblici e la veste cangiante della pubblica

amministrazione.

Analizzare i rapporti tra potere di autotutela e contratto significa prendere atto della tendenza a quella che è stata definita la progressiva “contrattualizzazione” del diritto amministrativo127, e

divenuta ormai un’acquisizione anche a livello normativo.

Con tale espressione si vuole intendere il crescente utilizzo di strumenti giuridici privatistici da parte della p.a. nell’esercizio delle propria funzione, con un’inedita commistione tra diritto pubblico e privato che affascina gli interpreti128.

Si assiste alla perdita di centralità del provvedimento nell’arco delle possibilità d’azione della p.a., che sempre con maggior frequenza predilige moduli tipici del diritto privato, e su tutti il paradigma del contratto per realizzare finalità di pubblico interesse, sostituendo l’autoritatività con la ricerca del consenso129.

Ciò consente di distinguere un’attività amministrativa di diritto privato da un’attività privata di diritto privato, intendendosi con la prima espressione la p.a. che agisce nel perseguimento dell’interesse pubblico con modelli privatistici, e con la seconda, quell’attività di gestione patrimoniale che in nulla differisce dall’attività privata in senso stretto, se non per la presenza di un attore pubblico.

Alla base vi l’idea di un mutato assetto dei rapporti tra Amministrazione e amministrati, secondo cui occorre ridurre l’ambito dell’imposizione unilaterale, tipica del provvedimento, con forme concordate o addirittura “negoziate” di esercizio del potere pubblico.

Un indice normativo forte di tale tendenza proviene dall’introduzione dell’art. 1 comma 1 bis della l. n. 241/90, che generalizza il ricorso a modelli privatistici da parte della p.a., chiarendo altresì l’applicabilità della disciplina civilistica in tali occasioni, e contribuendo a delineare un sistema dualistico in cui si contrappongono autoritatività e negozialità dell’azione amministrativa.

127 M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, Torino 2014, p. 270.

128 Mirabili, in proposito le parole di S. PUGLIATTI, Diritto pubblico e diritto privato, in Enc. Dir., vol. XII, Milano, 1964, p. 697, secondo cui “ogni del diritto riconduce lo studioso alla distinzione fra diritto pubblico e diritto privato, riprese poi da S. CASSESE, Le droit tout puissant et unique de la societé. Paradossi del diritto amministrativo, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 2009, p. 886, secondo cui il diritto amministrativo sarebbe ormai un “diritto meticcio”.

Viene tratteggiata una linea di demarcazione che distingue l’attività autoritativa, a carattere unilaterale e retta da norme di diritto pubblico, dall’attività negoziale, a base consensuale e governata dalla disciplina civilistica.

Le differenze, chiare in astratto, sfumano nelle dinamiche concrete, dal momento che l’attività autoritativa ha progressivamente perso quel carattere di assoluta unilateralità mediante il rafforzamento delle forme di partecipazione procedimentale, che culminano con la previsione di cui all’art. 11 l. n. 241/90, ovvero con il provvedimento “concordato”, frutto di un accordo tra la p.a. e privato.

Allo stesso modo, qualora l’azione amministrativa si dipani attraverso modelli civilistici non può ritenersi pedissequamente applicabile la disciplina privatistica, giacché la p.a. non smarrisce mai del tutto la propria autoritatività, giustificata dagli interessi perseguiti, che riemerge con intensità variabile, determinando una serie di peculiarità e prerogative che rendono l’Amministrazione un contraente “atipico”.

Parte della dottrina, nell’avvicinarsi all’universo dei contratti pubblici, ritiene che si tratti di una figura certamente ambigua, se non proprio “borderline”130, le cui difficoltà di inquadramento si

acuiscono per l’eterogeneità della categoria che non si presta ad agevoli generalizzazioni.

Occorre, pertanto, analizzare le diverse tipologie di contratti pubblici, in cui si registra una graduale dismissione della veste autoritativa che porta la p.a. ad avvicinarsi sempre più al contraente privato, senza mai giungere tuttavia ad un’esatta identificazione131.

L’orientamento tradizionale distingue tra contratti di “diritto comune”, contratti “speciali”, e contratti “ad oggetto pubblico” o di “diritto pubblico”132.

Nell’ambito della prima categoria rientrano quelle fattispecie contrattuali che non subiscono alcun mutamento di disciplina per il fatto che una delle parti sia la p.a., risultando immuni alla contaminazione del contraente pubblico. Si tratta di contratti lontani dalla logica autoritativa, in cui ambo le parti agiscono su di un piano di assoluta parità, senza interferenze con la disciplina pubblicistica133.

Tra essi si annoverano certamente tutti i contratti di gestione del patrimonio della p.a., che generalmente sono fonte di utilizzo ed investimento di beni pubblici non riservati, che non

130 R. CARANTA, I contratti pubblici, in Sistema del diritto amministrativo italiano ( diretto da F.G. Scoca, F.A. Roversi Monaco, e G. Morbidelli), Torino 2012.

131 S. BUSCEMA e A. BUSCEMA, I contratti della pubblica amministrazione, in Trattato di diritto amministrativo (diretto da G. SANTANIELLO), vol. II, Padova 1994; G. NAPOLITANO, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano 2003; A. BENEDETTI, I contratti della pubblica amministrazione tra specialità e diritto comune, Torino 1999.

132 M. S. GIANNINI, Diritto Amministrativo I, Milano 1970, pp. 655 e ss.

133 Per la nozione di contratti di diritto comune si vedano Corte conti, sez. contr., 24 aprile 1990, n. 14; Cass., 22 novembre 1978, n. 5444; Cons. Stato, sez. I, 7 giugno 1974, n. 3149; Corte conti, sez. contr., 17 maggio 1991, n. 56; Cass., 25 agosto 1993, n. 8975.

necessitano pertanto di una procedura competitiva per la loro assegnazione (si pensi, ad esempio, ad una semplice locazione di immobili appartenenti all’Amministrazione).

I contratti cc.dd. “speciali” denotano, invece, alcuni elementi di forte peculiarità derivanti dall’esercizio di un potere autoritativo della p.a. che esita nella stipulazione contrattuale e che giustifica una sostanziale asimmetria tra i contraenti.

Sono contratti frutto della combinazione di due momenti, uno autoritativo-provvedimentale, l’altro paritetico-negoziale, che però non restano distinti ma si fondono nell’accordo negoziale finale, in cui permangono tratti di potere pubblico, individuabili nelle speciali prerogative riconosciute alla p.a. dalla legge.

Tali poteri eccezionali, attribuiti dalla legislazione speciale, consistono quasi sempre o in mezzi di tutela più efficaci dei diritti che sorgono da tali rapporti in favore dell’Amministrazione, o in poteri giustificati dalla necessità di provvedere all’interesse pubblico indirettamente collegato al negozio, e di impedire eventuali danni che dall’osservanza del diritto comune potrebbero derivare ad esso. Nell’esercizio di dette prerogative la p.a. si presenta come autorità e non come parte contraente, e i relativi atti non traggono la loro fonte dal contratto, ma da un potere che è al di fuori di questo e che opera all’esterno di esso134.

Ed infatti, trattandosi di facoltà riconducibili ad un potere pubblico, occorre rispettare il principio di legalità, e rintracciare un espresso fondamento per l’esercizio delle stesse135.

L’assunto trova conferma anche nella previsione di cui all’art. 1 comma 1 bis della l. n. 241/90, secondo cui “la pubblica amministrazione nell’adozione di atti di natura non autoritativa agisce secondo le norme del diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente”.

Solo un’espressa deroga normativa consente alla p.a. di sottrarsi alla disciplina comune, e di riappropriarsi della veste di autorità che dismette laddove decida di seguire la strada del contratto. Quest’ultimo, dal canto suo, registra una coesistenza tra norme di diritto privato e di diritto pubblico nella sua disciplina, delineando una fattispecie sui generis in cui talvolta è difficile capire se la p.a. agisca nell’ambito dell’autoritatività o della pariteticità, i cui confini spesso si assottigliano molto.

A tale categoria di contratti appartengono l’appalto di opere pubbliche, nonché l’appalto di servizi e forniture, che sin dal secolo scorso hanno iniziato a ricevere modificazioni rispetto alla disciplina dei modelli tipizzati dal codice civile, insinuandosi il dubbio circa la loro perdurante natura privatistica136.

134 R. NICOLO’, Diritto civile, in Enc. del dir., XII, p. 916; M. S. GIANNINI, op. ult. cit., p. 725.

135 La dottrina francese parla in proposito di clauses exorbitantes, a voler sottolineare l’attribuzione alla p.a. di poteri sconosciuti al diritto privato e da questo esorbitanti. Si veda R. CHAPUS, Droit du contenieux administrtif, Montchrestien, 2006.

136 A. CIANFLONE – G. GIOVANNINI, L’appalto di opere pubbliche, Milano 2003, p. 156; A. BENEDETTI, I contratti della pubblica amministrazione tra specialità e diritto comune, Torino 1999; A. BUSCEMA – S. BUSCEMA, I contratti della

Secondo l’orientamento prevalente137, l’innegabile deformazione del contratto dalla sua struttura

tradizionale non è inidonea di per sé a mutarne la natura, che resta essenzialmente privatistica, pur rivelando segmenti di esercizio del potere pubblico a monte della stipulazione del negozio, attraverso la procedura ad evidenza pubblica, e finanche in corso di svolgimento dello stesso con l’attribuzione di alcune facoltà di incisione unilaterale del rapporto sconosciute alle logiche inter pares.

Del resto, la recente evoluzione del contratto denota una frantumazione della figura che non costituisce più un normotipo unitario: si è assistito, infatti, alla diversificazione del fenomeno contrattuale sulla base dello status del singolo contraente, come avvenuto ad esempio in relazione alla disciplina dei consumatori, senza tuttavia smarrire la propria essenza di negozio di diritto privato.

Tale natura sembra invece scomparire nella terza categoria in esame, rappresentata dai contratti cc.dd. “ad oggetto pubblico o di diritto pubblico”, che per il loro collegamento strettissimo all’interesse pubblico non possono che essere stipulati dalla p.a.

Si caratterizzano per un legame forte ed inscindibile con il provvedimento amministrativo, di cui costituiscono un completamento o uno strumento sostitutivo di esercizio del potere che resta di matrice pubblicistica; la p.a. non smarrisce affatto la propria connotazione autoritativa, ma si serve del contratto accanto o in sostituzione del provvedimento, scegliendo la via del consenso anziché quella della determinazione unilaterale138.

I contratti ad oggetto pubblico, a loro volta, si tripartiscono in contratti accessivi del provvedimento, contratti ausiliari del provvedimento e contratti sostitutivi del provvedimento, a seconda del legame più o meno intenso ed osmotico tra la convenzione negoziale e l’atto amministrativo.

La relazione di accessorietà descrive quelle convenzioni che si affiancano a provvedimenti che di per sé sono già fonte di diritti ed obblighi, ed intervengono a completare alcuni aspetti di disciplina del rapporto tra la p.a. e il privato.

Si tratta di un collegamento unilaterale, giacché è solo il provvedimento a determinare la sorte del contratto e non viceversa, potendo l’atto autoritativo sopravvivere anche in assenza del negozio, che ne costituisce solo un completamento accessorio.

pubblica amministrazione, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. SANTANIELLO, VII, Padova 1994; E. MELE, I contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano 1988.

137 A. CIANFLONE – G. GIOVANNINI, op. ult. cit., p. 94; Cass. 10 gennaio 1954 n. 90, in Mass. Foro it., 1954, p. 19. 138 Di recente, il Consiglio di Stato, con sentenza del 20 agosto 2013 n. 4179, in www.giustizia-amministrativa.it, ha chiarito come tali contratti di diritto pubblico, nonostante la forma negoziale, non perdono la propria connotazione di atto autoritativo.

Nella categoria di contratti accessivi al provvedimento rientrano le concessioni-contratto, in cui il modulo convenzionale interviene solo a disciplinare in maniera più puntuale le obbligazioni che già sorgono dal provvedimento, come fonte autonoma del rapporto139.

Si rileva la compresenza tra il provvedimento di concessione, in cui la p.a. conserva il suo carattere di autorità, e una convenzione collegata ad esso, la cui stipulazione può essere precedente, concomitante, o successiva, senza alterare la natura pubblicistica del rapporto che si instaura con il privato, dal momento che è sempre il provvedimento a condizionare l’esistenza del contratto e mai viceversa.

I contratti ausiliari di provvedimenti costituiscono una categoria elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza per spiegare quelle convenzioni che, generalmente incidono su aspetti patrimoniali, e si inseriscono nel procedimento amministrativo, con cui la p.a. e i privati concordano alcuni elementi della fattispecie che sarà poi disciplinata dal provvedimento finale.

Si tratta di convenzioni preparatorie ad effetto endoprocedimentale, che esitano nel provvedimento, come unica ed insostituibile fonte di un rapporto che resta autoritativo, talché è evidente la loro attrazione nell’orbita del diritto pubblico.

Tale categoria ha trovato anche un riconoscimento normativo nella formulazione di cui all’art. 11 l. n. 241/90 che espressamente menziona gli accordi integrativi del provvedimento.

La medesima norma ha dato copertura legislativa alla terza sottocategoria dei contratti ad oggetto pubblico, ovvero agli accordi sostitutivi del provvedimento, in cui la determinazione unilaterale della p.a. è rimpiazzata da una convenzione bilaterale tra l’Amministrazione e i destinatari dell’atto. Il legislatore, del resto, ha rivelato il proprio favore per tale forma di esercizio consensuale del potere autoritativo che riduce l’asimmetria del rapporto tra la p.a. e i privati, ampliando l’ambito applicativo dell’art. 11 l. n. 241/90 eliminando la limitazione degli accordi sostitutivi ai soli casi previsti dalla legge.

La riforma del 2005 ha inteso aprire gli accordi sostitutivi del provvedimento all’atipicità propria del contratto, ma in realtà, tale obiettivo si è scontrato di fatto con la necessaria tipicità del provvedimento, che l’accordo sostituisce.

Secondo l’opinione prevalente, questa fungibilità tra provvedimento e contratto determina la natura pubblicistica di quest’ultimo, non potendo il potere pubblico mutare la propria essenza a seconda della forma unilaterale o bilaterale in cui viene esercitato.

Ciò posto, l’eterogeneità delle fattispecie contrattuali realizzabili dalla p.a. rende l’analisi dei poteri di autotutela ad esse riferibili necessariamente frammentaria non potendosi trarre, almeno in questa fase, conclusioni di carattere generale.

Prima di interrogarsi sulla natura del potere esercitato dall’Amministrazione in relazione al contratto, al fine di stabilire se si tratti di una facoltà di autotutela interna od esterna ad esso, occorre quindi inquadrare la natura della stessa convenzione negoziale su cui indice l’atto di riesame.

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