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La revoca dei contributi e sovvenzioni pubbliche: i problemi di giurisdizione e

L’AUTOTUTELA INTERNA ED ESTERNA AL CONTRATTO: I CONTROVERSI RAPPORTI TRA REVOCA E RECESSO DELLA P.A.

13. La revoca dei contributi e sovvenzioni pubbliche: i problemi di giurisdizione e

l’interevento dell’Adunanza Plenaria 29 gennaio 2014 n. 6.

La commistione di profili pubblicistici e privatistici nei poteri di riesame della p.a. ha rivelato tutta la sua problematicità anche nell’ambito dei rapporti di finanziamento pubblico.

Il tema interseca l’analisi dei rapporti tra autotutela e contratto, poiché anche in tale ambito si apprezzano le due facce del potere di riesame, e la doppia anima del rapporto tra Amministrazione e cittadini.

È bene chiarire sin da subito che le fattispecie delle contribuzioni e sovvenzioni pubbliche rappresentano un settore distinto e non assimilabile alla figura delle concessioni.

La stessa Plenaria precisa utilmente che “deve essere esclusa l'equiparabilità tra concessione di beni ed erogazione del denaro, in quanto, anche se il denaro è annoverabile nella categoria dei beni, non va confusa la figura della concessione a privati di benefici pubblici, che presuppone l'uso

temporaneo da parte dei privati di detti bene per una finalità di pubblico interesse, con quella del finanziamento, che implica un tipo di rapporto giuridico del tutto diverso, in forza del quale il finanziato acquisisce la piena proprietà del denaro erogatogli ed eventualmente assume l'obbligo di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza”296.

L’autonomia delle sovvenzioni dal fenomeno delle concessioni comporta la necessità di condurre un esame separato della questione relativa ai poteri di incisione unilaterale della p.a. sul rapporto, non potendosi estendere le conclusioni cui si è pervenuti in precedenza.

Per comprendere la natura dei poteri di riesame sugli atti di contribuzioni economica, e stabilire se essi siano riconducibili all’autotutela pubblicistica o privatistica dell’Amministrazione, occorre tuttavia fare un passo indietro, ed analizzare la genesi del rapporto.

Nell’eterogeneità del fenomeno della contribuzione pubblica, solo la comprensione della natura degli atti che danno origine alla relazione tra p.a. concedente e privato, può consentire di individuare l’essenza dei poteri esercitati nella fase esecutiva, e di trarre le dovute conseguenze in tema di giurisdizione.

Ebbene, nel momento iniziale di erogazione del contributo si distingue, in base alle singole disposizioni normative che regolano il rapporto, tra un’attività vincolata ed un’attività discrezionale della p.a.

Può accadere, infatti, che la legge predetermini l’an, il quid, e il quomodo dell’erogazione del contributo, facendo sì che l’atto con cui si realizza la fattispecie si presenti come integralmente vincolato: in tal caso la p.a. si limita ad accertare l’esistenza dei presupposti per cui sia sorto o meno il diritto alla contribuzione. L’atto di accertamento ha carattere meramente dichiarativo di un diritto soggettivo già riconosciuto come spettante al privato dalla legge, degradando a mero fatto attuativo297.

Eventuali controversie che dovessero sorgere in relazione all’atto con cui si attribuisce o si nega il beneficio saranno devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, vendendo in rilievo posizioni di diritto soggettivo del privato.

Viceversa, qualora la norma attributiva della facoltà di concedere il finanziamento lasci margini di discrezionalità in favore della p.a., la produzione dell’effetto giuridico dipenderà dall’esercizio di un potere autoritativo, cui si contrappone una posizione di interesse legittimo; in coerenza con tale assunto, la giurisdizione si radica presso il giudice amministrativo.

Ciò perché alla base del rapporto di contribuzione non si pone un atto dichiarativo, ma un provvedimento concessorio con effetti costitutivi, che corrisponde all’interesse pretensivo vantato dal privato.

296 cfr. Ad. Plen. 29 gennaio 2014 n. 6, in www.neldiritto.it; Cass., Sez. Un., 19 maggio 2008, n. 12641, in www.iuritalia.it. 297 Lo schema di produzione dell’effetto giuridico sarà allora quello del “norma-fatto-effetto”, senza intermediazione del potere pubblico.

È evidente che nella prima eventualità analizzata gli atti di gestione del rapporto, e di interruzione dello stesso in caso di inadempienze del concessionario, rivestono natura privatistica, non venendo in rilievo poteri autoritativi, esclusi già nel momento genetico.

Diversamente, nelle contribuzioni che traggono origine da un provvedimento discrezionale, la tentazione è di ritenere che anche tutti gli atti successivi di gestione e cessazione del rapporto partecipino della medesima natura pubblicistica, attribuiti pertanto alla giurisdizione amministrativa.

In realtà, come chiarito anche dall’Adunanza Plenaria, lo scenario si rivela ben più complesso, dovendosi distinguere tra gli atti che integrano esercizio dell’autotutela decisoria tout court, e quelli di mera reazione all’inadempimento del privato.

Le due facoltà, pur coesistendo in capo all’Amministrazione, si fondano su presupposti diversi: il riesame in autotutela si fonda sul riscontro di un vizio di illegittimità (art. 21 nonies l. n. 241/90) o di inopportunità (art. 21 quinquies l. n. 241/90) del provvedimento di sovvenzione; gli atti comunque denominati di decadenza o risoluzione del rapporto si giustificano in virtù della perdita dei requisiti o dell’inadempimento del privato.

In quest’ultimo ambito vengono in rilevo atti unilaterali di diritto privato della p.a., che non sono espressione di un potere pubblicistico ma negoziale.

L’Amministrazione non incide sull’atto di erogazione del contributo, ritirandolo, ma sul rapporto che scaturisce, determinandone l’interruzione.

Tale potere di recidere il rapporto è espressione dell’autotutela privatistica (già contemplata secondo la Plenaria dagli artt. 134 e 136 del precedente Codice dei contratti pubblici), riconosciuta alla p.a. su base paritetica e non autoritativa: “l'atto in questione si configura come declaratoria della sopravvenienza di un fatto cui la legge ricollega l'effetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio e trova ragione non già in una rinnovata ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato, ma nell'asserito inadempimento degli obblighi imposti al beneficiario e nella verifica dei presupposti di esigibilità del credito”298.

Ne consegue che di fronte alla risoluzione del rapporto si stagliano diritti soggettivi del privato e non interessi legittimi, affidati alla cognizione del giudice ordinario, secondo il normale criterio di riparto fondato sul petitum sostanziale, dal momento che il settore delle sovvenzioni pubbliche non rientra negli ambiti di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La validità della scelta legislativa di limitare l’ambito di cognizione del giudice amministrativo alla sua giurisdizione di legittimità, è stata di recente confermata anche dalla Corte Costituzionale, che

298 cfr. Ad. Plen. 29 gennaio 2014, n. 6, cit. Nella pronuncia si chiarisce altresì che il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, stante l’assenza di una giurisdizione esclusiva su tali controversie.

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 111 Cost. dell’art. 133, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui non devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le questioni relative alla concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari, ritenendosi che “va rimessa alla discrezionalità del legislatore l’estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nell’ambito di un ventaglio di possibili soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente imposta”299.

A dir il vero, l’ordinanza di rimessione evidenziava un aspetto innegabile, rappresentato dall’intreccio tra diritti soggettivi ed interessi legittimi nella materia delle sovvenzioni pubbliche, ma tale dato non basta secondo la Corte a ritenere costituzionalmente illegittima l’assenza di una giurisdizione esclusiva: deve essere l’interprete a sciogliere l’intricata matassa, analizzando a fondo la natura del potere esercitato dalla p.a., da cui dipende il concreto atteggiarsi della situazione soggettiva del privato.

Risultano ancora valide e coerenti le distinzioni tracciate dall’Adunanza Plenaria, secondo cui “qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione”.

Viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario.

Tali elaborazioni trovano conferma anche da parte della giurisprudenza delle Sezioni Unite che, di recente, ha ribadito che “nella controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico ad un privato, dovuta all’inadempimento, imputabile al beneficiario, delle prescrizioni previste nell’atto concessorio, la giurisdizione è del giudice ordinario se la controversia concerne

solo le inadempienze del beneficiario senza coinvolgere il legittimo esercizio dell’attività discrezionale circa l’an, il quid, e il quomodo dell’erogazione”300.

Non può non effettuarsi, in conclusione, una considerazione di carattere sistematico: nell’ambito dei rapporti di finanziamento pubblico, diversamente da quanto si è visto in merito alla materia contrattuale, non è in discussione la permanenza dei poteri di autotutela amministrativa in capo all’Amministrazione anche dopo la costituzione del rapporto.

La p.a. conserva certamente la propria veste autoritativa nella gestione della relazione con il privato, e su questo aspetto concordano sia la giurisprudenza amministrativa che ordinaria.

Il dibattito concerne invece l’individuazione del tipo di potere esercitato di volta in volta dall’Amministrazione per sciogliersi dal vincolo, poiché da tale definizione dipende l’enucleazione dei presupposti di legittimità dello stesso, e la conformazione della situazione soggettiva del beneficiario, che evidenti ripercussioni in punto di giurisdizione.

L’affermazione giurisprudenziale della possibilità indiscussa della p.a. di revocare il contributo esercitando il potere di cui all’art. 21 quinquies, deve però fare i conti con ancora una volta con le modifiche che hanno interessato la l. n. 241/90: segnatamente, la l. n. 164/2014, proprio in relazione ai provvedimento di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici, tra cui rientrano a pieno titolo le sovvenzioni pubbliche, ha escluso la revoca per ius poenitendi della p.a. Ne deriva che l’atto di concessione del beneficio non può essere revocato per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, ma solo in caso di sopravvenienze giuridiche e fattuali, per di più non prevedibili al momento di instaurazione del rapporto.

È dunque il legislatore questa volta ad intervenire per assicura maggiore tutela all’affidamento del privato, in un settore, come quello dei contributi pubblici, in cui l’interesse alla stabilità dell’erogazione si fa particolarmente forte, e risulta pericolosamente minacciato da orientamenti giurisprudenziali troppo inclini a riconoscere alla p.a. ampi poteri di riesame.

CAPITOLO III

ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL

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