I N A U G U R A Z I O N E
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Nel ciorno venti di ottobre dell'anno milleottocentonovantotto. . . . gresso con l'intervento A p e r t u r a dei c o n
-ed alle ore dieci, a Tonno, nel Palazzo Larignano e nell aula ,n s. a. e. u Principe di maggiore dell'antico Parlamento Subalpino, per iniziativa della N', p o h'
Provincia di Torino e coll'adesione di tutte le altre Provincie del Regno, si è solennemente inaugurato il Primo Congresso Nazionale delle Rappresentanze provinciali, con l'intervento di
S. A . K . V i t t o r i o E m a n u e l e d i S a v o i a , Principe di Napoli, accolto, al suo apparire, dagli unanimi e vivissimi applausi dei Delegati delle Provincie e di tutti gli invitati presenti.
Il Presidente del Consiglio provinciale di Torino, on. PAOLO DISCORSO DELL'ONOREVOLE
' . . . . , Paolo Boaelli, Presidente
BOSELLI. — a nome di S. A., — invita 1 convenuti a sedere, dei consiglio provinciale
Poscia pronunzia il seguente discorso : Altezza Reale ! Signori !
11 20 ottobre del 1848, Vincenzo Gioberti saliva in quest'aula a presiedere la Camera dei Deputati, e di qui rivolgendosi, coll'eloquenza divinatrice, a tutti gli Italiani, esclamava : L'u-nione è l'idea sublime e feconda intorno a cui ci dobbiamo stringere, l'insegna salvatrice che dobbiamo abbracciare.
Oggi in quest'aula, dove ogni cosa parla degli immortali ricordi e delle fatidiche promesse, sono convenuti i Rappre-sentanti di tutte le Provincie della Penisola, indissolubilmente una per l'alleanza del Principato colla libertà. La loro pre-senza manifesta c o m e l'alto e generoso presagio siasi mirabil-mente adempiuto. (Applausi).
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11 nostro Congresso può ben trarre gli auspicii dalle patriot-tiche memorie e dal luogo sacro al genio della politica reden-trice dell'Italia, poiché esso mira a sempre meglio rinvigorire l'unità della Patria.
Ispirati da questo intento, noi cominciamo i nostri lavori, col pensiero e col cuore rivolti al Re e all'Italia, al cospetto dell'Augusto Principe, nel quale acclamiamo, personificate in modo eccelso, le tradizioni della Sua Casa e la missione nazio-nale della Monarchia Italiana: tradizioni di valore, di virtù, di lealtà; missione che compì i miracoli dell'impresa libe-ratrice, guarentisce ogni conquista civile, guida ad ogni vero e benefico rinnovamento sociale, è invitta tutela, e sarà pe-renne salute della nuova Italia. ( Vivi applausi).
La legge del 7 ottobre 1848, costituì nel Regno Subalpino il libero Comune e la libera Provincia, e fu argomento di educazione politica e civile.
Al sorgere delle nuove fortune, la legge del 1859 apparve come una delle più liberali d'Europa, ma, in quel moto di patriottiche impazienti unificazioni, non sempre essa mutò con ragione gli ordini antichi, non stabilì adeguatamente la finanza provinciale e provocò lunghe querele per circoscrizioni ideate senza riguardo al passato, senza studio preciso degli interessi presenti.
Mirabili cose operò in breve tempo il Regno italiano, cir-condato al suo apparire da tanti pericoli, incalzato sempre da tanti pubblici bisogni, da tanti impulsi di civiltà rinnovatrice. Fornì nerbo di milizie e navi meravigliose all'integrità e alla grandezza della Nazione, trasformò i mezzi più valevoli al-l'incremento economico, restaurò più d'una volta l'erario, diede nuove leggi fondamentali all'ordinamento dello Stato. Ma non riuscì finora a risolvere ì problemi complessi delle attribu-zioni e delle autonomie provinciali.
Ciò avvenne per le idee e le condizioni diverse dei popoli italiani ; per l'affannoso travagliarsi della finanza dello Stato, non libera, spesso, nella scelta delle sue vie; perchè è difficile cosa trovare il punto in cui la libertà sia efficace e rimanga incolume l'unità; e perchè, infine, troppo avvezzi all'unifor-mità e alla simmetria legislativa, siamo alieni dall'esperi-mentare, con leggi speciali, ciò che potrebbe divenire gradual-mente istituzione propria di tutto il paese.
31 dell'arduo problema, « avvisando di coordinare la forte unità dello Stato coll'alacre sviluppo della vita locale. « E il Gran Re, inaugurando l'ottava legislatura, esortava « ad attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli ch'ebbero consue-tudini ed ordini diversi, vegliando perchè l'unione politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata ».
Ma l'immagine della Regione, che troppo accostavasi alla fisonomía degli antichi Stati, benché introdotta come espe-diente transitorio, commosse gli animi vólti a Venezia e a Roma, e devoti sopratutto all'unità della Patria; e arrestò le
riforme. ~
Nel 1865 si riaffermò l'ordinamento esistente; si ripigliò a discorrerne largamente, senza mutarlo, nel 1866; e le suc-cessive variazioni dello statuto amministrativo toccarono la funzione elettorale, riformarono i metodi delle tutele, ma non istituirono le autonomie provinciali, non determinarono le se-' vere e sicure responsabilità.
Egli è vero che lo Stato moderno va assumendo ovunque rapidamente nuove funzioni, sia per integrare l'intraprendenza individuale, che ogni giorno maggiormente si svolge, sia per il riconoscimento progressivo delie trasformazioni e dei doveri sociali. Ma questa tendenza non esclude l'esplicazione delle autonomie locali, organi essi pure e modi dell'azione comples-siva dei pubblici poteri.
Di certo la Provincia eserciterebbe una delle attribuzioni dello Stato, se le venisse affidata l'istruzione secondaria, come già proponevano il Peruzzi e l'Amari, e pei ginnasi il Natoli, e come presagiva nel 1X81 il Ministro della Pubblica Istru-zione. Ma sono pure attribuzioni dello Stato quelle che già le vennero commesse rispetto agli infanti abbandonati, ai maniaci e ai servizi, insomma, richiesti colle spese obbligatorie, smisu-ratamente cresciute. Laonde il tributo provinciale, com'è oggi circoscritto, non è nè logico, nè giusto.
Lo Stato, forte nella libertà, deve concentrare la sua virtù effettiva e la sua opera sovrana nei grandi compiti della vita nazionale. Quando il Governo vuol provvedere a troppe cose, la sua azione è necessariamente affidata ad organi irrespon-sabili; diviene sua colpa ogni disordine ed ogni disagio, ogni carico di tributi, ogni disfrenarsi di spese, ogni confusione di provvedimenti. Esso scema di autorità, disperde le forze, si indebolisce nell'affetto dei popoli.
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Acerbe indagini e sconfortati giudizi assalgono in ogni paese il Governo parlamentare. Se la critica è arguta, quanto al riedificare, mancano i consigli, o quasi s'insinua ai popoli di cercare riparo fuori degli ordini schiettamente liberi. Meglio che rinnovando i metodi della rappresentanza politica, o divi-sando limiti fallaci e sospettose cautele, il Governo parlamen-tare deve ritrovare nelle più larghe attribuzioni concesse alle autonomie locali, il principio riformatore e rigeneratore. Così si renderanno più pure le origini, più libera l'azione, più fe-condo il lavoro delle assemblee politiche e delle amministra-zioni governative. I Corpi morali abbondarono nelle spese; ma una sola corrente travolse i loro bilanci insieme a quello dello Stato. Se pessime appaiono, cupide, corruttrici, quasi feudali le clientele locali, altre clientele turbano l'azione e offendono 1 grandi interessi dello Stato, e si reputano in-separabili da un sistema troppo esteso di ingerenze gover-native.
Nel concetto del Governo, armonizzato colle larghe attri-buzioni delle autonomie locali, raffigurarono la conciliazione della democrazia colla libertà e la guarentigia delle istituzioni costituzionali, non solamente uomini cui potevano tentare le antiche reminiscenze della Romagna, o del Municipio toscano, o dei Consorzi lombardi, ma altri ancora, per lunga pratica avvezzi a maneggiare energicamente le amministrazioni gover-native. E fra essi si levò da questa città, promotore fervidis-simo delle autonomie provinciali, il conte Ponza di San Mar-tino, il cui ricordo torna spontaneo ad avvalorare i propositi del nostro Congresso.
Allontanandoci dagli ordinamenti ereditati da viete signorìe, o imparati dalla rivoluzione e dall'impero francese, non dob-biamo condurci ad alcuna imitazione britannica o prussiana, disforme dalle consuetudini nostre, ma ripigliare la luminosa' naturale, sincera tradizione italiana.
La Regione fu in Italia opera di vicissitudini politiche, ma non fa testimonianza di alcuna continua e permanente unione di consensi e di opere. Provvediamo alle libere leghe delle Provincie, alla loro necessaria e determinata cooperazione per gl'interessi immediatamente comuni. Costituiamo, con riforme graduali, e sperimentali, la Provincia autonoma, nei termini della legge, dotata di maggiori attribuzioni, vigilate e. tempe-rate dalla sovranità dello Stato, che in sè riassume i diritti
33 e gli interessi dell'intero paese, le generazioni avvenire, e la grande tutela dell'equità fra le diverse classi sociali.
Un grande e durevole riordinamento morale, una forte giu-stizia anche nell'amministrazione, accompagnino quest'opera riformatrice, la quale deve impernarsi sulla Provincia, associa-zione naturale e durevole, che ha in Italia personalità più spiccata che in alcuna altra parte d'Europa. (Benissimo !)
O sia sopravvissuta in essa qualche immagine degli antichi compartimenti romani; o s'incontri tracciata in Sicilia dalla mano della natura, dall'impronta di epoche pugnaci e gloriose ; o l'abbia formata il contado intorno alle città della Toscana; o siasi costituita in Lombardia secondo le attinenze dei Co-muni censuari e le grandi colleganze agrarie ed idrauliche ; sia dessa emersa dai liberi Comuni o dalla trasformazione del feudo ; l'abbia benedetta il labaro guelfo o afforzata il diploma imperiale, — la Provincia ha la sua propria vita distinta-mente consacrata dai secoli, (Vivi applausi).
Nè a me par vero che nell'antico Regno di Napoli tutta la costituzione della Provincia fosse opera del regio potere; poiché prima che lo Svevo tutto deprìmesse per sollevare po-tente lo Stato, prima che l'Aragonese rimescolasse ogni cosa, ora per estollere, ora per fronteggiare i baroni, la Provincia esisteva con la propria personalità. Tale l'aveva riconosciuta Ruggero Normanno ; ed essa serbò sempre le antiche vestigia, nonostanti le ritorte vicereali ed i moderni atteggiamenti francesi.
Noi non sapremmo, Augusto Principe, noi non sapremmo pensare, nonché proporre, ordinamento alcuno il quale, nel promuovere le libertà amministrative, non fosse anzitutto in-formato alle supreme ragioni della vita nazionale, che sono l'unità della Patria, la forza dello Stato, il vigore delle isti-tuzioni costituzionali.
Se alcun benefizio potranno dare queste nostre riunioni, ne avrà incremento l'operosità civile, l'attività economica, l'edu-cazionè politica della gente italiana. Così i nostri lavori s'ispi-rano a quei principii ed a quegl'intendimenti, per i quali il regno del Vostro Augusto Genitore già è in tanta fama, e avrà posto insigne nella storia dei Principi che meglio con-fortarono i popoli nelle vie della pace, del lavoro, della
ci-viltà. (Applausi).
Quando nelle istorie della Monarchia piemontese appare la 3 *
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figura di Emanuele Filiberto, restauratore, non solo di una Dinastia, ma di tutto un popolo, si rimane sospesi nel giudi-care se egli sia stato più grande per le gesta militari o per le riforme civili dettate, dai tempi, volute dai popoli.
Egli creò quella tradizione d'armi e di studi civili, che si mantenne sempre nella Vostra Gasa. Voi ben la conoscete e la seguite, Augusto Principe, e, onorando oggi, col vostro inter-vento, l'inaugurazione di questo Congresso, Voi l'avete con-fermata una volta di più.
A d essa risponde, con riverente saluto, la fede e l'affetto