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Passiamo adesso ad esaminare la modifica delle clausole contrattuali del mutuo. Occorre precisare che la modifica delle clausole contrattuali può essere eseguita sia mediante sostituzione del mutuo, sia mediante le opportunità che vengono date al contraente attraverso le opzioni di modifica dei vari elementi del contratto, nel caso in cui questo mostri una certa flessibilità. Da qui in poi, quindi, non si distinguerà più tra rinegoziazione e ristrutturazione del mutuo; daremo per scontato che le modifiche al contratto possono essere fatte sia in un modo che nell’altro.

Cominciamo allora col vedere quando la banca propone il passaggio da un tipo di tasso ad un altro, come da variabile a fisso, da fisso a variabile, da fisso a misto e così via. Le combinazioni

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Si veda a questo proposito l’art. 10, co. 1, lett. b) del Testo Unico sull’imposta di registro.

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possono essere tante, ma tendono tutte ad agevolare il cliente nei periodi di rialzi dei tassi rivedendo al ribasso i tassi di interesse o, meglio, cercando di contenere entro determinati limiti tali tassi.

Il passaggio da un tasso all’altro è esplicito nel tasso misto, mentre per altri tipi di mutuo è necessaria la sostituzione del contratto. Il tasso misto prevede la possibilità di passare da un tipo di tasso ad un altro secondo determinate condizioni; ovvio che questo accade non a discrezione o a capriccio del cliente, ma periodicamente e seguendo determinate regole. Le combinazioni a tale proposito sono molto numerose; di seguito diamo le principali, senza avere la pretesa di essere esaustivi69.

1) Il cliente ha la possibilità di scegliere ogni tre anni il tasso fisso oppure variabile, valido per il triennio successivo; in questo caso l’aspettativa di una modificazione al rialzo o al ribasso dei tassi di interesse si presume della durata media di tre anni. E’ una scelta arbitraria della banca che propone il mutuo, ma rispecchia una concezione ciclica dell’economia non molto lontana dalla realtà. Nel caso in cui il cliente non compia la sua scelta il mutuo prosegue automaticamente a tasso variabile, vale a dire nel modo più favorevole alla banca; non potrebbe essere altrimenti, visto che si dà al cliente la possibilità di scegliere il tipo di tasso a lui più consono ed egli non esercita tale possibilità. Il tasso bloccato per tre anni permette alla banca di gestire in maniera adeguata i flussi di liquidità e al cliente di provvedere al pagamento della rata, prevedendone con congruo anticipo l’esborso. Il problema principale di questo approccio è che nel giro di tre anni la situazione economica può cambiare e quindi la scelta di un tasso anziché di un altro si rivela giusta oppure sbagliata col passare del tempo. Essendo inoltre un gioco a somma zero, la scelta che si rivela giusta per il cliente è invece perdente per la banca e viceversa.

2) Tasso bloccato (fisso) per i primi due anni e successivamente scelta tra fisso e variabile, scelta rinnovabile ogni due anni; in caso di mancata scelta da parte del cliente si applica il tasso variabile. La formula è quasi la stessa di quella del mutuo precedente, con la variazione del blocco dei primi due anni e la scelta ogni due anni anziché tre. In questo caso il minore lasso di tempo a disposizione permette di contrastare meglio le scelte eventualmente errate da parte del cliente.

3) Tasso fisso per i primi due mesi, poi passaggio al variabile con possibilità di passare al fisso per le rate in scadenza al 1° aprile e al 1° ottobre di ogni anno, bloccando così il tasso per un periodo di 5 o 10 anni a seconda delle circostanze. Modalità di mutuo molto diversa da quelle precedentemente illustrate; si tratta in pratica di un tasso

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L’elenco nel testo è preso da Milano Finanza del 5 novembre 2005, pagg. 66 ss., che fa una rassegna dei mutui-casa a tasso misto esistenti nel nostro paese a quella data.

variabile con possibilità di passare al fisso alla scadenza delle rate ed assicurarsi così il blocco del tasso per gli anni successivi. Essendo il tasso bloccato per un periodo sufficientemente lungo (5 o 10 anni) sussiste sempre il solito problema dell’incertezza sui tassi di interesse.

4) Mutuo con periodo di pre-ammortamento variabile a seconda della durata del mutuo medesimo; in tale periodo è possibile scegliere il tipo di tasso desiderato (fisso o variabile), mentre per il periodo successivo il tasso è variabile a meno che il tasso fisso non sia inferiore al tasso di usura presente al momento della fine del periodo di pre-ammortamento; in questo caso infatti, è possibile scegliere pure l’opzione fisso. Il periodo cosiddetto di pre-ammortamento altro non è che un periodo di ammortamento chiamato in modo diverso. In questo caso abbiamo due periodi distinti: nel primo è possibile la scelta del tipo di tasso, nel secondo il cliente è maggiormente legato a vincoli esterni, segnatamente il decreto sui tassi usurari emanato periodicamente dal Ministero dell’Economia (ex Ministero del Tesoro). Il periodo di pre-ammortamento comprende ovviamente una parte minima della durata totale del mutuo, sempre comunque meno della metà.

5) Per i primi 5 anni tasso variabile stabilito secondo determinati criteri; in seguito possibilità di scelta tra un variabile alle condizioni anzidette e un fisso per altri 5 anni. La durata di tale tipo di mutuo varia tra i 15 e i 30 anni. In questo caso si ribalta la concezione di alcuni dei mutui precedentemente descritti proponendo prima il variabile e poi il fisso; l’alternativa cristallizza così i tassi a lungo termine che sono più difficili da prevedere.

6) Per il primo anno tasso fisso; successivamente, alla scadenza del 1°, 3°, 5°, 7°, 10°, 15°, 20° e 25° anno possibilità di scelta tra tasso fisso e variabile fino alla scadenza del periodo successivo; nel caso in cui il cliente non scelga quale tasso applicare, il contratto prosegue a tasso variabile. Questo caso altro non è che una variante dello schema precedentemente visto al n. 2); gli anni di scelta sono ravvicinati all’inizio e maggiormente distanziati mano a mano che si procede con il mutuo. Il vantaggio sta quindi nel fatto che i tassi a breve termine sono maggiormente prevedibili, vale a dire esattamente l’opposto di quello che accade nell’esempio precedente.

7) Tasso fisso per i primi 5 anni, poi proseguimento a tasso variabile per altri 5 anni; dopo il quinto anno possibilità di scelta tra fisso e variabile; tale scelta può essere effettuata in qualsiasi momento.

8) Per i primi sei mesi solo quote capitali; dopo, scelta tra tasso fisso e variabile, esercitabile comunque anche a scadenze predeterminate; in caso di mancata scelta, il mutuo prosegue a tasso variabile fino alla scadenza successiva. La particolarità di questo tipo di mutuo è che all’inizio del periodo di ammortamento si pagano solo le quote capitali; questa possibilità, che esula un po’ dagli schemi tradizionali di mutuo, si inserisce nel quadro delle innovazioni fatte dalle banche per attirare e fidelizzare la clientela; così, al pari di un mutuo il cui paino di ammortamento prevede il pagamento della sola quota capitale per un certo periodo di tempo, esistono mutui che prevedono solo il pagamento degli interessi per un tot numero di rate.

Come si vede da tale tipo di elencazione, numerosi sono i mutui che permettono il passaggio da tasso fisso a tasso variabile o viceversa e le combinazioni che si possono inventare tendono a raggiungere la massima quota di mercato all’interno della tipologia dei soggetti avversi al rischio. Le banche che offrono tali prodotti fanno leva sul sentimento di incertezza che pervade il futuro dell’economia e danno una tutela al cliente che voglia poter cambiare il tasso del mutuo seguendo la dinamica dei tassi a livello di sistema; possono inoltre contare su un flusso di reddito continuativo nel corso del tempo, dato che in questo caso viene in parte meno il problema della insolvenza del debitore. Avendo infatti il mutuo un’elasticità maggiore, il cliente è facilitato nel pagamento delle rate.

Un’altra ipotesi da prendere in considerazione è quella del passaggio da un tasso variabile ad uno fisso, senza ovviamente essere in presenza di un tasso misto. La banca non sarà entusiasta di tale richiesta, poiché, nel caso in cui acconsentisse a tale richiesta perderebbe la differenza; accetterà soltanto se l’alternativa è la cessazione del pagamento delle rate. Bisogna poi tenere in debito conto che con i tassi di interesse della BCE al di sotto di una certa soglia al cliente conviene comunque il tasso variabile, come abbiamo ampiamente dimostrato in precedenza; in caso di rialzi dei tassi la richiesta di passaggio da variabile a fisso in realtà non ha molto senso, soprattutto se il rialzo è di lieve entità. Per compiere una scelta consapevole in questo campo, bisognerebbe analizzare la modificazione della curva dei tassi Irs ed Euribor a lungo termine, confrontarla per ogni istante di pagamento della rata e vedere quale di queste è più conveniente. Il problema principale è che, modificandosi i tassi, si modifica anche la curva; non è quindi detto che i tassi seguano necessariamente l’andamento della curva.

La convenienza a passare ad un fisso dipende non solo dai costi, ma anche da altri fattori quali la differenza esistente tra tasso fisso e variabile, le prospettive future sui tassi, l’ammontare della quota capitale residua e il tasso preso a riferimento. Proprio su questo punto, bisogna considerare che la convenienza a passare da un tasso variabile ad uno fisso si gioca proprio sul parametro di

riferimento che il contratto prevede per il fisso. Il tasso fisso a breve termine, infatti, con un massimo cioè di tre anni, è molto vicino a quello variabile e il passaggio da un tipo di tasso all’altro può essere conveniente70. Viceversa, se il tasso fisso di riferimento è più a lungo termine, il divario tra i due tassi è maggiore e il passaggio non conviene più. Infine, il cliente deve valutare la convenienza a stipulare il tasso fisso in relazione al periodo di durata residua del mutuo; se questo è troppo lungo infatti, può non risultare conveniente stipulare un fisso perché il cliente non potrebbe avvantaggiarsi degli eventuali ribassi dei tassi.

Il passaggio da un tasso variabile ad un prodotto che ponga un tetto massimo al tasso applicabile è possibile per soggetti particolarmente avversi al rischio che non vogliano trovarsi brutte sorprese nei mesi seguenti al rialzo dei tassi. Gioca in questo caso un ruolo fondamentale l’elemento psicologico: in un periodo come quello vissuto tra la fine del 2005 e la fine del 2006, dove si è avuto in media ogni tre mesi un ritocco al rialzo dei tassi di interesse BCE, il vedersi ogni poco aumentare la rata e quindi il peso complessivo dell’ammontare del mutuo su di uno stipendio che invece rimane sempre lo stesso, può far propendere per l’abbandono del variabile e la ricerca di una maggiore sicurezza.

E’ possibile poi il passaggio dal fisso al variabile, quando si prevede una forte discesa dei tassi e si è contratto un mutuo a tasso fisso che risulta essere troppo oneroso rispetto ai tassi vigenti. L’ipotesi non è poi così di scuola come parrebbe a prima vista perché prima dell’avvento dell’euro i tassi di interesse in Italia erano molto più alti di ora; potrebbe dunque darsi che chi ha contratto un mutuo trentennale a tasso fisso dieci anni fa trovi oggi conveniente rinegoziare il mutuo e passare ad un variabile.