Così come fino a qualche tempo fa non era possibile pensare ad un single come ad un potenziale cliente di una banca offerente mutui-casa, così fino a qualche tempo fa non era possibile pensare ad un ultrasessantacinquenne come ad un potenziale soggetto che necessitasse di contrarre un mutuo. La ragione di questo è di tutta evidenza: una persona che ha superato i 65 anni di età non ha bisogno di acquistare un appartamento dove andare ad abitare, perché o l’ha acquistato nel corso degli anni precedenti oppure se non l’ha fatto, sarà molto difficile che lo faccia dopo quella soglia d’età. Non solo: l’età non più giovanile non favoriva certo la stipula di mutui ventennali o trentennali. Oggi però le cose sono cambiate.
L’economia del nostro paese fa sì che vi sia molta più solidarietà intergenerazionale, vale a dire la spinta delle generazioni più anziane ad aiutare quelle più giovani su un piano strettamente economico rispetto a quanto accadeva un tempo. Si assiste infatti ad un progressivo scollamento tra
il livello degli stipendi e il costo dei beni immobili, per cui risulta praticamente obbligatorio per le giovani generazioni contrarre un mutuo per acquistare l’immobile in cui andare ad abitare; in pratica oggi i risparmi di una vita non basterebbero più a comprare una casa, mentre quaranta o cinquant’anni fa bastava molto meno dei risparmi di una vita. Il prezzo degli immobili è inoltre così elevato che spesso è impossibile per un giovane comprarsi un appartamento in una grande città, a tutto vantaggio delle periferie e con l’ovvia conseguenza dello svuotamento dei centri storici. Questo scenario che ho sommariamente delineato porta spesso i genitori ad aiutare i figli nell’acquisto di un appartamento mediante tre mezzi: a) acquisto diretto, b) fidejussione bancaria a favore del figlio, c) stipula diretta di un mutuo-casa da parte di un genitore. E’ il caso sub c) che andiamo partitamente ad analizzare.
In Italia si è assistito negli ultimi decenni ad un progressivo ed inesorabile invecchiamento della popolazione. La diminuzione del tasso di natalità, del tasso di fecondità per donna in età fertile, l’aumento dell’aspettativa di vita alla nascita84 che stanno lì ad indicare che la popolazione italiana invecchia rapidamente. Questo processo, innestatosi negli anni Settanta, porterà delle gravi ripercussioni a livello economico negli anni avvenire, specialmente sui sistemi pensionistici, non più sostenibili, e sanitari, che vedranno un aumento esponenziale della spesa, oltre naturalmente ai cambiamenti di carattere sociale.
L’invecchiamento della popolazione è sintetizzato bene dall’indice di vecchiaia, che è il rapporto tra il numero di persone oltre i 65 anni e quelli al disotto dei 14: nel 2004 esso era pari a 135,4 contro i 31,3 del 1951.
Anni Indice di vecchiaia
1951 31,3 1961 38,9 1971 46,1 1981 61,7 1991 96,6 1999 119,4 2004 135,4
Tab. 4.4: Andamento dell’indice di vecchiaia negli anni compresi tra il 1951 e il 2004 Fonte: ISTAT, vari anni
84
L’evoluzione dei dati demografici e degli indici citati nel testo si evincono dai censimenti che ogni 10 anni l’Istat effettua; si veda dunque ISTAT, Censimento generale della popolazione, vari anni.
Si noti che il grande incremento dell’indice è avvenuto negli ultimi 25 anni, tra il 1981 e il 2004; in questi anni infatti l’indice è raddoppiato, cosa che non era avvenuta nei 25 anni precedenti. L’indice infatti, è cresciuto costantemente negli ultimi 50 anni, ma il grande balzo lo ha compiuto solo negli ultimi anni, con una velocità talmente rapida che è anche difficile tenere dietro al sistema con riforme strutturali.
Oltre a questo più che eloquente indice c’è l’aumento progressivo dell’aspettativa di vita media della popolazione. I progressi nella scienza medica infatti hanno favorito sia l’allungamento dell’aspettativa di vita alla nascita, sia l’allungamento della vita media. Questo ha portato ad un numero maggiore di persone anziane, sia in assoluto, sia in rapporto alla popolazione più giovane. Le persone in questione inoltre stanno bene in salute e quindi sono ancora attive sul piano sociale, anche spesso non lo sono più su quello lavorativo. E’ ovvio che, date queste condizioni, la popolazione ultrasessantacinquenne è rappresentata da tutt’altro che dalla figura dell’anziano sulla panchina ai giardinetti; è piuttosto una persona attiva, che ancora compie un’attività lavorativa, soprattutto se fa una libera professione, e aiuta economicamente i figli a farsi una vita per conto proprio.
Considerati questi cambiamenti, le banche hanno cominciato a pensare alle persone oltre i 65 anni come una platea di possibili clienti. D’altra parte le caratteristiche di questo possibile target di mercato li rendono i soggetti ideali per la stipula di un mutuo da parte della banca: avendo lavorato per molti anni della loro vita, possiedono di sicuro una pensione che garantisce loro un reddito certo; hanno sicuramente dei risparmi da parte che garantiscono la loro solvibilità e probabilmente possiedono anche un appartamento da fornire in garanzia; in una parola, sono soggetti altamente solvibili.
Abbiamo visto in altra parte del lavoro che le banche pongono a volte dei limiti d’età all’accensione di un mutuo-casa da parte di un individuo, di solito 75 anni; se ci si pensa bene, in fondo non sono pochi. Se una persona contrae un mutuo trentennale a quell’età, è molto probabile che non riuscirà a vederne la fine e che a finire di ripagarlo penseranno gli eredi. La strategia della banca tuttavia è chiara: si dà la possibilità di contrarre un mutuo ad un’età avanzata per allargare la platea dei potenziali clienti e per far sì che gli eredi (non il titolare) possano permettersi il lusso di acquistare un immobile dove andare ad abitare. In questo modo si permette ad un numero più ampio di giovani di accedere al credito bancario giovandosi allo stesso tempo delle maggiori garanzie fornite dalla generazione precedente.
In Italia esistono all’incirca 11 milioni di persone con un’età superiore ai 65 anni. Di queste non tutte ovviamente costituiscono un bacino d’utenza potenziale per la banca; da questi infatti bisogna escludere coloro che non hanno interesse a contrarre un mutuo per le più svariate ragioni (a
mero titolo esemplificativo possiamo ricordare la non sussistenza di problemi economici e la mancanza di eredi diretti), tanto che alla fine, il bacino d’utenza si riduce a circa 5 milioni di persone85. Un numero comunque elevato che le banche possono validamente cercare di attirare mediante proposte allettanti.
A proposito di questo, le offerte di prodotti mutuo-casa non si indirizzano direttamente alla platea di ultrasessantacinquenni, anche perché, se l’obiettivo della banca è quello di far sottoscrivere un mutuo alla persona anziana affinché ne benefici il figlio, dovrà in prima battuta attirare quest’ultimo, il quale a sua volta attirerà il padre. Il discorso può apparire contorto, ma è di fondamentale importanza per comprendere la strategia delle banche in questo ambito e giustifica il fatto che le banche non abbiano prodotti a questo dedicati. L’offerta di mutui-casa mira a raggiungere la più ampia platea possibile mediante la differenziazione dei prodotti; scorrendo l’offerta delle varie banche si ha l’impressione che questa sia diretta essenzialmente ai giovani, siano essi single oppure giovani coppie. E’ a costoro a cui l’istituto creditizio si rivolge per attirare anche la generazione precedente.