Non c’è unanimità di significati sul termine rinegoziazione riferito ai mutui: per taluni è sinonimo di sostituzione del mutuo, altri invece estendono tale significato anche alla possibilità data dalla banca di scegliere tra diverse opzioni di modifica degli elementi fondamentali dell’operazione stabilite dal contratto59. Si tratta comunque in entrambi i casi di un cambiamento, di una modifica delle condizioni contrattuali, volte a venire incontro alle esigenze del cliente. Per quanto riguarda l’aspetto semantico, in questa sede farò una distinzione tra i due significati che, tuttavia, sono accumunati da uno stesso scopo.
La rinegoziazione di un debito è nella sua accezione più restrittiva la chiusura del mutuo in essere e la stipula di un nuovo contratto con caratteristiche differenti; il contratto originario viene rimpiazzato da un nuovo accordo il cui contenuto dipenderà solamente dalla volontà delle parti. Nella seconda accezione, invece, più estensiva, si parla di rinegoziazione anche quando vengono ad essere sostituite soltanto alcune parti del contratto. Nel prosieguo della trattazione useremo la parola rinegoziazione in questa seconda accezione.
Un problema di non poco conto che si pone è se la banca accetterà o meno la richiesta di negoziazione da parte del cliente. Le banche sono tendenzialmente propense a cedere alle richieste del cliente quando questo si presenti a chiederne la sostituzione, che tuttavia è subordinata alla trattativa tra i due soggetti. Non dobbiamo dimenticare che le parti sono totalmente libere nello scegliere il contratto che più loro aggrada, visto che non sono più legati ai prodotti offerti dalla banca; di conseguenza, la trattativa, seppure non si svolga su un piano di parità, è molto più libera e i margini che essa offre sono molto maggiori rispetto a quelli che le parti avevano avuto al momento della stipula per il mutuo che si intende sostituire. In caso di rinegoziazione converrà inoltre rivedere tutte le clausole contrattuali, facendo una profonda verifica delle condizioni in essere e vagliando tutte le alternative possibili. Ne risulta un lavoro parecchio lungo60, che va inevitabilmente a gravare sui costi sostenuti dalla banca per l’operazione.
C’è da considerare anche che, una volta sostituito il mutuo, tale rimane per tutta la durata dell’operazione; se quindi le nuove condizioni prevedono un allungamento della durata, ed un aggravio dei costi, per esempio in termini di spread, il cliente deve onorare il contratto anche se le scelte compiute si rivelano poi onerose nel lungo periodo. Ma qui allora ci si potrebbe porre un’altra
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La convinzione che qui ho descritto deriva dal fatto che sulla stampa specializzata si trovano entrambi i significati; cfr. a tale proposito gli articoli de Il Sole24Ore susseguitisi nel corso del tempo (a titolo di esempio 20 novembre 2005 e inserto Plus del 26 novembre 2005).
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La lunghezza del procedimento è data pure dal fatto che la banca deve procedere a istruire una nuova istruttoria valutando a tal fine tutti i documenti prodotti dal cliente. Per la rinegoziazione mi sia consentito rimandare al § 2 del presente capitolo.
domanda: è possibile rinegoziare il mutuo una seconda volta? La possibilità esiste sempre, soltanto che non sempre la banca sarà disposta a concedere ciò che ha già concesso una volta; se accadesse questo infatti, ci sarebbe il concreto pericolo della non estinzione del debito da parte del cliente. Si aggiunga poi che se il potere contrattuale del cliente risiede solo nella “minaccia” di non restituzione delle somme pattuite entro un certo lasso di tempo, la banca dalla sua ha sempre l’ipoteca sull’immobile che può far valere qualora le condizioni richieste dal cliente siano per essa troppo onerose e il cliente cessi in contemporanea di far fronte ai pagamenti.
La ristrutturazione di un mutuo si concretizza nella richiesta da parte del cliente di un ritocco al ribasso dei tassi di interesse già pattuiti, nel caso in cui ovviamente le condizioni contrattuali non prevedano una simile possibilità. Se infatti esiste già un’opzione in tal senso non c’è bisogno di nessuna ristrutturazione, basta applicare le più favorevoli (per il cliente) condizioni contrattuali. Ci proponiamo di tornare su questo aspetto nei paragrafi seguenti; qui basti dire che vi è una profonda differenza tra la rinegoziazione e la ristrutturazione del debito e la modifica dei singoli elementi del mutuo-casa mediante opzione; in questo secondo caso infatti, il contratto rimane tale e quale all’inizio del rapporto, mentre invece nel primo si ha un cambiamento nel contenuto di questo.
Se al cliente viene accordato un ribasso dei tassi di interesse non previsto dal contratto, allora, possono essere apportate delle modifiche senza dover necessariamente tornare dal notaio. Quello che voglio dire è che, non essendo prevista dal codice la forma dell’atto pubblico ai fini della validità del contratto di mutuo, ma solo per l’iscrizione dell’ipoteca, è possibile allora la costituzione di due atti separati: uno con la forma dell’atto pubblico, necessaria per l’iscrizione dell’ipoteca, un altro il contratto vero e proprio, nella forma della scrittura privata. Se questo accade, allora, in caso di ristrutturazione, risulterà abbastanza semplice, giuridicamente parlando, andare a modificare la struttura privata; cosa ad esempio non proponibile in caso di sostituzione vera e propria. Né dobbiamo sottovalutare il fattore economico: ristrutturare il mutuo costa molto meno che andarlo a sostituire, dato che mancano le spese di estinzione, di istruttoria e di stipula del nuovo atto di fronte al notaio. Diretta conseguenza di questo è il fatto che il cliente preferisce di gran lunga ristrutturare il debito che rinegoziarlo, anche se molto spesso questo non è possibile (vedi infra). La preferenza del cliente si accorda a questo secondo tipo di operazione anche perché l’iter procedurale è più veloce: mentre infatti la rinegoziazione necessita di una nuova istruttoria di mutuo, la ristrutturazione ha bisogno di minori, se non nulle, indagini da parte della banca, visto che non si modificano tutte le clausole del mutuo, ma solo alcune.
Descritta in questo modo, la ristrutturazione del mutuo sembra la manna dal cielo; in realtà lo è soltanto se paragonata alla rinegoziazione, ma non dobbiamo comunque dimenticare che il motivo per cui il cliente formula la richiesta di ristrutturazione è una situazione finanziaria precaria.
La ristrutturazione del mutuo non è stata vista di buon occhio dagli istituti creditizi per moltissimi anni; questo perché una modifica al ribasso di interesse già stabiliti da tempo non risultava certo una soluzione gradita agli istituti creditizi. Oggi le cose sono però cambiate e si nota una certa apertura delle banche verso la strada della ristrutturazione. Motivi di questo nuovo atteggiamento e di questa nuova attenzione nei confronti del cliente è l’aumento della concorrenza tra gli istituti creditizi. Da qui tutti tutta una serie di conseguenze che qui elenco per completezza:
i) aumento del numero dei mutui contratti, che ha portato ad allargare un mercato altrimenti abbastanza ridotto;
ii) maggiore mobilità dei clienti, che porta a preferire la banca che offre le condizioni migliori;
iii) maggiore flessibilità delle banche nella modifica delle condizioni contrattuali per venire incontro alle esigenze del cliente anche grazie all’allungamento;
iv) l’emanazione di un codice di comportamento europeo per i mutui-casa61. A livello macroeconomico inoltre è in corso oramai da circa un decennio una
v) modifica dell’intero assetto economico e finanziario del paese.
Le banche quindi indulgono verso un atteggiamento più flessibile nei confronti dei clienti in difficoltà con il pagamento delle rate del mutuo e risultano maggiormente propense ad ascoltare le ragioni del cliente. Questo non significa ovviamente che i due soggetti debbano necessariamente pervenire ad un accordo.
Il rimborso del mutuo avviene secondo le regole stabilite dal contratto: la rata, comprensiva di quota capitale e quota interesse, verrà pagata con la cadenza prevista per tutto l’arco di tempo stabilito. Se la situazione finanziaria del debitore permane costante nel corso del tempo, esso non avrà problemi a pagare le rate del mutuo e, infine, ad estinguere il debito. Può comunque accadere che il debitore sia insolvente e allora si attiva la procedura esecutiva giudiziaria e il credito passa a sofferenza.
Prima di iscrivere un credito come sofferenza vi è un iter che è bene di seguito citare. Il mancato pagamento della rata, che tecnicamente si ha quando la rata a scadenza non viene regolarmente pagata, origina di per sé i soli interessi di mora fino al giorno del pagamento. Se il pagamento viene effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno successivo alla data di scadenza della rata, allora siamo in presenza di un ritardato pagamento; per legge, sette ritardati
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Cfr. a questo proposito ABI, Codice di condotta europeo per i mutui-casa, Bancaria Ed., Roma, 2006, che ha lo scopo di “assicurare la trasparenza delle condizioni alle quali le banche forniscono mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione nonché la comparabilità tra le offerte proposte dei diversi intermediari creditizi.” (pag. 9) La trasparenza porta necessariamente un cambiamento di mentalità in banca, dovendosi ponderare necessariamente con più riflessione le scelte da compiere. Si rimanda in argomento a A. CARRETTA (a cura di), Il cambiamento culturale in banca, Bancaria Ed., Roma, 2001.
pagamenti, anche non consecutivi, determinano la risoluzione del contratto e l’inizio della procedura di esecuzione giudiziaria. Questa viene iniziata anche nel caso in cui una rata non venga pagata entro centoottanta giorni dalla data di scadenza. Nella pratica la banca non applica alla lettera le possibilità date dalla legge e solo dopo numerosi richiami prima verbali e poi scritti decide di procedere all’esecuzione forzata; di solito devono andare insolute almeno due o tre rate, con un lasso di tempo di oltre centoottanta giorni.
Non sono tanti i crediti che vengono iscritti a sofferenza nei bilanci bancari: secondo la Banca d’Italia “il flusso dei prestiti iscritti a sofferenza tra il 2001 e il 2004 è stato pari, in media, all’1 per cento degli impieghi in essere all’inizio di ciascun anno”62, il che significa che la differenza tra sofferenze cessate, vale a dire sofferenze in qualche modo estinte, e crediti passati a sofferenza, in percentuale sugli impieghi calcolati come valori di inizio anno è pari all’1%.
Risulta invece in diminuzione il totale delle sofferenze sugli impieghi bancari nel corso del tempo. A questo proposito diamo di seguito una tabella che illustra meglio proprio questo aspetto:
Anni 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Percentuali 15% 14% 12% 10% 10% 10% 8%
Tab. 3.1: Percentuali delle sofferenze sugli impieghi bancari negli anni compresi tra il 1999 e il 2005
Fonte: Rielaborazione dell’autore63 da Banca d’Italia, Bollettino Statistico, vari anni
Emerge con tutta evidenza che le sofferenze sono diminuite sul totale degli attivi bancari. Il dato citato contrasta per la verità con quello dell’espansione del mercato dei mutui; siccome tale mercato si è espanto negli ultimi anni, come abbiamo dimostrato nel primo capitolo, ci si aspetterebbe se non un aumento, quantomeno una percentuale costante nel tempo delle sofferenze (allargando il mercato, aumentano anche i rischi di insolvenza). La ragione di questo può essere ricercata sia nel fatto che le banche stanno prestano maggiore attenzione quando concedono credito sia nel fatto che negli ultimi anni esse hanno proceduto a eliminare dai propri bilanci partite definitivamente inesigibili oppure hanno cartolarizzato i crediti di dubbia esigibilità, facendo in entrambi i casi operazione di pulizia dei crediti peggiori.
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Cfr. BANCA D’ITALIA, Considerazioni finali per il 2004, Roma, 31 maggio 2005, pag. 22. Nel 2006 il neo- governatore Mario Draghi non ha fatto cenno alle sofferenze del sistema bancario, incentrando maggiormente la sua relazione sullo sviluppo del sistema finanziario e sull’internazionalizzazione delle banche italiane; cfr. BANCA D’ITALIA, Considerazioni finali per il 2005, Roma, 31 maggio 2006.
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La percentuale altro non è che il rapporto tra il valore delle sofferenze delle famiglie consumatrici al mese di dicembre degli anni presi in considerazione e gli impieghi nei confronti delle stesse famiglie considerando lo stesso lasso di tempo.
Di fatto, la diminuzione dei crediti in sofferenza iscritti negli attivi bancari non può fare altro che rafforzare il sistema dandogli maggiore credibilità. Un sistema creditizio con poche sofferenze, se non derivano da omissioni contabili volontarie, è un sistema che agli occhi di un mondo globalizzato come quello attuale offre notevoli possibilità di attirare capitali da poter poi investire nel sistema produttivo. Infine, alla luce degli scandali finanziari che ormai qualche anno fa minarono alla base la credibilità del nostro sistema creditizio, la diminuzione delle sofferenze è un dato altamente positivo di dinamicità del sistema che non ha lasciato passare invano questo periodo di tempo.