Fig 5.45 Progetto Clepsydra: il prototipo di serra urbana é strutturato su 10 piani per un piano d'appoggio di circa 400 metri quadrati, ma é in grado di produrre l'equivalente di un terreno di ben 24.000 metri quadrati: tanto per fare un esempio, se decidessimo di coltivarvi unicamente pomodori ne potremmo raccogliere ben 40 tonnellate all'anno.
Fig 5.46 Skyfarm 39
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Autosufficiente progettata da Gordon Graff che produrrebbe 82 milioni di KWh l’anno (una famiglia media utilizza circa 10.000 KWh l’anno).
Skyfarm è dotato di un impianto di produzione di biogas e 59 piani di coltivazione idroponica di piante per 6 piani di profondità. Ma il pensiero di Graff va ben oltre Skyfarm perché questa architettura sostenibile è solo un esempio di come è possibile per il progettista re-inventare il mondo urbano in modo efficiente ed energeticamente sostenibile
Skyfarm non ha bisogno di nessun allaccio ad una rete di energia mentre il suo impianto di biogas che produce metano dai rifiuti prodotti dai suoi abitanti viene utilizzato per produrre energia elettrica. E se gli abitanti non producono abbastanza rifiuti, Graff ha stimato che solo la produzione agricola idroponica genererà abbastanza metano per soddisfare il 50% del fabbisogno energetico di Skyfarm. Per questo è possibile considerare Skyfarm come un grande composter urbano che in partnership con la città utilizza l’energia rinnovabile dei rifiuti per prodursi il metano necessario senza considerare che già la rete fognaria è una ricca fonte di metano. L’acqua in Skyfarm viene trattata grazie alle macchine viventi progettate e brevettate da John Todd in modo da filtrare e recuperare le acque reflue provenienti dalle abitazioni e riutilizzandole nella coltura idroponica.
Skyfarm , progettato per Toronto, prende così in considerazione questi 2 problemi di immediata attualità: l’efficienza e il
risparmio energetico e la crisi alimentare. Ma i scenari sono ancora più devastanti se pensiamo alle previsioni che entro il 2050 la popolazione mondiale toccherà i 9 miliardi e la metà di questi vivranno nelle città e metropoli di tutto il mondo.
Skyfarm potrebbe produrre abbastanza cibo per 50.000 persone l’anno
Las Vegas dove entro il 2030 in un edificio di 30 piani sarà incorporata un’azienda agricolaverticale in cui vi cresceranno dalle mele e delle zucchine.
Fig 5.48 Stand-Alone Industrial Vertical Greenhouse Designed by Plantagon Plantagon Stand-Alone Industrial Vertical Greenhouse è un esempio di idea di vertical farm: un edificio totalmente dedicato alla produzione di alimenti che si colloca nella infrastruttura della città
Fig 5.49 Dragonfly Designed by Vincent Callebaut New York, NY. Dragonfly è il prgetto di una metabolic urban farm a New York City. 28 piani di “campi” per la produzione agricola e allevamenti per la produzione di carne e latticini , con alimentazione solare ed eolica.
Fig 5.50Vertical Farm in Prague Designed by Michaela Dejdarova and Michal Votruba Prague, Czech Republic
la Vertical Farm per Praga è pensata come un insieme di tetraedri che creano un esscheletro che regge centinaia di terrazze verdi.
La Vertical Farm così come pensata rappresenta il simbolo estremo ed estremamente concettuale del cambiamento del rapporto tra città e agricoltura. Il costo è uno dei principali problemi e criticità
dell’idea: The Vertical Farm Project ha stimato il costo di una vertical farm di 30 piani come centinaia
di milioni di dollari.
Uno dei principali problemi dietro al progetto di vertical farm è il suo fabbisogno energetico40: Thanet Earth è una struttura di 90 ettari aperta nel Kent nel 2008 e produce il 15% della produzione Britannica di insalata, ha la sua mini power-station per dare 15 ore di luce artificiale alle piante nei mesi invernali. Secondo Peter Head, leader di planning and sustainable development presso lo studio di Ingegneria Arup, anche facendo crescere le piante in un grande grattacielo di vetro non ne varrebbe la pena, perché senza luce artificiale non si avrebbe una produzione ottimale tale da assorbire i costi: esempio le piante lontano dalle finestre crescono più lentamente e peggio.
Ted Caplow, ricercatore e ingegnere ambientale fondatore della associazione no profit New York Sun Works, che ha sviluppato una serra idroponica a NY e si occupa dell’educazione dei bambini in termini di produzione agricola, conferma le problematiche41. Il gruppo ha realizzato la già citata Science Barge, una serra idroponica galleggiante a Manhattan per analizzare come produrre in città con il minimo utilizzo di risorse. La Science Barge usa 1/10 dell’acqua che servirebbe in un campo, non c’era run off di acqua, non ci sono pesticidi, ci sono coccinelle come naturali insetti predatori. È attiva tutto l’anno e produce 20 volte quello che si potrebbe produrre in cu campo delle medesime dimensioni. È attrezzata con pannelli solati e turbine, riuscendo a garantire nearzero carbon emissions. Ted Caplow sottolinea come sia una struttura a un piano, relativamente piccola, con un fabbisogno relativamente ridotto. Aumentando le dimensioni , e impilando le serre, arriverebbero i problemi. Generare energia con solo il fotovoltaico per una serra richiede un’area di 20 volte quella da illuminare e in un grattacielo è pressoché infattibile.
Se si trascende dal concept di grattacielo tecnologico verde, quello che traspare da queste idee
possibilità data tecnologia idroponica di:
• produrre in ambiente controllato
• produrre alimenti in spazi dove non si ha presenza di terreno
• produrre in verticale o su pinai giustapposti ottimizzando la superficie disponibile • produrre in modo controllato e senza pesticidi
• produrre a ciclo chiuso, con riutilizzo di risorse
Letta in questo senso la tecnologia idroponica, anche a sviluppo verticale, può essere una soluzione spaziale interessante per l’agricoltura urbana, e se attuata con successo offre in una grande promessa di rinnovamento architettonico urbano, oltre a una produzione sostenibile di una grande varietà di alimentari freschi (considerando una produzione che dura l’intero anno).
Un’idea per usare al massimo la luce naturale è stata sviluppata da Valcent, gruppo presente in Texas, Vancouver e Cornwall, che ha sviluppato dei “piatti” idroponici impilati che si muovono su binari per assicurare a ciascuno il giusto apporto di luce naturale: sistema VerticCrop42. La compagnia ha un prototipo a Paignton Zoo in Devon che produce cosi velocemente il cibo per gli animali dello zoo. Il sistema usa la stessa energia che serve per tener acceso un computer per 10 ore, e produce
40 http://www.thanetearth.com
41 Up, Up and Away! The Economics of Vertical Farming Chirantan Banerjee 42
http://www.verticrop.com
500,000 lattughe all’anno. Il campo ci vorrebbero 20 volte più spazio e acqua. Anche VertiCrop è installato in una serra a un solo piano dove entra luce anche dalla copertura, e non avrebbe gli stessi risultati se fosse situato in una grattacielo di serre.
Fig 5.51Verticrop http://www.verticrop.com
Pertanto una alternativa alle vertical farm sono le applicazioni della tecnologi di coltivazione indroponica, specialmente in verticale, a dispositivi come le serre (trasportate in ambito urbano da progetti come Lufa Farms) o le growth cells, o celle di coltura, ovvero dispostivi di agricoltura protetta di piccole dimensioni, come analizzate nei capitoli successivi in relazione alle tecnologie di integrazione della produzione agricola in aree urbane.
Fig 5.52, 5.53Damien Chivialle Urban Farm Unit
Sulla stessa scia è il progetto della la Vertically integrated greenhouse43, ancora una idea di
Caplow di New York Sun Works: integrazione di una serra che sfrutta la tecnologia idroponica a sviluppo verticale integrata alla facciata dell’ edificio, con le piante che crescono lungo il perimetro. Le piante sono impilate e possono che possono anche scorrere su vassoi compresi tra i due layer di vetro. Questo risolve il problema della luce e fa da controllo climatico passivo, oltre a caratterizzare la facciata
.
Fig 5.54 Vertically integrated greenhouse