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La responsabilità internazionale dello Stato per le condotte delle imprese

In materia di responsabilità statale in presenza di attività di impresa, ad eccezione delle ipotesi di responsabilità diretta dello Stato, restano da distinguere in maniera sostanziale gli obblighi di cui è titolare lo Stato ospitante e quelli corrispondenti allo Stato d’origine. Nella prassi può verificarsi che i due Stati abbiano politiche e capacità di controllo molto diverse tra loro e, proprio su tali aspetti sono riscontrabili le maggiori criticità e si discutono strategie di potenziamento.

Tradizionalmente, in virtù del principio di sovranità territoriale è ritenuto responsabile lo Stato in cui l’impresa transnazionale svolge l’attività oggetto della controversia (c.d. Stato ospite).

È opinione condivisa quella secondo la quale lo Stato ospite, che è spesso un Paese in via di sviluppo, difficilmente riesca a fornire una garanzia efficace di tutela dei diritti umani contro le violazioni delle imprese transazionali sul piano della legislazione interna425.

Possono emergere molteplici problematicità dal rapporto tra Stato ospite e l’impresa presente sul territorio. Lo Stato può rivelarsi troppo debole per controllare attraverso il proprio sistema giuridico delle entità giuridiche il cui potere economico può essere decisamente superiore a quello dello Stato stesso (Basti pensare all’esempio della Royal Dutch Shell, che nel 2015 ha avuto una produzione superiore ai PIL di Ecuador, Ukraina, e Slovacchia registrando un fatturato da 481 miliardi di dollari) 426.

Ulteriore eventualità è che lo Stato preferisca non intervenire nelle attività delle società multinazionali e garantirsi così l’appellativo di Paese “investor friendly”, al fine di attirare investimenti stranieri attraverso politiche economiche e fiscali particolarmente favorevoli.

Infine, uno Stato potrebbe essere scoraggiato ad intervenire nella regolamentazione delle attività di imprese transnazionali, perché questo avrebbe delle conseguenze negative nelle relazioni con lo Stato d’origine cui la società madre appartiene.

Non sono rari i casi in cui è possibile riscontrare delle contraddizioni sostanziali tra gli standard di protezione offerti dalle norme nazionali e quelli presenti nel diritto internazionale.

425 Gatto A., Multinationals and human rights, Edwan Elgar ed., Cheltenham, 2011, pp. 8-9.

426 Fortune Global 500, 2015, Disponibile online: http://fortune.com/global500/#methodology (ultimo accesso febbraio 2018).

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Tali problematiche costituiscono le principali argomentazioni di chi sostiene che sarebbe necessario estendere un obbligo di controllo in capo allo Stato d’origine, rendendo così più efficace il sistema di prevenzione e repressione delle violazioni commesse dalle multinazionali427. Sulla base di quanto precedentemente discusso in materia di obblighi statali, la questione della responsabilità dello Stato per gli abusi commessi dall’impresa multinazionale può essere considerata da un duplice punto di vista: lo Stato potrebbe essere ritenuto responsabile sul piano internazionale, in quanto le condotte delle imprese multinazionali sono ad esso direttamente imputabili, ovvero lo Stato potrebbe essere ritenuto responsabile per non aver adottato i provvedimenti necessari o la diligenza richiesta dalle norme internazionali per impedire il verificarsi di abusi commessi dalle imprese.

4.2RESPONSABILITÀ DIRETTA DELLO STATO PER LE CONDOTTE DELLE IMPRESE

Nella prima ipotesi, la condotta illegittima degli attori privati potrebbe essere attribuita allo Stato di origine, nelle circostanze per le quali la stessa condotta sia riconducibile a quest’ultimo, ovvero quando la impresa in questione sia considerata un organo esercitante funzioni governative. Si tratta di due ipotesi espressamente previste all’art.5 del Progetto di articoli della CDI.

La norma ha statuito che la condotta di una persona ovvero un ente, che eserciti elementi di autorità governativa su incarico dello Stato interessato, è considerato un atto dello Stato medesimo, secondo il diritto interazionale428. La condotta deve essere collegata ad un’attività governativa e non ad una privata o commerciale. Rientrano in questa categoria una varietà di funzioni pubbliche, che negli ultimi anni sono state oggetto di privatizzazione: gestione delle prigioni, servizi essenziali in materia di salute e strutture scolastiche429.

Stando alla prassi della Corte internazionale di Giustizia, una tale circostanza è verificabile qualora sia dimostrato un legame di dipendenza completa del soggetto privato da quello statale, tale da permettere un’equiparazione dell’attività a iniziativa statale. Questo legame di dipendenza può anche sorgere in un secondo momento, qualora con un comportamento di approvazione e

427 Francioni F., Imprese multinazionali, protezione diplomatica e responsabilità internazionale, Giuffrè, Milano, 1979, p.137, Bonfanti A., Imprese multinazionali diritti umani e ambiente, Giuffrè, Milano, 2010, p.114.

428 CDI Draft Articles on Responsibility of States for Internationally wrongful acts, with commentaries, in YILC, 2001, vol II, part. 2, p. 46.

429 McBeth A., Privatising Human Rights: What Happens to the State's Human Rights Duties When Services are Privatised?, Melbourne Journal of International Law, Vol. 5, No. 1, 2004; Chirwa D.M., The Doctrine of State Responsibility as a Potential Means of Holding Private Actors Accountable for Human Rights, Melbourne Journal of International Law, Vol. 5, No. 1, 2004.

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avallo ex post, lo Stato riconosca, facendola propria, la condotta del privato. È quanto avvenuto, ad esempio, nella vicenda dell’occupazione dell’ambasciata statunitense in Iran. La Corte Internazionale di Giustizia ha ritenuto che: «Once organs of the Iranian State had thus given approval to the acts complained of and decided to perpetuate them as a means of pressure on the United States, those acts were transformed into acts of the Iranian State: the militants became agents of that State, which itself became internationally responsible for their acts»430. Con riferimento alle imprese transnazionali, potrebbe quindi sussistere una responsabilità internazionale dello Stato qualora le stesse fossero utilizzate dallo Stato di origine come strumenti per interferire negli affari interni dei Paesi in via di sviluppo431. Si tratta tuttavia di una costruzione puramente teorica in quanto questo tipo di responsabilità dello Stato non è mai stata invocata con riferimento alla condotta di una persona giuridica.

Un’ipotesi ulteriore di imputazione della condotta dell’impresa multinazionale in capo allo Stato d’origine è quella descritta dall’art. 8 del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti. Nella disposizione si prevede l’ipotesi di una condotta illecita posta in essere da una persona o da un gruppo di persone, riconducibile alla responsabilità statale, qualora le parti in questione abbiano agito su istruzione, ovvero sotto la direzione o il controllo dello Stato in questione nel realizzare quel comportamento432. L’elemento costitutivo della fattispecie è dato dalla presenza un “controllo effettivo” dello Stato di origine sulla persona o sul gruppo. Ai sensi del diritto internazionale, la nozione di controllo effettivo è stata elaborata dalla Corte internazionale di giustizia nel caso relativo alle attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua433 e ribadita nel già citato caso sull’applicazione della convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio434. Tale controllo si concretizza nella

430 ICJ, Case Concerning United States Diplomatic and Consular Staff in Tehran, Iran v. United States, in ICJ Reports, 26 May 1980, parr. 69-79.

431 Ulteriore esempio, è l’attività delle agenzie di credito all’esportazione, che sono degli enti governativi o semi-governativi, ma aventi una separata entità giuridica. Nello svolgimento delle proprie funzioni, tali agenzie sono spesso implicate con i governi di Paesi terzi per facilitare la partnership tra lo stato d’origine e o stato ospitante. Qualora nel corso di tale attività l’agenzia violasse i diritti umani, viene da chiedersi se tale azione potrebbe essere attribuita allo Stato e implicare così l’insorgere di responsabilità internazionale.

432 Si riporta letteralmente: «The conduct of a person or group of persons shall be considered an act of a State under international law if the person or group of persons is in fact acting on the instructions of, or under the direction or control of, that State in carrying out the conduct». CDI, Draft Articles on Responsibility of States for Internationally wrongful acts, with commentaries, in YILC, 2001, vol II, part. 2, p. 47.

433 ICJ, Case concerning military and paramilitary activities in and against Nicaragua (Nicaragua v.

United States of America), G.L. 70, 27 June 1986.

434 ICJ, Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (Bosnia and Herzegovina v. Serbia and Montenegro), 11 July 1996.

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partecipazione e direzione effettiva dello Stato, non essendo sufficiente il generico supporto da parte dello Stato.

Quella descritta è una circostanza difficilmente verificabile e, infatti, nella prassi non si riscontrano casi in cui lo Stato ospite abbia fatto valere la responsabilità dello Stato di origine per le condotte illecite poste in essere dalle multinazionali operanti sul suo territorio. Le ragioni sono principalmente dovute alla difficoltà oggettiva di provare il collegamento di dipendenza dell’impresa con lo Stato di origine o la sussistenza di un controllo effettivo esercitato da quest’ultimo sulle attività dell’impresa e, parimenti, a una certa riluttanza degli Stati ospiti a far valere la responsabilità degli Stati di origine delle imprese multinazionali per non perdere la propria capacità di attirare investimenti esteri435.

Sullo stesso tema, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha sviluppato una teoria divergente di controllo effettivo.

In linea generale, la verifica della sussistenza del controllo effettivo di uno Stato membro della Convenzione sugli individui presenti sul territorio di uno Stato estero avviene alla luce di alcuni parametri quali la presenza militare prestata dallo Stato o l’autorità esercitata sulle vittime delle violazioni. Come già analizzato precedentemente, nelle ipotesi menzionate la Corte ha ritenuto sussistente un controllo tale da giustificare l’esercizio della giurisdizione da parte dello Stato di origine sul territorio estero. Pertanto, lo Stato potrebbe essere riconosciuto responsabile anche per gli atti dei propri organi che sono avvenuti al di fuori del territorio nazionale, ma in un territorio sul quale questi esercita un controllo effettivo, estendendo così il dovere di assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. Nel caso di un’impresa, quindi, si può immaginare che lo Stato di origine debba essere tenuto a garantire la tutela dei diritti umani, secondo il sistema previsto dalla Convenzione, anche nei confronti degli individui residenti sul territorio estero di cui ha il “controllo effettivo” e in cui avvengono le attività dell’impresa.

Tuttavia, anche quest’ipotesi non conosce precedenti nella giurisprudenza.

4.3RESPONSABILITÀ DELLO STATO PER MANCATO ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI POSTI DA NORME INTERNAZIONALI

L’ipotesi riscontrabile più di frequente nella prassi è l’accertamento di una responsabilità dello Stato per il mancato adempimento degli obblighi di tutela dei diritti umani, anche in riferimento alle condotte delle imprese presenti sul proprio territorio e delle relative succursali

435 Bonfanti A., op.cit., p.71.

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nel caso di imprese multinazionali436. Come si è avuto modo di ripercorrere nel dettaglio, si tratta per lo più di obblighi di mezzi e non di risultato, che vengono assolti quando lo Stato adempie con diligenza i comportamenti necessari a raggiungere il risultato previsto dalla norma. La responsabilità per la mancata adozione di norme volte a prevenire o sanzionare violazioni dei diritti umani da parte delle imprese può riguardare sia lo Stato ospite che quello di origine.

Un esempio emblematico è costituito dall’attività ermeneutica svolta dalla Corte europea nel contesto specifico della ricostruzione del diritto all’ambiente salubre, alla luce dell’art. 8 CEDU che protegge la vita privata e familiare, e dell’art. 6 in materia di diritto al giusto processo.

In merito alla pronuncia sul caso Lopez Ostra c. Spagna, la Corte ha ritenuto la Stato spagnolo responsabile per non aver adottato le misure adeguate alla salvaguardia della salute dei cittadini a fronte delle emissioni dannose di una società privata437. Nel testo della decisione, pur non ritenendo direttamente responsabile delle emissioni in questione l’autorità spagnola, la Corte ne ha accertato la responsabilità derivante dal rilascio del permesso a costruire il sito d’impresa e quindi da un mancato equo bilanciamento degli interessi, ossia il vantaggio economico pubblico e il diritto della vittima.

Nel caso Guerra c. Italia la Corte ha nuovamente ritenuto lo Stato convenuto responsabile della violazione dell’art. 8 per non aver adottato le misure idonee a garantire un adeguato livello di informazione nei confronti delle persone residenti in prossimità della Enichem, azienda petrolchimica responsabile dell’emissione di gas tossici. La Corte ha ribadito che: « The Court holds, therefore, that the respondent State did not fulfil its obligation to secure the applicants’

right to respect for their private and family life, in breach of Article 8 of the Convention»438. Spostandosi sul piano procedurale, i giudici di Strasburgo hanno anche ritenuto gli Stati responsabili della violazione dell’art. 6 CEDU per la mancata attuazione delle decisioni dei giudici nazionali, disponenti la revoca della licenza concessa a una miniera439 e la chiusura degli impianti ritenuti nocivi per l’ambiente e la salute440.

In materia di mancato controllo statale, ovvero mancata adozione di norme volte a prevenire o sanzionare le violazioni commesse dalle imprese, si è pronunciata anche la Corte interamericana per i diritti umani. Il primo caso è la pronuncia Yanomami c. Brasile, basato sulla costruzione di una strada e di licenze minerarie concesse in terra indigena, che aveva portato a una massiccia presenza di stranieri nel suddetto territorio e aveva avuto gravi ripercussioni sul benessere della

436 È necessario considerare che risulta difficile attribuire all’impresa madre la condotta delle proprie consociate e che lo Stato possa esercitare la propria giurisdizione al di fuori del proprio territorio.

437 ECtHR, Lopez Ostra c. Spain, 16798/90, 9 December 1994.

438 ECtHR, Guerra e al. c. Italia, 116/1996/735/932, 19 February 1998, parr. 58-60.

439 ECtHR, Taskin e al. v. Turkey, 46117/99, 10 November 2004.

440 ECtHR, Okyay e al. v. Turkey, 36220/97, 12 July 2005, Tatar v. Romania, 67201/01, 27 January 2009

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comunità, inclusa l'alterazione della loro organizzazione tradizionale, emergenza della prostituzione femminile, epidemie e malattie, spostamenti forzati verso terre inadatte ai loro modi di vita e morte di centinaia di Yanomami441. Nella decisione della Corte è stata accertata la responsabilità del Brasile per la mancata adozione delle misure idonee a evitare la violazione dei diritti degli indigeni da parte delle compagnie petrolifere442.

Per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali nel continente africano, nel 2001 con il caso The social and economic rights action center and the center for economic and social rights v. Nigeria, la Commissione Africana per i diritti dell’uomo e dei popoli ha dichiarato lo Stato convenuto responsabile per non aver adottato le misure necessarie a evitare le violazioni compiute dal consorzio petrolifero facente capo a Shell avverso le comunità indigene dell’Ogoniland, determinando così la violazione dei diritti sanciti dalla Carta africana sui diritti dell’uomo e dei popoli443.

Infine, il Comitato per i diritti dell’uomo, nella comunicazione sul caso Lubicon Lake Band c.

Canada ha ritenuto violati i diritti di cui all’art. 27 del Patto sui diritti Civili e politici, a causa della concessione di un’autorizzazione di esproprio del gruppo etnico ricorrente, emessa dall’autorità canadese per la realizzazione di attività estrattive da parte di un operatore privato444.