• Non ci sono risultati.

Risultati del percorso di modernizzazione della Sardegna

3. Il contesto

3.1.4 Risultati del percorso di modernizzazione della Sardegna

La Sardegna che si affaccia, all’indomani della seconda guerra mondiale, al cambiamento, non è poi tanto diversa dalle altre regioni del Mezzogiorno d’Italia del periodo (Bottazzi 1999, p. 23):

la o dizio e osiddetta t adizio ale he p e ede la ode izzazio e […] vede la st ag a de aggio a za della popolazio e vive e dell’attività p i a ia – l’ag icoltura in senso lato – a livelli di pura sussiste za. L’i sedia e to p evale te e te u ale, o g a de isola e to e hiusu a di og i o u ità ispetto alle alt e. L’e o o ia ate iale, te i a e te pove a, p evale te e te u ’e o o ia di auto o su o, con poche poco importanti occasioni di scambio. Le precarie condizioni di vita, la miseria, la cattiva nutrizione e le malattie che ne conseguono, la brevità della vita media e la mortalità elevata fanno sì che, malgrado una pur alta natalità, la popolazione rimanga a lungo stazionaria o cresca molto lentamente. In un contesto materiale così precario, fatalismo, ignoranza e superstizione sono spesso le chiavi di un sistema di valori e di aspettative imperniato sulla tradizione come guida di ogni comportamento. La famiglia e le relazioni primarie (comunitarie) sono al centro della struttura sociale e culturale, con una scarsa mobilità sociale (figlio del pastore non può che fare il pastore, e farlo allo stesso modo, con le stesse tecniche, gli stessi rischi, le stesse difficoltà, del padre!)."

Secondo lo stesso autore (1999, 2009), indipendentemente dalla decisione di adottare un approccio meccanicistico piuttosto che critico nei confronti del principio di successione lineare dei processi di cambiamento collocabili sotto il nome di modernizzazione, ciò a cui anche la Sardegna è andata incontro è la transizione da una società prevalentemente agricola ad una prevalentemente industriale, e quindi il passaggio ad una situazione di prevalenza del settore

terziario identificabile nelle cosiddette “società post-industriali”. Ciò che cambia, e nel caso

della Sardegna questo aspetto risulterà particolarmente importante, sono i tempi di realizzazione delle singole transizioni e, parallelamente, l’impatto che cambiamenti di costume e stili di vita più o meno repentini possono avere nella definizione complessiva della società.

I risultati dell’applicazione delle politiche di sviluppo, volte a modernizzare la realtà

socioeconomica isolana, descritte nei paragrafi precedenti seguono appunto il percorso di transizione descritto, seppur con opportune peculiarità, e sono sintetizzabili in pochi passaggi:

74

Emanuela Porru, Come cambiano le abitudini alimentari: cibo e processi di trasformazione socioeconomica. Tesi di dottorato in Scienze Politiche e Sociali, Università degli studi di Sassari.

- cosa cambia per il settore primario? Come si è detto, nei primi anni ‘50 del secolo scorso la Sardegna era una regione a prevalenza agricola. In un tempo estremamente ristretto, parliamo di circa trent’anni, la regione conoscerà una diminuzione estrema degli addetti al settore. Se al censimento del 1951 gli addetti del settore rappresentavano circa il 50% sul totale della popolazione attiva, al censimento del 2011 tale quota corrisponderà ad appena il 7% del totale (per una descrizione più approfondita dell’evoluzione delle quote di addetti ai differenti settori produttivi, si veda più avanti par. 3.2.4);

- cosa cambia per il settore industriale? Grazie agli ingenti piani di investimento realizzati tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70, il settore conoscerà un’espansione tanto veloce quanto veloce sarà il suo declino a partire dalle crisi petrolifere del 1974 e del 1979 e al passaggio dei vari centri industriali sotto la proprietà dell’ENI. I dati del censimento 2011 riportano una quota di addetti al settore industriale pari a quella registrata nel lontano 1931 (circa il 19% del totale della popolazione attiva), epoca in cui le uniche attività di tipo industriale presenti nell’isola coincidevano con quelle del settore estrattivo-minerario, localizzato in prevalenza nella circoscritta area del Sulcis-Iglesiente52;

- cosa cambia per il settore terziario? Questo è forse uno dei punti essenziali del processo di modernizzazione sardo. Come fa notare Bottazzi (1999), se il settore industriale non ha mai conosciuto un vero e proprio boom nel numero di addetti (la cui quota massima si attesta ad un modesto 35% al censimento del 1971), il terziario conoscerà invece un’espansione senza limiti, andando peraltro ad assorbire una parte consistente dei flussi provenienti dal settore primario,

“senza quel passaggio intermedio per l’esperienza industriale che ha caratterizzato i processi che si sono svolti, in un arco temporale molto più lungo, nelle regioni europee oggi più avanzate.” Oltre all’evidente “salto della fase industriale”, la Sardegna conoscerà una

“terziarizzazione precoce e drogata” (ibidem, p. 29) sostenuta dall’espansione del settore pubblico e dalla crescita dei consumi, sia pubblici che privati, conseguenza del generalizzato aumento di benessere.

La Sardegna oggi si configura come una regione di servizi e soprattutto di occupati nei servizi (circa il 73 % degli addetti secondo il censimento del 2011). Il centro della ricchezza si è spostato dapprima dal bacino minerario del Sulcis Inglesiente (area di maggior benessere nel

75

Emanuela Porru, Come cambiano le abitudini alimentari: cibo e processi di trasformazione socioeconomica. Tesi di dottorato in Scienze Politiche e Sociali, Università degli studi di Sassari.

dopoguerra, andata incontro ad una crisi irreversibile del settore nei primi anni ‘50 che

nemmeno la nazionalizzazione ENEL degli impianti realizzata nei primi anni ‘60 riuscì a

contrastare) all’area della petrolchimica di Macchiareddu-Sarroch e Porto Torres (ivi, par.

3.1.3). Negli ultimi decenni invece, ad assumere la maggiore rilevanza è l’area costiera della Gallura, divenuta il polo di attrazione turistica per eccellenza della regione, riflettendo così i cambiati assetti nei settori produttivi trainanti dell’economia isolana (Ruju 2006).

Anche i caratteri dell’urbanizzazione riflettono il particolare processo di modernizzazione che ha interessato l’isola. L’area urbana di Cagliari ed il suo hinterland rappresentano oggi l’emblema della sproporzione demografica che affligge il territorio regionale. Nel 2016, anno

di creazione della città metropolitana di Cagliari53, risiedono in un’area con una superficie pari

a 1248 km² (un ventesimo della superficie totale della regione) oltre 430.000 abitanti, più di un quarto della popolazione totale dell’isola. Dall’altra parte permangono due processi, all’apparenza inarrestabili, quali quello dello spopolamento delle aree interne e dell’invecchiamento della popolazione ivi presente.

Nonostante i punti descritti raccontino di una situazione di difficoltà perenne e di stravolgimenti degli assetti economici, ma anche sociali, non semplici da gestire, è indubbio che la regione sia andata nel corso degli ultimi cinquant’anni incontro ad un processo di crescita e mutamento dei costumi che ha comunque contribuito a far uscire la Sardegna da una condizione di arretratezza e sottosviluppo di lunga data e la ha resa “moderna” (Bottazzi 1999). Lo testimoniano anche la vittoria sulla piaga dell’analfabetismo – nonostante anche oggi i livelli di scolarizzazione e di possesso dei titoli di studio più elevati detengano percentuali comunque di sotto della media

nazionale54 – l’aumentata disponibilità di beni di consumo, la crescita del reddito medio pro-

capite.

53 Istituita con la legge regionale 4 febbraio 2016, n. 2 "Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna”

e divenuta operativa il 1 gennaio 2017, la città metropolitana di Cagliari si compone dei comuni di: Cagliari, Quartu Sant'Elena, Selargius, Elmas, Monserrato, Quartucciu, Assemini, Sestu, Capoterra, Decimomannu, Sinnai, Settimo San Pietro, Maracalagonis, Sarroch, Villa San Pietro, Pula e Uta, con una popolazione residente totale di 431.302 soggetti (2015).

54I dati del censimento Istat 2011 indicano una quota di laureati sardi pari al 9,77% del totale, contro l’11,7% della

76

Emanuela Porru, Come cambiano le abitudini alimentari: cibo e processi di trasformazione socioeconomica. Tesi di dottorato in Scienze Politiche e Sociali, Università degli studi di Sassari.

Nelle pagine seguenti, si procederà alla descrizione delle tre specifiche aree selezionate ai fini della ricerca, dando conto di tutte le variabili di cambiamento finora descritte, al fine di cogliere le possibili sfumature, prodotte dal processo di modernizzazione, a livello locale.