La seconda iniziativa è invece un progetto nazionale di carattere socio-assistenziale, che è certa mente finalizzato a combattere indifferentemente vecchie e nuove forme di povertà, ma che tuttavia
7. Risultati della ricerca empirica sulla CR
In questo capitolo vengono esposti i risultati della parte empirica della ricerca, ossia l’analisi delle intervi- ste semi-strutturate svolte da chi scrive a 20 testimoni privilegiati, suddivisi in quattro categorie di cinque persone ciascuna. Il capitolo si articola in sette paragrafi, corrispondenti agli ambiti tematici trattati nelle in- terviste, concernenti aspetti cruciali dell’esistenza della CRI. Si veda la Tabella 7.1. sotto riportata:
Tab. 7.1. Ambiti tematici delle interviste e categorie di testimoni privilegiati
Aspetti della CRI contemplati nelle interviste Categorie di testimoni privilegiati
1. identità della CRI;
2. rapporto della CRI con le istituzioni pubbliche;
3. rapporto della CRI con le altre organizzazioni di Terzo Settore operanti nei medesimi ambiti umanitari;
4. rapporto della CRI con l’opinione pubblica; 5. contesto e reputazione internazionale della CRI;
6. impatto sulla CRI della riforma attuata dal Decreto Legi- slativo 178/2012 e proseguita con la riforma del Terzo Set- tore;
7. futuro della CRI
1. rappresentanti della CRI, sia a livello centrale che a livello territoriale;
2. rappresentanti dello Stato in settori nei quali il rapporto con la CRI è consolidato e rilevante;
3. rappresentanti di organizzazioni di Terzo Settore operanti negli stessi ambiti umanitari della CRI, e che con essa si confrontano;
4. sociologi esperti di welfare
Ciascun paragrafo analizza le considerazioni delle diverse categorie di testimoni privilegiati, in modo che, per ciascun aspetto, sia possibile prendere in esame la prospettiva ed il punto di vista di ogni categoria. Come si precisa nella Nota metodologica, infatti, si è ritenuto opportuno modulare la traccia dell’intervista in base a ciascuna tipologia di intervistati.
Come era presumibile non tutti gli intervistati hanno risposto a tutte le domande contenute nella traccia, pur essendo l’oggetto dell’indagine, ovvero la CRI, una realtà con la quale interagiscono per motivi di lavoro o di ricerca scientifica.
Ciò nonostante, i testimoni da me intervistati hanno fornito numerose informazioni utili ai fini dell’indagine, alcune delle quali vengono riportate nel presente capitolo, allo scopo di formare un quadro dif- ferenziato ma coerente dell’attuale realtà costituita dalla CRI nella società italiana211
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Questa parte della tesi viene ad integrare ed approfondire i dati di carattere “oggettivo” esposti nel capito- lo precedente.
7.1. Le opinioni sulla CRI: quale identità?
Il primo argomento considerato nelle interviste è stato, come già anticipato, l’identità della Croce Rossa Italiana, ed a questo scopo sono state esaminate le opinioni dei testimoni privilegiati nei confronti dell’Associazione. All’interno di questo tema generale, il primo nucleo semantico indagato è stato quello concernente le caratteristiche distintive della CRI, e in proposito i testimoni privilegiati che ne fanno parte in
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Le citazioni tratte dalle interviste sono state riportate con gli stessi accorgimenti editoriali in uso per le citazioni di testi scien- tifici (virgolette per le citazioni brevi, corpo minore per le citazioni lunghe, indicazione della fonte fra parentesi quadre al termine ecc.). Per ulteriori specifiche si rinvia alla Nota metodologica del presente lavoro.
posizioni apicali hanno concordemente indicato anzitutto la volontarietà: 4 su 5 infatti la menzionano espli- citamente, mentre l’ultimo la identifica implicitamente riferendosi all’incongruità dello status giuridico di APS. Accanto a questa vengono indicate altre caratteristiche distintive quali la vicinanza alle istituzioni pub- bliche, l’internazionalità e la capillarità sul territorio, che tuttavia non sono state enunciate altrettanto una- nimemente. Intervistato N. 5, dirigente del Comitato Nazionale, riunisce nelle sue parole le caratteristiche indicate da tutti gli altri rappresentanti della CRI per descrivere l’Associazione:
[Le caratteristiche della CRI sono] L’essere intanto community based, quindi formata da volontari […]; esse- re incardinata in un movimento internazionale; svolgere la sua attività, esistere in quanto ausiliaria dei pubblici poteri, e quindi la sua azione, che la pone in maniera del tutto distinta sia dal mondo delle ONG che dalla società civile […] [Intervistato N. 5].
L’immagine che emerge è quella di una realtà dalle diverse sfaccettature, un unicum nel mondo delle or- ganizzazioni umanitarie. Per un verso infatti la sua vicinanza alle istituzioni pubbliche italiane la rende di- versa da una qualsiasi ONG, mentre, per un altro verso, la sua appartenenza ad un Movimento Internazionale le conferisce una statura che altre organizzazioni parimenti vicine allo Stato, quali l’AVIS ed il CONI (se- condo la valutazione di sociologi quali Moro, Bassi e Colozzi, come già osservato), decisamente non hanno. Naturalmente l’unicità non è avvertita dai rappresentanti della CRI come una sorta di handicap, ma anzi co- me un motivo di orgoglio identitario212.
Dal canto loro, i rappresentanti dello Stato hanno opinioni più variegate, ma che riflettono in definitiva quelle dei rappresentanti della CRI, cui aggiungono l’attivismo e la preparazione, date evidentemente per scontate da chi fa parte dell’Associazione. Intervistato N. 6, esponente del Ministero della Difesa, menziona infatti sia l’adesione ai principi del Movimento Internazionale, «quindi innanzitutto la neutralità», sia una peculiarità tutta italiana, ossia lo strettissimo legame con lo Stato esistito fino a pochi anni fa, e definito «cordone ombelicale» [Intervistato N. 6]. Intervistato N. 7, dirigente del dicastero della Salute, indica invece «il coinvolgimento massiccio del volontariato […] anche a livello, diciamo, apicale, ma soprattutto a livello operativo […]» e «la capacità di formare anche i volontari, in maniera adeguata […]» [Intervistato N. 7]. In- tervistato N. 8, un parlamentare componente della Commissione Affari sociali, avvicinandosi a Intervistato N. 6 osserva a sua volta che «La Croce Rossa ha delle regole di livello internazionale che la caratterizzano, quindi già questo la rende diversa da tutti gli altri», ma sottolinea anche il particolare attivismo della CRI, a livello sia nazionale sia internazionale [Intervistato N. 8]. A questo proposito Intervistato N. 9, un dirigente del Ministero degli Esteri, esprimendosi in generale sulla Croce Rossa, rileva quali sue caratteristiche distin- tive principali l’essere «sempre presente» e «molto rapida nell’intervenire»: insieme alla professionalità del personale, ciò la rende «un partner umanitario importante, privilegiato» per il suo Ministero [Intervistato N. 9]. Infine Intervistato N. 10, dirigente della Protezione Civile, rimarca le stesse caratteristiche distintive indi- cate da Intervistato N. 7: con ogni evidenza egli considera maggiormente importante e apprezzabile «l’attenzione ai processi formativi. Cioè, l’addestramento, la formazione dei volontari in Croce Rossa è mol-
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È probabilmente per questo che tre di essi (Intervistati NN. 1, 2 e 5) hanno voluto puntualizzare rifiutando l’uso dei termini “ente” ed “organizzazione”.
to più curata che in altre associazioni»; a ciò segue il numero dei volontari, «che oggi sono importanti e la mettono sul primo piano con associazioni che hanno grandi numeri di effettivi [Intervistato N. 10].
Fra i rappresentanti del Terzo Settore, invece, vi è chi ravvisa le caratteristiche distintive più rilevanti del- la CRI nella sua storia, ossia nella sua attività di assistenza in tempo di guerra, in stretto collegamento con l’esercito e, più in generale, con lo Stato, non senza una punta di polemica. Gli Intervistati NN. 11, 12 e 14, infatti, osservano rispettivamente che «la Croce Rossa Italiana ha avuto una storia che, secondo noi, secondo me, è stata un po’ minata dal fascismo e ne ha caratterizzato la specificità e anche alcuni aspetti, se voglia- mo, negativi a nostro avviso, anche più recentemente», essendo nata peraltro «sul versante dell’azione verso la guerra», laddove invece le Pubbliche Assistenze, che egli rappresenta, sono nate in un contesto di «attività nel quotidiano» [Intervistato N. 11]; «è un ente pubblico, è nato… è un ente militare dello Stato» [Intervista- to N. 12]; «Diciamo che Croce Rossa ha la sua struttura gerarchica, un po’ “stile militare”, se vogliamo, no?, e quindi c’è questa abitudine un po’ sempre a rimandare un po’ al superiore» [Intervistato N. 14]. D’altro canto, vi è anche chi si allinea ai rappresentanti della CRI e delle istituzioni indicando l’essere «una grande organizzazione fatta di volontari […] molto importante in Italia e non solo […]» [Intervistato N. 13] e lo «spirito volontaristico» [Intervistato N. 15] come sua caratteristica peculiare.
I sociologi, infine, si dividono fra chi tratteggia un’immagine della CRI in termini di ambivalenza, e chi invece ne sottolinea maggiormente le caratteristiche distintive positive. Per il primo gruppo sono particolar- mente rilevanti e rappresentative le parole di Intervistato N. 16:
diciamo, in generale quello che mi colpisce della Croce Rossa è la sua natura ambivalente, sembrerebbe, “an- fibia”, diciamo, o ambigua, se vogliamo dire: ma forse ambivalente è più giusto. Cioè, da un lato c’è l’organizzazione come affiliazione di una grande iniziativa internazionale, che vanta più di 100.000 volontari, 150.000 volontari […]. Dall’altra parte, la Croce Rossa è stata per molto tempo un ente parastatale, con i vertici nominati dal governo, che operava sotto il controllo del governo, e anche, diciamo, soggetta a quelle tipiche di- namiche che scattano quando c’è di mezzo il potere amministrativo esercitato dai partiti, quindi clientelismo, nomine, assunzioni, eccetera [Intervistato N. 16].
L’aspetto pubblicistico, e perfino militare, è la prima caratteristica indicata anche da altri due sociologi, i quali osservano, rispettivamente, che «mi è sempre sembrata un’organizzazione che traeva la propria legitti- mità e la propria identità da meccanismi istituzionali nazionali, se non sovranazionali. Cioè, più simile a un esercito che a un’organizzazione di volontariato: un esercito laico, di pace, quello che vuoi tu, ma molto più…» [Intervistato N. 17], e che «l’idea che mi dava era di una struttura pubblica», «Una struttura militariz- zata! Capillare e presente sul territorio» [Intervistato N. 18]. A ciò, peraltro, Intervistato N. 17 aggiunge che la CRI gli è sempre parsa priva di una caratteristica peculiare della maggioranza delle organizzazioni di Ter- zo Settore, ossia l’embeddedness, il radicamento nel territorio e nella comunità locale, da cui trarre la propria linfa vitale, pur essendo senz’altro la CRI presente capillarmente.
Su questo punto, gli altri due sociologi hanno opinioni diverse, e più in generale danno della CRI un’immagine positiva: Intervistato N. 19 infatti ritiene che essa abbia «un grande radicamento nel territorio» e che sia «molto conosciuta» [Intervistato N. 19], mentre per Intervistato N. 20 «è un organismo di radicale affettuosità verso l’altro […]», «è legittimata ad agire in contesti dove nessun altro è legittimato ad agire