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Un modo allusivo di delineare il proprio stile.

II. L’ ATTITUDINE SCETTICA : OSSERVAZIONE DI SÉ E INCOSTANZA DEL GIUDIZIO

IV.1. Un modo allusivo di delineare il proprio stile.

Studiando i metodi che Montaigne usa per esprimersi senza affermare, non possiamo non considerare lo stile allusivo, e non possiamo non considerare che l’emprunt non esaurisce le potenzialità antidogmatiche del linguaggio. In questo capitolo, pertanto, studieremo il modo improprio in cui Montaigne usa singole parole e interi enunciati estratti da contesti non individuati, e ricondurremo la scelta di lasciare anonime le citazioni ad un modo particolare di praticare la scrittura allusiva.

Come abbiamo fatto per le citazioni, anche per comprendere le ragioni dello stile allusivo di Montaigne possiamo partire da quanto dichiara egli stesso. Nei Saggi, infatti, il filosofo ammette di non riuscire a centrare il nucleo degli argomenti che tratta; ma anche in questo caso ostenta tale frustrazione solo per dissimulare un’opinione di sé tutt’altro che bassa. E affermando di non riuscire a trattare alcun argomento in modo completo, in realtà intende nascondere la volontà di parlarne solo per «punti capitali» e in modo ambiguo ed equivocabile:

«Non è altro che debolezza personale quella che ci fa accontentare di ciò che altri o noi stessi abbiamo trovato in questa caccia alla conoscenza. Uno più sottile non se ne accontenterà. C’è sempre posto per uno che venga dopo, e anche per noi stessi, e strade per altrove. Non c’è fine alle nostre ricerche: il nostro fine è nell’altro mondo. È segno di ristrettezza di mente quando questa si accontenta, o di stanchezza. Nessun intelletto generoso si ferma in se stesso: aspira sempre ad altro e va al di là delle proprie forze. Ha slanci che oltrepassano le sue possibilità. Se non avanza e non si affretta e non indietreggia e non si urta, è vivo soltanto a metà. Le sue indagini sono senza limite e senza forma. Il suo alimento è stupore, caccia, ambiguità. Cosa che Apollo dichiarava a sufficienza, parlandoci sempre in modo ambiguo, oscuro e obliquo. Non appagandoci, ma dandoci da fare e tenendoci occupati. È un movimento irregolare, continuo, senza modello e senza scopo. Le sue idee si eccitano, si succedono e si producono l’una dall’altra»187.

187

94 In questo passo, infatti, possiamo riconoscere l’attitudine antidogmatica nell’accusa contro coloro che s’illudono di trovare fine alle proprie ricerche, e nell’elogio verso coloro che non si appagano di alcuna soluzione. E possiamo interpretare la menzione di Apollo in qualità di locutore ermetico come l’espediente che Montaigne usa per dichiarare la propria volontà di produrre discorsi che sfuggono alla comprensione univoca.

A causa dell’impossibilità di riferirci ad un fenomeno letterario codificato e unificato, ci è stato difficile inquadrare la citazione montaigniana all’interno di una storia della citazione in generale. E ci siamo serviti della differenziazione terminologica fra emprunt e allegation per riconoscere la differenziazione di almeno due modi di effettuare citazioni.

Anche per lo studio dello stile allusivo possiamo sfruttare la dimensione terminologica, ma in modo opposto. E mentre per comprendere le numerose e diverse intenzioni che animano il suo modo di citare abbiamo trovato utile considerare i diversi termini che Montaigne usa per designare le proprie citazioni, per comprendere le ragioni della sua scrittura allusiva ci è utile considerare che non vi predispone alcun termine letterale apposito ed esclusivo. Infatti, benché Montaigne confessi di dover indicare le cose in modo indiretto perché non ne capisce la natura, scopriamo la sua ipocrisia dal fatto che si riferisce al proprio modo di esprimersi con la stessa metafora che ha usato per indicare lo stile allusivo di Plutarco. Nel secondo capitolo abbiamo già detto che l’autocitazione della formula accennare con

un dito rivela l’autostima letteraria con cui Montaigne si confronta a Plutarco; adesso,

però, intendiamo evidenziare la natura metaforica del piano su cui Montaigne pone questo confronto. In Pourquoi la lecture philologique? Jules Brody consiglia di interpretare i

Saggi partendo dalla rilevazione e dallo studio delle costanti lessicali, e indica come

maggiormente significative le costanti dovute a parole usate in modo metaforico. A differenza di quelle usate in modo letterale, infatti, le parole metaforiche non beneficiano di una giustificazione ascrivibile al contesto semantico, perciò possiamo considerarle come la testimonianza più diretta dei processi di significazione riconducibili alle scelte arbitrarie dell’autore188

.

Montaigne, d’altronde, dimostra di usare molte parole in modo improprio e metaforico, così da compromettere il rapporto di significazione convenzionale secondo il quale alcune di esse denoterebbero sempre le solite realtà di fatto189, e così da toglierci la possibilità di comprendere le frasi dei Saggi riferendoci ad un quadro semantico stabile.

188 J.B

RODY, Pourquoi la lecture philologique?, in ID., Nouvelles lectures, cit., pp. 107-25.

189 Alla luce del capitolo Della gloria, è esclusa ogni possibilità di derivare il rapporto di costanza denotativa fra nome e cosa da un rapporto di significazione naturale.

95 Allo stesso modo, pensiamo che egli intenda sottrarre alla nostra comprensione univoca lo stesso stile allusivo, e che, con questo intento, lo indichi solo mediante metafore; quelle dell’accenno con un dito:

«Ora, io esprimo qui le mie inclinazioni e i miei sentimenti per quel tanto che la convenienza me lo permette. Ma lo faccio più liberamente e più volentieri a voce, a chiunque desideri esserne informato. Tant’è che in queste memorie si troverà che ho detto tutto, o indicato tutto. Quello che non posso scrivere lo accenno col dito: Ma per uno spirito

sagace questi scarsi indizi sono sufficienti per scoprire da solo tutto il resto»190.

del dire a metà, e in modo conciso, criptico e confuso:

«Si aggiunga che ho forse qualche ragione particolare di non dire che a metà, di dire confusamente, di dire discordamente».

«Eppure, che io possa sbagliarmi se ce ne sono molti altri che offrono di più come sostanza. E comunque sia, male o bene, se qualche scrittore l’ha trattata in modo più sostanziale o almeno più succoso nelle sue carte. Per mettervene di più, ne ammasso solo i punti capitali. Che, se vi unissi anche lo svolgimento, moltiplicherei più volte questo volume»191.

e del concatenare in modo obliquo le idee che esprime, sia per come le fa seguire le une dalle altre, sia per le parole che usa per esprimerle:

«Questa digressione è un po’ fuori del mio tema. Mi svio, ma più per licenza che per inavvertenza. Le mie idee si seguono, ma talvolta da lontano, e si guardano, ma con sguardo obliquo. […]. I titoli dei miei capitoli non ne abbracciano sempre la materia: spesso l’indicano soltanto per qualche segno, come questi altri titoli: l’Andria, l’Eunuco, o questi altri nomi: Sylla, Cicero, Torquatus. Ci sono delle opere di Plutarco dove egli dimentica il

190 Saggi III 9, p. 1827. Il corsivo è Lucrezio, De rerum natura, I 402. 191

96 suo tema, dove il discorso sul suo argomento non si trova che per caso: tutto soffocato fra

una materia estranea»192.

Mediante queste figure, infatti, Montaigne non delinea in modo preciso ciò che intende per scrittura allusiva, e non dà luogo che a suggestioni da sviluppare.

Per quanto ci riguarda, la prima suggestione che abbiamo recepito è lo stupore per la coerenza con cui il filosofo esercita l’allusività proprio nel momento in cui riflette su questo modo di esprimersi. E, a questo proposito, pensiamo che, a dispetto della miopia del lettore negligente che spesso fraintende il senso e lo stile dei Saggi193, Montaigne abbia

descritto in modo implicito il proprio stile allusivo proprio per sollecitare i lettori più attenti ad approfondirne e ad esplicitarne gli aspetti, a intuirne la componente antidogmatica e a svilupparla e praticarla come tale.

Pertanto, innerviamo la nostra ricerca sul presupposto di uno scarto incolmabile fra il piano espressivo dei discorsi di Montaigne e il piano dei contenuti cui egli si riferisce, e tentiamo di rendere espliciti gli accenni che pensiamo riguardanti il problema del linguaggio antidogmatico.

Per studiare l’emprunt, abbiamo decifrato le intenzioni antidogmatiche di Montaigne comparando i testi dove egli parla in modo più o meno diretto dell’uso di riportare parole ed esperienze altrui. Ed abbiamo usato le presenze lessicali di emprunt e di allegation non solo per selezionare i testi da studiare, ma soprattutto per costituire un vocabolario di riferimento che ci permettesse di parlare della citazione montaigniana. Per studiare la scrittura allusiva, invece, a causa del problematico trapasso dei tropi figurati dal piano metaforico a quello tecnico e letterale che si prefigge ogni ricerca, non abbiamo potuto ricavare dai Saggi il vocabolario di riferimento. Dunque, abbiamo cercato all’esterno dei

Saggi il termine adatto a designare il particolare stile allusivo che Montaigne adotta, e

abbiamo optato per intertestualità. Infatti, anche se di recente conio e certamente

192 Saggi III 9, p. 1849. L’Andria e l’Eunuco sono commedie di Terenzio, il cui titolo rimanda a ciò che non è il personaggio designato. Sylla, Cicero e Torquato sono nomi propri attribuiti ai personaggi storici di Silla, Cicerone e Torquato, per l’icasticità con cui ne rappresentano i tratti caratteristici. A causa del colorito rosso del suo volto, Silla fu così chiamato perché il termine sylla significa “il rosso”; a causa d’una verruca che un suo zio aveva sul naso, Cicerone fu così chiamato perché il termine cicero significa “cece”; Livio e Aulo Gellio attestano il soprannome di Torquato -“l’uomo col collare” - a Manlio in ricordo di un collare tolto ad un Gallo durante la lotta. Si segnala che, anche in questo passo, Montaigne cita Plutarco come esponente di un modo indiretto ed implicito di esprimere le idee.

193 «So bene che, quando sento qualcuno soffermarsi sul linguaggio dei Saggi, preferirei ne tacesse. Non è tanto esaltare le parole, quanto avvilire il senso, in modo tanto più pungente quanto più obliquo», Saggi I 40, p. 451.

97 sconosciuto a Montaigne, questo termine ci è sembrato pertinente ad una ricerca che studia la scrittura antidogmatica di enunciati prelevati da testi altrui, e ci ha permesso di studiare l’emprunt come un caso particolare di scrittura allusiva194

.

194

Sulla preferibilità del termine intertestualità, cfr. G.B.CONTE-A.BARCHIESI, Imitazione e arte allusiva.

Modi e funzioni dell’intertestualità, in G. CAVALLO,P.FEDELI,A.GIARDINA (a cura di), Lo spazio letterario

di Roma antica, vol. I, Roma 1993, pp. 86-8. Per una breve storia del termine - coniato da Julia Kristeva -,

cfr. M.ANGENOT, L’”intertextualité": enquête sur l'émergence et la diffusion d'un champs notionnel in Le

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