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Wakeford et al., A review of probability of causation and its use in a compensation scheme for nuclear industry workers in the United Kingdom, Health Physics, 1998, 1, 74

DELLA SILICE

R. Wakeford et al., A review of probability of causation and its use in a compensation scheme for nuclear industry workers in the United Kingdom, Health Physics, 1998, 1, 74

A. Wambersie, J. Delhove: Radioprotection in radiology, a controversial practice: how to wear the individual dosimeters?, J. Belge Radiol. 1993, 76, 6, 382-385.

Grafico 1: Distribuzione delle MP da radiazioni ionizzanti rispetto agli organi bersaglio

Grafico 2: Distribuzione delle mansioni negli affetti da MP da radiazioni ionizzanti

Grafici

E. Barbassa*, L. Frusteri**

* INAIL - Direzione Regionale Lombardia - Consulenza Tecnica Accertamento rischi e Prevenzione

** INAIL - Direzione Generale - Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

RIASSUNTO

Gli “Endocrine Disrupting Chemicals” (EDC) sono un eterogeneo gruppo di sostanze, che com-prendono i policlorobifenili, le diossine, alcune classi di pesticidi, gli alchilfenoli, gli ftalati, i ritardanti di fiamma polibromurati, alcuni metalli pesanti e solventi organici, caratterizzate dalla capacità di interferire attraverso svariati meccanismi (recettore - mediati, metabolici etc.) con il funzionamento del sistema endocrino, determinando sia alterazioni dei processi ripro-duttivi e dello sviluppo che l’insorgenza di patologie metaboliche.

Obiettivo del presente lavoro è stato quello di analizzare i principali studi tossicologici ed epi-demiologici che hanno permesso di evidenziare gli effetti avversi sul sistema endocrino causa-ti dagli EDC.

SUMMARY

The “Endocrine Disrupting Chemicals” (EDC) are an heterogeneous chemicals group, inclu-ding polychlorinated biphenyls (PCBs), dioxins, some pesticides, alkylphenols, phthalates, polibrominated flame retardants, some heavy metals and organic solvents, which are able to interfere through different mechanisms (receptor-mediated, metabolic) with the endo-crine system, causing alterations of reproductive and development processes and metabolic diseases.

Aims of the present work were the analysis of the main epidemiological and toxicological stu-dies that allowed to point out the adverse effects on the reproductive system caused by the Endocrine Disrupting Chemicals.

1. INTRODUZIONE

Molte sostanze chimiche sia di sintesi che naturali, ampiamente diffuse negli ambienti di vita e di lavoro e negli alimenti, possono interferire col sistema endocrino producendo una serie di effetti avversi sulla salute umana, quali: alterazioni dello sviluppo e della funzionalità dell’ap-parato riproduttivo sia maschile (malformazioni degli organi sessuali come criptorchidismo, ipospadia ed insorgenza di seminomi, associati ad una diminuzione globale della qualità del seme umano con problemi di infertilità), che femminile (endometriosi, sindrome da ovaio poli-cistico, etc.), incremento di abortività precoce, aumentata incidenza del carcinoma alla mam-mella ed ai testicoli, alterazioni del sistema immunitario e neurologico, sviluppo di patologie metaboliche (ad es. osteoporosi postmenopausale, diabete), disturbi a lungo termine della funzionalità tiroidea.

Le sostanze chimiche con potenziale attività endocrina comprendono:

• contaminanti organici persistenti (acronimo in inglese, POPs), quali policlorobifenili (PCB), diossine, policlorodibenzofurani (PCDF).

I PCB sono costituiti da un vasto gruppo di olii sintetici di produzione industriale, resistenti al fuoco ed alle scariche elettriche. Dal 1930 fino al 1985 circa, sono stati largamente usati negli olii lubrificanti e negli elettrodomestici. Attualmente i PCB sono stati messi al bando in buona parte dei Paesi industrializzati, ma permangono residui in quantità notevoli a causa della loro bassa biodegradabilità e della loro capacità di accumulo nel tessuto adiposo, nel latte mater-no etc.

Diossine e furani sono composti non di uso commerciale che possono formarsi come sottopro-dotti di reazione durante l’incenerimento dei rifiuti, la produzione di sostanze chimiche al cloro, il processo di sbiancamento della carta a base di cloruro e la produzione dell’acciaio.

• gruppi di pesticidi utilizzati in agricoltura, quali: insetticidi organoclorurati (lindano, aldrin, dieldrin, clordecone, DDT, 2,3-dibromo-3-cloropropano), fungicidi (etilenbisditio-carbammati, vinclozolin, benomil, fenarimol, tiofanato metile, organostannici come il tri-butilstagno) ed erbicidi (atrazina, metolaclor, etc.).

Gli insetticidi organoclorurati, tra cui il DDT, sono stati vietati dagli anni ‘70 in Europa e nel Nord America a causa della loro persistenza nell’ambiente e della capacità di concentrarsi e di bioaccumularsi nelle catene alimentari, ma sono tuttora diffusi nelle nazioni del Terzo Mondo.

• sostanze di largo uso industriale, che comprendono: alchilfenoli, ftalati, ritardanti di fiamma polibromurati, alcuni metalli pesanti come Cd, As, Pb, Cr, Mn e solventi organici come lo stirene, il toluene, il percloroetilene e lo xilene.

Gli alchilfenoli etossilati sono impiegati nei detersivi, nelle pitture ad acqua, nei cosmetici, come antiossidanti, comonomeri o additivi nelle materie plastiche e come coformulanti nei prodotti per irrorare le colture. Gli ftalati vengono usati come plastificanti nelle materie pla-stiche, in particolare nel PVC, e sono largamente diffusi e presenti nei cavi elettrici, nei pavi-menti in vinile, nelle colle, pitture, vernici e cosmetici.

I ritardanti di fiamma polibromurati costituiscono un gruppo di composti usati come additivi per prevenire o minimizzare il rischio d’incendio in polimeri, tessuti e sono applicati su mate-riali da costruzione, mobili e strumentazione elettronica.

• i fitoestrogeni sono sostanze naturali presenti in numerosi vegetali (ad es. nella soia) in grado di espletare attività estrogenica e comprendono le seguenti classi di composti: flavo-ni, isoflavoflavo-ni, cumestani e lignani.

I principali meccanismi attraverso cui le classi di sostanze suddette interferiscono col sistema endocrino sono i seguenti:

• alcuni EDC (Endocrine Disrupting Chemicals) hanno la capacità di simulare l’attività degli ormoni fisiologici dell’organismo, partecipando alle stesse reazioni e provocando i medesi-mi effetti

• altri EDC sono in grado di bloccare, con azione competitiva, i recettori ormonali e di conse-guenza neutralizzare l’attività degli ormoni naturali; a seconda che agiscano sugli ormoni femminili o sugli ormoni maschili, essi sono definiti anti-estrogeni o anti-androgeni

• altri ancora interferiscono sulla sintesi, sul trasporto, sul metabolismo e sulla secrezione degli ormoni naturali, alterandone le concentrazioni fisiologiche e di conseguenza la fun-zione endocrina corrispondente.

A causa dell’ampio spettro di patologie correlabili con l’esposizione ad EDC che colpiscono la qualità della vita umana e che coinvolgono non solo la salute degli individui, ma anche quella della loro progenie, la Commissione Europea ed altri organismi internazionali (OECD, WHO, EPA) predisposti al controllo della salute e della sicurezza pubblica hanno indicato come priorità di ricerca l’incremento delle conoscenze sugli Endocrine Disrupting Chemicals.

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In Italia l’Istituto Superiore di Sanità ha avviato un progetto triennale di ricerca finalizzata:

“Esposizione umana a xenobiotici con potenziale attività endocrina: valutazione dei rischi per la riproduzione e per l’età evolutiva” che si è concluso a dicembre 2003, ed in Europa nel marzo 2003 è stata creata una struttura indicata come CREDO, Cluster of Research into Endocrine Disruption in Europe, costituita da 4 progetti generali che hanno coinvolto 63 laboratori in tutta Europa.

Scopo del presente lavoro è stato quello di analizzare i principali studi epidemiologici e tossico-logici che hanno permesso di evidenziare gli effetti avversi sulla salute umana causati dall’e-sposizione ad EDC in ambito lavorativo e di individuare sia biomarcatori di edall’e-sposizione che i test più utili da inserire a scopo preventivo in un protocollo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori.

2. MATERIALI E METODI

E’ stata condotta un’accurata ricerca bibliografica in internet nelle principali banche dati di tipo biomedico e tossicologico (MEDLINE, TOXLINE, DART - ETIC, etc.) che ha permesso di sele-zionare le pubblicazioni scientifiche più significative che, a partire dagli anni ‘80, hanno avuto per oggetto lo studio dell’esposizione in ambito lavorativo ad Endocrine Disrupting Chemicals e degli effetti avversi sulla salute umana riscontrati.

In particolare le tematiche di ricerca oggetto di approfondimenti sono state:

• gli studi epidemiologici di tipo caso - controllo (retrospettivi), di coorte (prospettici) ed incrociati condotti su popolazioni lavorative esposte ad EDC

• gli studi tossicologici in vivo sugli animali da laboratorio e gli studi sperimentali in vitro su colture cellulari effettuati allo scopo di evidenziare gli effetti tossici causati dagli EDC e di cercare di chiarire i meccanismi d’azione

• la valutazione dell’esposizione lavorativa ottenuta mediante misure di monitoraggio sia bio-logico di EDC o loro metaboliti eseguite su fluidi (sangue, urina, liquido seminale) dei lavo-ratori esposti che ambientale o, in caso di esposizioni pregresse, attraverso la consultazio-ne di banche dati sui profili d’uso delle sostanze chimiche con attività estrogena e sulle matrici di esposizione nei settori produttivi interessati dall’uso di EDC

• l’individuazione e selezione di biomarcatori di esposizione ad EDC per i lavoratori esposti e dei principali fattori di suscettibilità individuale.

L’analisi delle pubblicazioni scientifiche sull’esposizione professionale ad EDC ha consentito di evidenziare i principali problemi da affrontare in tale settore di ricerca, ma anche l’importan-za di tali studi per la sicurezl’importan-za e salute dei lavoratori.

3. RISULTATI DEGLI STUDI DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE AD EDC

Gli studi epidemiologici riguardanti lavoratori esposti ad EDC sono piuttosto scarsi a causa della difficoltà nel predisporre un accurato disegno epidemiologico derivante dalla contemporanea ampia diffusione degli EDC anche negli ambienti di vita.

Nell’ambito del progetto di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità: “Esposizione umana a xeno-biotici con potenziale attività endocrina: valutazione dei rischi per la riproduzione e per l’età evolutiva”, conclusosi nel dicembre 2003, è stata condotta un’indagine retrospettiva sulla vita riproduttiva di 3 gruppi di lavoratori con diversi livelli di esposizione a specifici pesticidi poten-ziali EDC: gli agricoltori in possesso del patentino per l’uso di antiparassitari (esposizione media e discontinua), i lavoratori in serra (esposizione alta e continua) ed i lavoratori dei cen-tri di disinfestazione (esposizione massima).

Lo studio (Petrelli & Figa’-Talamanca, 2001) è stato pianificato per verificare l’associazione tra livelli crescenti di esposizione e danni riproduttivi, prendendo in esame in particolare il tempo di attesa per il concepimento (Time To Pregnancy: TTP), indicatore che misura il tempo neces-sario affinchè si verifichi un concepimento in una coppia con rapporti non protetti.

Per ciascuno dei 3 gruppi di lavoratori sono stati identificati i controlli interni (lavoratori che al primo concepimento svolgevano un differente lavoro) e popolazioni di riferimento non esposte.

I criteri di eligibilità per l’inclusione nello studio erano l’età (20-55 anni), lo stato civile (coniugato o in unione stabile), la moglie con almeno una gravidanza, la disponibilità del sog-getto a rispondere ad una dettagliata intervista sulla storia riproduttiva della coppia e sui rischi lavorativi nel periodo antecedente la gravidanza.

I lavoratori sono stati intervistati mediante compilazione di un questionario standard che ha permesso di ricostruire le caratteristiche socio-demografiche, la storia lavorativa della coppia, le modalità e la frequenza di esposizione, nel periodo antecedente la prima gravidanza, a pesti-cidi tossici per la riproduzione, quali il benomil, il carbaril, il diclorvos, l’endosulfan, il linda-no, il metossiclor, il metolaclor, il procimidone ed il vinclozolin, la storia riproduttiva della cop-pia (stato di salute del lavoratore e della moglie, numero e sesso dei figli nati vivi, aborti spon-tanei, TTP, patologie riproduttive dell’uomo e della donna, uso di contraccettivi) e la presenza di possibili fattori di confondimento (abitudine al fumo ed all’alcol dei partners, età della donna al momento della gravidanza). Secondo l’approccio generalmente accettato, l’analisi del TTP è stata condotta alla prima gravidanza.

Ritardi significativi nel concepimento (di oltre 6 mesi) sono stati osservati fra i lavoratori in serra che effettuavano più di 100 applicazioni all’anno di pesticidi (Odds Ratio: 2.4; Intervallo di Confidenza 95%: 1.2-5.1) rispetto agli agricoltori ed alla popolazione di riferimento; l’in-cremento del TTP è stato calcolato con il modello della regressione logistica controllando per i fattori di confondimento come l’età della madre, il livello di istruzione dei partners ed il fumo di sigaretta.

A loro volta gli agricoltori mostravano un modesto aumento, non significativo, rispetto ai con-trolli spiegabile col fatto che i lavoratori agricoli sono esposti ai pesticidi in modo intermit-tente e pertanto la finestra temporale di esposizione ai fitofarmaci può non coincidere col periodo in cui stanno cercando di avere una gravidanza.

Un altro studio epidemiologico incrociato (Petrelli G. et al., 2003) effettuato nell’ambito del progetto di ricerca sopra citato dell’ISS sugli EDC ha consentito di evidenziare che le mogli dei lavoratori in serra che nel questionario hanno dichiarato di utilizzare e/o di aver utilizzato al momento delle gravidanze almeno uno dei principi attivi identificati come EDC (in particolare l’atrazina, il benomil-carbendazim, il carbaril) hanno sperimentato un rischio di aborto spon-taneo circa 12 volte maggiore rispetto al gruppo di controllo costituito dai lavoratori delle serre che, al momento della prima gravidanza, non utilizzavano nessuno dei pesticidi con attività endocrina (OR: 11.8; IC 95%: 2.3-59.6). Sui 31 dipendenti del Centro di Disinfestazione del Comune di Roma, non è stato possibile calcolare il TTP a causa del numero ridotto; tuttavia, un significativo aumento del tasso di aborti spontanei è stato messo in rilievo nelle mogli dei dis-infestatori rispetto alla popolazione di riferimento (OR: 3.8; IC 95%: 1.2-12.0).

I dati degli studi epidemiologici pongono quindi in evidenza come una significativa esposizio-ne paterna a pesticidi tossici per la riproduzioesposizio-ne possa indurre un danno alle prime fasi embrionali, evidenziato innanzitutto dall’aumentato tasso di abortività nelle mogli.

L’attività endocrina di alcune classi di pesticidi (insetticidi organoclorurati, fungicidi) è stata ulteriormente confermata da studi tossicologici in vivo sui roditori, condotti nell’ambito del progetto di ricerca sugli EDC dell’ISS, che hanno permesso di monitorare gli effetti a lungo ter-mine sullo sviluppo funzionale dei sistemi riproduttivi ed endocrini indotti da due pesticidi

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siderati come modelli per classi più ampie di sostanze: l’insetticida clorurato lindano per i com-posti alogenati persistenti con effetti endocrini complessi ed il fungicida tiofanato metile per numerose sostanze ad azione tireostatica debole.

Studi clinici e sperimentali effettuati nell’ambito del progetto di ricerca dell’ISS hanno anche evidenziato il ruolo di polimorfismi dell’enzima aromatasi e dei recettori degli steroidi come fattori di suscettibilità a specifici EDC e nel modulare il rischio per patologie multifattoriali (es.

il carcinoma colon-rettale, l’osteoporosi etc.)

Per quanto riguarda la riduzione della fertilità maschile, si è cercato di avere un quadro più generale dei possibili agenti tossici coinvolti e si è provveduto a monitorare lavoratori esposti a metalli e solventi, agricoltori in serra e lavoratori agricoli addetti all’uso degli antiparassitari (Petrelli G et al., 2001) raccogliendo i dati sul tempo atteso per il concepimento (TTP) che hanno messo in rilievo un ritardo significativo per i lavoratori esposti a solventi (OR=1.7; IC 95%: 0.6-4.6), a metalli (OR=1.3; IC 95%: 0.5-3.6) e per i lavoratori in serra (OR=1.6; IC 95%: 0.8-3.1);

ulteriori studi condotti sui gruppi di lavoratori sopra citati hanno evidenziato alterazioni della qualità del liquido seminale e riduzione della fertilità (Figa’-Talamanca I. et al., 2001).

Le misure di monitoraggio biologico dei tossici riproduttivi effettuate sulle diverse matrici bio-logiche (sangue, urina e liquido seminale) dei lavoratori esposti hanno evidenziato che le con-centrazioni degli EDC nel liquido seminale sono inferiori a quelle riscontrate nel sangue e nel-l’urina raccolta durante le 24 ore e pertanto il liquido seminale rappresenta un biomarcatore di esposizione meno sensibile rispetto al sangue ed all’urina.

E’ stato condotto anche un progetto di ricerca multicentrico (Asclepios project) (Bonde et al.:, 1999), che ha sviluppato un protocollo di ricerca epidemiologica, per l’individuazione dei fat-tori di rischio lavorativi con effetti negativi sul sistema riproduttivo maschile, prendendo in considerazione fungicidi, stirene e piombo inorganico come fonti di rischio ed investigando la possibile correlazione tra i dati raccolti dai questionari e la qualità del liquido seminale.

I risultati del progetto hanno mostrato come un’esposizione a stirene ed a piombo inorganico porti ad una riduzione nel numero degli spermatozoi statisticamente significativa rispetto ai controlli, sottolineando la vulnerabilità della spermatogenesi a siffatte esposizioni.

L’effetto dello stirene sulla tiroide è stato evidenziato da uno studio di monitoraggio biologi-co di esposti che biologi-correla significativamente il dosaggio dei metaboliti dello stirene biologi-con l’alte-razione dei livelli degli ormoni tiroidei (Mutti et al., 1984).

La ricerca sui distruttori endocrini si sta indirizzando anche verso patologie differenti da quel-le riproduttive, quali l’osteoporosi, il diabete, quel-le patologie autoimmuni e cardiovascolari.

Diversi studi epidemiologici associano l’esposizione ad arsenico inorganico ad un significativo aumento del rischio di diabete mellito di tipo 2 insulino-indipendente (Tseng et al., 2002), mentre i risultati di recenti studi condotti come follow-up dell’incidente di Seveso, che deter-minò il rilascio nell’ambiente di ingenti quantitativi di 2,3,7,8 - tetraclorodibenzodiossina (TCDD), hanno mostrato un incremento di patologie a carico del sistema cardiovascolare, immunitario ed endocrino (Bertazzi et al., 2002).

4. DISCUSSIONE DI PROBLEMI E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SUGLI EDC

L’analisi degli studi epidemiologici disponibili in letteratura sull’esposizione ad EDC negli ambienti di lavoro ha messo in rilievo la necessità di definire dei protocolli operativi per la valutazione del rischio di esposizione professionale, partendo dall’identificazione del rischio fino alla definizione della corrispondenza dose/risposta.

Il problema principale è la misura o l’accurata descrizione dell’esposizione professionale che può essere ottenuta attraverso:

• l’individuazione di tutte le sostanze chimiche che possono risultare tossiche per il sistema endocrino

• la definizione del paradigma dose/risposta che risulta complicato ottenere a causa della contemporanea ampia diffusione degli EDC anche negli ambienti di vita

• la valutazione dell’esposizione

• l’identificazione di livelli di concentrazione ambientale e biologica al di sopra dei quali si ritiene reale il rischio di danni per la salute

• la ricerca di intervalli di riferimento per i dosaggi biologici

• la valutazione dei fattori di suscettibilità individuali.

Un aspetto importante da considerare è l’esposizione ambientale pregressa, che condiziona notevolmente la dose interna della popolazione generale, soprattutto per gli inquinanti lipofi-lici che si accumulano nel tessuto adiposo ed hanno una persistenza notevole; ad esempio la popolazione generale possiede livelli ematici di PCB confrontabili con esposizioni a basse dosi e quindi una ricerca della correlazione dose/risposta risulta estremamente complessa.

Sono emersi anche problemi legati all’esecuzione di studi tossicologici in vivo con EDC, tra cui si citano: l’utilizzo di differenti diete standard per gli animali nei vari laboratori, che possono differire tra di loro per la presenza di sostanze (fitoestrogeni, residui) con attività endocrina, la diversa via di somministrazione degli EDC negli animali (in prevalenza attraverso la dieta) rispetto all’uomo (in cui sono prevalenti l’esposizione inalatoria e cutanea), l’impiego di alte dosi di EDC negli studi sugli animali allo scopo di rendere gli effetti tossici più evidenti e la dif-ferente suscettibilità genetica a specifici EDC dei diversi ceppi di animali da laboratorio.

Dall’attuale difficoltà nel chiarire questi problemi emerge la cautela nell’estrapolare i dati otte-nuti su animali da laboratorio all’uomo ed, in ultima analisi, la difficoltà nell’effettuare una valutazione del rischio, soprattutto alle basse dosi, accurata e sicura.

Un’altra problematica da affrontare riguarda lo studio dell’esposizione lavorativa a miscele complesse di EDC e degli effetti combinati dei distruttori endocrini.

Infatti livelli di esposizione ad EDC inferiori ai valori limite di riferimento (TLV - TWA, NOAELs etc.) non devono essere considerati privi di effetto se tali sostanze sono presenti in miscele di composti con simili meccanismi d’azione e/o bersagli.

Un’additività di effetti è stata riscontrata sperimentalmente per sostanze con effetti antian-drogeni come i fungicidi vinclozolin e procimidone ed in generale per le miscele di pesticidi.

Si sottolinea inoltre che i valori limite di esposizione occupazionale non riguardano in genere la salute riproduttiva, ma sono basati su altri effetti critici per la salute.

Negli ultimi decenni le ricerche epidemiologiche hanno messo in rilievo il fatto che tali limiti non sempre tutelano sufficientemente la salute riproduttiva e sono stati stabiliti, in Paesi come la Finlandia, valori limite di esposizione occupazionale precauzionali per le donne in gravidan-za che in genere non superano il 10% dei normali valori limite di riferimento.

Infine un gruppo di ricercatori danesi, scandinavi, norvegesi e finlandesi ha proposto un crite-rio di classificazione per le sostanze tossiche per la riproduzione (Taskinen, 1987) che tiene conto sia degli studi epidemiologici che dei risultati sperimentali ottenuti in tossicologia, allo scopo di avere uno strumento versatile per il controllo e la pianificazione della prevenzione nei luoghi di lavoro.

5. CONCLUSIONI

Gli studi epidemiologici e tossicologici sull’esposizione professionale ad EDC hanno messo in evidenza l’importanza, al fine della tutela della salute dei lavoratori, di incrementare le misu-re di pmisu-revenzione e di ridurmisu-re i valori limite di esposizione professionale per gli EDC in quanto

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gli effetti tossici provocati da tali sostanze avvengono anche per esposizioni a basse dosi e si possono combinare sinergicamente tra di loro.

Ai fini preventivi riveste particolare rilievo l’individuazione e selezione di idonei bioindicatori di esposizione anche mediante l’utilizzo di tecnologie innovative sviluppate nell’ambito della genomica e della proteomica, quali la microarray che permette di analizzare simultaneamente le alterazioni di espressione di molti geni aumentando la probabilità di identificare set di geni coinvolti nella risposta a specifici EDC.

Ai fini preventivi riveste particolare rilievo l’individuazione e selezione di idonei bioindicatori di esposizione anche mediante l’utilizzo di tecnologie innovative sviluppate nell’ambito della genomica e della proteomica, quali la microarray che permette di analizzare simultaneamente le alterazioni di espressione di molti geni aumentando la probabilità di identificare set di geni coinvolti nella risposta a specifici EDC.