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Non passa, certo, inosservato quel lungo periodo di infecondo connubio. Quando un matrimonio regale o principesco si delineava sterile, l’appello alla medicina era la prima azione da intraprendere nel tentativo di porvi rimedi, spesso rivelatisi inefficaci anche per le carenti conoscenze fisiologiche e anatomiche dei tempi, secondo cui, almeno fino a tutto il secolo XVI, la causa dell’infertilità veniva addossata generalmente alla donna.194 Come non ricordare il terrore di ripudio vissuto dalla regina Caterina de’ Medici, sposa di Enrico II di Francia, che risolse una supposta sterilità – anch’essa decennale – con l’aiuto di pozioni e di un «thusco medicamine sacro», tanto giovevoli alle successive dieci gravidanze, ma altrettanto determinanti nella costruzione del mito nero della Medicæe virago, accusata di uso improprio delle scienze mediche e astrologiche pur di non lasciare trono e corona.195

192 Vedi Appendice I, p. 396, docc. 4-5; p. 411, doc. 4; p. 423, doc. 5.

193 ASMo, AdP, reg. 433, «Zornale de contanti», c. LXIV, 23 novembre 1559: «A spesa straordinaria a meser don Giovan Battista capelano di Sua Signoria lire sette, soldi diciotto denari dieci marchesani per altri tanti che lui à spesi in cira et altre robe per dar sepoltura al putino de Sua Signoria Illustrissima, £ 7.18.10». In tutta la storiografia edita non v’è traccia di questo sfortunato neonato.

194 E. BERRIOT SALVADORE, Il discorso della medicina e della scienza, in Storia delle donne in Occidente, III, Dal

Rinascimento all’età Moderna, a cura di N. Zemon Davis e A. Farge, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 351-395: 356.

195 L.CAPODIECI,Caterina de’ Medici e la leggenda della regina nera: veleni, incantesimi e negromanzia, in Le donne

Viceversa, nel contesto della nostra coppia possiamo sostenere con una buona dose di sicurezza che le problematiche generative dipesero da un’impotentia indotta da infezione croniche all’apparato urinario di Alfonso: forse una nefropatia da calcolosi, stando ai sofferti accenni all’«infirmitade ad orinare» lamentata in tantissime lettere,196 così opprimente da obbligarlo a forzate interruzioni nell’uso di cavalcature e, soprattutto, da ingenerare stati di sconforto dinanzi alle insopportabili «debuleze de le membra virili» protrattesi per tutto il sesto decennio, che lo spinsero perfino a ricorrere al «miraculoso rimedio» offertogli dal medico di Enrico II di Francia, nel 1558.197

Non sarà un caso se certi emolumenti annotati tanto nei registri della gestione congiunta dei due «Alfonsini», quanto nei documenti contabili del futuro marchese di Montecchio, segnalano la presenza di diversi medici e fisici, specie tra gli anni Quaranta e Settanta, convocati a corte affinché valutassero scientificamente le problematiche di salute dei due fratelli, non prive di implicazioni politiche (soprattutto per il primogenito). Il numero di specialisti rintracciati nell’arco di un trentennio è davvero considerevole: il già citato Antonio Musa Brasavola e il figlio Renato,198 Sigismondo Nigrisoli,199 Francesco Brusantini,200 Fabio Antimaco,201 Vincenzo da Fermo,202

196 Sono venti le missive contenenti riferimenti al «male dell’urina», tutte incluse nell’epistolario privato di don Alfonso: in ASMo, CeS, bb. 158 e 161.

197 ASMo, CeS, b. 158, fascicolo 1723-I, «Lettere al fratello Ercole II d’Este», n. 72, da Parigi, 7 marzo 1558: «Io mi trovo di presente in Parigi nelle mani d’un giovane luchese per liberarmi, se piacerà a Nostro Signore Iddio, dal male che patisco per l’orinare, et sono di già intanto buon essere e meglioramento che fra sei giorni per grazia della bontà divina spero di rimanere libero e sano da sì così noiosa infirmitade. Egli mi cura solamente con unguento e senza offendermi punto, et è quel medemo giovine che con sì miraculoso rimedio sanò il marescial di santo Andrea che stava presso a morte».

198 ASMo, AdP, reg. 467, «Zornale de Intrà e Usita delo Illustrissimo Signor don Alfonso», c. 44, 4 marzo 1541: «Alo Illustrissimo Signor don Alfonso da Este scudi nove d’oro in oro a soldi 71 de marchesani per Sua Signoria a maistro Antonio Braxavola phisico contanti li quali Sua Signoria li dona, £ 31.19.0»; Ivi, reg. 402, «Usita deli Signori don Alfonso e fratel Estensi», c. 6, 24 febbraio 1544: «A loro diti a spexa de donazione scudi trentaquattro de oro in oro a soldi 72 de marchesani per Sue Signorie a meser Antonio Brasavola fisicho contanti per tanti che li dona Sue Signorie de puro amore per essere sta visitato da Sua Signorie, apar mandato, £ 122.8.0»; Ivi, reg. 442, «Zornale del banco de Intrada et de Ussita», c. 85, 5 novembre 1568: «A spesa de donacione al magnifico Reneo Brasavola medico dello Eccellentissimo Signor Duca Nostro scudi sei d’oro in oro qualli gli dona Sua Signoria Illustrissima per essere venuto a visitare il predeto Illustrissimo Signor più volte nella presente sua malattia, £ 23.8.0»; Ivi, reg. 445, «Zornale del Banco», c. LXXXI, 8 ottobre 1571: «A spesa straordinaria al magnifico meser Renea Brasavola phisico scudi dua d’oro in oro quali gli dà il predeto Illustrissimo Signor per haver visitato Sua Signoria Illustrissima, £ 7.16.0».

199 ASMo, AdP, reg. 467, «Zornale de Intrà e Usita», c. 44, 4 marzo 1541: «Al dito [don Alfonso da Este] scudi nove d’oro in oro a soldi 71 de marchesani per Sua Signoria a Sigismondo Nigrisolo fisico contanti, li quali sua Signoria li dona, £ 31.19.0». Sigismondo era il fratello del letterato Antonio Maria; sua figlia Elisabetta sposò nel 1537 Alberto Lollio (V.GALLO, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXV, Roma, 2005, pp. 454-456). Sua è l’opera Sigiomundi

Nigrisoli Ferrariensis […] Aliquot medicæ facultatis decisionis, Ferrariæ, apud Franciscum Ruben 1557.

200 Ibidem, 20 marzo 1541: «Illustrissimo Signor don Alfonso da Este lire settecento de marchesani per Sua Signoria a meser Francesco Brusantino fisico contanti per tanti che gli dona Sua Signoria per conto dela dota de madona Lucrezia aretina consorte del prefato meser Francesco Brusantino, £ 700.0.0».

Iseppe Magnani,203 Alfonso Cattanio,204 Antonio Maria Parolino, Cesare Caprilli, Alessandro Panza.205

Era consuetudine per i signori «savi et prudenti» del Rinascimento affidare la propria sanità, oltre che ai conoscitori della scienza medica, anche alla chiaroveggenza di «consumati astronomi» cui spettava il compito di predire gli eventi futuri celati negli «advisi» dei cicli cosmici e delle fonti soprannaturali. Di fatto, la medicina, come l’astronomia, si affrancò solo gradatamente dalla scienza delle stelle: l’immagine dell’uomo come meraviglioso microcosmo e mirabile fabbrica universale continuò a dominare tanto il territorio dell’ars medendi quanto quello della pronosticazione, ancora per buona parte delXVIIsecolo. Oltre a riflettere su di sé la struttura dello spazio celeste, si credeva che i mortali conservassero le impronte delle stelle dell’ottava sfera (i dodici segni dello zodiaco), che si dividono la sovranità del corpo, rispecchiando gli umori e le qualità dei pianeti. In tale prospettiva, la medicina entrava di diritto nell’ambito della dottrina astrologica, grazie alla quale l’interrogazione degli astri guidava verso la verità dei consulti e la certezza nella somministrazione dei rimedi.206

201 Figlio del celebre umanista mantovano Marco Antonio. ASMo, AdP, reg. 434, «Zornale de contanti», c. XCV, 2 settembre 1560: «A spesa de dongelle al magnifico meser Fabio Antimaco fisico scudi centocinquanta d’oro a ragione de soldi 76 marchesani il scudo e questo si è per la mità de scudi 300, quali gli dà la Illustrissima Signora Nostra di dotta a madona Violante Rizzolina già dongella di Sua Signoria Illustrissima e moglie del sudetto magnifico Fabio […], £ 570.0.0».

202 Ivi, reg. 446, «Zornale del Banco», c. CXIV, 19 dicembre 1572: «A spesa de donacion al magnifico Vincenzo da Fermo fisico scudi due d’oro in oro quali Sua Signoria Illustrissima gli dona per esser venuto a visitare Sua Signoria Illustrissima mentre era amallato, £ 7.16.0».

203 Ivi, reg. 447, «Zornale del Banco», c. 69, 14 settembre 1573: «A spesa de donacion al magnifico Hiseppe Magnan

fisico scudi quindeci d’oro in oro, quali gli dona Sua Signoria Illustrissima per aver visitato la Illustrissima Signora Laura di felice memoria mentre che Sua Signoria Illustrissima era amalata et per aver visitato la magnifica Signora Violante, £ 58.10.0».

204 Ibidem, c. LXX, 14 settembre 1573: «A spesa de donacion al magnifico messer Alfonso Cattanio fisico scudi deciotto d’oro in oro, quali gli dona l’illustrissimo Signor Nostro per la visita che esso à fatto alla Illustrissima Signora Laura di felice memoria nella sua malatia et anco per aver visitata la magnifica Signora Violante Signa alquanti giorni, £ 70.4.0».

205 Ivi, reg. 451, «Zornale degli denari», c. 76, 30 maggio 1578: «A spesa de donacione a meser Alfonso Gardo cecchiero scudi trenta d’oro da soldi 78 marchesani l’uno et soldi dieci marchesani che sono per il precio de tre medaglie d’oro con il suo aneletto d’oro per cadauna dove gli sono per ciascuna d’esse l’impronto de Sua Altezza; le quale tre medaglie il sudetto meser Alfonso gli ha fatte et batute di suo oro et fattura et date a Sua Eccellenza, quale ha donate alli tri fisichi, cioè il magnifico meser Antonio Maria Parolino et il magnifico meser Cesare Caprilli, et al magnifico meser Alessandro Panzza, quali a mesi passati ha visitato et medicato Sua Eccellentia per una infirmità ch’è durata molti mesi, £ 117.10.0».

206 E.CASSIRER, Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia, 1974, pp. 167 sgg [trad. it dell’ed. orig. Individuum und Kosmos in der Philosophie det Renaissance, Leipzing, Teubner, 1927].

Risale, infatti, al 1553 uno straordinario documento intitolato la Genitura del Signor don Alfonso, l’unico pronostico estense redatto in volgare prevenutoci in forma manoscritta e mai divenuto oggetto di adeguata trattazione nella sua interezza.207 Rientra chiaramente nella letteratura dell’ars

prognosticandi del XVI secolo, codificata in un genere a stampa caratterizzato da una forte stereotipia sia nella struttura ripetitiva, sia nell’uniformità di moduli linguistici, stilistici, retorici e di topoi letterari.208 Alla parte proemiale, dove in genere l’autore trattava della scienza degli astri in prospettiva teorica a scopo apologetico, avvalendosi del supporto degli antichi sapienti e delle

auctoritates medievali (da Albumasar a Tolomeo, da Aristotele a Guido Bonatti), seguivano le previsioni ad personam ricavate dalla configurazione astronomica contrassegnante la natività del committente. Formata da trentadue carte non numerate, la Genitura modenese è calcolata sul disegno reciproco che pianeti e costellazioni tracciano al momento della nascita di Alfonso (10 marzo 1527), delineando così la trama generale suddivisa in ventuno capitoli nei quali si leggono il carattere, l’aspetto fisico, la fortuna, le malattie, gli avvenimenti di una vita intera, che – secondo l’autore – sarebbe durata non più di «LXVI anno et mezzo».209 Non è questa la sede per azzardare improvvide letture delle esposizioni astrologiche contenute nell’inedito documento; tuttavia vale la pena soffermarsi sulla sua autografia e sui passaggi più analitici, riguardanti, non a caso, il rapporto tra infermità fisiche e genitalità.

Redatto tra il primo agosto e il 27 novembre del 1553, l’oroscopo in questione non contiene al suo interno precisi appigli indiziari sull’identità dello scriptor: la via induttiva consente, però, di

207 La Genitura del Signor don Alfonso, manoscritto in ASMo, CD, ApM, Astronomia e Astrologia, b. 3, fascicolo VIII, cc. n. nn. Non se ne parla né all’interno del catalogo della mostra modenese del 1996 sui manoscritti e incunaboli astrologici conservati nella Biblioteca Estense (Astrologia, arte e cultura in età rinascimentale, a cura di D. Bini, Modena, Il Bulino, 1996), né in M. PECORARO, Lettere di Luca Gaurico ai Gonzaga di Mantova e agli Estensi.

Divinazioni astrologiche e testimonianze autobiografiche, «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», XXXVII, 2004, pp. 119-138; l’unica citazione del manoscritto si trova in G.BIONDI, Minima astrologica. Gli astrologi

e la guida della vita quotidiana, «Schifanoia», II, 1986, pp. 41-48: 42 (dove non si entra nel merito di questioni

intrinseche ed estrinseche del documento).

208 E.CASALI, Le spie del cielo. Oroscopi, lunari e almanacchi nell’Italia moderna, Torino, Einaudi, 2003, p. 39. 209 Le rubriche della predizione seguono questo ordine: I, «Della vita»; II, «Del spirito, dell’anima, de costumi del corpo»; III, «De denari, delle rendite et de famigliari»; IV, «De frategli et de stati loro»; V, «Del padre et della sua

natura, et de costumi»; VI, «Del Stato et della robba»; VII, «De figliuoli, delle consolationi et delle allegrezze»; VIII,

«Delle infermità et de pericoli»; IX, «De servi»; X, «De gli animali minori»; XI, «De gli animali maggiori et de quegli che se cavalcano»; XII, «Del matrimonio et delle mogli»; XIII, «Del culto venereo et dell’amore»; XIV, «Della morte»; XV, «Delle heredità»; XVI, «Della leggie, della fede et della religione»; XVII, «De viaggi»; XVIII, «Della madre»; XIX,

«Delle dignità et de gli honori»; XX, «De gli amici della fede della speranza et della fortuna»; XXI, «De gli odij, delle nimistà e delli nimici nascosi».

avanzare l’autorevole nome di Luca Gaurico (1475-1558), vescovo di Civitate, più volte in rapporto con la corte Ferrara, dove le dottrine magico-astrologiche avevano trovato da oltre un secolo non solo un rifugio, ma anche un importante momento di rielaborazione e di diffusione internazionale.210 Il celebre astrologo salernitano si trovava nella capitale estense già nel 1507 in qualità di «lettore di matematiche» presso lo Studio cittadino;211 nel 1510 risultava stipendiato dal cardinale Ippolito I d’Este, a cui fornì il vaticinio due anni dopo, mentre al giugno del 1529 risaliva quello presentato all’allora principe Ercole II.212 La predizione richiesta dal primogenito di Laura Dianti si colloca a cavallo di un biennio lavorativamente intenso per il Gaurico. A Venezia viene pubblicata nel 1552 l’opera più famosa, il Tractatus astrologicus,213 costituito da una lunga serie di genetliaci di città,214 pontefici, cardinali, sovrani, studiosi, filosofi e poeti, componenti una galleria di ritratti utili a confermare la verità dell’astrologia e la validità dei temi natali personali, mettendo a confronto la morfologia celeste al momento della nascita e le vicende e inclinazioni psicologiche da essa annunciate, con il pressoché inevitabile esito complessivo della vita del personaggio esaminato. Tuttavia l’opera sollevò a carico dell’autore accuse di mistificazione storica, tradottesi poi con la sua espulsione da Venezia, in quanto nell’oroscopo della capitale marciana – in riferimento al riacquisto di Padova da parte dei veneziani, nel 1509 – si asseriva falsamente che il governo della Serenissima avrebbe fatto impiccare come filoimperiali il filosofo Pietro Trapolin e Antonio Capodivacca. Prima di lasciare la città lagunare, nel luglio 1552, il monsignore inviò al duca Ercole II d’Este una breve divinazione su Carlo V, Ferdinando I d’Asburgo ed Enrico II di Francia (fortunatamente conservatasi nel fondo Letterati dell’Archivio di Stato di Modena),215 nella

210 Su tutti, valga l’esempio della cultura astrologica alla base del programma iconologico del ciclo dei Mesi di Schifanoia, per la quale si rimanda a M. BERTOZZI, La tirannia degli astri. Gli affreschi astrologici di Palazzo

Schifanoia, Città di Castello (Pg), Sillabe, 1999.

211 F.BACCHELLI, Gaurico, Luca, in Dizionario Biografico degli Italiani, LII, Roma, 1999, pp. 697-705. 212 vedi M.PECORARO, Lettere di Luca Gaurico, cit., pp. 125, 127.

213 LUCÆ GAURICI GEOPHONENSIS, Tractatus astrologicus. In quo agitur de praeteritis multorum hominum

accidentibus per proprias eorum genituras ad unguem examinatis, Venetiis, apud Curtium Troianum Navò, 1552.

214 Tra i tanti pronostici ad locum, Gaurico fornì nel 1546 la «figura Astrologica» della rifondazione della cinta muraria di Modena, come si legge nel primo capitolo («Tractatus primus civitatum et quorundam oppidorum schemata, et apothelesmata») del Tractatus astrologicus, c. 14: «Restauratio Mutinæ civitatis per Herculem II Ferrariæ Ducem». 215 ASMo, ApM, Letterati, b, 21, fascicolo «Luca Gaurico»; M.PECORARO, Lettere di Luca Gaurico, cit., p. 134.

quale si profetizzavano i famigerati pericoli per la vista del sovrano francese, effettivamente deceduto sette anni dopo a causa di una ferita all’occhio ricevuta in torneo.

Partito da Venezia, Gaurico si rifugiò dapprima a Bologna, da dove nel settembre 1554 carteggiò nuovamente col duca Ercole, avvisandolo del suo prossimo passaggio per Ferrara;216 l’ultimo suo rapporto con il centro estense risale al novembre del 1555, quando gli fu compensata con trenta scudi d’oro la «natività» fornita al vescovo Luigi d’Este.217

Anche se la trattatistica dell’epoca avvertiva che nel curriculum studii dei capitani d’armi sarebbe dovuta rientrare pure la conoscenza dell’astrologia e dell’astronomia – «al fine di saper guidare con prudenza i loro eserciti» –,218 appare per lo più legittimo pensare che in quello stretto torno d’anni il nostro don Alfonso avesse interpellato l’ormai anziano pronosticatore campano in relazione alla sua delicata posizione di «omo sanza prole».219 Il capitolo ottavo della Genitura, riguardante le «infermità et pericoli», è crudamente schietto:

Le infermità et le sciagure pigliamo dalla Sesta, da Saturno suo signore, dalla parte Azzemna, da Giove infortunato, da Venere combusta, et dalla mescolanza de pianeti, con esso gli aspetti l’uno verso l’altro. Però dico che facciono noccimento nell’orecchia destra, nel splene nella vescica, nelle cartilagini, facciono patire nel petto, nel stomaco, di polmone, in capo al membro e testicoli, di scabia, d’allopatia, ne lumbi nelle reni, et circa il pettenecchio di discenteria et di mal di corpo, minacciono di fistola tra testicoli et l’anno. Facciono patire in un braccio, in un ginocchio, in un piè o mano, danno un carbone o codicella o ango in una cuoscia. Dalli 15 infino alli 22 anni facciono patire infermità nelle virili parti, con pericolo d’un thesticulo o al meno di patirvi di ferro o di fuoco, danno infermità per troppa callidità et siccità; et per rescadagione facciono di orina et di gomorea, patire, per la cui cagione et anche per cagione di medicine s’infrigidano o vero disseccano sì le interriori parti che s’indeboliscono le membra virili, che si rimane impedito il coito et di seme.

Invero il carico di presunte disgrazie adombrate nell’articolata diagnosi si stemperava con quanto vaticinato nella precedente sezione «De figliuoli»:

216 M.PECORARO, Lettere di Luca Gaurico, cit., p. 136.

217 ASMo, CdC, MS, b. 44, mandato n. n. sottoscritto da Baron Guidoni in data 12 novembre 1555: «Molti Magnifici

Factori Ducali Generali. Piaccia alle Magnificentie Vostre di fare pagare all’Illustrissimo Signor Don Luigi Estense scudi 30 d’oro in oro e per Sua Signoria Illustrissima a Monsignor Luca Gaurico che li donò quello per averli mandato la natività di Sua Signoria Illustrissima». L’informazione risulta inedita.

218 Inoltre, «affinché fossero in grado al momento opportuno di svolgere la funzione di mediatori culturali, spiegando ai soldati i fenomeni naturali, come i prodigi celesti, che riuscivano loro incomprensibili, evitando la diffusione della paura e le occasioni di disordini sul campo»: E.CASALI, Le spie del cielo, cit., p. 178.

219 Anche l’acclarata impotentia generandi del futuro duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, passò al vaglio delle meditazioni divinatorie di un altro grande astrologo, il francese Michel de Nostredame (1503-1566), il quale gli assicurò una figliolanza solo dal terzo matrimonio e ad oltre cinquant’anni d’età: L. CHIAPPINI,Gli Estensi, cit., p. 322.

Per essere il Sagittario nel segno della quinta, col capo del dragone et Marte et per essere il suo Signore infortunato di tre infortuni et il segno dell’ottava obsesso et ivi Venere combusta et Mercurio in suo caso, guardati da Giove et da Marte di tetragono prohibiscono et facciono che per cagione d’alcuna infermità patite nelle nascose parti, et per cagione di troppa calidità, siccità et interna adustione, precedutte da medicine et potioni tolte et bevute, poche considerate che avrannovi per ignoranza de furfanti medici dessiccate, infiamate et distrutte sì le interiori, come le genitali parti, che inanzi alli trentadue anni non serà possibile poter ingenerare figliuoli a mello modo: ma passati li trenta due anni, per ciò inumate tali parti et remosse le prefatte cause, potrete figliuoli generare, et ne avrete.

E così fu, verosimilmente grazie alle farmacoterapie del Brasavola senior, che – fatto poco noto – nel 1543 dedicò all’adolescente «illustrem Alphonsum Estensem» un trattato sulle tipologie di pillole curative utilizzate in campo medico:220 dopo il primogenito prematuramente spirato nel 1559, vennero alla luce Alfonsino (11 novembre 1560), Eleonora (dicembre 1561) e Cesare (1 ottobre 1562), primo duca di Modena e Reggio dopo la devoluzione del 1598. Altri ne sarebbero nati, se non fosse che il 4 aprile 1563 la principessa Giulia morì, a soli trentadue anni.221

Oltre all’agognata figliatura, secondo la previsione gauricana con il valico del trentaduesimo anno di vita (quindi dal 1559) sarebbe sopraggiunta anche una felice stagione di viaggi «per cagione di militia di guerre et di battaglie», apportatori di «honore, fama et nome grande»: quali e quante furono le imprese guerresche che portarono il nostro Estense a varcare più volte l’arco delle Alpi?