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II. 11 «Bastardo», ma diplomaticamente indispensabile: le missioni in terra francese

II. 14 Escursioni nelle terre di Fiandra (1566-1568)

Solimano fiero Imperatore de’ Turchi si preparava d’assaltar l’Ungheria con un formidabile esercito, il perché l’Imperatore fu costretto à chiedere aiuto a tutti li Principi Christiani, onde il Duca [Alfonso II] si preparò per andar’in aiuto non solo del suocero, ma anco della difesa della fede di Christo.288

Nel 1566 Alfonso II d’Este volle partecipare alla campagna dell’imperatore Massimiliano, suo cognato, contro i turchi che, dall’Ungheria avevano iniziato a muoversi verso Vienna.289

286 ASMo, AdP, reg. 517, «Registro de Camara del Illustrissimo Signor don Alfonso de Este, G, 1564-1580», c. 23 (12 settembre 1568).

287 ASMo, CeS, b. 159, fascicolo «Lettere al nipote Alfonso duca», da Parigi, 19 e 28 aprile; Ivi, b. 160, fascicolo «Lettere al nipote don Luigi», n. 1723-V/9, da Parigi, 6 maggio.

Inutilmente tentò di dissuaderlo la moglie Barbara, una Asburgo che conosceva da vicino gli ottomani e ricordava l’uccisione dello zio, re Luigi d’Ungheria, nella disastrosa battaglia di Mohács (1526). L’ambizione personale fu la molla. Le rinnovate pressioni sul Danubio, accentuatesi all’improvviso, sembrarono offrire al signore di Ferrara l’occasione per ottenere il titolo della corona elettiva di Polonia.290 In lui si saldavano due illustri tradizioni genealogiche: quella paterna degli Este e la materna dei re di Francia. Il nonno di Alfonso su questo lato, Luigi XII, aveva attaccato nel 1501 Mitilene, allora possesso turco, rispondendo all’appello giubilare lanciato da papa Alessandro VI. Il rivale del duca estense, Cosimo de’ Medici, offriva denari e fanti: Alfonso doveva superarlo. Equipaggiò un contingente che comprendeva trecento gentiluomini a cavallo con altrettanti paggi, oltre seicento archibugieri e altri cavalieri e fanti per un totale di quattromila uomini. Almeno sul piano estetico, il corpo di spedizione era magnifico per le divise di seta, velluto, broccato, per i ricami d’oro e d’argento e i pennacchi, per il ricorrere delle tonalità del giallo e dell’azzurro, i colori personali del duca, che primeggiava su tutti grazie anche alle sue armi completamente dorate: poco meno ornati erano i suoi comandanti, il conte Alfonso Contrari e il marchese Cornelio Bentivoglio, esponenti dell’antica nobiltà cittadina. Tutti si chiedevano quanto potesse essere costato al sovrano ferrarese allestire una schiera di armigeri così sfarzosamente equipaggiati, che a detta di ognuno «in quel campo né era la più fiorita, né la più bella, né la più ornata gente della sua».291

Lasciato il governo della città alla moglie Barbara e al cardinale Ippolito, il duca partì il 13 agosto e raggiunse Vienna in quindici giorni. Il 3 settembre la milizia estense sfilò sotto le mura della città austriaca, suscitando l’ammirazione dell’imperatrice Maria di Spagna: apparizioni puramente estetiche, vanagloriose e teatralizzanti, queste dei prìncipi nostrani, destinate a confermare negli oltremontani sentimenti di meraviglia e disprezzo per l’Italia.292 Si diresse poi in Ungheria, al

289 G.RICCI, Il mito del principe crociato nella Ferrara del Rinascimento, «Schifanoia», XXII/XXIII, 2002, pp. 65-69. 290 L. CHIAPPINI, Alfonso II d’Este aspirante Re di Polonia, in Il papato e le civiltà storiche del delta Ferrara,

Comacchio, Pomposa, Ferrara, Corbo, pp. 86-91.

291 A.LAZZARI, I “ricordi di governo” di Alfonso II d’Este duca di Ferrara, «Archivio Storico Italiano», LXXVIII (1920), pp. 111-123.

campo imperiale presso il fiume Raab. Ma un improvviso colpo di scena vanificò ogni progetto, perché la morte di Solimano il Magnifico (6 settembre) indusse Massimiliano a concludere un favorevole armistizio. Deposti gli spiriti di crociata, il 18 dicembre Alfonso rientrò nella sua capitale padana, senza gloria e con un corpo armato falcidiato dalle malattie: dovrà accontentarsi unicamente della magnificazione letteraria simulata dal Tasso, qualche anno dopo, tra le righe della

Gerusalemme liberata (I, 5, 7), dove l’invitto Estense compare come «emulo di Goffredo».293 I costi della spedizione, invece, furono tangibili e gravarono sull’intera società ferrarese, anche sulle finanze degli aristocratici, costretti, in questo come in altri momenti, a spese d’apparenza che finirono per ridurre molti in stato di segreta povertà.294

Decisamente scarsa la risonanza storiografica della partecipazione del marchese di Montecchio «al campo di Sua Maestà Cesarea»,295 accanto al nipote duca e agli altri esponenti dell’alta nobiltà europea raccoltisi attorno alla figura di Massimiliano, suo coetaneo e mentore sin dai tempi dell’impresa di Mühlberg, e ora divenuto nientemeno che imperator:296 vent’anni dopo, a quella adunata di principi difensori della Chiesa, corazzati con rilucenti usberghi finemente niellati, non poteva mancare il nostro protagonista, che – tra idealità eroica e supreme istanze confessionali – portava a compimento la parabola del «perfetto Capitano» antiturco e antiluterano, definito da Marcello Fantoni come «ideal-tipo trans-nazionale del firmamento controriformista» del Siglo de

oro.297 Dai riscontri documentari si evince con certezza che la spedizione fu pianificata per tempo, almeno dal mese di luglio, quando la contabilità privata del marchese cominciò a registrare voci di spese per «la andatta che fa Sua Signoria Illustrissima in Ongaria», quasi tutte attinenti alla

293 E.KANDUTH, Tasso e la corte imperiale, in Torquato Tasso e la cultura estense, II, a cura di G. Venturi, Firenze, Olschki, 1999, pp. 625-637: 626.

294 G.RICCI, Povertà, vergogna, superbia. I declassati fra Medioevo e Età moderna, Bologna, 1996, pp. 95-95.

295 Quasi stenografico il riferimento in L. BERTONI, Este, Alfonso d’, in Dizionario Biografico degli Italiani, XLIII, Roma, 1993, p. 313; anche Leonardo Salviati, nella sua Orazione, non va oltre il semplice accenno: «con la medesima virtù e grandezza d’animo seguì in Ungheria il nostro presente Duca».

296 «Gionse in questo tempo l’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor il Signor Don Alfonso da Este, che fu alli 18, qual era zio del Serenissimo Signor Duca Alfonso, con bona comitiva de cavaglieri e gentiluomini, e capitani molto onorati, che fu non solo da Sua Maestà molto volentieri veduto ma da tutti li prencipi e Signori principali del esercito ancora»: ASMo, CeS, b. 332, sottofascicolo 1969.VIII/2, «Ruolo dell’ordini che tenne il Serenissimo Signor Duca Alfonso di Ferrara nel marciare con la sua cavalleria da Vienna al campo di Sua Maestà Cesarea in Ungheria», 1566, c. 33. 297 M.FANTONI, Il «perfetto capitano», cit., pp. 27, 41.

fornitura di stoviglie e argenterie da campo, masserizie e suppellettili facilmente trasportabili, per decorare le quali furono scomodati anche pittori e orefici domestici.298

Il repentino epilogo della missione antiturca comportò lo scioglimento di tutte le schiere armate confluite in terra magiara, e il conseguente rimpatrio – assieme al resto della compagine estense – impedì ad Alfonso di virare verso nord-ovest in direzione di quelle Fiandre che tanto suscitarono i suoi interessi odeporici: in realtà, trattavasi solo di un rinvio perché di lì a sedici mesi l’agognato viaggio fu effettivamente intrapreso, precisamente nell’aprile del 1568, quando con una lettera spedita da Parigi egli avvisa il nipote duca che il suo rientro a Ferrara non sarebbe stato immediato, avendo «in pensiero di pigliare il camino per Fiandra su le poste solo per vedere quei paesi».299 Non si può trascurare il particolare tempismo della decisione, presa in uno dei frangenti più tormentati della storia di quella regione.

Come visto, al momento della sua abdicazione, Carlo V assegnò al figlio Filippo II anche il dominio dei Paesi Bassi, geograficamente e sociologicamente molto distanti dalla Spagna, dove il rampollo asburgico nacque e crebbe. Quel territorio era un aggregato informe di diciassette province, indipendenti le une dalle altre e unite solo da un’assemblea di Stati generali, cui ciascuna di esse inviava i propri rappresentanti.300 Anche nei Paesi Bassi, soprattutto in quelli settentrionali, si erano diffuse le dottrine riformate, luterane o anabattiste, dapprima negli ambienti urbani

298 Tra gli esborsi rintracciati in ASMo, AdP, reg. 440, «Zornale del Banco de Intrada et de Ussita cavatto del vachettone del Magnifico Andrea delli Salvestri thesauriero dello Illustrissimo mio Patrone l’anno 1566», si segnalano: «Al magnifico Signor Girolamo Guarini gentiluomo veneciano scudi ventisette e meggio d’oro in oro per far fare uno pavaglione in Venecia e altre robbe per l’andata che fa Sua Signoria Illustrissima alla guerra d’Ongaria e per il detto signor Girolamo a maistro Giovan Maria dalli cocchi a conto de uno cochio che gli à fatto per il detto Signor Girolamo, il qual cochio se gli è mandato alle Papozzole, £ 107.5.0», c. LXXXII, 9 luglio; «A meser Giulio Bianchino pittor lire

sette marchesane per pagargli a più persone per lor opere date per far quatro forcieri con lettiera da campo per bisogno della andata che fa Sua Signoria Illustrissima in Ongaria alla guerra, £ 7.0.0», c. LXXXVI, 27 luglio; «A spesa della andatta d’Ongaria a meser Andrea guardarobbiero lire decenove, soldi cinque marchesani per altri tanti che egli à pagatti a meser Agustino Castelarino speciallo che sono per il precio de cira libre trentaotto e meggia che egli à posto a incirare otto telli de lenzollo, cioè n. 4 sutille e n. 4 grossi a ragione d esoldi 10 marchesani la libra, la qual tela è de quella de guardaroba e per bisogno de metere a torno alle casse delli penacchi da guerra e altre per bigogno della andata che fa il predeto Signor in Ongaria, £ 19.5.0», c. XCI, 3 agosto; «A spesa della guardarobba a meser Bartolomeo Nigrisolli aurefice lire trentanove, soldi dodeci marchesani per pagarli a meser Nicolla Franchino aurifice per il precio d’argento fino cupela libre una, che il detto Franchino à dato al detto meser Bartolomeo per finire due fiaschi per bisogno dello Illustrissimo Signor per l’andata che fa Sua Signoria in Ongaria, £ 39.12.0. A meser Giulio de Bianchino pittore lire otto, soldi otto marchesani per pagargli a più persone per lor opere datte per far due casse grande da panachi e otto cassette per portare persutti e salami per bisogno della andatta che fa Sua Signoria Illustrissima in Ongaria, £ 8.8.0», c. XCII, 7 agosto.

299 ASMo, CeS, b. 159, lettere di don Alfonso al nipote Alfonso, duca di Ferrara: Parigi, 28 aprile 1568. 300 R.AGO,V.VIDOTTO, Storia moderna, cit., pp. 88-89.

popolari degli artigiani e dei marinai, e successivamente finanche tra le fila dei patriziati e della grande nobiltà: per contro, l’attività dell’Inquisizione ispanica suscitava l’opposizione delle élites locali, perché violava il tradizionale privilegio degli abitanti di essere giudicati solo all’interno del proprio paese e da propri magistrati. In questa situazione già tesa, fu proprio il sovrano iberico ad incoraggiare il costituirsi di un’opposizione organizzata. Note furono le sue direttive espresse sin dall’estate del 1566:

Piuttosto che permettere il più piccolo sviamento in materia di religione o su ciò che riguarda il servizio di Dio, preferisco perdere tutti i miei domini e cento vite, se le avessi, perché non voglio, a nessun prezzo, regnare su altri eretici.301

Non solo egli volle che si accrescesse il rigore della lotta antiprotestante ma, in seguito ai torbidi ch’erano scoppiati nel 1566, dispose di sostituire la reggente Margherita, sua sorellastra, con il duca d’Alba, un illustre generale deciso a stroncare con la violenza ogni movimento di resistenza al regime. La repressione del 1567-1568 fu condotta con tale spietata e ottusa brutalità che ebbe l’effetto di rafforzare l’alleanza antiasburgica fra calvinisti ed ex cattolici, quest’ultimi rappresentati dal nobile Guglielmo di Nassau, principe d’Orange.302 Le vicende della ribellione e poi della guerra ebbero conseguenze decisive sulla storia ventura della Neerlandia, ormai fratturata in due distinte entità protostatuali: da una parte, una repubblica protestante settentrionale, indipendente e aggregata ai ricchi principati dell’Olanda, e dall’altra i Paesi Bassi meridionali e cattolici, rimasti all’ombra dell’egida spagnola. È noto che anche le testimonianze della civiltà artistica non scamparono alle conseguenze più nefaste delle rivolte, specie quelle fomentate dalle frange protestanti più radicali, come gli iconoclasti, che consideravano superstizioso il culto delle immagini e presero quindi a distruggere quadri, statue e dipinti nelle chiese di Anversa, Bruges, Middleburg, Gand, Amsterdam e L’Aia.303

301 S.GUARRACINO, L’età medievale e moderna, cit., p. 533. 302 R.AGO,V.VIDOTTO, Storia moderna, cit., p. 90.

303 Sull’iconoclastia nei Paesi Bassi, D. FREEDBERG, Iconoclast and their Motives, Schwartz, Maarsen, 1985; PH. SÉNÉCHAL, Gli antichi Paesi Bassi, in L’arte in Europa, 1500-1570, a cura di M. Collareta, Torino, Utet, 1988, pp. 173-222.

Questo breve excursus storico serve a contestualizzare le motivazioni che spinsero don Alfonso d’Este ad imboccare la strada per quelle lande sconvolte dalla guerra civile: temerariamente, diremmo, considerando che non si mosse come uomo d’arme pronto a prestare soccorso a qualche principe cattolico, ma come semplice voyageur intenzionato a conoscere e appurare de visu le peculiarità di una delle regioni più progredite e floride d’Europa, vantante moderne forme di agricoltura, una forte urbanizzazione ed elevati livelli di vita materiale, così ben esposti, e illustrati, dal fiorentino Ludovico Guicciardini nella Descrittione di tutti i Paesi Bassi, altrimenti detti

Germania inferiore (uno dei primi saggi di letteratura corografica dell’Europa rinascimentale), editata ad Anversa nel 1567 dallo stampatore regio Silvio Guglielmo e subito acquistata per conto dell’Estense nel giugno del medesimo anno, assieme ad un piccolo quadro proveniente dal «Panto delle dipinture», il mercato di oggetti artistici nei pressi della Borsa della città belga.304 Le perlustrazioni condotte nelle aree mercatali e nelle fiere dell’antica Antwerpen o i contatti avuti con l’umanista e pittore Dominique Lampson,305 uno dei massimi esperti di arti figurative fiamminghe,306 restituiscono le forti valenze culturali del pleasure trip del marchese di Montecchio, i cui interessi per le tematiche di natura architettonica, scientifica e ingegneristica lo condussero a visitare anche le strutture fortificatorie di alcune realtà urbane (in primis, sempre Anversa) e gli originali sistemi di risanamento idrogeologico che si stavano attuando nei Paesi Bassi, straordinariamente contestuali alla colossale bonificazione del Polesine orientale di Ferrara; nel prossimo capitolo vedremo come la presenza di numerose maestranze fiamminghe nelle

304 ASMo, AdP, reg. 441, «Zornale del Banco de Intrada e de Ussita de denari contanti cavatto del vachettone del Magnifico Andrea delli Silvestri banchiero e thesauriero dello Illustrissimo mio Patrone l’anno 1567», c. LXIV, 3

giugno: «A spesa straordinaria a meser Giovanni fiorentine (sic) mercante in Anversa scudi cinque e meggio d’oro in oror per il precio de uno quadretto de Nostra Donna con gli frisi d’oro posto in tavola et per il precio de uno libro de descrizione de’ paesi delle città de Fiandra, colorati et depinto il quale libro et quadreto lui ha datto a Sua Signoria Illustrissima propria, come appar mandato £ 21.9.0».

305 Nelle filze modenesi è stata rintracciata una carta sciolta recante l’accenno alla risposta che «meser Domenico Lampsone» avrebbe fornito a don Alfonso nell’arco di una settimana: purtroppo il pessimo stato di conservazione del supporto cartaceo, svigorito dal dilavamento di un’infiltrazione piovana, non consente di conoscere i dati intrinseci del documento, quali il nome dello scriptor e del destinatario, la data di redazione e il luogo di spedizione (ASMo, AdP, filza 579-B, mandato n. 234).

306 Tanto che al suo esempio e ai suoi scritti Van Mander avrebbe guardato con devota attenzione; Dominique Lampson (Bruges 1532-Liegi 1599), proprio nel 1567 scrisse una lettera a Tiziano, nella quale riferiva con immensa costernazione delle irrequietudini religiose e politiche che stavano scuotendo la sua terra, o meglio dei tanti «presenti terribilissimi garbugli, ne’ quali questi settarii sediziosi, guastatori di ogni arte et gentilezza, hanno messo et tuttavia di più mettono questi poveri paesi, per i quali io mi trovo involto in mille molestissimi intrichi» (datata Liegi, 13 marzo 1567: in Da Van Eyck a Brueghel: scritti sulle arti di Domenico Lampsonio, Torino, Utet, 2001, pp. 117-120).

commissioni ferraresi del settimo e ottavo decennio rappresenti una chiara testimonianza del mecenatismo sincretistico del cadetto, senza dubbio maturato grazie ai numerosi stimoli assimilati frequentando le singolari wunderkammern delle corti alemanne durante le peregrinazioni d’oltreconfine: sappiamo, per di più, che don Alfonso visitò nel 1564 Innsbruck ed Ambras (sedi residenziali della corte arciducale di Ferdinando del Tirolo), e, nel 1570, Praga, capitale dell’asburgica Boemia.