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I mandati di pagamento rintracciati negli ordinati registri contabili dei due fratelli sono molto eloquenti circa la ricomposizione degli stimoli educativi e morali cui furono soggetti.

Significativo è il rimborso di denari annotato in data 11 maggio 1542 a favore di Pellegrino Morato per aver acquistato «uno libro de la instituzione de tutta la vita de l’omo nato nobile in cità libera»,117 trattato pedagogico in lingua volgare scritto in dieci libri nel 1540 (ma stampato due anni dopo) dal senese Alessandro Piccolomini,118 famoso traduttore di Virgilio, Senofonte, Ovidio e Aristotele, nonché autore di commedie e sonetti di ispirazione petrarchesca: pressoché contemporaneo al Principe fanciullo di Valentini, l’opera del Piccolomini è dedicata a Laudomia Forteguerri, madre del «nobilissimo fanciullino» Alessandro Colombini, perché potesse educare il figlio all’attiva partecipazione della vita civile attraverso un modello formativo ispirato a elevati princìpi etici ed esemplato sugli autori classici (su tutti, Aristotele con la sua Etica Nicomachea) e umanistici, spesso citati tra gli acquisti librari degli «Alfonsini».119

116 ASMo, AdP, reg. 481, «Zornale de Intrada et Usita delo Illustrissimo Signor don Alfonso Estense, 1552. Magnifico Andrea Mazzarelli thesauriero», c. XVII, 20 ottobre: «Dal magnifico Antonio Musa Brasavola fisico scudi quattro miglia d’oro in oro contanti per conto delle due possessioni da Confortino vendutegli per scudi 5000 d’oro, come ne appare in stromento rogato per meser Nicola da Savana e meser Aurelio Roito notari, £ 14600.0.0»; Ivi, c. XIX, 21

novembre: «Dal magnifico Antonio Musa Brasavola fisico scudi cinquecento d’oro in oro per conto delle due possessione da Confortino che lui à comperate dall’Illustrissimo Signore e per lui contanti dal spectabile meser Jacomo Boiardo banchiero, £ 1825.0.0».

117 ASMo, AdP, reg. 375, «Zornale de Intrada e Usita delo Illustrissimo Signore don Alfonsino Estense», 1542, c. 41: «Alo Illustrissimo Signore don Alfonsino da Este lire due de marchesani per Sua Signoria a meser Peregrino de Morati prezetore de Sua Signoria contanti per altri tanti che lui à spixi in uno libro de la instituzione de tutta la vita de l’omo nato nobile in cità libera, £ 2.0.0».

118 A.PICCOLOMINI, De la institutione di tutta la vita de l’homo nato nobile et in città libera; dove peripateticamente e

platonicamente, intorno a le cose de l’Ethica, Iconomica, e parte de l Politica, è raccolta la somma di quanto principalmente può concorrere a la perfetta e felice vita di quello, Venezia, per Girolamo Scotto, 1542. Sull’importanza letteraria del trattato, si rimanda al saggio di B.CESTELLI GUIDI, Educare a essere «anticamente

moderno». L’Instituzione del nobile secondo Alessandro Piccolomini, in Educare il corpo, educare la parola nella

trattatistica del Rinascimento, a cura di G. Patrizi e A. Quondam, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 165-180. 119 Vedi infra, nota 126.

L’alto magistero della lingua greca è testimoniato dall’ingresso a corte nel luglio del ’40 di «un libro greco chiamato Lascori»,120 probabilmente una riproduzione della grammatica Erotémata, il primo manuale interamente in lingua e caratteri greci stampato in Europa, scritto nel 1476 da Costantino Lascaris e stampato nello stesso anno a Milano da Dionisio Paravisino; con le numerose edizioni succedutesi tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, l’opera ebbe una fortunata diffusione europea tanto da comparire nell’Utopia di Thomas More, dove è elencata insieme con i grandi classici che Raffaele Itlodeo porta agli abitanti di Utopia affinché apprendessero l’idioma greco.121

Il fatto che Alfonso e Alfonsino dissertassero su questioni religiose col tramite delle traduzioni vernacolari dei testi biblici,122 addimostra quanto fosse forte la presa del modello culturale in auge nella maison di Renata sulla nascente corte di Laura. In gran parte responsabile della presenza di edizioni bibliche in latino e in volgare fu, in quegli anni, l’umanista fiorentino Antonio Brucioli (1487-1566), fuoriuscito a Venezia fin dal 1529 e assai sensibile alle idee protestanti d’Oltralpe. Nell’ottobre del 1540 usciva, presso Bartolomeo Zanetti, l’edizione in folio del commento all’Antico Testamento in tre volumi, il primo dei quali indirizzato proprio a Renata di Francia, così come nel 1541 dedicò ad Anna d’Este una ristampa del Nuovo Testamento in due tomi, già pubblicati nel 1539: con gli omaggi rivolti a prìncipi e nobili di Stati italiani ed europei, l’esule fiorentino, nel frattempo divenuto editore e tipografo nella capitale marciana, cercava anzitutto

120 ASMo, AdP, reg. 392, «Conto Generale per el Signor don Alfonsin, 1538-1541», c. LXXXVII, 12 luglio 1540: «Spesa straordinaria. Illustrissimo Signor don Alfonsino Estense per conto dela sopradetta spesa debbe dare per una sua ragione levata de questo a c. 15, e adì 12 luglio [1540] lire una, soldi sedese marchesane per Sua Signoria a maistro Zoan Maria dala Sfera libraro contanti per l’amontare de uno libro greco chiamato Lascori, che lui ha dato per bisogno de Sua Signoria, come al Zornale de Usita a c. 53, £ 1.16.0».

121 Vedi voce Lascaris, Costantino, diM.CERESA, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXIII, Roma, 2004, pp. 781- 784.

122 ASMo, AdP, reg. 392, «Conto Generale per el Signor don Alfonsin, 1538-1541», c. CXX, 4 febbraio 1541: «Spesa

de libri per studiare. Illustrissimo Signor don Alfonsino Estense per conto dela supradetta spesa debbe dare adì 4 febbraio [1541] lire una, soldi quindeci de marchesani per Sua Signoria a maistro Giovan Maria Carafa libraro contanti per lo amontare de uno testamento novo volgare aligato in dui volumi in curame negro adorà per Sua Signoria, come al Zornale C ad usita a c. 42, £ 1.15.0»: trattasi, forse, de Il Nuovo Testamento di Christo Giesu Signore et Salvatore

nostro. Di Greco tradotto in lingua Toscana, Per Antonio Brucioli, per Bartholomeo Zanetti da Bressa, in Venetia, 1540, ristampato ancora nel 1541 in 8° da Bernardino Bindoni (cfr. E.BARBIERI, Le bibbie italiane del Quattrocento e

del Cinquecento: storia e bibliografia ragionata delle edizioni in lingua italiana dal 1471 al 1600, Milano, Bibliografica, 1992, p. 274-276).

protezione autorevole all’opera di divulgazione biblica, sulla quale si abbatterono dal 1545 le prime condanne dell’autorità ecclesiastica.123

Per meglio definire il modello ideale di regnante e individuare una deontologia etica e politica appropriata ad esso, l’institutio principis cinquecentesca prevedeva una preparazione arricchita con testi letterari, filosofici e storici che ampliassero lo scibile dell’educando e, nel contempo, il suo universo morale. Gli autori consigliati erano, come di consueto, Omero, Virgilio, Quintilliano, «perciò che empiono l’animo di spiriti grandi, di virtù heroiche et cavalleresche»,124 affiancati da storici e moralisti, soprattutto Plutarco e Cicerone, le cui opere – come osserva Paolo Orvieto – apparivano utili ai fini politico-ideologici per apprendere l’arte della prudenza e ricavare massime di saggezza, per la loro miscela «di areté e di paideia, ritenuta essenziale nella formazione del principe»:125 proprio il 16 gennaio 1546 compare una voce di spesa riguardante l’acquisto di un esemplare delle Vite parallele di Plutarco, occorrente agli studi di Alfonsino.126

Completava il programma didattico la comprensione di autori «classici» della letteratura, opportunamente selezionati, specie Dante, Petrarca,127 Boccaccio, con una scelta della parti più moraleggianti e non scabrose, e Ludovico Ariosto, in quanto fonte di «tutti i poetici et cavallereschi lumi» e di «domestici essempi di virtù».128 Ricordare la presenza del vate reggiano in una corte, quale fu quella di don Alfonso, connotata da gusti fortemente mitolatrici e dominata da un epos cavalleresco così pregnante da contaminare consuetudini sociali, comportamentali e culturali della

123 Mentre il primo divieto di tutte le traduzioni bibliche in volgare, per quanto riguarda l’Italia, fu formulato solo col primo indice romano del 1559: G.FRAGNITO, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della

Scrittura (1471-1605), Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 37-38. 124 F.VALENTINI, Il principe fanciullo, cit. p. 272.

125 P.ORVIETO, Biografia e aneddotica storica nei trattati umanistici «De institutione principis» (e nel «Principe» di

Machiavelli), in La storiografia umanistica, Atti del convegno internazionale (Messina, ottobre 1987), I, Messina, Sicania, 1992, p. 173.

126 ASMo, AdP, reg. 473, «Zornale de intrà e usita [di don Alfonsino]», c. XLVI, 16 gennaio 1546: «Allo illustrissimo Signor don Alfonsino da Este a spesa de libri lire tre de marchesani per Sua Signoria ali eredi de condam maistro Roso libraro per il precio de uno pezo de libro dito le vitte de Plutarcho che lui ha dato per bisogno di Sua Signoria per studiare, £ 3.0.0».

127 ASMo, AdP, reg. 375, «Zornale de Intrada e Usita delo Illustrissimo Signore don Alfonsino Estense», c. 37, 31 gennaio 1542: «Alo Illustrissimo Signore don Alfonsino da Este lire doe, soldi dodexe contanti per Sua Signoria a maistro Zoan Maria Carafa libraro contanti per lo amontare de uno Testamento Novo volgare e uno Petrarca che lui à dato per Sua Signoria, £ 2.12.0»; Ivi, reg. 392, «Conto Generale per el Signor don Alfonsin, 1538-1541», c. CXX, 14 febbraio 1541: «Spesa de libri per studiare. E adì 14 febbraio lire una, soldi quindeci de marchesani per Sua Signoria a maistro Giovan Maria Carafa libraro contanti per lo amontare de uno Petrarca che lui ha dato a Sua Signoria, come al Zornale C ad usita a c. 43, £ 1.15.0».

stessa corte, implica estendere i campi argomentativi alle modalità di diffusione e ricezione delle edizioni illustrate del Furioso, sia in ambito letterario, sia – pensando a Gennaro Savarese – in confronto alla contemporanea produzione artistica, utile a rivelarne le connessioni e le riprese non tanto e non solo partendo dalla «poesia muta», ma vedendo nella poesia un interesse preciso ad agire come «pittura parlante»;129 torneremo nel prossimo capitolo sul parallelo, mutuato dall’oraziano ut pictura poësis, tra Ariosto e Dosso, non senza aver citato con adeguata sottolineatura l’inedita notizia dell’acquisizione da parte di Alfonsino d’Este di un Orlando furioso «ala spagnola»,130 in data 18 aprile 1544, poi donato a Francesco d’Ercole, ufficiale di casa del fratello maggiore Alfonso: la segnalazione aggiorna le ricerche di Giuseppe Agnelli e di Giuseppe Ravegnani, secondo cui la prima traduzione in lingua iberica del poema ariostesco apparve per la prima volta nel 1549.131

Pur essendo priva della solida educazione e del carisma della cognata Isabella d’Este Gonzaga, e della capacità di direzione spirituale e politica di Renata, Laura Dianti si mosse affinché nel piano di istruzione dei propri fanciulli venissero incluse anche le discipline reales, oltre a quelle

sermocinales dal carattere più teoretico e argomentativo. Poco più che bambini, furono ammaestrati all’arte della danza,132 considerata già nel primo libro dell’Etica Nicomachea come pratica estetica dal «valore civilizzante»,133 in quanto finalizzata alla cultura dell’autocontrollo e alla disciplina dei linguaggi espressivi del corpo, denotante identità e rappresentazione sociale: non a caso Giovanni Battista Giraldi faceva rientrare la danza «tra gli esercizi del corpo», di grande

129 G.SAVARESE, Il Furioso e la cultura del Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1984, pp. 53-70.

130 ASMo, AdP, reg. 377, «Intrada e Usita del Illustre Signore don Alfonsino Estense», c. 55, 18 aprile 1544: «Alo Illustrissimo Signore don Alfonsino da Este a spexa de donazion lire una, soldi quindeci de marchesani per Sua Signoria a maistro Antonio Maria libraro contanti per uno Orlando Furioso ala spagnola che lui à dato a Sua Signoria el quale Sua Signoria là mandato a donare a Francesco Darcule, £ 1.15.0».

131 G.AGNELLI,G.RAVEGNANI, Annali delle edizioni ariostee, II, Bologna, Zanichelli, 1933, p. 331.

132 ASMo, AdP, reg. 455, «Memoriale dell’Illustrissimo Signor don Alfonso da Este, 1536-1537», c. 30, agosto 1536: «Illustri Signori don Alfonso e fratelo da Este debbe dare adì sopradetto lire una, soldi quindece marchesane per Sue Signorie se fano boni alla Ducal Camera per altri tanti che essa li à fatto pagare a maistro Vincenzo da Regio che sona a Sue Signorie per imparare a ballare come per mandato delli magnifici fattori, £ 1.15.0».

133 A.PONTREMOLI, Danza e Rinascimento. Cultura coreica e «buone maniere» nella società di corte del XV secolo, Macerata, Ephemeria Editrice, 2011, p. 27.

utilità poiché educa a «tener ferme le membra e pronto ed accorto il Giovane al menar le mani» e quindi equilibrare la propria compostezza fisica dinanzi all’osservatore.134

A complemento della cultura coreutica si inseriva la formazione musicale, tra i saperi indispensabili a qualificare la levatura di principi e principesse tra tardo Medioevo e Rinascimento,135 sulla scorta dei dettami per «l’uomo virtuoso» contemplati nella Politica di Aristotele, secondo cui l’educazione alla musica concorreva principalmente a sviluppare un buon carattere (ethos), a purificare l’anima dalle emozioni pericolose e, soprattutto, a produrre ricreazione intellettuale, contribuendo al buon impiego del tempo libero e all’esercizio dell’intelligenza;136 in tal senso risultano di grande significanza alcune erogazioni annotate nei registri contabili degli «Alfonsini», in primis l’acquisto nell’estate del 1541 di quattro libri di madrigali «da cantare», di un certo «Carchadelo»,137 probabilmente da identificarsi in Jacques Arcadelt, il celebre musicista nativo di Liegi e attivo a Roma tra gli anni ’30 e ’40 del Cinquecento come membro della Cappella Giulia e «magister puerorum» della Sistina: proprio al 1539 risale la pubblicazione a Venezia di quattro libri di madrigali «a 4 voci», a cui seguirono numerose riedizioni che contribuirono a diffondere in Europa la fama del compositore. La notizia conferma ulteriormente uno dei tratti peculiari della musica liturgica negli anni di Ercole II, quando – sotto la direzione del celebre maestro di cappella Cipriano de Rore, anch’egli fiammingo – tramonta la voga della chanson, soppiantata in pieno dal madrigale, diffuso dall’area fiorentina e romana fin negli anni Venti e Trenta. Ferrara l’abbracciò assai tempestivamente, forse anche per opporre un genere italiano alle tradizionali tendenze francofile fattesi ormai troppo equivoche e pericolose. Nel

134 G.B.GIRALDI, Discorso intorno a quello che si conviene a giovane nobile e ben creato nel servire un gran Principe, in Pavia, Appresso Girolamo Bartoli, 1569, p. 35; l’autore, poi, continua il discorso sulla danza: «E perciò volle Platone che gli uomini della sua repubblica apparassero di sapersi movere a misura, e saltare e ballare con arte e con leggiadria; voleva nondimeno principalissimamente che tutti que’ movimenti della persona fussero ordinati all’onestà e alla fortezza, virtù che tiene la sede sua fra le cose spaventevoli, e se ne sta nel mezzo fra l’audacia ed il timore». 135 S.LORENZETTI, Musica nello specchio della corte. Qualche riflessione su appartenenza e presenza, in Le parole che

noi usiamo. Categorie storiografiche e interpretative dell’Europa moderna, a cura di M. Fantoni e A. Quondam, Roma, Bulzoni, 2008, pp. 187-196.

136 ARISTOTELE, Politica VIII 5, 1339a 25-26.

137 ASMo, Adp, reg. 399, «Zornale de usita degli Illustri Signori don Alfonso et fratello estensi», anno 1541, c. 16, 28 luglio 1541: «A loro diti lire una, soldi due de marchesani per Sue Signorie a maistro Zoane Maria Carafa libraro contanti per sua manifatura de avere ligà quatro libri da cantare de li madrigali del carchadelo ala spagnola, apare mandato, £ 1.2.0».

1541 fu pubblicato a Venezia, per i tipi di Antonio Gardano, il Primo libro dei madrigali di maistre Jhan, «maestro di capella dello eccellentissimo signor Hercole duca di Ferrara», mentre una nutrita presenza ferrarese si registra in un’altra iniziativa del medesimo tipo, i Madrigali de la Fama a quattro voci composti nuovamente da diversi eccellentissimi musici, pubblicati sempre a Venezia da Gironimo Scotto, nel 1548: undici sono di Francesco Manara, sei di Cipriano de Rore, diciassette di Francesco della Viola. Il mandato di pagamento elargito dall’amministrazione degli «Alfonsini» rafforzerebbe, dunque, un’ipotesi già formulata (e mai più approfondita) nel 1988 da Fenlon e Haar, che ricollegavano all’ambiente ferrarese la provenienza di un manoscritto degli anni Quaranta oggi a Parigi (Bibliothèque Nationale), contenente madrigali di Philippe Verdelot, Costanzo Festa e, appunto, Arcadelt.138

Il fatto, poi, che ad entrambi i rampolli edotti nella pratica melodica venissero fornite anche «viole da sonare»,139 richiama alla mente l’esercizio del «cantare alla viola» menzionato da Baldassarre Castiglione nel suo Cortegiano come una delle più raffinate tradizioni della cultura rinascimentale:

Perché tutta la dolcezza consiste quasi in un solo, e con molto maggior attenzion si nota ed intende il bel modo e l’aria non essendo occupate le orecchie in più che in una sol voce, e meglio ancor vi si discerne ogni piccolo errore; il che non accade cantando in compagnia, perché l’uno aiuta l’altro. Ma sopra tutto parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare, il che tanto venustà ed efficacia aggiunge alle parole che è gran maraviglia.140 (Cortegiano, II, § XIII)

Risulta difficile non cogliere in quell’incipiente propensione musicale il portato genetico ereditato dal padre Alfonso, autentico musikòs anér, appassionato di strumenti, strumentisti, coristi e di

ensemble, a tal punto che la sua abilità nell’uso della lira da braccio fu metaforeggiata pittoricamente da Dosso Dossi nell’elegante ed erculeo Apollo musico (Roma, Galleria Borghese,

138 I.FENLON,J.HAAR, The Italian Madrigal in the early sixteenth Century. Sources and interpretation, Cambridge, University Press, 1988, pp. 184-185.

139 ASMo, AdP, reg. 399, «Zornale de usita degli Illustri Signori don Alfonso et fratello estensi», anno 1541, c. 17, 11 agosto 1541: «A loro diti lire quattro de marchesani per Sue Signorie a maistro Lionello marangone contanti per lo amontare de uno paro de capse de piope che lui à fato et date a Sue Signorie per le viole da sonare per Sue Signorie, £ 4.0.0»; Ivi, c. 19, 5 settembre: «A loro diti scudi vintecinque de oro in oro a soldi 71 de marchesani per Sue Signorie a maistro Zan Marcho maistro dai instromenti contanti per conto de viole sei da sonare che lui a fate a Sue Signorie per sonare, £ 88.15.0»; Ivi, reg. 458, «Memoriale del Illustrissimo Signor don Alfonso Estense», c. 66, 15 dicembre 1546: «Illustrissimo Signor don Alfonso Estense, a spesa de guardaroba debbe dare adì supradetto scudi trentacinque d’oro in oro, quali per Sua Signoria se fanno buoni a maistro Giovanni Marco dalli instromenti per il prezio de otto violle da musica che lui à fatto e dato al predeto Signor sina adì [***] de maggio de l’anno 1545, qualli furno consignate a meser Francesco Gazino guardarobiero de Sua Signoria, £ 126.0.0».

fig. 7), che – nel lamentare la perdita dell’amata Dafne – solleva il braccio tenendo l’archetto della sua viola, mentre le dita della mano sinistra sono ancora sulla tastiera per l’accordo finale, e le labbra ancora socchiuse per la fine del canto.141

Almeno dal 1541 i due pupilli estensi disponevano di un non identificato Alessandro «maistro da designi»,142 circostanza che rievoca il precetto aristotelico rielaborato ancora una volta da Castiglione in merito alle conoscenze fondamentali per l’uomo chiamato ad affrontare mansioni di governo e impegni bellici, a cui era richiesta l’abilità «del saper disegnare e aver cognizione dell’arte propria e del dipingere», «massimamente nella guerra, per disegnar paesi, siti, fiumi, ponti, rocche, fortezze e tai cose».143 Sono gli anni in cui gli umanisti italiani riescono a persuadere

il futuro guerriero in armi che gli studia humanitatis, le humanae litterae, possono essere il «superno ornamento» del suo onore, la connotazione definitiva della sua umanità, e che le sue mani possono toccare anche altri oggetti e non più soltanto la spada: la penna, gli strumenti musicali, persino gli utensili per disegnare. Cade un interdetto antichissimo, anzi un tabù archetipico: l’uso della mano in attività “meccaniche”, cioè manuali, e pertanto servili, ignobili, cioè indegne di un nobile.144

L’educazione grafica propedeutica al «buon condottiero», oltre ad essere stata coltivata e mantenuta nel tempo come vera e propria passione declinata anche in campo di progettazione architettonica, consente di agganciare l’argomento del cursus honorum militare del nostro don Alfonso, e di ripercorrere le tappe che lo portarono a calcare in pochi anni i principali campi di battaglia europei.

141 F.TRINCHIERI CAMIZ, Due quadri «musicali», cit., pp. 89-90. Anche il fratellastro degli «Alfonsini», il principe Ercole, dimostrò una certa inclinazione per la musica, apprendendo, sotto la guida di Francesco Dalla Viola, a suonare discretamente il flauto: G.BENZONI, Ercole II d’Este, in Dizionario Biografico degli Italiani, XLIII, Roma, 1993, pp. 107-126: 108.

142 ASMo, AdP, reg. 399, «Zornale de Usita degli Illustri Signori don Alfonso et fratello estensi», c. 14, 15 giugno 1541: «A loro diti lire dexesete, soldi oto de marchesani per Sue Signorie a l’infrascrite doe persone contanti, videlicet a maistro Alisandro Casaie a conto de cordele che lui fa a Sue Signorie, £ 15.0.0. A maistro Baptista rechamadore per uno desegno facto a Sue Signorie £ 8 de marchesani a maistro Alisandro maistro da designi per designi facti £ 2 che pigliano in summa, apare mandati, £ 17.8.0».

143 B. CASTIGLIONE, Il libro del cortegiano, cit., p. 80. Sull’insegnamento del disegno vedi ARISTOTELE, Politica, 1338a-b. Nell’Institution pour l’adolescence du Roy tres Chrestien Charles neufviesme de ce nom di Pierre de Ronsard, pubblicata a Tolosa nel 1562, si sostiene che, come Achille alunno del centauro Chirone, il re bambino deve istruirsi nell’arte della guerra e seguire i «beaux mestiers qui des Muses procedent […], mathématique, […] art de bien parler, […] histoire et musique, physiognomie, à fin de mieux scavoir iuger de leurs subiects seulement à les veoir» (in