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II. 11 «Bastardo», ma diplomaticamente indispensabile: le missioni in terra francese

II. 16 L’ultimo amore di don Alfonso: Violante Signa

All’epoca della deposizione di Manolesso, anche il marchese di Montecchio – al pari del nipote regnante – si trovava in uno stato vedovile, gratificato però dalla presenza di tre rampolli maschi e di due figlie femmine, tutti poco meno che adolescenti: i legittimi Alfonsino, Eleonora e Cesare, nati dall’unione con Giulia Della Rovere, e i legittimati Ippolita e Alessandro, frutto della relazione morganatica sbocciata non molto tempo dopo la morte della consorte roveresca, avvenuta il 5 aprile 1563. Data la sua «fresca età» (trentasei anni), e «piacendo a lui quello che piace alli huomini del mondo», Alfonso non esitò a riscattare la precoce vedovanza con un nuovo amore, rivolto a

una giovane numinata Violante vedoa, figliola de meser Alberto Signa aromatario del Duca; morto il marito della giovane, si retirò in casa del padre, in questo tempo, è forsi prima questo signore havea cominciato a fare la volta ora essendo la giovane in casa del Padre, operò d’averla al suo comando, e fece tanto che la fu levata di casa del padre e condotta dove piacque a questo Signore e per alcuni anni abitò con ella,

havendogli fatto dui figlioli, uno chiamato Alessandro, l’altra Hipolita e per debito più di conscienza la sposò, che fu l’anno 1583.320

Donna Violante Segni (o Signi) era dunque la figlia dello speziale di corte, messer Alberto, a sua volta figlio di Giacomo, morto nel 1548 e di probabile origine fiorentina, vista l’evocazione topografica del complemento d’origine «da Signa» riscontrato in alcuni documenti.321

Omettendo di specificare la fonte testuale, Ferruccio Pasini Frassoni asserì che la famiglia «aveva farmacia in Ferrara sin dal XV secolo»;322 più dettagliati, invece, sono i riscontri sulla figura di Alberto, attivo nella capitale estense come «principum atestinorum aromatarius» per oltre un trentennio, dagli anni ’40 sino al gennaio del 1579,323 quando le carte d’archivio lo citano per l’ultima volta.324 Un ruolo di responsabilità e particolarmente ricercato quello del sovrintendente alla «spiciaria» ducale, vero e proprio «officio» amministrativo deputato all’acquisto, conservazione e dispensa di ogni categoria di spezie, oltre che alla preparazione di rimedi e medicamenti, alla distillazione di essenze e profumi, alla fabbricazione delle candele di cera e di sego: date le sue plurime competenze artiere, l’aromatario poteva tranquillamente operare in contesti disciplinari apparentemente disparati, se si pensa che a lui si rivolgevano frequentemente medici, scalchi, pittori, vivandieri, fisici e scultori.

Alberto, però, non lavorò esclusivamente per la corte del duca regnante: probabilmente a partire dal 1547 cominciò a frequentare la consorteria del giovane don Alfonso,325 all’inizio prodigo di

320 BCAFe, coll. Antonelli, 252, Cronaca, cc 82r-82v.

321 Ad es. in ASMo, AdC, Spezieria, reg. 17, «Squarzo» anno 1548, c. 27: «Febraro. Conto de tutte le robbe de speciaria dispensate il mese sopradetto per li eredi del quondam maistro Jacomo da Signa specialli per bisogno dello estratto della ducal corte»; ASMo, AdP, reg. 434, «Zornalle de Contanti», anno 1560, c. LXXXVII, 23 luglio: «A spesa

de donatione a maistro Alberto da Segna spetiale lire quaranta, soldi sedeci marchesani per il pretio de libre cinquantadue de confetti in siroppo a ragione de soldi 16 marchesani la libra ch’egli à datto, qualli Sua Signoria Illustrissima vole mandare a Roma a donare al Reverendissomo Cardinale Bonromeo, £ 40.16.0».

322 F.PASINI FRASSONI, Dizionario storico-araldico dell’antico Ducato di Ferrara, Roma, Collegio Araldico, 1914, p. 532.

323 Nelle ricerche di Manni, il nome di Alberto «spetiale della ducal corte» compare per la prima volta nel 1544: G. MANNI, Mobili in Emilia: con una indagine sulla civiltà dell’arredo alla corte degli Estensi, Modena, Artioli, 1986, p. 130, nota 68.

324 ASMo, MeF, reg. 224, «Libro de spese della ducale Monition dalle Fabriche, 1579», c. 17r: «Spesa straordinaria. […] E adì detto [19 gennaio] torze sie da vento che pesa tutte libre 11 ½ tolte da meser Alberto Signa per vedere a lavorare alla sena di cortile di notte, n. 6».

325 Signa senior compare per la prima volta nel contesto della cerimonia funebre di Alfonsino d’Este, fratello del nostro protagonista, come riscontrato in ASMo, AdP, reg. 521, «Giornale di uscita, 1548-1551», c. 68, 28 novembre 1548: «Illustrissimo Signore don Alfonso Estense a spesa de esequie debbe dare adì sopradetto lire centoottanta otto, soldi quatro denari 8 de marchesani quali per Sua Signoria se fano boni a meser Alberto da Signa speciale dello Illustrissimo

riconoscimenti salariali, poi evoluti in benefici, provvisioni e concessioni onorifiche estese anche agli altri membri della famiglia da quando la figlia Violante entrò a far parte, a tutti gli effetti, della struttura parentale del cadetto estense. Non è dato sapere chi fu il suo primo marito, tantomeno quando avvenne l’ingresso ufficiale della donna nella domus alfonsinea: incrociando il riferimento del sopraccitato passo cronachistico con le nuove informazioni emerse dalle indagini archivistiche, potremmo collocarlo nell’agosto del 1566, quando per la prima volta il nome della vedova – preceduto dal titolo di «Signora» – fa capolino tra le righe dei registri contabili del marchese.326 Dando credito alle attestazioni di Antonio Frizzi (che individua nel 1546 l’anno di nascita della Signa),327 in quel frangente Violante era una fiorente ventenne, madre da pochi mesi, per la seconda volta: dopo la prematura morte del piccolo Annibale nel luglio del 1565,328 il 6 novembre dello stesso anno nacque Ippolita,329 mentre Alessandro, futuro cardinale, verrà alla luce il 5 maggio di tre anni dopo.330 Entrambi figli naturali, dapprincipio legalizzati con diploma imperiale sottoscritto da Massimiliano II in data 7 febbraio 1570,331 poi per subsequens matrimonium, celebrato privatamente anni dopo, come testimonia il canonico Marcantonio Guarini:

Adì 25 maggio 1583 Don Alfonso d’Este sposò la Violante Signa Donna prima da lui goduta molti anni, et vi si ritrovarono presenti Hercole Sacrati vescovo di Comacchio, Giulio Canani vescovo d’Adria et Paulo Leoni vescovo di Ferrara con l’Eccellente dottor di legie Francesco Panini. N’hebbe due figlioli, cioè Alessandro che fu poi cardinale et Hippolita che fu moglie del Principe della Mirandola, ambi legittimati per subsequens matrimonium.332

Signor Duca di Ferrara per il prezio de più sorte de cire bianche e rosse che lui à date il mese de agosto de l’anno 1547 per bisogno delle esequie della morte del quondam illustrissimo Signor don Alfonsino suo fratello, come appar per uno compendio del predeto meser Alberto come il mandato sotto ad esso compendio di mane de meser Antonio Maria di Bianchi ragionato de Sua Signoria de dì 26 del presente signato di man del magnifico Ercole Trotti mandatario del predeto Signore, £ 188.4.8».

326 ASMo, AdP, reg. 440, «Zornale del banco de Intrada et de Uscita», anno 1566, c. XCVI, 22 agosto: «A spesa della guardarobba […]. A maistro Bolfo todesco aurefice scudi due d’oro in oro a conto de lavorare che egli fa per bisogno della Signora Violante, £ 7.16.0».

327 A. FRIZZI, Memorie, cit., p. 3: precisamente, nacque l’11 dicembre 1546.

328 ASMo, AdP, reg. 99, «Zornale del banco de intrada e de usita», c. 81, 27 luglio 1565: «A spesa de esequie a don Giovan Battista Orlandino lire dodeci, soldi cinque marchesane per altri tanti che egli à spesi in far assepelire il signor Anibalino figliuolo del predeto Signor, £ 12.5.0». Non contenendo indicazioni sull’età del primogenito scomparso, questa notizia consente comunque di riportare l’inizio della frequentazione tra i due genitori a partire dal 1564, ossia qualche mese dopo la morte di Giulia Della Rovere.

329 Ivi, p. 5. 330 Ibidem.

331 Conservato in ASMo, CeS, b. 356, sottofascicolo 1981-VI. 332 M.A.GUARINI, Diario di tutte le cose, cit., c. 132.

In realtà il pacto matrimonii fu rogato qualche giorno prima, il 19 maggio, dal notaio ferrarese Rinaldo d’Ettore.333 A distanza di quasi cinquant’anni, il secondo connubio del marchese di Montecchio, testificato da un giureconsulto e da ben tre prevosti ecclesiastici, sembra ricalcare solo la prassi procedimentale seguita nello sposalizio «in articulo mortis» del padre con Laura Dianti, e non la sua motivazione: per don Alfonso, invero, stretto tra problemi dinastici e l’inderogabile ortodossia tridentina in materia di rapporti coniugali, non era più possibile tenere pubblicamente per «sua donna» una cittadina, come fece il terzo duca di Ferrara con la «berrettara», e, ancora, per agevolare la carriera ecclesiastica dell’ultimogenito Alessandro non v’era altra strada che il matrimonio, considerando che agli illegittimi erano vietati gli ordini sacri.