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Alcune fondamentali caratteristiche della Costituzione repubblicana

Ugo De Siervo

5. Alcune fondamentali caratteristiche della Costituzione repubblicana

Come abbiamo prima accennato, in particolare dopo la prima guerra mondiale, con tutti i grandi sconvolgimenti politici che ne erano conseguiti, nella stagione costituente che ne era derivata si era cominciato a prendere atto pure dei tanti problemi emersi nella gestione dei precedenti ordinamenti

36. Si veda il complesso confronto in U. De Siervo, Le idee e le vicende costituzionali in Francia nel 1945 e 1946 e la loro infl uenza sul dibattito in Italia, in Scelte della Costituente e cultura giuridica. I: Costituzione italiana e modelli stranieri, a cura di U. De Siervo, il Muli- no, Bologna, 1980, pp. 311 ss.

37. A.G. Ricci, op. cit., pp. 197 ss.

38. Si veda il notevole spazio riservato al fenomeno delle disposizioni di questo tipo nella documentazione predisposta per la Costituente: Assemblea costituente, Studi di legislazione costituzionale comparata, Roma 1946. Anzi, il tema viene ormai preso in considerazione anche a livello dottrinale: si veda, ad esempio, F. Pergolesi, Orientamenti sociali delle Costi- tuzioni contemporanee, LEF, Firenze, 1946.

costituzionali, nonché delle immense trasformazioni che si erano prodotte negli ordinamenti statuali, a cominciare dai processi di democratizzazione, dal deciso aumento delle aree di intervento degli Stati, dall’accrescimento delle fi nanze pubbliche e degli apparati burocratici, dal progressivo affer- marsi di sindacati e di forti partiti politici. Si erano quindi sviluppate tutta una serie di vicende istituzionali e costituzionali, ed erano pure emersi nuovi modelli organizzativi, spesso anche attraverso il lavoro di apposite assem- blee costituenti39.

Inoltre il parallelo affermarsi di modelli autoritari o rivoluzionari in non pochi paesi, aveva spinto a rifl ettere su come migliorare il funzionamento delle istituzioni democratiche e meglio tutelare le situazioni più poste in pe- ricolo dalle tante tensioni che si manifestavano.

Essendo in sostanza scomparso il ruolo del Sovrano nei processi di fon- dazione costituzionale, tutto viene concentrandosi nella assemblea rappre- sentativa dei cittadini e delle loro organizzazioni politiche e sociali, nel solo rispetto degli eventuali limiti posti da coloro che abbiano previsto e discipli- nato il procedimento costituente. Inoltre l’acuta consapevolezza del valore degli interessi in gioco, sul piano dei diritti, ma anche delle garanzie, spinge- va il moderno costituzionalismo democratico europeo a riconsiderare il va- lore di un modello di Costituzione rigida e garantita, almeno in parte analogo a quello già sperimentato nel sistema costituzionale statunitense attraverso il riconoscimento, tramite la loro giurisprudenza costituzionale, del primato della Costituzione sulla legislazione ordinaria. Inoltre una Costituzione rigi- da e garantita appariva come la premessa per farne un testo capace di garan- tire l’attuazione di vaste riforme costituzionali necessariamente disciplinate solo per linee generali nel testo costituzionale (non solo separazione dei po- teri, ma garanzia costituzionale della autonomia di ciascuno di essi; princi- pio di legalità seriamente inteso; autonomie territoriali; istituti di democrazia diretta; garanzie di autonomia della magistratura, ecc.) e di assicurare l’effi - cacia dei diversi principi costituzionali, nonché dei diritti sociali. La stessa analitica disciplina e forte tutela delle diverse situazioni soggettive diviene davvero effi cace solo in un ordinamento nel quale il legislatore ordinario non può contraddire la disciplina costituzionale40.

Nel caso italiano è stato quindi in realtà decisivo l’iniziale dibattito, solo in apparenza tecnico, che si sviluppò nella Commissione Forti e poi nell’As-

39. B. Mirkine Guetzévitch, Les constitutions cit. e Les nouvelles tendences; G. Burdeau, Le régime parlamentaire dans les constitutions européennes d’après guerre, Ed. int., Paris, 1932; C. Friedrich, La démocratie constitutionnelle, PUF, Paris, 1958.

40. Per il possibile utile riferimento alla recente categoria dello “Stato costituzionale”, di cui alla nota opera di P. Haberle, (Lo Stato costituzionale, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2005) si veda U. Allegretti, Storia costituzionale italiana. Popolo e istituzioni, il Muli- no, Bologna, 2014, pp. 119 ss.; E. Cheli, Lo Stato costituzionale. Radici e prospettive, ora in E. Cheli, Taccuino di un costituzionalista, a cura di M. Manetti, Mucchi ed., Modena, 2015, pp. 79 ss.

semblea costituente a proposito della rigidità costituzionale, dell’estensione delle materie da disciplinare in Costituzione e delle caratteristiche dell’or- gano di giustizia costituzionale: in quest’ambito, infatti, si dovette superare non solo la tradizionale resistenza di quanti erano restati legati alla duttilità del modello statutario, ma anche quella di coloro che, ammantati da lettu- re ideologiche e dalla ricerca di immediati obiettivi politici, diffi davano di ogni tentativo di attribuire un ruolo di indirizzo all’Assemblea costituente41.

Altrettanto importanti sono stati i successivi lunghi e complessi confronti sui principi costituzionali fondamentali e sulla estensione della “materia costituzionale”42.

In questa sede, mi permetto quindi di indicare semplicemente tre grandi e fondamentali scelte di fondo operate dal nostro dibattito costituzionale, che mettono bene in luce il pieno inserimento del confronto svoltosi alla Costi- tuente nelle fondamentali caratteristiche del costituzionalismo democratico europeo, al di là dei tanti specifi ci contenuti inseriti nella nostra Costituzione.

Si può anzitutto ricordare la signifi cativa vicenda della bella relazione di Tosato sulla Garanzia delle leggi costituzionali alla Settimana sociale del 194543, nella quale la rigidità costituzionale, garantita anche dalla giustizia

costituzionale, è stata motivata utilizzando anche letteralmente le opinioni e motivazioni espresse da Kelsen in un suo noto saggio, di pochi anni prima, sulla giustizia costituzionale a tutela dei valori connessi alla rigidità costi- tuzionale44 (ciò evitando di citare Kelsen, forse opportunamente a causa di

un ambiente come la Settimana sociale, che probabilmente non avrebbe ap-

41. Si considerino, ad esempio, le iniziali posizioni del PCI: G. Conti, M. Pieretti, G. Per- ra, Il “partito nuovo” e la Costituente, in Cultura politica e partiti nell’età della Costituente, a cura di R. Ruffi lli, II, pp. 403 ss.; U. De Siervo, Il progetto democratico-cristiano e le altre proposte: scelte e confronti costituzionali, in Democrazia cristiana e Costituente, a cura di G. Rossini, Ed. Cinque lune, Roma, 1980, II, pp. 596 ss.; S. Guerrieri, Il PCI ed il processo costituente, in 1945-1946. Le origini della Repubblica, Questione istituzionale e costruzione del sistema politico democratico, a cura di G. Monina, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007, II, p. 56.

42. U. De Siervo, I cattolici democratici e le scelte della Costituente, in N. Antonetti, U. De Siervo, F. Malgeri, I cattolici democratici e la Costituzione, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2017, pp. 232 ss.

43. E. Tosato, Garanzia delle leggi costituzionali, in Costituzione e Costituente. Atti della XIX Settimana sociale dei cattolici d’Italia, Ed. ICAS, Roma, 1946, pp. 131 ss. Il brano a cui mi riferisco è a p. 147.

44. H. Kelsen, La garanzia giurisdizionale della Costituzione (la giustizia costituzionale), un testo pubblicato in una rivista francese nel 1928 per un confronto fra giuristi a livello eu- ropeo sulle caratteristiche dei moderni ordinamenti democratici. Questo testo è ora riprodotto in H. Kelsen, La giustizia costituzionale, a cura di C. Geraci, Giuffrè, Milano, 1981, pp. 145 ss. Il brano a cui mi riferisco specifi camente è a p. 202. Assai signifi cativo è che l’importanza proprio di questo passaggio argomentativo, al fi ne di defi nire le caratteristiche di un moderno regime pluralista e democratico, sia stata messa in luce in sede dottrinale da chi cercava di in- dividuare le caratteristiche del nuovo costituzionalismo europeo (M. Fioravanti, Costituzione, il Mulino, Bologna, 1999, p. 155).

prezzato l’adesione alle tesi del famoso giurista austriaco). Ma affermare energicamente che le Costituzioni rigide e garantite hanno la funzione inso- stituibile di tutelare gli interessi comuni e che l’essenza della democrazia sta nel costante compromesso fra i diversi gruppi sociali, signifi cava accettare fi no in fondo un tipo di pluralismo politico e di reciproca tolleranza che stava caratterizzando larga parte del nuovo costituzionalismo democratico.

D’altra parte analogamente concludeva l’ampia ed analitica ricerca di Mortati sui processi costituenti, alla luce delle molteplici (e non sempre feli- ci) esperienze storiche fatte fi no agli anni trenta dopo le rivoluzioni settecen- tesche45. Era ormai venuto il momento di tutelare a fondo i diritti individuali,

ma anche di garantire davvero il buon funzionamento di uno Stato democra- tico, rappresentativo dei molteplici soggetti individuali e collettivi.

In secondo luogo, la nostra Costituzione adotta – come ben noto – mol- teplici diritti sociali, almeno in parte dotati di una effi cacia solo indiretta e riferita a future linee legislative, peraltro indirizzate e limitate: questa carat- teristica peraltro era, almeno dal dibattito sulla Costituzione di Weimar, ve- nuta diffondendosi largamente, seppure sollevando non poche obiezioni nei giuristi più legati al costituzionalismo liberale, come rilevabile anche dai tan- ti dibattiti in materia che si svilupparono nella Commissione Forti e in vari momenti dei nostri dibattiti costituenti. Ma Mortati, che ben conosceva que- sta esperienza46, aveva concluso che le scelte sociali e politiche implicite nei

moderni processi costituenti dovevano invece caratterizzare l’intero nuovo assetto costituzionale: «Se la storia può offrire degli ammaestramenti, quel- lo emergente dall’esperienza costituzionale vissuta dalla Germania suona in questo senso: che una democrazia moderna non può validamente poggiare sull’impalcatura caratteristica dello Stato liberale dell’ottocento, ma esige che l’assetto istituzionale democratico permei tutte le strutture, economiche e sociali, perché è dalla profonda ed intima compenetrazione di queste nel proprio organismo che può trarre le vere ragioni della sua solidità».

In terzo luogo, il lungo e diffi cile dibattito intorno alla forma di gover- no, caratterizzato dal sicuro rifi uto di modelli “cesaristi”47, ma anche dalle

progressivamente crescenti riduzioni dei correttivi tentati alla riedizione di deboli parlamentarismi, trova singolari corrispondenze nel dibattito che si

45. C. Mortati, La Costituente. La teoria. La storia. Il problema italiano, Darsena, Roma, 1945.

46. Non a caso, egli era stato il commentatore di questa importante Costituzione: C. Mor- tati, La Costituzione di Weimar, Sansoni 1946, (il testo citato è a p. 83/4). Sulla signifi cativa prevalenza delle opinioni di Mortati su quelle di Astuti nei lavori della Commissione Forti relativamente ai diritti individuali, si veda U. De Siervo, Rifondazione dello Stato ed idea di Costituente, in Le idee costituzionali della Resistenza, a cura di Franceschini, Guerrieri, Monina, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma, 1997, p. 434.

47. Si ricordi che Meuccio Ruini nella Relazione al progetto di Costituzione ha scritto: «Vi è in Europa una resistenza irreducibile al governo presidenziale, per il temuto spettro del cesarismo, ed anche per il convincimento (e noi non dobbiamo abbandonarlo, ma valorizzar- lo), che il governo di gabinetto abbia diretta radice nella fi ducia parlamentare».

svolse in altri paesi europei. Basti pensare ai dibattiti francesi che, malgrado la grande diffusione delle critiche ai gravi difetti del parlamentarismo nelle diverse forze della Resistenza francese48, videro infi ne prevalere proprio un

modello non molto difforme da quello precedente, a causa delle concezioni parlamentariste, se non assembleariste, evidentemente ancora dominanti in varie ed importanti forze politiche49.

Analogamente in Italia, dove, a prescindere da qualche isolata posizio- ne assemblearista50, emersero inizialmente molti tentativi di edifi care si-

stemi di tipo parlamentare corretti in modo da escludere gli “eccessi del parlamentarismo”51, ma su cui infi ne prevalsero, specie nell’ultima fase del

lavoro costituente, alcune diffuse preoccupazioni politiche, fra le quali il cre- scente timore dello stesso De Gasperi verso forme di Governo forti e diffi cil- mente condizionabili52.

Queste diffuse similitudini probabilmente sono passate anche tramite le analoghe culture politiche dei maggiori partiti politici rappresentati nelle di- verse Assemblee costituenti del secondo dopoguerra. Molto simile è stata anche la formulazione di testi costituzionali alquanto lunghi ed analitici, che hanno preteso di riformare profondamente i rispettivi paesi: a questo propo- sito, Rivero53 ha scritto di «Costituzioni ambiziose, in contrapposizione alle

Costituzioni modeste, che si limitavano, nello Stato liberale del XIX secolo, a organizzare in maniera sommaria i poteri ed i loro rapporti; Talleyrand pre-

48. H. Michel e B. Mirkine – Guetzévitch, Les idées politiques et sociales de la Résistan- ce, PUF, Paris, 1954; H. Michel, Les courants de pensée de la Résistance, PUF, Paris, 1962. 49. Ho cercato di ricostruire la lunga e complessa vicenda in U. De Siervo, Le idee, cit., pp. 314 ss.

50. Basti citare un brano della relazione di Vincenzo La Rocca alla seconda sottocom- missione della Commissione dei 75: «Quanto alla struttura dello Stato, bisogna riconoscere nettamente, nella Carta costituzionale il principio che nella Repubblica italiana, unitaria, in- divisibile, democratica, la radice della sovranità sta esclusivamente nel popolo; che, perciò, nella nostra Repubblica, la sovranità appartiene al popolo e a nessun altro e dal popolo emana tutto il potere. In conseguenza, la sovranità popolare viene esercitata con poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario, i quali provenendo dalla stessa unica fonte, non sono divisi, né separati, né opposti, ma ripartiti in modo razionale fra organi chiamati ad attuare la medesima volon- tà: quella del popolo, liberamente espressa, conformemente alle leggi e alla Costituzione. E l’Assemblea nazionale dev’essere, più che un corpo che parla soltanto ed elabora norme giu- ridiche, un corpo che parla e agisce, che decide e sorveglia sull’osservanza delle sue decisioni: organo supremo della Repubblica, espressione diretta della sovranità popolare, che esercita il potere legislativo, senza deleghe di sorta ad altri, e detiene tutto il controllo politico» (Com- missione per la Costituzione. II Sottocommissione. Relazione del deputato La Rocca Vincenzo sul Potere esecutivo, pp. 177 s.).

51. Per tutti, si veda L. Elia, Costituzione e movimento cattolico, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, Marietti, Torino, 1981, 1/2, pp. 239 ss.

52. A colloquio con Dossetti e Lazzati. Intervista di Leopoldo Elia e Pietro Scoppola (19 novembre 1984), il Mulino, Bologna, 2003, pp. 64 ss.; P. Pombeni, La questione costituziona- le in Italia, il Mulino, Bologna, 2016, pp. 268 ss.

53. J. Rivero, Constitution italienne et Constitution francaise, in La Constitution italienne de 1948, Colin, Paris, 1950, p. XI.

feriva le Costituzioni “corte ed oscure”: brevità ed oscurità si alleano tra loro per lasciare impregiudicato l’avvenire e lasciar spazio all’azione del tempo e delle circostanze. L’ideale del costituente moderno si situa agli antipodi: la sua opera vuol essere completa e precisa».

In effetti queste Costituzioni “ambiziose”, malgrado siano state adottate in anni particolarmente diffi cili, sono però riuscite ad introdurre ed a garan- tire non poche innovazioni, aiutando le democrazie europee a crescere e a diffondersi malgrado la durezza dei contesti politici e l’ostilità di molti appa- rati e mentalità (anche giuridiche). Ciò ovviamente senza negare delusioni e pure qualche fallimento.

Il Parlamento italiano tra parlamentarismo

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