Stefania Ninatt
2. Tra guerra e pace: le clausole costituzionali “europee”
Il principio di sovranazionalità – che si può icasticamente defi nire come il favor espresso in Costituzione per le organizzazioni sovra- e internazionali – costituisce una buona lente di ingrandimento per cogliere le mille sfaccet- tature della trasformazione del concetto di sovranità e rifl ette, specularmente, una caratteristica precipua della natura dello Stato, ossia la sua apertura ver- so un livello di relazioni giuridiche sovrastatali.
In materia è d’obbligo riferirsi, quanto al diritto costituzionale italiano, all’art. 11 che in modo consapevole ha iniziato a porre la domanda di come tener conto all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale delle relazioni sovranazionali: secondo il disposto costituzionale, infatti, «L’Italia ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condi- zioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Peraltro, la scelta del costituente italiano non era certo isolata: anche solo un fugace cenno alla costituzione francese del 1946, ci permette di cogliere – sia pure all’interno di un contesto storico e sociale assai diverso – una af- fermazione simile, laddove tra i primi lemmi del Preambolo si stabilisce – a seguito dell’affermazione secondo cui la Francia non intraprenderà nessuna
5. Citazione tratta dal discorso intitolato La nostra patria Europa pronunciato alla Con- ferenza Parlamentare Europea il 21 aprile 1954, pubblicata in M.R. De Gasperi, La nostra patria Europa, Mondadori, Milano, 1989, pp. 128-132.
6. Può essere interessante rileggere l’art. 9 Ceca: «L’Alta Autorità è composta di nove membri nominati per sei anni e scelti in base alla loro competenza generale. […] I membri dell’Alta Autorità esercitano le loro funzioni in completa indipendenza, nell’interesse genera- le della Comunità. Nell’adempimento dei loro doveri non sollecitano né accettano istruzioni da parte di Governi o di altre organizzazioni. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere sovranazionale delle loro funzioni. Ogni Stato membro si impegna a rispettare tale carattere sovranazionale e a non cercare di infl uenzare i membri dell’Alta Autorità nell’ese- cuzione del loro compito. […]» (il corsivo è nostro).
guerra in vista di conquiste […] – che “con riserva di reciprocità, la Francia
consente alle limitazioni di sovranità necessarie per l’organizzazione e la di- fesa della pace” (paragrafo 15)7. Così anche si può leggere nei primi due com-
mi dell’art. 24 del Grundgesetz l’osservazione secondo cui «La Federazione
può trasferire con legge poteri sovrani a organizzazioni internazionali. Per il mantenimento della pace la Federazione può entrare a far parte di sistemi che garantiscano la mutua sicurezza collettiva; esso, pertanto, consentirà alle limitazioni dei suoi propri poteri sovrani così da favorire un ordinamento che assicuri la pace e la sicurezza in Europa e fra i popoli del mondo […]».
Premonitrici di sviluppi impensati – e da un certo punto di vista impensa- bili –, le clausole costituzionali di apertura a fenomeni sovranazionali risul- tano così un tentativo serio e ponderato di comprensione delle trasformazioni della sovranità nel XX secolo, sia pur lette all’interno di un momento storico particolare, quale è quello situato nel passaggio tra guerra e pace, che ben si rifl ette nella formulazione testuale dei diversi articoli. Esse si rivelano, però, anche inevitabilmente incomplete, perché l’oggetto della disposizione supe- ra ampiamente le pur generose previsioni dei costituenti che non potevano avere in mente, alla fi ne degli anni Quaranta, la futura Comunità Europea.
Tale innata capacità estensiva delle norme analizzate è stata resa possibile anche grazie a un carattere proprio di quest’ultime: prendendo esemplarmen- te in esame il caso italiano, la nostra dottrina ha, infatti, rilevato l’esistenza nell’articolo 11 di una tipica clausola di fl essibilità della carta costituzionale. Nei rapporti internazionali si mostra così, in tutta la sua ampiezza, una di- mensione propria del diritto costituzionale che consiste nella sua capacità di potersi adattare «agevolmente alle variabili necessità dei tempi e delle circo- stanze, perché le sue formule, sintetiche e generiche, lasciano largo margine al loro sviluppo e alla loro integrazione»8.
7. E sebbene successivamente il costituente francese modifi cherà la propria carta per ri- comprendervi esplicitamente una disposizione ad hoc per il processo di integrazione europea (art. 88 cost. fr.), questo comma del Preambolo rimarrà un punto costante di riferimento per la giurisprudenza interna, confermandosi così la centralità di questo tipo di clausole costituzio- nali nella regolamentazione dei rapporti sovranazionali.
8. L. Rossi, La “elasticità” dello statuto italiano, in Scritti giuridici in onore di S. Ro- mano, Cedam, Padova, 1940, p. 27. Questa caratteristica distingue il diritto costituzionale in quanto tale fi n dal suo sorgere: F. Pierandrei, L’interpretazione della costituzione, in Studi in memoria di L. Rossi, Giuffrè, Milano, 1952, p. 473; G. Chiarelli, Elasticità della Costitu- zione, in Studi in memoria di L. Rossi, cit., 1952, pp. 45 ss. Più recentemente, si può vedere esemplarmente S. Bartole, L’inevitabile elasticità delle costituzioni scritte tra ricognizione dell’esistente e utopia dei valori, in Aa.Vv., Il metodo nella scienza del diritto costituzionale, Ass. It. dei Costituzionalisti, Messina, 23 febbraio 1996, Cedam, Padova, 1997, p. 13. Se il tema della elasticità della Costituzione è stato affrontato dagli studi sulla natura delle norme programmatiche, la rifl essione ha fi nito poi con l’invadere in maniera complessiva l’intera materia costituzionale. Flessibilità, elasticità, cedevolezza, fl uidità sono tutti sinonimi che la dottrina ha usato per descrivere l’esigenza che la Costituzione si adeguasse, con l’evolversi del contesto su cui operava, alle mutate circostanze storiche, sociali, politiche ed economiche: qualsiasi Costituzione che pretenda durare nel tempo deve per forza di cose mostrare questa
Le clausole di apertura al diritto internazionale, e più in generale, il prin- cipio di sovranazionalità, mostrano così limpidamente il carattere proprio di ogni carta costituzionale e, nel contempo, permettono di cogliere con par- ticolare nettezza la trasformazione in atto rispetto alla concezione classica della sovranità mettendo in luce una forma di cooperazione (o condivisione) ultima fra il livello di governo interno e internazionale non facilmente inqua- drabile all’interno dei classici schemi teorici, eppure esistente.
Negli anni successivi al secondo confl itto mondiale si assiste, perciò, ad una spontanea convergenza nelle coeve carte costituzionali europee rispetto all’esigenza di inserire nel testo costituzionale una norma descrittiva della relazione fra Stato e realtà extrastatali. Tale scelta di favor dei costituenti rispetto ai fenomeni internazionali, cioè l’opzione per il cd. “Stato aperto”, ha capovolto l’impostazione, tipica soprattutto della dottrina giuridica dell’i- nizio secolo, secondo cui «quest’aspetto essenzialissimo viene di solito del tutto trascurato assumendosi per implicito, quasi come un dogma, che ogni sistema statale costituisca un sistema chiuso»9. In linea con tale affermazione
si può, così, ritenere che la costituzione di una singola nazione non può es- sere interamente compresa se non viene inserita in un contesto di dimensioni più ampie, a cui essa ha deciso di partecipare, «frutto dell’acquisita consape- volezza che lo Stato è interamente calato nella realtà internazionale, la quale ne condiziona direttamente e in larga misura anche la vita interna»10.
Cosa dice rispetto all’idea di Europa questo primo tratto specifi co delle car- te costituzionali del dopo guerra? Dice molto e dice poco nello stesso tempo.
preziosa qualità di riuscire, in qualche modo, a rispondere all’esigenza di contestualizzarsi, andando oltre il dato formale del testo. Si può perciò dedurre che il carattere dell’elasticità serve a volte a conciliare, a volte a superare la classica distinzione fra rigidità e fl essibilità.
9. G. Guarino, Pubblico e privato nell’economia. La sovranità tra costituzione e istituzio- ni comunitarie, in «Quad. cost.», 1992, p. 26.
Non si può non accennare, sia pur solo in nota, come queste carte costituzionali siano anche state defi nite «costituzioni nate dalla resistenza» (esemplarmente si veda C. Mortati, Lezioni sulle forme di governo, Cedam, Padova, 1973, p. 222) e come, all’interno di que- sto dibattito, l’apertura sovranazionale e la resistenza siano stati letti i due lati di una stes- sa medaglia; per tutti si veda P. Carrozza, Constitutionalism’s Post-modern Opening, in M. Loughlin and N. Walker (eds.), The Paradox of Constitutionalism: Constituent Power and Constitutional Form, Oxford University Press, Oxford, p. 182. Più in generale sul tema si veda G. Martinico, Overcoming False Dichotomies: Constitutionalism and Pluralism in European and International Studies, in M. Belov (ed.), Global Constitutionalism and Its Challenges to Westphalian Constitutional Law, Hart, Oxford, 2018, p. 55 e ss.
10. Ampiamente A. Cassese, Artt. 10-12, Commentario della Costituzione (a cura di G. Branca), Zanichelli, Bologna, 1975, pp. 461 ss. Si deve, peraltro, ricordare come tale posi- zione – nel contesto italiano – nasca in un momento storico molto specifi co, in cui alla grave necessità di essere riammessi nel contesto internazionale si sommava un clima fortemente ostile all’esasperato nazionalismo del precedente regime fascista. La Costituzione italiana, condizionata com’è dal momento del suo sorgere, è così impregnata, fi n dalle sue più profon- de radici, da un favor internazionale, ampiamente riconoscibile in forza di diverse disposizio- ni (si vedano complessivamente gli art. 2, 7, 10, 11 e 35, III c., Cost.) e strettamente connesso agli avvenimenti tragici precedenti all’Assemblea costituente.
Da una parte, la scelta è importante e segna tutta la tragicità della storia degli anni appena vissuti e allora in atto sul territorio europeo: ed è appunto in questo senso che, seppure spesso non specifi camente dedicate all’Europa in quanto tale, le disposizioni in esame raccontano dei primi tentativi del legislatore costituente di affrontare la domanda sul futuro della stessa. Le clausole di apertura al diritto internazionale – in particolar modo quelle a favore dell’istituzione di organizzazioni internazionali che assicurino la pace – nascono, dunque, in un particolare momento storico e, più in generale, vanno lette all’interno della discussione sul ripudio della guerra offensiva e sul richiamo al valore della pace: le stesse limitazioni di sovranità ivi con- template assumono un signifi cato all’interno di questo specifi co quadro di riferimento. Eppure, queste disposizioni nel ribadire un valore costituzionale di prim’ordine quale la pace e la partecipazione ad organizzazioni interna- zionali ad esse vincolate, fi niscono con aprire un pertugio su sviluppi futuri – le famose «ammorsature giuridiche» di Calamandrei11 – rendendo porosa
la trama costituzionale agli infl ussi esterni agli ordinamenti statali.
Dall’altra parte, non si può negare che le formulazioni scritte dei testi co- stituzionali dicono molto poco rispetto alla realtà costituzionale di un ordina- mento giuridico complessivamente inteso: come noto, le cd. trasformazioni costituzionali non si rivelano certo nel processo di revisione costituzionale quanto piuttosto nelle modifi che tacite della costituzione e nella legislazione ordinaria che si conforma a queste modifi che per un continuo processo di «adaptation/anpassung» all’ordinamento giuridico europeo latamente in- teso12. Quindi la presente analisi rappresenta solo un primo punto di una
ricerca che, viceversa, dovrebbe essere ben più ampia rispetto al solo testo costituzionale e che dovrebbe spaziare dalle norme sulla limitazione della sovranità a quelle sulle clausole di salvaguardia, dalla tutela dei diritti fi no anche a possibili declinazioni sul federalismo piuttosto che sul principio de- mocratico. Ma in questa sede si prenderanno in esame solo i capisaldi della posizione assunta dai padri costituenti del dopo guerra.
E, del resto, come qualsiasi norma che abbia origine da eventi quali con- fl itti mondiali, singole rivoluzioni nazionali ecc., le clausole in esame apro- no, nel lungo periodo, ad un’ondata di riforme ed innovazioni nell’ambito
11. P. Calamandrei, Stato federale e confederazioni di Stati, in Id., Europa federata, Edi- zioni di Comunità, Milano, 1947, p. 24.
12. Più ampiamente si veda C. Grabenwerter, National Constitutional Law Relating to the European Union, in A. von Bogdandy, J. Bast, Principles of European Constitutional Law, Oxford, Hart Publishing, 2006, pp. 95 ss. L’A. ricostruisce due possibili categorie di adaptation: da una parte, «receptive to integration» e, dall’altra, «defensive» (p. 141), pur riconoscendo che spesso un ordinamenti giuridici sconfi na sia in una che nell’altra categoria e che, d’altro canto, non sempre dietro scelte apparentemente simili dei diversi ordinamenti giuridici si possa rinvenire anche la stessa ratio giustifi catrice. Sul tema specifi co delle trasformazioni costituzionali in ambito europeo si veda anche A. Morrone, I mutamenti costituzionali derivanti dall’integrazione europea, in «Federalismi», 20/2018.
del sistema giuridico sia nazionale che internazionale. Le ragioni sono più che evidenti, e «consistono essenzialmente nel fatto che dopo sconvolgimen- ti e confl itti che mettono in crisi valori e norme tradizionali, gli Stati avver- tono il bisogno di creare nuovi valori e nuove norme»13.
Così accade anche in Europa all’indomani della seconda guerra mondiale. Tali clausole costituzionali, infatti, nel tempo fi niranno per signifi care molto di più del solo ripudio della guerra, costituendo passo dopo passo il terreno d’appoggio per l’affermazione di un nuovo orizzonte in cui il diritto costitu- zionale e il diritto internazionale/sovranazionale sembrano intrecciarsi senza soluzioni di continuità.
3. Le clausole europee nei primi stati aderenti alla CEE: una insupera-