Mario Doglian
6. Che fare?
Se questi cinque presupposti sono realistici, allora si pone il problema del che fare, attraverso lo Stato, per scongiurare l’esito temibile – in termini
10. J.M. Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, Utet, Torino, 2013, p. 572.
11. R. Evangelista, Polanyi, Hayek e le aporie del reddito di cittadinanza, in «econo- mia e politica», https://www.economiaepolitica.it/lavoro-e-diritti/diritti/pensioni-e-welfare/ polanyi-hayek-e-le-aporie-del-reddito-di-cittadinanza/- 30 marzo 2017.
economici, dal quale derivano quelli etico-politici, declinabili in termini di ingiustizia, illibertà, degrado delle coscienze – del processo di sovraprodu- zione e sottoccupazione in corso.
Si aprono due strade:
a) La prima – come si è detto – è quella attualmente seguita: di vagheg- giare che il capitalismo digitale produrrà nuovi lavori e dunque la richiesta di nuovo lavoro, che sostituirà quello perso. Ma quali evidenze empiriche sostengono questa tesi? Ad oggi è una infondata capriola nell’utopia. E in ogni caso “nel lungo termine saremo tutti morti”; e anche se non lo fossimo, nulla assicura che saremo tutti occupati, come è stata la sorte dei bambini di Dickens che nei fetidi cortili di Londra morivano, o sopravvivevano a stento succhiando latte annacquato misto ad oppio, in attesa dei benefi ci della già iniziata rivoluzione industriale.
Questa strada, oggi pienamente in atto, comporta che – in attesa del miracolo atteso – gli espulsi, gli scartati, gli inutili (che oggi non vengono neppure più chiamati “lavoratori”, perché vengono considerati una “razza” antropologicamente inferiore12, come è tra le righe delle teorie meritocrati-
che) vengano tenuti chiusi in una riserva indiana, nella condizione di precari, sottopagati, neet (not engaged in education, employment or training), vaga- bondi. Occorre avere ben chiaro che questo comporta, già oggi, che venga lucidamente coltivata (dagli apparati politico-comunicativi dominanti) in queste persone la consapevolezza della loro “inutilità”, e la loro apatia13:
non solo attraverso la rappresentazione della fi ne della speranza, instillata dalla alienante cultura dell’evasione, ma attraverso il loro abbrutimento mo- rale, intellettuale e fi sico (alcool, droghe). Uno degli aspetti più tragici della crisi sociale degli USA è il crollo nell’aspettativa di vita dei maschi adulti, bianchi, privi di educazione, a causa dell’abuso di oppioidi. Perché non si dà alla cronaca nera (spaccio, baby gang) lo status di descrizione di un modo d’essere ormai stabile – cioè non deviante, perché costitutivo del suo reale modo d’essere – di una quota rilevante della nostra società, e perché non si dice che tutto ciò è conseguenza di una strategia che non è improprio defi nire genocidaria?
L’orizzonte non lontano sembra dunque essere quello di una società quale descritta, nel 1981, da Carpenter nel fi lm 1997: Fuga da New York e, poi, nel 1996, in Fuga da los Angeles. Le capitali del mondo circondate da mura al- tissime e trasformate in penitenziari dove gli “scartati” vivono nell’anarchia assoluta. È di questi giorni la notizia che Carpenter sarà produttore esecu- tivo di un rifacimento di 1997: Fuga da New York, nel quale la situazione
12. V. la pungente critica di M. Serra alla posizione reazionaria di Tom Wolfe, I radical chic e l’errore di Tom Wolfe, in «la Repubblica», 5 gennaio 2018.
13. Secondo il Rapporto 2016 Young Workers Index di PricewaterhouseCoopers, in Ita- lia il 35% dei giovani tra i 20 e i 24 anni non studia, non lavora e non sta effettuando stage, https://www.pwc.co.uk/services/.../young-workers-index.html.
sarà signifi cativamente rovesciata: New York una città sicura, ma murata e poliziesca, governata da un’intelligenza artifi ciale, e il resto del mondo in preda al caos e percorso da immensi numeri di migranti. È molto importante sottolineare che l’incubo che nel 1981 per essere rappresentato richiedeva un contesto di fantascienza, nel 2002 è stato reso contemporaneo e reale nel fi lm brasiliano Cidade de Deus, di Fernando Meirelles e Katia Lund; e nel 2007, dal magistrale fi lm La zona, del regista uruguaiano-messicano Rodrigo Plá, tragico nel descrivere la città dannata al cui interno è murato (in senso letterale: alte mura, fi lo spinato, corrente elettrica) un piccolo angolo fasullo e poliziesco di benessere.
b) La seconda strada che si prospetta è quella di creare uno Stato in gra- do di socializzare la ricchezza prodotta dalle macchine e redistribuirla sotto forma di lavoro dignitoso, utile e prezioso per la società e gratifi cante per chi lo compie. Questo richiede uno Stato fortissimo, in grado di utilizzare la tassazione, e contestualmente il più largo possibile sistema di incentivi, per socializzare – anche, per quel che si potrà, volontariamente – la ricchezza prodotta. È ovvio che dire “Stato fortissimo” non signifi ca dire Stato autori- tario, oppressivo, poliziesco, ma Stato che sappia rendere effettiva la demo- crazia, cioè il potere del popolo organizzato in corpi intermedi, politici e pre-politici (che è il contrario della demagogia) attraverso apparati che non rappresentino il ventre molle di una società plebea, ma la massima espressio- ne del suo saper “ben fare”.
Oggi sembra fuori dall’immaginabile. Ma, per quel che riguarda la socia- lizzazione della ricchezza, si deve ricordare che la fi nanziaria varata nel 2012 da Hollande prevedeva un’aliquota al 75% per i redditi superiori al milione di euro. La mesta fi ne dello stesso Hollande sembra dimostrare il velleitarismo, oggi, del disegno. Che è un disegno, però, non certo nuovo. Se allo scoppio della grande crisi del 1929, negli Stati Uniti, l’aliquota massima era al 24%, già nel 1932 era del 63%. Con Roosevelt l’ascesa delle aliquote è continuata. Nel 1945 ha toccato il 94%. Ancora negli anni Sessanta – presidenza Eisen- hower, repubblicana (1953-1961) – i più ricchi pagavano più del 90% sulla parte più alta dei loro redditi. L’aliquota massima è poi scesa, rimanendo però intorno al 70%. Con gli anni settanta-ottanta è iniziata una ulteriore for- te discesa. Con la riforma Trump del dicembre 2017 le imprese verseranno un’aliquota di circa il 20%; e le persone fi siche un’aliquota massima del 37% oltre i 500.000 dollari (se singoli o 600.000 per le dichiarazioni congiunte).