Ultime parole della Costituzione
7. Il potere costituente virtuale
L’idea jeffersoniana che ogni generazione – oggi calcolabile in termini di maggiore longevità – abbia il diritto di darsi una nuova costituzione non signifi ca che ogni generazione di un popolo debba ritenersi obbligato a fare una rivoluzione costituzionale. Piuttosto, ogni generazione può ritenersi libe- ra di immedesimarsi nelle istituzione tradite oppure di sognare o tentare del- le riforme, assumendosi una propria responsabilità davanti alle generazioni passate e future del proprio e degli altri popoli.
I costituzionalisti sapevano anche prima della legge costituzionale 3 apri- le 1989, n. 2 “Indizione di un referendum di indirizzo sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo”, anche prima del controverso messaggio alle camere del presidente Cossiga (1991), e anche prima della velleitaria dichiarazione di indipendenza della Padania da parte di un’as- semblea costituente della Lega Nord (1996), che la Costituzione non era un essere immortale, che poteva restare vittima di un attentato o di una “rivolu- zione costituzionale”24. Anche l’odierna Costituzione può essere sostituita,
22. Cfr. A. Ruggeri, Tre questioni in tema di revisione costituzionale (2018), https://www. gruppodipisa.it/images/rivista/.
23. Per richiami espliciti cfr. in particolare la sent. n. 266/2009.
24. Cfr. soltanto C. Fusaro, La Rivoluzione costituzionale, Rubbettino, Soverio Mannelli, 1993.
se non da un actus contrarius di annullamento, quanto meno da una nuova Costituzione approvata da un nuovo soggetto storico che rivendica il potere costituente.
Se tutti i cittadini hanno un diritto di libertà di riunione non tumultuosa (art. 19) e se i cittadini viventi nel loro insieme sono i titolari della sovranità del popolo “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, re- sta da chiedere se l’art. 1 co. 2 della Costituzione fa riferimento soltanto a “questa” Costituzione o può essere letto in modo estensivo come riferimento alla “Costituzione” come categoria generale di atto che stabilisce le forme e i limiti di esercizio dei poteri costituiti. Per la teoria dell’eternità, l’art. 1 co. 2 avrebbe positivizzato la teoria della necessaria esauribilità del potere costi- tuente di Sieyes sostituito integralmente dai poteri costituiti, inclusi quelli di interpretazione e revisione. Per la teoria jeffersoniana, il potere costituente originario potrebbe aver riconosciuto attraverso la clausola della sovranità popolare implicitamente l’esistenza di un “potere costituente derivato” o, se si preferisce, di un potere democratico di sostituzione della Costituzione, che alcuni revisori parziali tendenti all’uso ultra vires del potere di revisione potrebbero aver invano sognato di accarezzare.
La storia costituzionale degli ultimi settant’anni ha insegnato che l’invo- cazione del potere costituente e la conclamazione di una “rivoluzione costi- tuzionale” non giova agli attori della politica costituzionale. La lotta per la costituzione non ha prodotto grandi riforme25. Resta il paradosso delle rifor-
me costituzionali: se tutto deve cambiare, nulla si riesce a cambiare. La storia costituzionale europea ha insegnato tuttavia anche che, se nulla cambia, una Costituzione rischia di invecchiare precocemente. Il potere costituente resta sussidiario e silente solo se il potere di attuazione e quello di revisione con- tinua ad esercitarsi con un qualche successo.
8. Dernier cri: devitalizzare le radici costituzionali dell’Unione europea?
Le ultime parole in grado di terminare la vita di una costituzione potreb- bero essere non solo le prime parole di una nuova costituzione, ma anche divieti di attuazione o emendamenti ultra vires di quella vigente.
Se si guarda a tal proposito ai procedimenti pendenti di attuazione e di revisione costituzionale, restano da esaminare i meccanismi di sperimenta- zione e correzione dell’art. 116 co. 3 Cost., norma che forse non permette scelte irreversibili, che anche a distanza di anni potrebbero ancora rivelarsi incompatibili con l’interesse nazionale in grado di legittimare una disdetta dell’intesa.
25. Cfr. il commento di E. Grosso, La nottola e il pipistrello, a M. Dogliani, Il problema della rigidità e della revisione della costituzione (1998), in M. Dogliani, La ricerca dell’ordi- ne perduto, cit., pp. 135 ss.
Se si guarda invece ai progetti di riforma costituzionale sopravvissuti all’ultimo referendum, il programma delle revisioni costituzionali dell’at- tuale maggioranza governativa si propone di “rivitalizzare” il sistema delle istituzioni rappresentative e di “rafforzare” quelle della democrazia diretta, tentando un loro diffi cile riequilibrio. Da un lato si intende – in questo or- dine assiologico – ridurre il numero dei parlamentari, decostituzionalizza- re (o sopprimere) il CNEL e dare l’ultima parola sul contenzioso elettorale politico alla Corte costituzionale, dall’altro eliminare il quorum strutturale del referendum abrogativo e rafforzare l’iniziativa legislativa popolare. La prognosi di una rivitalizzazione del Parlamento snellito e di un rafforzamen- to dell’interesse della cittadinanza a prendere decisioni fi nora delegate ai rappresentanti potrebbe essere foriera di un ottimismo controfattuale. Anche la diagnosi di una “crisi di rappresentanza per incapacità di costruire il con- senso necessario per assumere le decisioni politiche” potrebbe essere dovuta a contingenze delle dinamiche elettorali e dei vincoli fi nanziari della politica. Tali vincoli forse non solo sono pattuiti in sede europea, ma anche nei loro principi coperti dai princìpi supremi che intendono garantire la sopravviven- za della sovranità repubblicana.
Al riguardo meriterebbe un’analisi più approfondita la proposta di leg- ge costituzionale AC. n. 298 a fi rma Meloni ed altri, che propone «modifi - che agli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti il rapporto tra l’ordinamento italiano e l’ordinamento dell’Unione europea». Sopprimendo tutti riferimenti i vincoli discendenti dall’ordinamento comunitario prima e da quello dell’UE poi, si vorrebbe porre un rimedio al fatto che «ci siamo vo- lontariamente e follemente desovranizzati» e legittimare uno svincolo quan- to meno dal Fiscal compact. Nella relazione si legge anche che i “principi europei” sono tali da «sovrapporsi ai più fondati (…) non ideologici e non programmatici principi costituzionali italiani». Cancellare le ultime parole aggiunte alla Costituzione al fi ne di legittimare gli ultimi sviluppi dell’in- tegrazione europea dal punto di vista formale non distruggerebbe l’identi- tà costituzionale originaria. Resta tuttavia da chiedere se quelle riforme già applicate, anche se ovviamente imperfette, non sono anche interpretazioni dell’art. 11 Cost., cioè non hanno concretizzato e reso vivente il principio fondamentale della limitazione condizionale della sovranità. Ad ogni modo un’Italexit potrebbe essere lesivo non solo della seconda e terza clausola dell’art. 11 Cost., ma anche di un principio supremo oramai caratterizzan- te l’acquisita identità europea della Costituzione italiana. Solo una ripresa effettiva della guerra o una situazione di accertabile “ingiustizia” nelle rela- zioni tra le nazioni europee potrebbe legittimare una scelta della penisola di seguire l’esempio dell’isola rimasta infelicemente senza costituzione. Allo stato attuale non andrebbe sottovalutata né la resistenza dell’anima della Co- stituzione, né la sua resilienza alle ingiustizie europee, ma nessuna costitu- zione può essere sicura di non essere devitalizzata un giorno. Come conclu- dere allora? Il resto è silenzio (Hamlet).