Ugo De Siervo
4. Verso la rifondazione costituzionale dopo la caduta del fascismo
È evidente che appare radicalmente diverso il contesto entro il quale si manifesta la fase costituente che è all’origine della Costituzione repubbli- cana.
Anzitutto ci si trovava dinanzi ad un paese militarmente sconfi tto ed anzi amministrato dagli organi espressivi degli Alleati, cui il paese si era arreso mediante i due armistizi (Cassibile e Malta) del settembre 194332.
In secondo luogo, il Governo Badoglio, eliminando gli organi fascisti che si erano compenetrati con quelli statutari (anzitutto la Camera dei fasci e delle corporazioni ed il Gran Consiglio del fascismo), aveva defi nitivamente disarticolato lo Statuto albertino e ridotto il sistema costituzionale al solo Sovrano ed al suo Governo.
In terzo luogo, i partiti antifascisti rifi utavano di legittimare il Governo regio e chiedevano l’abdicazione del Sovrano.
Anzi, alcuni partiti avevano già chiarito nel periodo della clandestinità la preliminare necessità di una vera e propria rifondazione costituzionale; ad esempio, solo per citare l’inizio di un documento democristiano del marzo 1943, si era effi cacemente scritto: «La ventennale crisi politica ha investito le basi costituzionali dello Stato, rendendo necessaria la ricostruzione con nuove leggi fondamentali. Il popolo italiano sarà chiamato a deliberarle e sanzionarle»33.
Dinanzi all’ardito tentativo della Monarchia di «restare allo Statuto» me- diante la previsione della mera reviviscenza della Camera dei deputati al ter- mine della guerra (R.D.L. 2 agosto 1943, n.705), era naturale che vi si con- trapponesse il neonato Comitato di liberazione nazionale, che invece chiese fi n dall’ottobre 1943 l’elezione popolare di un “organo rappresentativo che decidesse sulla forma istituzionale dello Stato”. Una posizione che – come ben noto – si articolava anche nel rifi uto di partecipare al Governo ove non si fosse previamente sciolto il nodo istituzionale (la cosiddetta “pregiudiziale
32. Cfr. U. De Siervo, La transizione costituzionale (1943-1946), in «Diritto pubblico», 1996, pp. 543 ss.; A.G. Ricci, Aspettando la Repubblica. I Governi della transizione 1943- 1946, Donzelli ed., Roma, 1996, pp. 5 ss.
33. Linee di ricostruzione, ora in I cattolici democratici e la Costituzione, a cura di N. Antonetti, U. De Siervo, F. Malgeri, il Mulino, Bologna, 1998, I. p. 215.
antimonarchica”), come risultò confermato nel congresso di Bari dei partiti del CLN del gennaio 1944, che comunque ribadì la necessità di un’Assem- blea costituente. Tutto ciò con evidenti grandi preoccupazioni degli Alleati, che dominavano pienamente le istituzioni dell’“Italia del Re”34 ed erano for-
temente interessati a rafforzare la rappresentatività del Governo italiano. La situazione – come ben noto – cominciò a sbloccarsi con la cosiddetta “svolta di Salerno” e con la successiva vicenda che (con l’autorizzazione degli Alleati) portò all’impegno per la tregua istituzionale, alle dimissio- ni “irrevocabili” di Vittorio Emanuele III e alla nomina del fi glio Umberto come Luogotenente del Regno, alla selezione del personale governativo fra gli esponenti dei partiti del CLN e soprattutto all’affi damento ad una futura Assemblea costituente di tutte le scelte istituzionali e costituzionali.
Tutto ciò si concretò, dopo la liberazione di Roma, con il Governo Bo- nomi che adottò, d’intesa con gli Alleati, quella che è stata denominata non impropriamente come “Costituzione provvisoria” e cioè il D. Lgs. Lgt. 25 giugno 1944, n. 151, il cui primo articolo previde che «dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo ita- liano che a tal fi ne eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una As- semblea costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato». Una soluzione che in sostanza individuava nel popolo (senza alcuna distinzione fra uomo e donna, che invece aveva caratterizzato il regime statutario) il soggetto titolare del potere costituente e poneva la premessa per una Costitu- zione caratterizzata dalla democraticità.
Si era giunti, quindi, ad una soluzione del tutto diversa da quella di un se- colo prima, ma omogenea a quella largamente praticata dopo la prima guerra mondiale in molti Stati, europei ed extraeuropei, interessati ad adottare nuo- ve costituzioni o a modifi care radicalmente quelle esistenti. Specie dopo la caduta degli Imperi centroeuropei e la conquista della sovranità nazionale da parte di vari nuovi Stati, si erano sommate le tante modifi cazioni rese neces- sarie dalle grandi trasformazioni degli Stati sotto la pressione della questione sociale, dei grandi sviluppi produttivi, delle nuove leggi elettorali, della stes- sa diffi coltà di funzionamento di non pochi assetti costituzionali. Da ciò una serie numerosa di nuove costituzioni democratiche e l’emersione anche di un rinnovato costituzionalismo35, naturalmente al di là dei diversi fenomeni del
costituzionalismo sovietico e di quello autoritario o nazista.
Ormai la regola era divenuta, al di là dei diversi modelli organizzativi prescelti, la edifi cazione di ordinamenti democratici, cioè caratterizzati dal potere decisionale affi dato ad organi rappresentativi del popolo e del plura- lismo sociale, nonché dalla piena tutela delle diverse situazioni soggettive,
34. Aldo G. Ricci, op. cit., pp. 8 ss.
35. Per tutti si vedano tre signifi cative opere di B. Mirkine Guetzévitch, Les constitutions de l’Europe nouvelle, Delegraves, Paris 1928, Les nouvelles tendences du droit constitutionnel, LGDJ, Paris, 1936, Les constitutions européennes, PUF, Paris, 1951.
con l’emersione anche di forme di legalità costituzionale, oltre quelle relative alla legalità ordinaria.
Il problema semmai si era venuto trasformando in quello dell’esistenza o meno di limiti al potere costituente tutte le volte che non ci si trovasse dinan- zi a fasi davvero rivoluzionarie o comunque all’assenza di autorità garanti dell’esistenza di un procedimento costituente. Normalmente peraltro ci si era trovati dinanzi a discipline, più o meno precise ed effi caci, del procedimento costituente e quindi con la previa determinazione di procedure, di limiti e di predeterminazione di organi per la gestione ordinaria dello Stato: fra i tanti casi, ci si può riferire al complesso sistema di limiti prefi gurato per la nuova Costituzione francese dalla ordinanza 17 agosto 1945 del Governo francese (“Costituzione provvisoria di Algeri”)36.
Nel caso italiano a ciò provvede essenzialmente il D. Lgs. Lgt. 16 marzo 1946, n. 98, la cosiddetta “seconda Costituzione provvisoria” (un testo del Governo37, ovviamente approvato dagli Alleati), che non solo attribuisce al
corpo elettorale la scelta istituzionale, ma limita i poteri legislativi dell’As- semblea costituente e ne determina la durata in funzione (ma qui le leggi cost. n. 1 e n. 2 del 1947 aggireranno quest’ultimo limite, prolungando l’atti- vità dell’ Assemblea oltre i limiti temporali determinati dall’art. 4.2).
A questa sostanziale analogia della nostra Costituente con molte altre di questa fase storica, si somma pure la manifesta condivisione di una scelta, ormai abbastanza diffusa fra le nuove Costituzioni, di Costituzione anche programmatica: non a caso, l’art. 2 del D. Lgs. Lgt. 31 luglio 1945, n. 435 (il testo istitutivo del Ministero per la Costituente) si riferisce alla nuova Costituzione «che dovrà determinare l’aspetto politico dello Stato e le linee direttive della sua azione economica e sociale»38.