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Alcune questioni aperte:

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 87-98)

COMPITI DEI DIRIGENTI DEGLI UFFICI IN RELAZIONE ALLA PROGRESSIONE IN CARRIERA DEI MAGISTRATI

5) Alcune questioni aperte:

a) l’esame dei provvedimenti.

In materia di esame dei provvedimenti redatti dal «promuoven-do» la circolare contiene una serie di garanzie tanto scontate quan-to nette ed inequivoche: «gli elementi di fatquan-to rilevanti non potran-no mai essere desunti dagli orientamenti ideologici, politici o reli-giosi del magistrato» (39); «Nella valutazione dei provvedimenti il C.G. deve tener conto esclusivamente dei profili tecnico–professio-nali relativi all’ esposizione delle questioni e all’argomentazione del-la soluzione adottata, con esclusione di qualsiasi sindacato sul me-rito della soluzione stessa» (40); «Nella valutazione dell’equilibrio i componenti del C.G. devono prescindere dagli orientamenti ideolo-gici del magistrato anche se emergenti da provvedimenti giudiziari»

(41). La circolare prevede poi un esame limitato dei provvedimenti, mediante una procedura alquanto ferraginosa (segnalazione su ini-ziativa dell’interessato di particolari provvedimenti; sorteggio, in tal caso, come una specie di «riconvenzionale», a campione da parte del C.G. di altri provvedimenti, previa determinazione del numero e del-le modalità della raccolta) tadel-le, oggettivamente, da riaccreditare l’idea dei titoli da esibire come parametro di valutazione del magistrato.

(39) Capo II punto 3 circ.;

(40) Capo III punto 10 circ.;

(41) Capo III punto 20 circ.;

E’ noto che in sede di approvazione della circolare, questa fu una delle questioni più travagliate, tant’è che il testo finale fu il ri-sultato di vari emendamenti proposti alla soluzione proposta dal comitato nella II bozza, frutto di posizioni notevolmente divergen-ti fra loro. (42).

Nella valutazione conclusiva prevalse la soluzione della sola se-gnalazione di provvedimenti da parte dell’interessato e non anche da parte dei dirigenti dell’ufficio di appartenenza o di altri nonché da parte di privati.

Ora, risulta per certo che il meccanismo adottato ha avuto nella pratica scarsissima applicazione, conseguenza probabile dell’eccessi-va timidezza con cui il problema è stato affrontato. Le alternative che si aprono sono dunque quelle del mantenimento di una soluzione in-soddisfacente ovvero del superamento dell’attuale disposizione.

Non ci si può nascondere che permane un’opinione largamente diffusa in Magistratura contraria ad ogni sindacato sugli atti di eser-cizio della funzione giurisdizionale diverso da quello del giudice

del-(42) Nel dibattito consiliare furono discussi, preliminarmente, 3 emandamenti diversi:

Esame di provvedimenti raccolti esclusivamente per campione «in caso di mo-tivato dubbio o di dati contrastanti sulle effettive capacità del magistrato» (Ippolito), o «in assenza di altri elementi di valutazione» (subemend. Bertoni); segnaliamo da parte dell’interessato al C.G. di provvedimenti con richiesta di tenere conto nella va-lutazione della preparazione. Vava-lutazione anche delle segnalazioni di provvedimen-ti del magistrato proveniente da dirigenprovvedimen-ti di uffici anche diversi da quello presso il quale l’interessato presta servizio, nonché da privati (Zagrebelsky); segnalazione di attività giudiziarie e provvedimenti significativi ai fini della valutazione della pre-parazione da parte dell’interessato, del capo ufficio e del Consiglio Giudiziario (Verucci);

Nella discussione che seguì venne, quindi, proposto dal cons. Senese il seguen-te emandamento: «L’inseguen-teressato può segnalare al C.G. provvedimenti o specifiche at-tività giudiziarie e chiedere che se ne tenga conto nella valutazione della preparazio-ne e della capacità. Il C.G. deve prendere in consideraziopreparazio-ne anche le segnalazioni di provvedimenti o attività giudiziarie del Magistrato da chiunque provengano. Nel con-siderare gli elementi di cui sopra, il C.G. può estendere le proprie valutazioni all’esa-me di provvediall’esa-menti raccolti per campione secondo le modalità obiettive prefissate a norma del punto… Nella valutazione dei provvedimenti il C.G. deve tener conto esclu-sivamente dei profili tecnico–professionali relativi all’esposizione delle questioni ed all’argomentazione delle soluzioni adottate, con esclusione di qualsiasi sindacato sul merito della soluzione stessa».

Quest’ultimo emandamento rappresenta sostanzialmente il testo finale della cir-colare, eccetto la formulazione «da chiunque provengano» che ne costituiva certamente la parte più innovativa, idonea comunque a spezzare la logica discutibile dell’esclusi-vo collegamento dell’esame dei provvedimenti alla iniziativa dell’interessato;

le impugnazioni (43). Vero è peraltro, che il principio di insindaca-bilità appare indifendibile nella sua assolutezza per una serie di pre-cise ragioni: risultando contra legem, almeno per quanto riguarda la promozione a Magistrato di tribunale (v. art. 21 l. 97/79), richieden-dosi che «il C.G. nell’esprimere il suo parere tiene anche conto dei provvedimenti redatti dall’uditore e delle prove offerte nell’esercizio della sua attività giudiziaria, …»; ed essendo contro la prassi cor-rente per cui i dirigenti degli uffici, nei loro rapporti, forniscono le loro valutazione anche sulla base dell’esame dei provvedimenti re-datti dal promuovendo (44).

D’altra parte, tante valutazioni poggianti oggi sulla fama o su mere presunzioni, da dove si ricavano realmente se non dai provve-dimenti dell’interessato, appare davvero grottesco che alla fine, l’uni-co organismo cui è precluso il più delle volte tale accertamento, fi-nisca con l’essere proprio quello più interessato, avendo il compito di formulare autonomamente un parere completo su elementi e qua-lità professionali che, pacificamente, tutta una serie di altri soggetti normalmente ricavano andandosi a leggere tali provvedimenti (diri-genti degli uffici, presidenti di sezione, ispettori ministeriali). Senza contare, infine, che per determinate funzioni (es. giudice a latere del dibattimento; magistrato d’appello; giudice di legittimità) non si ve-de proprio come possa essere proficuamente rilevata la professiona-lità (per quanto attiene alla preparazione, capacità e diligenza), se si prescinde da tale principale, se non esclusivo, indicatore/prodotto del-la stessa.

Ciò posto, occorre allora imboccare la strada di una interpreta-zione della circolare che non limiti al solo caso espressamente di-sciplinato la facoltà dei Consigli Giudiziari di acquisire per campio-ne i provvedimenti del promuovendo: l’obbligo legale di cui al cita-to art. 21 l. 97/79 e la realtà professionale di alcuni mestieri, deb-bono indurre a superare quella angusta regolamentazione,

assumen-(43) Si possono qui ricordare le annose discussioni sul sindacato in sede disci-plinare del c.d. «provvedimento abnorme»;

(44) Altro discorso è che le affermazioni contenute nei rapporti sul «modo» di redigere i provvedimenti siano, poi, di regola, non sorrette da dimostrazione/docu-mentazione alcuna, ma frutto di giudizi elogiativi apodittici sullo «stile inappuntabi-le», «capacità espositiva sobria», «preparazione profonda» e via discorrendo;

Ed è probabilmente questa la ragione, molto semplice, per cui tale tipo di «con-trollo» sui provvedimenti non ha mai dato luogo a riserve o a discussioni;

do in via normale l’esame dei provvedimenti per la nomina a Magistrato di tribunale (a conferma del maggior rigore dell’accerta-mento, come si ricava dalla legge e come da tempo puntualizzato dallo stesso CSM (45), e tutte le altre volte in cui il C.G. ritenga ciò necessario per le sue valutazioni, come fonte sussidiaria o principa-le di conoscenza.

Quanto ai contenuti, poi, dell’esame, non può che ribadirsi la di-stinzione di fondo operata tra l’atto–risultato del giudicare ed il com-portamento posto in essere dal giudicante (46): il primo profilo del provvedimento è quello demandato al sindacato del solo giudice del-le impugnazioni; il secondo è, viceversa, quello ridel-levante negli altri giudizi consentiti sul provvedimento (in sede disciplinare ed, appunto, in sede di verifiche professionali).

Su questa scia del resto, si è collocato lo stesso CSM, allorché, nel formulare a suo tempo il parere sul DDL governativo in materia di riforma della responsabilità disciplinare (47), ha riaffermato la le-gittimità della sanzionabilità solo dei comportamenti prescindendo dall’esame dei provvedimenti cui danno luogo, rivolgendo così l’at-tenzione a tutti quei doveri funzionali che possono anche riflettersi sulla decisione (come esularne) e che si rinvengono in ogni atto: l’ob-bligo di motivazione, di pronunciarsi sulle istanze delle parti, di giu-dicare secundum alligata et probata…, e così via.

La verifica può così benissimo svolgersi su tutti quegli aspetti strumentali ed estrinseci rispetto al risultato/scelta giurisprudenziale effettuata,esaminando anche la tecnica dell’atto, l’ordine di trattazio-ne delle questioni, la corrispondenza tra motivaziotrattazio-ne e dispositivo, la pertinenza della motivazione stessa con la materia del contendere.

Non si deve, infine e del resto, dimenticare l’esistenza di un cli-ma culturale orcli-mai profondamente mutato, sicuramente più disposto ed accettare le considerazioni che procedono, anche perché ogni va-lutazione non è più affidata ad organi gerarchicamente sovraordinati o ad apparati selettivi separati (dal circuito dell’autogoverno) ma ad organi democraticamente eletti e pluralisti nella loro composizione.

E di questo mutato clima generale e dei problemi indicati

pre-(45) Circolare CSM 20. 5. 77 n. 2462 citata;

(46) Distingue correttamente i due momenti A. Pignatelli, «Il problema della re-sponsabilità disciplinare», in Questione giustizia, 1982, pag. 753-37;

(47) V. parere citato del CSM sulla responsabilità disciplinare;

cedentemente dev’essersi fatto carico lo stesso CSM nel momento in cui, in relazione ad un quesito pervenutogli in ordine all’esame dei provvedimenti in relazione al parere da esprimere per l’idoneità alle funzioni direttive superiori (48), ha risposto richiamando il testo del-la circodel-lare secondo cui «soltanto» nel caso di segnadel-lazione dell’in-teressato il C.G. sarebbe tenuto ad acquisire per campione i provve-dimenti necessari, ma aggiungendo, significativamente, che «al di fuo-ri di questo caso il C.G. ha peraltro sempre la facoltà di acquisire per campione i provvedimenti, ovviamente con le stesse modalità, ove li ritenga necessari per le sue valutazioni; come si desume dalla natu-ra di alcuni dei panatu-rametri di valutazione (prepanatu-razione, capacità) e dai poteri che in generale sono conferiti ai C.G. per l’espressione dei pareri. Con il che pare davvero intrapresa la strada del superamen-to dell’interpretazione restrittiva (ed in parte contra legem) della cir-colare in relazione all’argomento in questione.

b) L’autorelazione.

Un antecedente dell’innovazione introdotta della circolare del maggio 85, è rinvenibile già nella precedente circolare n. 2462 del 20/5/77 in cui, relativamente al parametro della laboriosità si faceva riferimento all’indicazione di elementi obiettivi (oggetto della con-troversia, numero delle parti o imputati, natura dell’imputazione)

«evidenziati se del caso dall’interessato circa l’eventuale particolarità o complessità o difficoltà degli affari trattati dal Magistrato, specie nel caso di dati statistici di scarsa consistenza». L’oggetto delle dicazioni fornite dall’interessato era, dunque, circoscritto a dati in-tegrativi (e oggettivi) concernenti il parametro della laboriosità.

Nella circolare più recente, il tema dell’autorelazione si è inseri-to nel discorso di fondo di arricchire quaninseri-to più possibile le fonti di conoscenza di ogni magistrato, fin dall’inizio dell’esercizio delle fun-zioni e dallo stesso uditorato (49), ma il nuovo strumento è rimasto

(48) Il quesito è stato posto dal C.G. di Firenze, è pervenuto al CSM il 5. 10. 87 ed è stato evaso con nota del successivo 11. 10. 87;

(49) A questo proposito, si vedano le importanti novità contenute nella recen-tissima circolare del CSM in data 8. 7. 87 sulla nuova disciplina per il tirocinio degli uditori giudiziari (pubblicata nel notiziario n. 12/87);

alquanto indeterminato quanto ai contenuti ed alle possibili utilizza-zioni: laconicamente la circolare si limita ad indicare l’invio ogni due anni delle schede di autorelazione da parte dei C.G. ai giudici; ed a includere la scheda tra le fonti di conoscenza utilizzabili sia per la redazione dei pareri sull’avanzamento nelle qualifiche sia dei pareri in materia tabellare. Con il che si evidenziano già le potenzialità del-la scheda che potrebbe divenire veicolo di informazione periodica sia in vista delle (adesso biennali) tabelle sia degli altri pareri.

Ora, nonostante gli scarsi dati forniti dalla circolare, ulteriori elementi si ricavano già dalla semplice analisi del mutamento inter-venuto nel testo finale rispetto a quello della II bozza, in cui si par-lava genericamente di «scheda di autovalutazione» Il mutamento «lin-guistico» (in «autorelazione») non appare secondario, in quanto se lo scopo di fondo della circolare era effettivamente quello d’integrare le informazioni ricavabili dalle altre fonti utilizzate dal C.G., non po-teva immaginarsi una funzione della scheda in termini autovalutati-vi (e quindi, ineautovalutati-vitabilmente, autoelogiatiautovalutati-vi), come occasione di illu-strazione di particolari «meriti» in ordine agli stessi parametri–basi del parere (equilibrio, diligenza, preparazione, capacità). Significato del tutto diverso, viceversa, assume la scheda se divenisse occasione per trasmettere ulteriori informazioni e dati in ordine al parametro della laboriosità ed alle caratteristiche delle funzioni esercitate, non-ché in relazione alle condizioni complessive dell’ufficio in cui esse si svolgono (50): struttura dell’ufficio, criteri di distribuzione degli af-fari, criteri di rilevazione dei dati statistici, distribuzione del perso-nale amministrativo e delle risorse, situazione organico, supplenze e applicazioni, specifiche attività svolte nell’ambito della funzione, or-ganizzazione del lavoro ed innovazioni introdotte nelle prassi, altri dati oggettivi concernenti attività svolte, corsi di aggiornamento se-guiti, incarichi extragiudiziari espletati e così via.

Solo valorizzando tali aspetti, il ricorso alla scheda potrà diffon-dersi ed al contempo divenire concreto il raccordo ipotizzato con la procedura tabellare (previsto in modo alquanto generico dal punto n. 35 della circolare, ben potendo la scheda divenire uno strumento sistematico e generalizzato di partecipazione alla stessa procedura.

(50) Da qui gli importanti raccordi con le «condizioni dell’ufficio» previste dal-la circodal-lare in punto «operosità» e con dal-la procedura tabeldal-lare e redal-lativo parere;

c) La rivelazione delle attitudini specifiche:

Il dato normativo, dopo l’intervento della Corte Costituzionale declaratorio dell’incostituzionalità dell’art. 10 l. 831/73 (51), è del tut-to omogeneo nel senso di attribuire al sistema dell’autut-togoverno il compito di stabilire i criteri per una oculata gestione dell’attribuzio-ne di tutte le funzioni, tedell’attribuzio-nendo conto costantemente, insieme all’an-zianità ed al merito, delle specifiche attitudini del promuovendo o del concorrente ad un posto (52). Una gestione, in altri termini, che deve mostrarsi sensibile alle qualità e storie professionali degli aspi-ranti, che debbono necessariamente emergere dai fascicoli persona-li: il che fa ritornare il discorso, ancora una volta, alle modalità di redazione dei pareri da parte dei C.G..

Puntuale e coerente (col dato normativo) è la circolare, nel mo-mento in cui stabilisce che «tutti i pareri debbono altresì segnalare ai fini della ricostruzione di specifiche attitudini del magistrato», e che «nei pareri per il conferimento di funzioni, per l’assegnazione di sedi, per tramutamento, per il conferimento di uffici semidirettivi e direttivi, la valutazione attitudinale specifica va formulata, quando sia possibile, con esclusivo riferimento alle funzioni da conferire e all’ufficio al quale destinare l’interessato».

Nella già citata circolare del 1980 il CSM aveva affrontato il problema di come coordinare il dato normativo con le concrete mo-dalità di redazione dei pareri individuando (e le relative indicazio-ni operano certamente tutt’ora, in funzione integrativa della suc-cessiva circolare) una duplice funzione di quesiti: presupposto per la progressione nelle qualifiche ma anche per la successiva attribu-zione (in CSM) di punteggi preferenziali (in caso di trasferimenti, nomine, ecc.). Riguardo poi alle carenze attitudinali, queste dove-vano essere considerate (anche se non ostative alla promozione) nel momento successivo del concreto conferimento delle funzioni con-nesse alla qualifica superiore già attribuita.

(51) Sent. Cort. Cost. n. 86/82;

(52) V. art. 4 l. 570/66: «in sede di conferimento delle funzioni d’appello, il CSM procede all’assegnazione dei posti tenendo conto delle attitudini e dell’anzianità»; art.

2 l. 97/79: «il parere del C.G. ha per oggetto… con indicazione delle particolari atti-tudini rilevate per l’esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti»;

Ciò premesso, però, se si passa dai principi alla realtà dei pare-ri, è facile riscontrare anche su questo terreno un netto scarto, es-sendo state, le norme, sempre interpretate nel senso soprattutto dell’accentuazione del carattere generico della valutazione, connessa del resto al conseguimento – con il parere favorevole – di una qua-lifica vuota e non di un posto concreto o di una specifica funzione.

Da qui la scarsità di riferimenti alle effettive attitudini e la disap-plicazione della direttiva del Consiglio tesa a rendere polifunzionale il parere conciliando un momento di immediata ed eventuale sele-zione in negativo con momenti di futura selesele-zione attitudinale, mo-menti distribuiti tra dispositivo (contenente solo il giudizio riassun-tivo e globale sull’idoneità) e motivazione (contenente l’evidenzia-zione delle note – e carenze – attitudinale al ruolo di dirigente, giu-dice di merito o di legittimità,pubblico ministero).

La non facile conciliazione dei due momenti così diversi tra lo-ro, è certamente una plausibile ragione della situazione negativa esistente; tuttavia, la questione della insufficiente rilevazione delle attitudini costituisce la conseguenza di cause ben più profonde, che trovano spiegazione soprattutto nell’arretratezza di fondo dell’or-ganizzazione, incapace da sola a riflettere criticamente su se stes-sa, ad individuare i profili professionali dei diversi mestieri (con-tenuti, metodologie di lavoro, qualità richieste/controindicazioni, specifici indicatori della funzione) in un processo complessivo di crescita della cultura di ogni funzione nell’ottica egualitaria dell’art.

107 Cost..

L’arretratezza, d’altronde, necessita, per essere superata, di ap-porti scientifici esterni di altre discipline (sociologia dell’organiz-zazione, tecnica della formazione, docimologia, psicometria) da rac-cordare, peraltro, con le caratteristiche particolarissime dello sta-tus normativo del personale su cui bisogna intervenire (53). Solo così, forse, potranno andare a compimento le riflessioni e propo-ste in tema di specializzazioni (e della loro temporaneità, per im-pedirne una negativa cristallizzazione), di controlli sul cambiamento di funzioni (aumento della permanenza minima, corsi di

«conver-(53) Che non è quello di una qualsiasi pubblica amministrazione da rendere uni-camente più professionalizzato ed efficiente, né tanto meno quello di un’azienda, da formare secondo gli obiettivi produttivistici del datore di lavoro;

sione» professionale con punteggi supplementari), di reversibilità delle funzioni, di superamento dei piccoli uffici (incentrati sulla fi-gura organizzativa obsoleta del giudice tutto fare ed onniscente).

Entro queste coordinate di fondo, dunque, si collocano oggi le prin-cipali difficoltà a sviluppare adeguatamente la questione delle atti-tudini specifiche.

Tuttavia, le pur pesanti ipoteche presenti nell’assetto ordinamen-tale vigente non impediscono il raggiungimento di qualche risultato, rispetto a cui la circolare sui pareri contiene alcune utili indicazioni.

In primo luogo basta ricordare l’attenzione particolare dedica-ta al tirocinio ed al parere sul conferimento delle funzioni giuri-sdizionali: già all’inizio (allorché, tra l’altro, l’unico obiettivo per-seguito dall’istituzione è la formazione professionale del tirocinan-te) è possibile acclarare qualità specifiche, carenze attitudinali, in-clinazioni e predisposizioni particolari, precedenti di studio o di la-voro significativi, al fine di orientare nel miglior modo possibile (nell’interesse dell’utenza e dello stesso interessato) la prima desti-nazione.

Altre rilevanti indicazioni, poi, la circolare contiene in ordine al-le attitudini richieste al fine del conferimento degli incarichi diretti-vi e delle funzioni di legittimità, momenti notoriamente critici dell’au-togoverno (e non certo soltanto per la cattiva qualità dei pareri) (54).

Rispetto a questi, di estrema utilità appaiono i pareri speciali da richiedersi appositamente da parte del CSM ai C.G.: infatti, di un’oc-casione concreta per fornire dati di conoscenza, risulta più difficile che rimanga ancorata a valutazioni generiche e mistificanti. Si pen-si al parametro della «capacità organizzativa»: essa può desumerpen-si dalla precedente attività svolta o dal precedente svolgimento di fun-zioni direttive o semidirettive, e rispetto a ciò le stesse procedure ta-bellari e sugli avanzamenti nelle qualifiche possono fornire riferi-menti oggettivi precisi (dall’osservanza delle circolari del CSM, all’esi-stenza o meno di problemi nell’ufficio, alle modalità di redazione dei rapporti informativi sui magistrati).

In altri termini, volendo, possono desumersi dalle attuali

fon-(54) V. gli specifici parametri previsti dai punti H ed I capo III della circolare, per l’attitudine alle funzioni direttive (capacità organizzativa) e quelle peculiari allo svolgimento delle funzioni di legittimità (es. capacità di individuare le questioni di di-ritto e di affrontare problemi interpretativi di rilievo);

ti varie circostanze indizianti sulle attitudini specifiche di ciascu-no: l’attività giurisdizionale esercitata; le qualità professionali in essa manifestate; l’attività di studio e di ricerca effettuate (rile-vante, ad es., per il conferimento delle funzioni di legittimità); i dati ricavabili dalle schede di autorelazione; i corsi di aggiorna-mento seguiti; gli incarichi ricevuti dal CSM anche in detti corsi;

e così via.

Per quanto poi attiene alla valutazione delle acclarate attitudini, molto opportunamente la circolare ne vieta la graduazione, in man-canza della dimostrazione che un’attitudine è presente o carente in

Per quanto poi attiene alla valutazione delle acclarate attitudini, molto opportunamente la circolare ne vieta la graduazione, in man-canza della dimostrazione che un’attitudine è presente o carente in

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