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Il funzionamento dei Consigli Giudiziari ed i rapporti con i dirigenti degli Uffici: alcune proposte

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 104-111)

COMPITI DEI DIRIGENTI DEGLI UFFICI IN RELAZIONE ALLA PROGRESSIONE IN CARRIERA DEI MAGISTRATI

7) Il funzionamento dei Consigli Giudiziari ed i rapporti con i dirigenti degli Uffici: alcune proposte

Tutti i discorsi fatti rischiano, tuttavia, di arenarsi di fronte alla realtà strutturale ed organizzativa di tali organi che contrasta aperta-mente con qualsiasi ipotesi di efficace realizzazione dei sempre più nu-merosi compiti affidati loro dal CSM. Se non si affrontano, dunque, con la massima franchezza i vari aspetti del (cattivo) loro funzionamento rea-le, si perpetuerà unicamente una visione «ideologica» degli stessi, quali effettivi collaboratori preferenziali del CSM, organi decentrati dell’auto-governo, e così via; secondo schemi ricostruttivi cioè, che nell’accredita-re tale ruolo occultano i veri nodi che impediscono l’assunzione nella realtà di un tale ruolo e rendono, alla fine, inadeguato il prodotto prin-cipale della loro attività, costituita appunto dalla redazione dei pareri.

a) Una prima questione risiede certamente nella qualità dei rap-porti informativi dei dirigenti, divenuti in una prassi non rispettosa

del dato normativo (74) l’unica fonte di conoscenza dei C.G..

La stessa circolare sui pareri ha previsto, laconicamente, il do-veroso adeguamento dei rapporti ad essa con una formula, peraltro, insufficiente («verranno redatti… secondo le direttive che precedono in quanto applicabili») rispetto alle proposte emesse nel dibattito che accompagnò la predisposizione della circolare, di forte responsabi-lizzazione dei dirigenti.

L’elasticità di quella formula ha, invero, consentito la pratica inosservanza della circolare nei rapporti e la perpetuazione di un mo-do di redigerli seconmo-do inadeguati canoni tradizionali, viziati so-prattutto dall’idea errata che in essi debbano fornire anziché dati ed informazioni più oggettive e più ampie possibili, giudizi sulla bra-vura e sulla personalità globale del promuovendo.

Le esigenze, quindi, essenziali di una piena conformità dei rap-porti alle direttive consiliari e di una loro uniformità da distretto a distretto, debbono trovare urgente risposta a tutti i livelli istituzio-nali: dai dirigenti (rispetto dei criteri) ai C.G. (restituzione del rap-porto redatto in modo difforme dalle prescrizioni; predisposizione di uno schema unitario fisso orientativo da segnalare ai dirigenti degli uffici: segnalazione al CSM dei casi di manifesta dissonanza con lo spirito e contenuto della circolare), al CSM (controllo rigoroso sul rispetto della circolare; utilizzazione della qualità dei rapporti tra i parametri di successiva valutazione professionale del dirigente).

b) Altra questione di fondo, strettamente connessa con la pre-cedente, attiene alle fonti extragiudiziarie utilizzabili da parte dei C.G.. Sullo sfondo restano sicuramente i problemi ed i contrasti su-scitati dalle proposte di riforma elettorale dei C.G. nel senso di una loro apertura a componenti laici di diverso tipo (75). Oggi, al

con-(74) Singolarmente nelle l. 570/66 e 831/73 non si fa cenno alcuno al rapporto dei dirigenti degli uffici per i magistrati che svolgono attività giurisdizionale, men-tre nella l. 97/79 si fa riferimento solo ad una «dettagliata relazione» (senza indi-carne l’organo redigente, che comunque è stato senza dubbi interpretativi individuato nel dirigente). E’ la prassi, pertanto, che non ha solo generalizzato il ricorso al rap-porto informativo del dirigente ma anche ridotto ad esso, in pratica, le fonti d’infor-mazione del C.G.;

(75) Per il dibattito più recente, si rinvia al nostro «Le istituzioni dell’autocon-trollo…», op. cit., pag. 192-196, che riprende le proposte avanzate da A. Pizzorusso in «L’organizzazione della giustizia in Italia», Torino 1982, pag. 96;

trario, il tema si presenta nei termini indubbiamente più modesti (anche se non meno elevati) della possibilità di utilizzare, sia in se-de di procedure tabellari sia in sese-de di verifiche professionali, infor-mazioni e pareri provenienti dall’esterno dell’istituzione (Consigli dell’ordine, singoli avvocati, utenti), ovviamente documentati e da sottoporre, comunque a rigorosa verifica pena l’inevitabile cestina-zione (così come accade, in forza della circolare, per i «fatti accer-tati a seguito di notizie riferite dai componenti dei C.G.» – capo V lett. A n. 1).

Il tema, per quanto delicato e magari sgradito, è in ogni caso ineludibile, sia perché la classe forense non è soltanto una preziosa fonte di dati conoscitivi ed informativi ma anche componente inte-grante della giurisdizione (che non appartiene solo ai giudici), sia perché, più in generale, l’autogoverno dei giudici in sede locale in-teso come solo governo di giudici su loro stessi non appare più una formula organizzatoria adeguata ad affrontare lo spessore delle que-stioni che si prospettano; sia perché, infine, non si possono più igno-rare le istanze in tal senso provenienti dalle componenti più illumi-nate dell’avvocatura, stanche di mantenere collegamenti sotterranei o riservati con l’istituzione da sostituire con altri ufficiali e traspa-renti (e non più calibrati sul singolo caso o sul singolo giudice).

In ogni caso, nell’accennare alla necessità di aprire una discus-sione sul tema, occorre non dimenticare altresì che fino ad oggi es-so ha subito una netta chiusura da parte della maggioranza in seno al CSM, sia al momento, come s’è visto, di approvare la circolare sui pareri, sia in sede di approvazione della circolare per le tabelle del 1988 (76), sia infine in occasione della risposta ad un quesito posto al CSM sulla possibilità di trasmettere al Consiglio dell’ordine ri-chiedente dati relativi al lavoro giudiziario (77).

Ora, al di là dell’indubbia delicatezza del tema, e delle soluzioni praticabili, quest’ultima presa di posizione non può, per la sua radi-calità, non suscitare perplessità e preoccupazione perché non è eri-gendo steccati di segretezza e di opacità istituzionale che si potran-no avviare a soluzione i problemi di uffici pubblici che, in quanto

ta-(76) Allorché fu respinta la proposta di trasmettere le proposte tabellari anche ai Consigli dell’ordine per eventuali osservazioni;

(77) V. delibera CSM 18. 12. 86 in Notiz. N. 27/86;

li, necessitano per la loro soluzione del coinvolgimento e dell’appor-to di tutti gli operadell’appor-tori giuridici, al di fuori di logiche di separatezza.

c) Infine l’ultima questione urgente che merita risposta è quella concernente il lavoro dei componenti dei C.G..

Se esso è, a tutti gli effetti, lavoro giudiziario, come sempre af-fermato da parte del CSM, deve allora porsi seriamente il problema dell’esonero dal lavoro ordinario (almeno parziale e limitatamente a certi periodi dell’anno), trattandosi, più in generale, di valorizzare quei lavori amministrativi che stanno assumendo rilevanza sempre maggiore nell’organizzazione (collaboratori per il tirocinio; addetti agli uffici U.D.A.). Appare, infatti, estremamente contraddittorio con-tinuare da un lato ad attribuire nuovi compiti ai C.G. e, dall’altro , lasciare irrisolto il problema, quasi che non esistesse e come se non si sapesse qual’è il reale funzionamento di tali organi, affidato al so-lo voso-lontariato di pochi e condizionato pur sempre dalla presenza dei componenti di diritto. La durata breve del mandato ed il man-cato esonero restano così le caratteristiche negative del lavoro in C.G.

che impediscono al CSM di avere un interlocutore stabile ed effi-ciente per l’intera consiliatura; determinano semplificazione ingiu-stificata dei tempi di lavoro e superficialità nell’impegno; disincenti-vano l’adozione di iniziative dell’organo con inevitabile appiattimen-to ai soli rapporti informativi dei dirigenti.

C’é, del resto, veramente da domandarsi se il CSM sia consape-vole dei problemi effettivi in cui versano i C.G. quando si leggono de-libere incredibili quale quella recentemente adottata in tema di com-ponenti supplenti (78). Essa potrà essere anche corretta sotto il profi-lo degli astratti principi del diritto pubblico, ma ha avuto l’unico ef-fetto pratico di inceppare pesantemente il funzionamento concreto dei Consigli, manifestando totale insensibilità verso prassi necessitate di coinvolgimento, avviate in vari organi, anche dei supplenti per una più razionale distribuzione del carico di lavoro sempre più rilevante.

La riflessione va dunque portata anche su queste incongruenze in cui si dipana la stessa attività del CSM per chiedersi quale coerenza stia dietro a certi interventi e quali scopi precisi si perseguano

(esal-(78) Delibera CSM 15. 7. 87, in Notiz. N. 12/87;

tare o deprimere il ruolo dei C.G.?). Sfugge, in definitiva, il nesso che può legare la previsione da un lato che i componenti supplenti deb-bano entrare nella commissione per il tirocinio e l’esclusione buro-cratica e formalistica degli stessi dai lavori dell’organo (una volta che sia assicurato che supplente e titolare non votino la stessa pratica).

Al di là, comunque, di queste incongruenze e oscillazioni, l’at-teggiamento di fondo ufficialmente mantenuto successivamente dal CSM è stato sempre quello di una forte difesa della circolare del 1985, ma più come affermazione di principio che in termini di ca-pacità effettiva di ribaltare le prassi tradizionali. Così nella seduta del 9. 3. 88, il Consiglio ha adottato la seguente deliberazione (79):

«E’ stato rilevato che i Consigli Giudiziari nel formulare i pareri per la dichiarazione di idoneità dei magistrati ad essere ulteriormente valutati ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori e del contestuale conferimento di un ufficio corrispondente a tali funzio-ni, spesso non osservano le disposizioni in tema di pareri di cui al-la circoal-lare n. 1275 prot. in data 22.2.85 di questo Consiglio.

Si richiama, pertanto, la predetta circolare invitando i Consigli giudiziari ad attenersi, per la ricostruzione dei parametri di valuta-zione ai fini del parere in questione – come ai fini di ogni altro pa-rere che siano chiamati a formulare – alle specifiche indicazioni del-la circodel-lare medesima». Con il che, se da un del-lato del-la circodel-lare del 1985 riceveva piena conferma e adesione da parte del nuovo Consiglio, dall’altro si evidenziava una perdurante prassi di disapplicazione ad opera dei Consigli Giudiziari, che non risulta abbia condotto il Consiglio all’adozione di altri provvedimenti sanzionatori.

Così nella circolare n. 10271 del 22. 7. 88 che ha ridisciplinato la materia dei trasferimenti e delle assegnazioni di sede per il con-ferimento di funzioni, il Consiglio Superiore ha posto mano ad una ridefinizione di alcuni parametri valutativi utilizzabili (attitudini e merito) proprio in base alle indicazioni fornite dalla circolare sui pa-reri del 1985, ridimensionando parallelamente il parametro dell’an-zianità generica. Unitamente alla nuova circolare sono stati appro-vati i modelli per la certificazione dell’attività giudiziaria dei magi-strati distinti per funzioni; modelli «destinati a recepire, in maniera

(79) Circolare n. 3277 del 13. 2. 88 pubblicata nel Notiziario del CSM n. 4/88;

omogenea e più razionale tutti i dati, statistici e non, utili per una completa valutazione, anche comparativa, della laboriosità che è un’importante componente del criterio del «merito». Per cui può dir-si che dir-si sta imponendo una prospettiva generale di valorizzazione dell’impegno professionale» (80) che vada al di là del mero dato quan-titativo/statistico con tutti i suoi noti limiti consentendo l’illustra-zione documentata delle peculiarità del lavoro svolto e di quei pro-fili qualitativi non traducibili, allo stato, in nudi termini statistici. A tal fine la circolare, significativamente, precisa che «dell’attività esple-tata l’interessato potrà dare conoscenza mercè l’allegazione di atte-stazioni, autorelazioni e rapporti informativi dei capi degli uffici»

(81), così come in relazione alla valutazione delle attitudini rinvia al-le «specifiche capacità risultanti da pareri già espressi dai Consigli Giudiziari o da richiedere specificamente ai Consigli Giudiziari, dai rapporti dei dirigenti degli uffici, redatti a richiesta dei Consigli Giudiziari e da eventuali accertamenti diretti del CSM, dalle schede di autorelazione allegate ai pareri (82). Come si vede, ancora una volta, il problema principale consiste nella traduzione pratica, di que-ste ulteriori direttive varate dall’organo di autogoverno sulla scia del-la fondamentale svolta impressa daldel-la circodel-lare del 1985; ancora una volta, dunque, l’effettività dei principi introdotti e dei valori/fini per-seguiti si misura sulle prassi e comportamenti concreti posti in esse-re dai destinatari delle nuove diesse-rettive, sulla loro capacità e volontà di adeguamento e sulle capacità e volontà del CSM di farli rispettare.

Se si condivide, del resto, l’assunto centrale attorno a cui ruo-tano i discorsi fin qui svolti – l’esigenza prioritaria del buon funzio-namento dei canali periferici di trasmissione dei dati sull’organizza-zione e sul personale, come momento di garanzia e credibilità di tut-to il sistema – non ci si può sottrarre da un ulteriore lavoro di orien-tamento che meglio raccordi tra loro gli anelli dell’autogoverno lo-cale (CG e dirigenti) e riempia di contenuti più specifici i rispettivi compiti ausiliari e informativi.

E rispetto a questa esigenza vanno utilizzate, in primo luogo, una serie di precise indicazioni e proposte provenienti proprio dagli

(80) V. Relazione al Parlamento sullo stato della giustizia (1986-1990), pag. 114;

(81) Circ. ult. cit. capo II, par. III (merito);

(82) Ibidem, par. I (attitudini);

addetti ai lavori e già in possesso del CSM (83), che da un lato, han-no chiarito bene i limiti e contraddizioni dell’attuale situazione e, dall’altro, hanno delineato alcune possibili strade da percorrere per superare l’impasse esistente.

Riguardo ai difetti dell’attuale sistema si sono denunciati la per-durante non autonomia dei pareri rispetto ai rapporti dei dirigenti, riproducendo i primi pedissequamente i secondi; la non conoscenza della circolare sui pareri da parte di molti dirigenti e addirittura di alcuni Consigli giudiziari; la disapplicazione sistematica di precetti legislativi molto chiari (84), ribaditi e attuati dalle scelte interpreta-tive effettuate dal CSM con la circolare del 1985; i limiti dell’attua-le sistema di ridell’attua-levazione statistica dei dati, l’insufficiente prepara-zione di molti dirigenti nella redaprepara-zione dei rapporti informativi, de-terminata anche dalle incertezze esistenti circa il loro preciso con-tenuto; le difficoltà, anche psicologiche, nella redazione dei rappor-ti del capo nei piccoli uffici a causa dei rapporrappor-ti di stretta collegan-za e di amicizia esistenti con i magistrati «controllati».

Riguardo, invece, alle indicazioni in positivo sono emerse alcu-ne precise proposte di razionalizzazioalcu-ne: l’istituzioalcu-ne di maggiori rac-cordi tra Consigli Giudiziari e dirigenti al fine di assicurare la reda-zione di rapporti e pareri omogenei; l’ancoraggio dei rapporti dei ca-pi degli uffici a dati oggettivi, indicatori della professionalità speci-fica di ogni mestiere, con eliminazione delle clausole di stile, valu-tazioni immotivate, ecc.; la fissazione di parametri più analitici per ogni funzione che consentano la redazione dei rapporti su modelli uniformi elaborati per tutti i distretti; l’esercizio da parte del CSM di una maggiore attività di stimolo per la miglior conoscenza ed ap-plicazione delle direttive della circolare (con richiesta di integrazio-ne integrazio-nel caso di pareri elaborati difformemente da essa, elaboraziointegrazio-ne di modelli uniformi di rilevazione dei dati, ecc.);

(83) Si tratta delle relazioni e dei contributi dei gruppi di lavoro dei due incon-tri di studio e documentazione per magistrati organizzati dal CSM a Trevi il 26-28 febbraio e l’8-10 aprile 88 sul tema «Norme e prassi in tema di direzione degli uffici giudiziari con particolare riferimento ai procedimenti tabellari ai pareri per la pro-gressione in carriera, ai poteri di vigilanza», pubblicati sul quaderno n. 24/89 del CSM;

(84) Basta pensare agli adempimenti facenti capo alle Commissioni per il tirocinio costituite in ogni distretto, di cui all’art. 16 DP 11. 1. 88; oppure alla minuziosa griglia di controlli richiesti dall’art. 2 l. 97/79 cit. sulla promozione a magistrato di tribunale;

Interessante appare, infine, il fatto che l’esigenza di una mag-giore autonomia del parere del Consiglio Giudiziario dal rapporto informativo del dirigente sia stata motivata da alcuni capi sul rilie-vo delle difficoltà, come s’è detto, di ordine psicologico per il diri-gente ad esprimere giudizi non favorevoli riguardo ai magistrati ap-partenenti al proprio ufficio, esigenza cui si è replicato da altri af-fermando che i dirigenti non possono sottrarsi a tale responsabilità propria della loro funzione e che talune informazioni sono altrimenti difficilmente attendibili.

Ora proprio dal merito del contrasto emerge una concezione im-propria del rapporto visto come mera espressione di giudizi e valu-tazioni sulla persona del magistrato promuovendo anziché come oc-casione di esposizione, soprattutto, di fatti, notizie, dati e conside-razioni oggettive e non soggettive: solo in questa seconda più cor-retta prospettiva la funzione ausiliare e insostituibile del dirigente potrà davvero assumere quella valenza informativa che la normativa vigente le affida, depurata quindi da ogni tentazione di delineare la personalità globale del magistrato attraverso giudizi e valutazioni spesso tanto impegnative quanto immotivate.

8) La carriera dei magistrati tra vecchio e nuovo ordinamento

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 104-111)