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Le tabelle: caratteri generali e funzione

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 52-55)

ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI, IN PARTICOLARE LA FORMAZIONE DELLE TABELLE E LA DISCIPLINA

2) Le tabelle: caratteri generali e funzione

E’ piuttosto singolare che la disciplina delle tabelle degli uffici giudiziari sia rimasta per lungo tempo ancorata a riferimenti costi-tuzionali, per un verso, ed a circolari del C.S.M., per altro verso, sen-za che il legislatore ordinario intervenisse a dettare una disciplina completa ed organica sull’argomento. Solo la necessità di adeguare l’ordinamento giudiziario alle norme del nuovo codice di procedura penale è valsa ora in parte a rimuovere quest’anomalia: sicché il d.p.r.

22 settembre 1988, n. 449, ha introdotto nel vecchio testo dell’ordi-namento giudiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) un nuovo articolo 7–bis,espressamente dedicato alla formazione delle tabelle degli uffi-ci giudiziari sia uffi-civili che penali (fatta eccezione per gli uffiuffi-ci del pubblico ministero), ed ha previsto una serie di ulteriori disposizio-ni afferenti alla materia tabellare.

Prima di procedere ad una sommaria ricapitolazione delle no-vità introdotte dalla summenzionata normativa, gioverà comunque far cenno a quelli che già prima potevano esser considerati alcuni punti acquisiti nell’evoluzione della materia tabellare, sopratutto con riguardo alla sua attinenza a principi e regole di ordine costi-tuzionale.

S’intende che, almeno negli uffici suddivisi in sezioni, l’esigenza di stabilire un qualche criterio in base al quale assegnare i singoli magistrati all’una o all’altra sezione è connaturata all’organizzazione stessa dell’ufficio: sicché un’esigenza siffatta, sia pure espressa in ter-mini di mera razionalità organizzativa, non poteva non esser pre-sente anche prima che fosse emanata la Costituzione repubblicana (si vedano, infatti, gli artt. 7, 37 e segg., 46 e segg., 54 e segg. e 66 dell’ordinamento giudiziario, nell’originaria versione del 1941). D’al-tro canto, è pure evidente che l’importanza delle tabelle, considera-te qui sotto il profilo della buona organizzazione degli uffici giudi-ziari, permane tuttora intatta, pur dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Ed occorre aggiungere che, essendo le regole dettate dall’art. 97 della Costituzione riferibili anche agli organi

dell’ammi-nistrazione della giustizia (1), il corretto uso dello strumento tabel-lare sembra ora trovare un ulteriore solido fondamento nel precetto costituzionale di buon andamento e d’imparzialità dell’amministra-zione (art. 97, cit., primo comma);

Ma l’impatto con la Costituzione, naturalmente, ha fatto emer-gere – sia pur gradualmente e con alcune resistenze – anche altri, non certo meno importanti profili di rilevanza della materia tabellare. Un ruolo decisivo, a questo proposito, va riconosciuto all’opera del Consiglio superiore della magistratura, cui sono state devolute le fun-zioni organizzative originariamente attribuite al Ministro di grazia e giustizia dall’ordinamento giudiziario, giacché, a partire pressappoco dalla fine degli anni sessanta, detto Consiglio ha iniziato concreta-mente a rivendicare il proprio ruolo direttivo nella formazione delle tabelle e ad emanare in proposito una serie di circolari contenenti un insieme sempre più articolato ed organico di disposizioni (2). Non è possibile ripercorrere qui le tappe attraverso le quali si è snodata, per circa due decenni, l’elaborazione consiliare della materia in esame (3), né soffermarsi a discutere del grado che spetta all’accennata norma-tiva nella gerarchia delle fonti del diritto (4). Ciò che importa sotto-lineare è che tale elaborazione, in coerenza con il progressivo affer-marsi di una nozione di giudice naturale riferita non già all’ufficio giudiziario, bensì alla specifica persona del giudice chiamato a pro-nunciarsi nella causa (5), è andata vieppiù radicandosi nel dettato dell’art. 25, primo comma, della Costituzione, che fa appunto del giu-dice naturale uno dei capisaldi della tutela dei diritti del cittadino.

(1) Cfr. Corte cost. 7 maggio 1982, n. 86, in Foro it., 1982, I, 1947, e 19 gennaio 1989, n. 18, id, 1989, I, 305. In dottrina si veda sul punto M. Nobili, in Commentario alla costituzione a cura di G. Branca, Rapporti civili, Bologna–Roma, 1981, 147 ss.

(2) L’importanza del ruolo svolto dal Consiglio superiore nell’evoluzione della materia in questione è stata già da tempo opportunatamente posta in luce: si veda per tutti M. Devoto, Costituzione del giudice e Consiglio superiore della magistratura, in Giur. costit., 1975, 3352 ss.

(3) Si veda, in argomento, G. Gilardi, Tabelle di composizione degli uffici giudi-ziari, in Quaderni del C.S.M., 1988, n. 24, 39 ss.

(4) Cfr., in proposito, G. Volpe, Il potere normativo del Consiglio superiore della magistratura, in Quaderni del C.S.M., 1988, n. 24, 20 ss., ed A. Pizzorusso, Fonti del diritto, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja e Branca, Bologna–Roma, 1977, 332 ss.

(5) Si vedano per tutti A. Pizzorusso, Recenti modelli europei di ordinamento giu-diziario, in Quaderni del C.S.M., 1988, n. 24, 30, M. Nobili, op. cit., 177 ss., ed E.

Spagna Musso, voce Giudice (nozione e profili costituzionali), in Enciclopedia del di-ritto, Milano, 1969, XVIII, 940 ss.

Correlativamente – forse talvolta con minore enfasi, ma non cer-to con riflessi meno importanti – il progressivo affinamencer-to della di-sciplina dettata dal Consiglio in tema di formazione e modificazione delle tabelle ha consentito di attribuire sempre maggior spessore an-che al principio dell’inamovibilità del giudice, sancito dall’art. 107, pri-mo comma della Costituzione. Ed, infatti, proprio in virtù delle sum-menzionate regole tabellari, l’inamovibilità è andata assumendo valo-re di pvalo-residio non solo dell’indipendenza esterna di chi è chiamato a giudicare su una determinata controversia e non deve poter essere con-dizionato da minacce o lusinghe di trasferimento provenienti dall’au-torità governativa, ma anche della così detta indipendenza interna del giudice (6), che va posto al riparo da analoghi condizionamenti e dal rischio di vedersi sottratto il giudizio su una causa in corso, pur quan-do tali condizionamenti o tale rischio possano provenire dal dirigen-te dello sdirigen-tesso ufficio giudiziario nel quale egli presta servizio.

Se questi brevi accenni consentono d’individuare con sufficien-te cersufficien-tezza il quadro costituzionale cui il sissufficien-tema tabellare deve ne-cessariamente far riferimento, non può peraltro tacersi che tutti i principi di cui s’é parlato sopra – buona ed imparziale organizza-zione degli uffici giudiziari, giudice naturale, inamovibilità di chi è chiamato a giudicare – sono, per così dire, strumentali (7). Essi ten-dono tutti, cioè, al conseguimento di un risultato ulteriore: ossia al-la miglior realizzazione possibile di quell’esigenza fondamentale del-lo Stato di diritto – riassumibile nell’effettività della tutela giurisdi-zionale – che è soprattutto espressa nei primi due commi dell’art. 24 della Costituzione e che s’identifica con l’essenza stessa della giusdizione (8). Tener conto di ciò mi sembra importante, sia per

ri-(6) Cfr. A. Pizzorusso, op. ult. cit., 28, G. Rebuffa, La funzione giudiziaria, Torino 1986, 56 ss., e F. Bonifacio e G. Giacobbe, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, La magistratura, Bologna–Roma, 1986, 29 ss.

(7) Così anche, con specifico riferimento al principio d’inamovibilità, F. Ippolito, Democrazia in crisi e senso della giurisdizione, in Questione giustizia, 1990, 1002, e, con riferimento all’indipendenza del giudiziario, G. Rebuffa, op. cit., 54 ss. Le corre-lazioni tra il precetto di buona ed imparziale organizzazione degli uffici, da un lato, ed i principi dell’inamovibilità del giudice e della precostituzione del giudice natura-le, dall’altro, sono particolarmente sottolineati anche da M. Nobili, op. cit., 147 ss., e da F. Bonifacio e G. Giacobbe, op. cit., 148 ss.

(8) la centralità del «diritto alla giurisdizione» nell’ambito dei diritti fondamen-tali garantiti dalla Carta costituzionale è messa bene in luce da L.P. Comoglio, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Rapporti civili, Bologna–Roma, 1981, 1 ss.

solvere le possibili antinomie tra una certa esigenza di flessibilità in-sita nel precetto di buona organizzazione e la tendenziale maggior rigidezza propria dei principi d’inamovibilità e del giudice naturale, sia, più in generale, per disporre di una corretta chiave di lettura e di applicazione di tutte le suaccennate norme costituzionali.

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 52-55)