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Ambito di applicazione e contenuto delle tabelle

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 55-58)

ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI, IN PARTICOLARE LA FORMAZIONE DELLE TABELLE E LA DISCIPLINA

3) Ambito di applicazione e contenuto delle tabelle

L’obbligo della predisposizione delle tabelle, che un tempo (for-se a torto) si reputava circoscritto alla sola magistratura di merito, già con una circolare emanata dal Consiglio superiore della magi-stratura nel 1987 era stato esteso anche alla Corte di cassazione. Di tale estensione non è ora più possibile dubitare, atteso il chiaro te-nore delle disposizioni formulate in proposito nel nuovo art. 7–bis dell’ordinamento giudiziario.

Da questa stessa norma, che ha sostanzialmente recepito le in-dicazioni già da tempo contenute nelle circolari emanate al riguardo dal Consiglio superiore (9), si ricava ormai compiutamente anche qua-le debba essere il contenuto delqua-le tabelqua-le. In sintesi, può dirsi che es-se devono offrire il quadro analitico delle diveres-se ripartizioni in cui l’ufficio è articolato, del ruolo assegnato a ciascun magistrato all’in-terno di dette ripartizioni e, per gli organi giudicanti di natura colle-giale, della composizione di ogni singolo collegio che opererà secon-do un calendario programmato. Ne deve emergere, in definitiva, l’im-magine completa della situazione dell’ufficio e della pianificazione del lavoro dei giudici che lo compongono: così che sia possibile com-prendere la logica che ha presieduto a tale pianificazione – inducen-do ad esempio a preferire la copertura di uno piuttosto che di un al-tro posto vacante nell’organico – e che siano rese trasparenti e veri-ficabili le scelte di politica organizzativa che ogni dirigente d’ufficio è chiamato a compiere, dovendosi egli tuttavia pur sempre unifor-mare ai criteri generali dettati in proposito dal Consiglio superiore.

A partire dal 1984 il Consiglio superiore ha però costantemente richiesto che i capi degli uffici formulino anche criteri

predetermi-(9) Per la raccolta delle circolari più recenti in materia tabellare, vedi Quaderni del C.S.M., 1990, n. 40, pagg. 159, 171, 284, 291, 293 e 295 ss.

nati di distribuzione degli affari tra le sezioni e di assegnazione di essi ai singoli magistrati, da allegare alle tabelle e da assoggettare al medesimo procedimento di formazione ed approvazione di queste.

L’importanza di tale integrazione è evidente (10), perché l’effettivo rispetto della garanzia costituzionale del giudice naturale, nell’acce-zione già sopra ricordata, postula un rapporto giudice–causa di cui sarebbe vano prefissare uno solo dei termini se l’altro potesse poi es-sere liberamente modificato di volta in volta. Ora l’art. 7–ter dell’or-dinamento giudiziario, introdotto in concomitanza con l’emanazione del nuovo codice di procedura penale, ha espressamente codificato tale regola, attribuendo al Consiglio superiore il compito di indica-re, in via generale, i criteri di assegnazione degli affari cui i singoli capi d’ufficio debbono attenersi, con la precisazione che ogni even-tuale revoca, da parte di questi ultimi, di una precedente assegna-zione dev’essere motivata e comunicata al magistrato interessato. La norma in questione, per la verità, si riferisce esplicitamente solo agli affari penali, ma non sembra dubbio che le medesime regole deb-bano valere anche per la materia civile, giacché esse – come s’è vi-sto – sono espressione di un principio costituzionale che certamen-te opera in tutti i settori della giurisdizione.

Un discorso a parte va necessariamente fatto per gli uffici del pubblico ministero (11). Per questi né l’ordinamento giudiziario né il Consiglio superiore, nelle sue circolari, hanno mai fissato una pre-cisa disciplina tabellare, conforme a quella vigente per gli uffici giu-dicanti. E ciò evidentemente sul presupposto – ribadito ancor di re-cente dal novellato art. 70 dell’ordinamento giudiziario – che quegli uffici hanno un unico titolare nella persona del procuratore genera-le o del procuratore della Repubblica, cui unicamente compete il compito di organizzare l’attività degli altri magistrati addetti all’uffi-cio, specificamente di volta in volta designati dal medesimo titolare

(10) Cfr. anche quanto scrive in proposito G. Gilardi, op. cit., 44 ss. Per un’at-tenta e completa disamina dell’evoluzione che ha conosciuto negli anni il problema dell’assegnazione degli affari giudiziari, si veda inoltre L. Pepino, Automatismo nell’as-segnazione degli affari giudiziari: un problema superato?, in Questione giustizia, 1988, 349 ss.

(11) Sulla storia dell’organizzazione degli uffici del pubblico ministero e sulla collocazione di tale organo nell’ordinamento giudiziario, vedi, per tutti, F. Morozzo Della Rocca, voce Pubblico ministero (dir. proc. civ.), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1988, XXXVII, 1077 ss., e M. Scaparone, voce Pubblico ministero (dir. proc. pen), ivi, 1094 ss.

per il compimento di determinate funzioni o per il disbrigo di de-terminati affari. Non intendo discutere qui della validità della con-cezione gerarchico–burocratica che è sottesa a tale impostazione dell’ufficio del pubblico ministero (una simile discussione investi-rebbe problemi di troppo ampia portata, che per di più sono ogget-to di attualissime e vivacissime dispute, che ormai riempiono quasi quotidianamente le pagine dei giornali). Mi sembra, tuttavia, che non si possa non rilevare nella normativa più recente una precisa ten-denza a trasporre agli uffici requirenti almeno alcuni dei principi che informano la disciplina tabellare sopra sommariamente ricordata.

Intanto è significativo che già ormai da diversi anni il Consiglio su-periore, nel dettare i criteri di formazione delle tabelle, faccia sem-pre cenno anche ai problemi organizzativi degli uffici del pubblico ministero. Così operando, lo stesso Consiglio espressamente rivendi-ca la propria potestà di valutare la congruità dei criteri organizzati-vi seguiti, anche con riferimento alla distribuzione degli affari all’in-terno di ciascuno di tali uffici, e perciò richiede ai dirigenti delle procure di fornire «il quadro della composizione del personale dei rispettivi uffici, con l’indicazione delle eventuali vacanze ed un’espo-sizione dei criteri di organizzazione dell’ufficio e di ripartizione del lavoro» (anche con specifico riferimento alla costituzione di even-tuali gruppi di magistrati specializzati in determinate materie, la cui formazione parrebbe ora aver trovato un esplicito avallo legislativo nell’ultima parte del terzo comma del nuovo art. 70 dell’ordinamen-to giudiziario); ed inoltre dispone che il relativo prospetdell’ordinamen-to debba es-sere allegato alle proposte tabellari del presidente di ciascuna Corte d’appello. Né minor importanza può essere attribuita, in questo qua-dro tendenziale, alle garanzie d’indipendenza ed alla relativa inamo-vibilità ora attribuite, al magistrato designato a svolgere le funzioni di pubblico ministero nell’udienza penale, dall’art. 53 del nuovo c.p.p.

e dal quarto comma del novellato art. 70 dell’ordinamento giudizia-rio. Norme che, oltre a riconoscere espressamente la piena autono-mia del singolo magistrato nell’espletamento di detti compiti d’udien-za, fanno divieto al capo dell’ufficio di sostituirlo senza il suo con-senso, se non nei casi previsti dal medesimo art. 53 c.p.p., e co-munque impongono di motivare l’eventuale provvedimento di sosti-tuzione e di trasmetterne copia al Consiglio superiore (si tenga an-che presente, a questo proposito, an-che, secondo la disposizione det-tata dall’articolo 3 del d.p.r. n. 271 del 1989, il magistrato del

pub-blico ministero designato inizialmente per un determinato procedi-mento dovrebbe seguire detto procediprocedi-mento, ove possibile, in tutte le diverse fasi del relativo grado).

4) Il procedimento di formazione e di variazione delle tabelle

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 55-58)