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IL NUOVO ASSETTO DEGLI UFFICI RICHIESTO DALLA RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 124-151)

Relatore:

dott. Pasquale CICCOLO

giudice del Tribunale di Roma

L’esperienza del Tribunale civile di Roma alla luce delle osser-vazioni e proposte formulate dalla Commissione mista istituita dalla Presidenza.

Gli aspetti organizzativi conseguenti alla riforma del codice di procedura civile sono presi in considerazione dalla legge 16 novem-bre 1990, n. 353 essenzialmente nell’art. 91, che testualmente recita:

«Organizzazione degli uffici nella fase transitoria

1. Nel primo biennio di applicazione della presente legge il nu-mero dei magistrati addetti esclusivamente alla trattazione delle con-troversie pendenti alla data di entrata in vigore della legge stessa non può essere inferiore alla metà nè superiore a due terzi di quello di tutti i magistrati incaricati della trattazione delle controversie e de-gli affari civili.

2. Per gli anni successivi al biennio di cui al comma 1 tale nu-mero sarà stabilito ogni due anni, con decreto del Presidente della Repubblica in conformità delle deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura, assunte sulle proposte avanzate dai presidenti del-le Corti di appello sentiti i Consigli giudiziari.

3. Qualora l’organico degli uffici giudiziari, per la sua esiguità, sia tale da escludere l’applicazione del comma 1, il capo dell’ufficio

adotta gli idonei provvedimenti per consentire una equilibrata trat-tazione delle controversie in relazione al carico delle pendenze esi-stenti alla data di entrata in vigore della presente legge nonché al numero dell cause sopravvenute».

Ancora una volta, quindi secondo un modus operandi ormai in-valso, si è in presenza di interventi legislativi non accompagnati da una adeguata predisposizione delle strutture indispensabili al loro funzio-namento. É sconfortante dover constatare la quasi totale carenza di mi-sure organizzative (e quindi di stanziamenti finanziari) necessariamente complementari ad una riforma che, se pur definita anticipatrice e par-ziale, è destinata ad incidere profondamente sul processo civile.

É sufficiente un cenno ai problemi per rendersi conto che sen-za concreti e tempestivi interventi l’attuazione della legge n. 353 fi-nirà col sortire effetti diametralmente opposti a quelli perseguiti. Gli organici dei magistrati sono ancora fortemente sottodimensionati e il fenomeno riguarda soprattutto gli addetti al settore civile, depau-perato di risorse umane e materiali per far fronte alle esigenze del-la intempestiva entrata in vigore del nuovo codice di procedura pe-nale. Paurosi vuoti di organico si riscontrano tutt’ora fra gli ausilia-ri, la cui presenza è indispensabile e per le esigenze connesse alla fase transitoria (basti pensare all’enorme movimento di fascicoli che essa comporterà) e per le caratteristiche della nuova procedura. La mancanza di aule constituisce in molti uffici una realtà drammatica del tutto inconciliabile con le esigenze di oralità e concentrazione della Novella. Punto focale potrebbe divenire la costituzione del c.d.

«Ufficio del giudice», che — come è stato prespicuamente rilevato — appare un modello realizzabile, almeno nelle sue linee essenziali, già attraverso l’esercizio dei normali poteri di organizzazione degli uffi-ci spettanti ai rispettivi dirigenti e che meglio risponde alle istanze di maggiore responsabilità professionale degli operatori nonché alle esigenze di maggior efficienza del servizio nell’interesse dei cittadi-ni. Il giudice, per far fronte ai nuovi impegni che gli si richiedono ha bisogno di validi collaboratori, ai quali affidare i compiti di as-sistenza in udienza, evasione dei vari adempimenti, aggiornamento del ruolo, comunicazioni alle parti, custodia dei fascicoli, tenuta di un archivio dei provvedimenti, rapporti con il pubblico.

A tutto ciò si aggiunge che le auspicate e indispensabili misure deflattive del contenzioso non sono state ancora attuate. In

partico-lare, l’originario programma legislativo muoveva dal presupposto di una concomitanza nella entrata in vigore delle c.d. misure anticipa-torie e del giudice di pace. Senonché, mentre esigenze di carattere politico hanno consigliato una rapida (e sotto alcuni aspetti fretto-losa) attuazione della Novella, il disegno di legge del giudice di pa-ce è tuttora all’esame di un ramo del Parlamento.

E la soluzione del giudice di pace, la cui effettiva operatività, pe-raltro, richiede necessariamente tempi lunghi dovendosi predisporre tutte le strutture organizzative, non può essere la sola su cui fare af-fidamento per una significativa deflazione del carico giudiziario.

Meritano altrettanta attenzione ipotesi di filtri conciliativi pre-pro-cessuali; misure volte a limitare il c.d. abuso del processo; forme di agevolazione, anche fiscale, delle conciliazioni giudiziali ecc.

É indubbio che il complesso dei problemi amministrativi, orga-nizzativi ed ordinamentali è tale che la gestione della riforma non può essere lasciata alla mera auto organizzazione di ogni ufficio oc-correndo un ventaglio ampio di interventi urgenti da parte degli or-ganismi competenti. Sarebbe opportuno, innanzitutto, acquisire i da-ti informada-tivi sulla situazione esistente nel territorio nazionale, in or-dine ai flussi reali degli affari, al numero degli addetti, alle carenze logistiche, alla produttività degli uffici ecc.

Solo da tale ricognizione può derivare la individuazione delle priorità su cui operare e la successiva adozione di tutte le più ido-nee misure riorganizzative. Quindi il Ministero di Grazia e Giustizia dovrà adottare interventi urgenti in materia di edilizia giudiziaria, mezzi, risorse umane. A sua volta il Consiglio Superiore della Magistratura, in mancanza di una soddisfacente normativa di attua-zione, dovrebbe intervenire tempestivamente con direttive su tema-tiche quali:

— Distribuzione dei giudici tra settore penale e civile: a circa due anni dall’entrata in vigore del nuovo c.p.p., ed alla luce della espe-rienza maturata, si impone una verifica del riparto dei giudici nei due settori in relazione, da un lato, ai carichi del dibattimento e de-gli uffici dei G.I.P., e, dall’altro, all’esigenza di un indispensabile rafforzamento del settore civile almeno nella fase transitoria.

— Assegnazione dei giudici alla trattazione delle controversie pen-denti e di quelle nuove: la circolare sulle tabelle dovrebbe in primo luogo chiarire se la legge esclude l’istituzione di vere e proprie se-zioni stralcio; dovrebbe, poi, precisare che la previsione normativa

di giudici addetti «esclusivamente» alla «trattazione» delle contro-versie pendenti non preclude che i giudici addetti alle cause nuove possano conservare sul proprio ruolo le cause già rimesse al colle-gio e/o una quota a parte del precedente ruolo pendente in istrutto-ria; si dovrebbero, infine, indicare i criteri di massima da seguire nella distribuzione dei giudici tra vecchio e nuovo contenzioso, pre-determinando i modi più razionali di trasferimento dei ruoli dei giu-dici che verranno addetti al nuovo.

— Predeterminazione dei criteri di assegnazione dei procedimenti cautelari ante causam e di reclamo contro i provvedimenti cautelari:

la nuova disciplina della materia cautelare impone adeguate misure in tema di precostituzione del giudice naturale, sia nel senso di li-mitare l’altrimenti incontrollata discrezionalità del potere di desi-gnazione del magistrto da parte del dirigente dell’ufficio ex art. 669 ter u.c., sia nel senso di predetermianre i collegi competenti a deci-dere dei reclami.

— Distribuzione del contenzioso tra cause a definizione monocra-tica e collegiale: ferma restando la definizione collegiale di tutte le cause pendenti già assegnate a sentenza, negli uffici di più grandi dimensioni potrà verificarsi che, in base ai criteri di riparto interno, alcune sezioni rimangono con cause tutte definibili monocratica-mente; sarebbe, quindi, opportuno dare direttive sulla necessità o meno di ridistribuzione delle cause e su quali attribuzioni affidare ai Presidenti di quelle sezioni in cui non fosse più prevista una com-petenza collegiale.

Egualmente indispensabile, però, appare la opera organizzativa dei dirigenti degli uffici, da svolgere anche attraverso momenti di confronto e discussione tra magistrati, avvocati e personale delle can-cellerie. In tal senso una utile sperimentazione è stata già avviata presso il Tribunale di Roma.

Il Presidente, per lo studio dei profili e problemi organizzati-vi, connessi all’entrata in vigore della legge 26 novembre 1990 n.

353, ha istituito una commissione, di cui facevano parte magistra-ti (i colleghi Secondo Carmenini, Renato Bernabei, Filippo Curcuruto, Giorgio Colla, Pierfelice Pratis, Oscar Koverech, Antonio Macrì, Sergio Brescia, oltre lo scrivente), avvocati (Ernesto Palatta, Goffredo Barbantini, Luigi Storace, Giovanni Romano) e cancellie-ri (Michele Imparato, Elio Giovannitti, Silvio Pietramala, Domenico Giuliva).

I risultati sono stati trasfusi in una relazione, sottoposta poi all’esame dei Presidenti delle varie sezioni per l’adozione concertata delle concrete misure operative.

Ritengo utile, nell’ottica dell’odierno tema di dibattito, richia-mare le osservazioni e proposte formulate dalla Commissione quan-to alla fase transiquan-toria.

A tal riguardo, va innanzitutto rilevato che l’art. 91 della legge n. 353/90 è chiaramente norma di salvaguardia contro il rischio che le cause pendenti vengano sostanzialmente abbandonate, applicando alla loro trattazione una quota esigua di giudici; ma nel contempo, occorre assicurare, nello spirito chiaramente emergente dei lavori parlamentari, che il nuovo regime venga realizzato su ruoli per essi nuovi.

Sono, dunque, necessarie disposizioni regolamentari che, in se-de di formazione se-delle tabelle e di indicazione se-dei criteri per l’asse-gnazione delle cause negli uffici pluripersonali, individuino i magi-strati incaricati di trattare i procedimenti incardinati nel periodo di vigenza delle nuove regole. Deve trattarsi di un sistema regolamen-tare opportunamente modulato nel tempo, prevedendosi un aumen-to anno per anno della iniziale quota di magistrati impegnati nelle cause nuove, in corrispondenza del graduale esaurimento delle cau-se iniziate anteriormente alla riforma.

A tal fine il legislatore indica nella metà dei giudici addetti al settore civile la quota minima di unità da destinare alla trattazione delle cause pendenti. É evidente che questa proporzione va rispetta-ta non nelle singole articolazioni dell’ufficio giudiziario (sezioni) ma nel complesso dell’ufficio medesimo.

I relatori hanno individuato quattro soluzioni possibili:

a) far continuare tutto come adesso: i giudici trattano sia le cause vecchie, sia quelle nuove (è una soluzione probabilmente con-tro lo spirito della legge, comportante il difettoso decollo del nuo-vo: gioverebbe, però, alle cancellerie, che non sarebbero gravate dai ponderosi trasferimenti di processi da giudice a giudice, comuni-cazioni, ecc., sarebbe la più semplice da realizzare) ed ad essa si potrebbe trovare una giustificazione normativa nel 3° comma dell’art. 91 ritenendo che l’esiguità dell’organico vada intesa in sen-so relativo, con riferimento al rapporto numero dei giudice nume-ro affari;

b) costituire sezioni stralcio, o gruppi stralcio nell’ambito di ogni

sezione, soltanto per le cause vecchie da decidere collegialmente (quel-le ex art. 90, 1° comma): il peso del(quel-le «vecchie» istruttorie soffoche-rebbe il nuovo;

c) costituire sezioni stralcio, o gruppi stralcio nell’ambito di ogni sezione, per tutto il vecchio (cause in istruttoria e cause già rinvia-te al collegio): data la pendenza, si dovrebbe destinare allo stralcio un elevato numero di giudici, con la conseguenza che il nuovo ri-schierebbe di intasarsi subito;

d) costituire gruppi stralcio nell’ambito di ogni sezione, ai qua-li affidare la definizione di tutte le cause vecchie da decidere colle-gialmente, facendo mantenere a ciascun giudice (anche a chi è de-stinato al «nuovo») il proprio ruolo istruttorio (vi sarebbe un lavoro gravoso per le cancellerie collegiali).

Come si è già accennato, ogni soluzione presenta controindica-zioni.

Le difficoltà nascono chiaramente dalla pretesa di contempera-re una duplice esigenza, il non abbandono del «vecchio» ed il de-collo del «nuovo», il tutto in una realtà operativa caratterizzata dal-la mancata adozione, dovuta essenzialmente a ragioni «politiche», di drastiche misure deflattive, del tipo di quelle adottate all’epoca dell’istituzione delle nuove commissioni tributarie.

Ove si consideri che presso il Tribunale civile di Roma pendo-no 25.538 cause dinanzi al collegio e 92.311 in istruttoria, senza con-tare la Sezione lavoro e quella fallimencon-tare, è facile, prevedere i di-sagi che la duplicazione del rito comporterà per uffici già penaliz-zati dalle prima ricordate deficenze organizpenaliz-zative.

In siffatta situazione appaiono di efficacia palesemente margi-nale alcuni rimedi proposti, quali la intensificazione dell’attività di conciliazione nei mesi precedenti l’avvio della riforma, provocando, altresì, l’eventuale eliminazione delle masse di cause «non vitali» o

«quiescenti»; ovvero, per evitare l’ulteriore allungamento della stroz-zatura costituita dalle cause se assgnate al collegio, la previsione di una sospensione nella fissazione della udienza di precisazione delle conclusioni nel presente anno, con conseguente congelamento dei ruoli delle udienze collegiali.

Si è assunta come ipotesi di lavoro preferibile quella sub d) e conducendo la disamina sezione per sezione con l’utilizzazione di da-ti provenienda-ti da proiezioni abbastanza attendibili, sono stada-ti elabo-rati i seguenti prospetti.

CAUSE AL COLLEGIO CAUSE IN ISTRUTTORIA (proiezione)

1ª Sezione civile n. 4353 n. 10771

2ª Sezione civile n. 3905 n. 15891

3ª Sezione civile n. 2405 n. 12760

4ª Sezione civile n. 4921 n. 14750

5ª Sezione civile n. 3989 n. 18789

6ª Sezione civile n. 2972 n. 19260

———— ————

TOTALE 22545 92311

Sezione fallimentare (circa) 800 Sezione lavoro 6742

PROSPETTO PRESENZA GIUDICI — SETTORE CIVILE 1ª Sezione Civile 2ª Sezione Civile

Presidenti = 3 Presidenti = 3

Giudici = 21 Giudici = 15

3ª Sezione Civile 4ª Sezione Civile

Presidenti = 3 Presidenti = 2

Giudici = 12 Giudici = 15

5ª Sezione Civile 6ª Sezione Civile

Presidenti = 3 Presidenti = 3

Giudici = 12 Giudici = 11

Sezione Lavoro Sezione Lavoro

Presidenti = 2 Presidenti = 2

Giudici = 14 Giudici = 11

tot. gen. Presidenti: 21 Escluse Sezioni Lav. e Fall.: 17 tot. gen. Giudici: 110 Escluse Sezioni Lav. e Fall.: 85 Sviluppando questi dati in relazione alle singole sezioni, secon-do criteri uguali per tutte le sezioni, è stato articolato il seguente quadro, tenendo presenti le due condizioni essenziali al migliore (o meno cattivo) funzionamento dell’ipotesi:

a) i giudici destinati allo stralcio devono avere un ruolo chiuso, cioè non incrementabile, costituito da tutte le cause già spedite a sentenza alla data del 31.12.1991 ( da definire collegialmente) e dal proprio ruolo istruttorio da definire (in genere monocraticamente);

b) i giudici destinati al nuovo avranno un ruolo aperto, costi-tuito dal proprio ruolo istruttorio e dal tutte le cause che perver-ranno in prima comparizione dal 1° gennaio 1992.

Peraltro, con tale ripartizione del lavoro, i giudici destinati alla trattazione del nuovo processo, per i primi tempi successivi all’en-trata in vigore della riforma, e precisamente per un arco di tempo che può stimarsi di circa 8 mesi, non vedranno maturare le proprie istruttorie con il passaggio delle cause alla fase decisoria.

Quindi, un equilibrato bilanciamento della situazione può stabilir-si nel senso che per i primi 8 mestabilir-si successtabilir-sivi all’entrata in vigore del-la riforma i giudici destinati aldel-la trattazione del nuovo processo, man-tengono il proprio ruolo collegiale, onde l’ipotesi sub b) avrebbe piena decorrenza dal 15.9.1992, nel presupposto di destinazione alla tratta-zione del nuovo processo di un contingente di magistrati pari al 50%.

Il quadro presenta questi dati numerici presuntivi, nella speran-za che il carico al 31.12.1991 sia pressocché analogo a quello rile-vato al 31.12.1990.

SEZIONE RUOLO ISTRUTTORIO RUOLO COLLEGIALE

PER CIASCUN GIUDICE PER CIASCUN GIUDICE

Numero Numero Numero Numero

dei giudici di cause dei giudici di cause

1ª 21 512 11 395

2ª 15 1059 8 488

3ª 12 1063 6 400

4ª 15 983 8 615

5ª 12 1565 6 664

6ª 11 1750 6 495

Il carico medio di cause per ogni giudice è stato determinato in via probabilistica, considerando con gli opportuni adattamenti il nu-mero delle cause rinviate al collegio dalle singole sezioni nell’anno 1990.

Si deve avvertire che il dato è ottimistico essendosi verificato in molte sezioni un incremento nel numero delle cause rimesse al

col-legio dopo l’anno preso quale riferimento.

I semplici dati numerici sopra riferiti rendono palese la gravità della situazione, specie per le sezioni 4ª, 5ª e 6ª.

La 1ª sezione, che ha apparentemente un carico più lieve, dovrà sopportare quasi tutte le urgenze, oltre le attribuzioni in materia di separazione, divorzi, giurisdizione volontaria ecc.

La 2ª sezione, anch’essa piuttosto gravata, ha tutte le attribuzioni in materia commericiale e potrà subire il carico di gran parte delle istanze di sequestro ante causam. La 3ª sezione sta vedendo una pro-gressiva diminuzione del numero di giudici.

Naturalmente le proporzioni nei ruoli possono essere variate, a seconda se si vuol privilegiare il nuovo, il vecchio o esigenze allo sta-to non esattamente qualificabili (procedure di urgenza, reclami, prov-vedimenti interinali ecc.)

Per comprendere quanto siano preoccupanti i dati basterà iso-lare, come esempio, il caso della 6ª sezione civile. Se un giudice ad-detto «al nuovo» dovrà trattenersi il proprio ruolo istruttorio «vec-chio» di circa 1750 processi e se, continuando l’attuale tendenza, do-vrà trattare 20-25 processi nuovi a settimana (per ogni udienza di prima comparizione), egli vedrà il proprio ruolo, a fine 1992, atte-starsi sui 2500 processi.

Non è d’altro canto pensabile dislocare diversamente cause o giu-dici, perché la 5ª sezione ha problemi pressocché uguali; la 4ª è gra-vata delle esecuzioni immobiliari; della 1ª, 2ª e 3ª si è detto.

Fatto questo quadro numerico, sono stati individuati taluni sug-gerimenti operativi.

La prima Sezione dovrebbe strutturarsi per ricevere la maggior parte dei ricorsi per provvedimenti di urgenza, che rientrano ormai quasi tutti nella competenza del Tribunale (a causa della competen-za per valore ex art. 74/669 ter).

Anche a voler prefigurare una competenza per materia, sezione per sezione, la maggior parte dei detti ricorsi graverebbe comunque sulla prima Sezione civile, appunto ratione materiae.

La terza Sezione verrebbe inizialmente sgravata delle nuove cau-se in materia di locazione (competenza funzionale del pretore, art.

3/8), ma in un secondo tempo verrebbe ad essere onerata degli stes-si processtes-si in grado di appello.

Si deve, poi, considerare che buona parte dei giudizi che reste-ranno nella competenza decisionale del collegio rientrano nella

ma-teria attribuita attualmente alla prima Sezione civile (art. 88, 2° com-ma, nn. 2, 3, 4 e 9) ed alla quarta Sezione civile (stesso art. n. 8); in minor misura quelli attribuiti alla seconda Sezione civile (nn. 4 e 7).

La proposta di lasciare a ciascun giudice il proprio ruolo istrut-torio attuale presenta il vantaggio di non caricare le cancellerie di compiti di spostamento, comunicazioni ed incombenti vari, bene im-maginabili. Tuttavia taluni trasferimenti di fascicoli per equilibrare i ruoli saranno opportuni.

Non possono evitarsi, invece, i trasferimenti di parte dei ruoli collegiali.

Il disastro sarebbe, tuttavia, attenuato, mantenendo, per i processi da definire secondo il vecchio ordinamento, l’attuale udienza collegiale.

Per il regime transitorio, infatti, non sembra che la legge preve-da espressamente o esclupreve-da espressamente il mantenimento in vita dell’attuale udienza collegiale. Come detto, appare utile mantenere l’udienza collegiale per due motivi: 1) già vi sono oltre 8.000 cause rinviate ad udienze collegiali prefissate, per le vecchie cause, costi-tuisce un punto di riferimento ben preciso (i trasferimenti dei pro-cessi da giudice a giudice si potrebbero fare nel corso di tali udien-ze, evitando le comunicazioni).

Si può arrivare a questa conclusione ritenendo che l’art. 90, 5°

comma, faccia riferimento all’art. 189 c.p.c. nel testo e nel meccani-smo attuali, non in quello di cui agli artt. 23 e 24 della legge (il che pare corretto).

Si potrebbe attenuare, in parte, il peso burocratico di questi tra-sferimenti isolando un periodo di tempo (ad es. tra novembre 1991 e marzo 1992) in cui si dovrebbe incrementare il numero delle sen-tenze, mentre le udienze istruttorie dovrebbero servire come udien-ze «filtro» e di smistamento.

Negli ultimi mesi del 1991 i presidenti di sezione dovrebbero riformare i ruoli sulla base delle decisioni adottate, a monte, dal Presidente del Tribunale e bisognerebbe predisporre tempestivamen-te dei tabulati (contempestivamen-tenenti le indicazioni del caso) da distribuire al Consiglio dell’Ordine ed alle Associazioni professionali, nonché da affiggere in Tribunale. Anche il giudice che si priva della causa, all’ul-tima sua udienza potrebbe dare indicazioni utili.

Questo sistema consentirebbe la presenza di tutte (o quasi) le par-ti cospar-tituite all’udienza prevista dall’art. 90, 3° comma, senza costrin-gere le cancellerie alle comunicazioni di rito, che sarebbero limitate

ai soli casi di mancata presentazione delle parti o di alcune di esse.

Non si può far passare sotto silenzio, comunque si provveda, che la pressione sulle cancellerie sarà veramente intensa; se queste non dovessero farcela, il sistema correrebbe rischi di blocco.

Vanno poi delineati i compiti dei presidenti di sezione per la fase transitoria: ad essi spetta soprattutto di rendere funzionale il sistema attraverso una oculata formazione dei ruoli. Per questo, il periodo di qualche mese da dedicare (a cavallo dei due anni 91-92) a questa ope-ra e alla definizione di molti processi al collegio può risultare utile.

Vanno poi delineati i compiti dei presidenti di sezione per la fase transitoria: ad essi spetta soprattutto di rendere funzionale il sistema attraverso una oculata formazione dei ruoli. Per questo, il periodo di qualche mese da dedicare (a cavallo dei due anni 91-92) a questa ope-ra e alla definizione di molti processi al collegio può risultare utile.

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 124-151)