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Analisi dei poteri dei dirigenti gli uffici giudiziari

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 37-42)

RAPPORTI TRA IL C.S.M., I CONSIGLI GIUDIZIARI ED I DIRIGENTI DEGLI UFFICI

3. Analisi dei poteri dei dirigenti gli uffici giudiziari

I poteri di amministrazione della giurisdizione in senso stretto sono quelli con cui i dirigenti organizzano l’attività giudiziaria dei magistrati inseriti nei loro uffici. Rilievo peculiare assumono per ta-le profilo ta-le assegnazioni provvisorie dei giudici alta-le varie sezioni in

sede di predisposizione delle tabelle e delle relative variazioni (art. 7 bis ord. giud. inserito con il D.PR. 449/88): è evidente che le predette assegnazioni costituiscono proposte che valutate dai Consigli giudi-ziari incidono in fatto in maniera determinante sulla predisposizio-ne delle Tabelle.

Altro potere di tale tipo è quello di assegnazione degli affari giu-diziari e di designazione delle sezioni e dei giudici (cfr. art. 168 bis c.p.c. 54 e ss. disp. att. e 69 bis e 128 disp att. c.p.c. e art. 7 ter ord.

giud. come inserito dal D.P.R. 449/88 con riferimento ai giudizi pe-nali). Il codice di procedura penale chiarisce che non si considerano

«attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sull’assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici» (art. 33).

Nonostante le perplessità che la norma aveva suscitato con riferimento alla sua costituzionalità anche in sede di progetto di legge essa è sta-ta mantenusta-ta chiarendosi espressamente che i poteri di assegnazione ai giudici e di loro designazione per i processi non incidono sulla va-lidità del procedimento (sul problema cfr. GILARDI. Relazione intro-duttiva al convegno di Trevi sulla dirigenza degli uffici, in Quaderni del C.S.M. n. 24 p. 45). Nello stesso senso è stato normalmente inter-pretato dalla giurisprudenza l’art. 158 c.p.c. ed è certamente condivi-dibile tale indirizzo in quanto la predeterminazione per legge del giu-dice naturale non esclude che la norma indichi gli organi preposti ad individuare il singolo magistrato che deve occuparsi del giudizio, i cui eventuali abusi in tale sede possono avere di certo rilievo disci-plinare ma non determinano violazione dell’art. 25 della Cost. salvo la prova di eventuale dolo al fine di indirizzare il giudizio in un cer-to modo. Le disposizioni consiliari sulla predeterminazione dei crite-ri di assegnazione degli affacrite-ri ai singoli giudici (cfr. ad es. la circ.

5520/77 e sulle proposte di tramutamento la circ. 6309/87), compor-tano certamente doveri, la cui violazione ha rilievo disciplinare salvo concreta dimostrazione di abuso doloso costituente comunque anche reato. L’art. 91 della L. 26/11/1990 ha poi riservato un potere estre-mamente rilevante ai capi di uffici con organico limitato, consenten-do loro di aconsenten-dottare ogni iconsenten-doneo provvedimento per una equilibrata trattazione delle controversie, quando non sia possibile destinare ai giudizi civili pendenti la quota di giudici prevista dalla legge.

Ai dirigenti gli uffici nel processo civile compete anche la de-terminazione delle prime udienze di trattazione, dei giorni delle

ca-mere di Consiglio e di quelli delle udienze di discussione, oltre che della composizione del collegio in Tribunale (art. 78-80 L. 26/11/990 n. 353) e in Corte d’Appello (art. 81 L. ult. cit.): si tratta comunque di espressioni del potere di amministrazione della giurisdizione in senso stretto, incidendo sui rapporti delle funzioni gurisdizionali con i cittadini.

Un particolare potere dei Presidenti di Tribunale e di Corte in-cidente sulla giurisdizione è quello di designazione dei componenti le commissioni tributarie: ai soli Presidenti delle Corti d’Appello può essere delegato dal C.S.M. il potere di nomina e revoca dei concilia-tori, dei vice conciliatori e dei componenti estranei alla magistratu-ra delle sezioni specializzate per l’intemagistratu-ra dumagistratu-rata della consiliatumagistratu-ra.

Anche per tali profili appare evidente l’incidenza esterna delle deci-sioni dei predetti dirigenti.

Deve poi parlarsi di poteri di coordinamento dei giudici con ri-guardo alla disciplina delle supplenze che compete esclusivamente ai dirigenti degli uffici, ai quali spetta in genere la nomina anche dei propri vicari, in mancanza della quale provvede la legge (cfr. art. 97, 99, 103, 105 ord. giud. come modif. dal D.P.R. 449 del 1988 e le circ.

7651/78 e 7458/84). Per le applicazioni la legge riserva poteri solo ad alcuni degli uffici direttivi superiori e cioè al Presidente della Corte d’Appello e al Procuratore Generale, che hanno competenze esclusi-ve per le applicazioni intradistrettuali e consultiesclusi-ve del C.S.M. per quelle interdistrettuali (cfr. art. 110 come modificato dalla legge n.58 del 21/12/1989: il tema verrà naturalmente approfondito nella rela-zione che segue). Il potere propositivo riservato dall’art. 7 bis già ci-tato dell’ord. giud. al Presidente della Corte d’appello per la forma-zione delle Tabelle, in fatto viene esercitato sulla base delle asse-gnazioni provvisorie dei dirigenti degli uffici, i cui provvedimenti de-vono naturalmente essere motivati (cfr., sull’esigenza di motivazione di tale tipo di provvedimenti la Corte Cost. 28 giugno – 18 luglio 1973 n. 143); le proposte tabellari che i capi di Corte fanno sentiti i Consigli giudiziari, naturalmente sono operate direttamente dal Primo presidente per la Corte di Cassazione. In pratica l’esercizio dei po-teri di coordinamento, incidendo prevalentemente sulla posizione del giudice pur con i suoi riflessi esterni sulla giurisdizione, è in gene-re soggetto al controllo del C.S.M. che non può essegene-re sollecitato dal magistrato interessato, ma non dal cittadino utente sul cui affare giu-diziario tale tipo di provvedimento certamente incide. Solo la

man-canza di validi provvedimenti di supplenza o applicazione o la par-tecipazione di più supplenti o applicati ad un collegio in violazione delle norme di legge può incidere sul processo convertendosi co-munque in mezzo di impugnazione della sentenza.

Il potere normativamente più sicuramente individuato è quello di sorveglianza o vigilanza previsto per tutti i dirigenti degli uffici, con le due espressioni, usate come sinonimi, dal legislatore (nell’or-dinamento giudiziario si parla solo di poteri di sorveglianza: artt. 14 e 16 R.D.L. 511 del 1946 e, per il P.G. anche art. 70 u.c. ord. giud.).

Questo potere è stato qualificato «oggetto misterioso» (cfr. la rela-zione di CICALA sul tema in Norme e prassi cit.). In effetti se l’al-tra sorveglianza sui giudici del Ministro di grazia e giustizia (art. 13 R.D. 511 del 1946), ferme restando le altre competenze di cui all’art.

110 della Cost. si concreta soprattutto nel potere di iniziativa dell’azio-ne disciplinare, la vigilanza e sorveglianza dei dirigenti gli uffici pe-riferici sui magistrati in servizio non può qualificarsi potere gerar-chico. Dal vocabolario italiano del Palazzi ricaviamo che sorveglia-re, sinonimo di vigilare significa «tener d’occhio, non perdere di vi-sta qualcuno perché compia il proprio dovere» e in tale senso il le-gislatore ha di recente usato la parola quando nell’art. 124 del nuo-vo c.c.p. ha affermato «I dirigenti degli uffici vigilano sull’osservan-za delle norme anche ai fini della responsabilità disciplinare», cioè pur se le violazioni delle disposizioni processuali non comporti al-cuna nullità. Nella pratica siffatto tipo di potere, strumentale rispet-to all’esercizio di eventuali azioni disciplinari da parte degli organi a ciò preposti, se garantisce la c.d. indipendenza interna dei giudici non potendo qualificarsi di amministrazione attiva e non incidendo direttamente sul loro status, è raramente esercitato con riferimento all’esercizio delle funzioni giurisdizionali: ciò accade certamente per il rispetto che l’esercizio indipendente della funzione giurisdizionale comporta, ma dà luogo, in qualche caso, anche ad abusi mai perse-guiti, con evidenti omissioni dei capi degli uffici e gravi effetti sull’ef-ficienza e sull’immagine della giurisdizione. Deve darsi atto al C.S.M.

di avere tentato di riempire il concetto di sorveglianza attraverso la normazione secondaria e le risposte ai quesiti proposti da magistra-ti. E’ stato infatti chiarito che i Presidenti delle Corti d’appello pos-sono, nell’esercizio dei poteri ora richiamati, effettuare rilievi sulla operosità e produttività dei singoli magistrati (delib. C.S.M. del 10/12/1986): inoltre, in relazione ad esposti nei quali siano

attribui-ti a magistraattribui-ti fatattribui-ti di rilevanza disciplinare, essi potranno, per l’in-dicato potere, disporre i soli accertamenti improcrastinabili e docu-mentali e quelli relativi ai profili organizzativi e amministrativi (cfr.

verbale della seduta del 15/4/1987). In sede di risposta al quesito sui poteri di inoltro di esposti a carico di magistrati si è però chiarito che, salvo l’ipotesi di denuncia assurda, generica o inconcludente, l’esposto deve essere inoltrato senza ritardo, anzi «immediatamente e direttamente al Ministro di Grazia e Giustizia e al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione» (delib. 25/2/1981), con ap-plicazione analogica di quanto previsto in sede penale e per la di-sciplina dei dipendenti di altre amministrazioni (sull’obbligo di se-gnalare procedimenti penali a carico di magistrati cfr. la circ. 5654 del 3/7/1984). E’ evidente che l’esistenza del dovere di inoltro degli esposti comporta anche l’obbligo di denunzia di comportamenti di-sciplinarmente rilevanti dei giudici nell’esercizio delle funzioni.

L’omesso inoltro di esposto o l’omissione di rapporto costituisce per i dirigenti degli uffici condotta rilevante anche sul piano disciplina-re: naturalmente la vigilanza si estende a tutti i comportamenti del magistrato che in qualsiasi modo possano interferire con l’esercizio della giurisdizione, quali gli incarichi extragiudiziali ovvero le in-compatibilità che incidono sull’efficienza dell’ufficio per le ricusa-zioni o astensioni che hanno provocato.

Attengono infine ai poteri organizzatori dei dirigenti le norme in materia di congedo straordinario, obbligo di residenza (sul quale cfr. art. 12 ord giud.), quelle relative alle permissioni di assenza, an-cora disciplinate dagli art. 44 e 55 del R.D. 14/12/1865 n. 2611, la disciplina delle ferie e del riposo suppletivo in aggiunta al congedo ordinario. Nell’ambito di tali poteri rientrano anche quelli relativi a servizi strettamente collegati all’esercizio della giurisdizione, quali il collegamento con la polizia giudiziaria, per il quale la previsione dell’art. 109 della Cost. di fatto si è dimostrata poco efficace, ben sa-pendosi a cosa si riduca la disponibilità per i giudici della polizia giudiziaria sancita nella Costituzione, ovvero la predisposizione di biblioteche o dei terminali periferici del Centro di documentazione giuridica a servizio dell’attività giurisdizionale (su tale tema cfr. la circ. 8936/79). Esulano dall’oggetto di questa relazione le competen-ze ministeriali per le quali peraltro certamente i dirigenti hanno co-munque chiari poteri di impulso, anche quando non siano più con-sentiti dalla legge interventi di amministrazione attiva.

Nel documento LE ATTRIBUZIONI DEI CAPI DEGLI UFFICI (pagine 37-42)