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Alcune ragioni per una terza via

N IETZSCHE : I SUOI INTERPRETI , LE LORO RAGION

1.4. Alcune ragioni per una terza via

A partire dagli anni sessanta del secolo scorso i critici nietzschiani incomin- ciano gradualmente a modificare i termini del loro racconto. Come data di rife- rimento possiamo prendere il 1965, l’anno della pubblicazione del Nietzsche di Arthur Danto56. Una data che conserva un valore indicativo, per l’ottima ragio-

ne che Danto fu il primo analitico a occuparsi seriamente di Nietzsche, ma – e qui stanno le ragioni del simbolico – con limiti e pregiudizi ancora evidenti, che saranno superati con il passare degli anni solamente da altri interpreti. Tuttavia, la strada aperta da Danto è sembrata subito interessante anche se egli stesso mancò di percorrerla fino in fondo.

Già Kaufmann aveva tentato, in vero con scarso successo, di tracciare un ponte ideale tra Nietzsche, la tradizione della filosofia classica tedesca da un lato, e il pragmatismo americano dall’altro – sono frequenti i suoi riferimenti a James e Peirce, tuttavia il pragmatismo rimane nel complesso troppo estraneo al filosofo americano perché questi sia nelle condizioni di elaborare un confronto sufficientemente articolato con le posizioni di Nietzsche. Il tentativo riesce assai meglio a Danto, il quale piuttosto che servirsi della tradizione analitica per risol- vere specifiche questioni di esegesi nietzschiana, interpella Nietzsche da un punto di vista relativamente estraneo, facendo gravitare la sua riflessione intor- no a questioni che investono direttamente la metafisica continentale.

Quello di Danto è un interesse che si preoccupa soprattutto di sottolineare un’affinità: Nietzsche, come del resto gran parte della riflessione analitica, pren- de l’avvio da una posizione di critica serrata alla metafisica tradizionale; solo che mentre il filosofo tedesco lavora per così dire dall’interno – ancora Heidegger, lo abbiamo visto, considerava Nietzsche l’ultimo dei grandi metafisici – Danto per- corre una prospettiva che vuole essere altra sia nella metodologia di indagine, sia nel merito dei più stretti obiettivi teorici. E, soprattutto, Danto parla da un punto di vista che ritiene più maturo, specie in tema di comprensione e di utilizzo del linguaggio. Un po’ come se il filosofo americano volesse dire che Nietzsche ha

gli stessi suoi obiettivi (quindi gli stessi della riflessione analitica) ma che in genere la tradizione analitica sarebbe in grado di perseguirli con metodi più adat- ti, quindi, alla fine in maniera complessivamente più soddisfacente ed efficace.

A seguito di un retaggio pseudo-illuminista ancora molto forte, Danto è con- vinto, in ciò, come si vede bene, all’opposto di Heidegger, che la filosofia possa avere una storia solo in quanto fa parte di un sapere progressivo57. In altri termi-

ni, in quanto scienza in grado di giustificare i propri risultati, di scegliere con cognizione di causa i propri oggetti e, da ultimo, di costruire una comunità scien- tifica più o meno ideale, capace di verificare e di mettere a disposizione ciò che via via è stato acquisito. Anche Nietzsche non può non avere un posto all’inter- no di questo cammino ideale e progressivo, perché anch’egli, come del resto i più importanti filosofi della tradizione, lavora approfondendo idee e concetti di una ben precisa comunità filosofica. Ovviamente (ma dal punto di vista di Danto non è nemmeno troppo il caso di motivare quest’osservazione che in pratica si giusti- ficherebbe da sé) il modo in cui Nietzsche porta avanti la sua investigazione non lascia dubbi (almeno a Danto) sull’opportunità di abbandonare la filosofia nella sua accezione più tradizionale – quella in genere continentale.

La critica a tratti destrutturante che Danto rivolge a Nietzsche non è affatto inutile, per una duplice serie di ragioni: in primo luogo (e a un primo livello), perché consente di focalizzare meglio i punti logicamente più deboli del pen- siero di Nietzsche, in secondo luogo, perché l’autore americano segnala un disagio che egli stesso non riesce a risolvere, ma da cui prenderanno l’avvio molte delle interpretazioni posteriori.

La difficoltà fondamentale del filosofo americano, che comunque emerge costantemente anche in quei passi della sua monografia in cui le lacune logiche della filosofia di Nietzsche sono evidenziate con più chiarezza, è nell’incapacità evidente di far tornare i conti all’interno del complesso sistema di Nietzsche (Danto dichiara apertamente di non esser riuscito a introdurre l’eterno ritorno nel proprio schema interpretativo). A seguito dei risultati ottenuti da Danto, le lettu- re posteriori (specialmente quelle di orientamento analitico) hanno programma- ticamente tentato di spostare il centro del dibattito su Nietzsche, chiamando in causa sempre più frequentemente la filosofia della natura nietzschiana.

Dunque, secondo la prospettiva che all’inizio fu degli analitici, ma che ora tende (almeno in ambito americano) a imporsi come prevalente, abbiamo un Nietzsche critico della cultura, ma solo a partire da una metafisica solida e ben organizzata. Già Danto fa un passo indietro, riportando l’interesse dei critici a ciò che nell’economia del sistema nietzschiano viene prima della morale, della critica al cristianesimo o delle riflessioni sulla morte di Dio: tutti epifenomeni che avrebbero il loro retroterra in un altrove che, nel caso di Nietzsche, sta poi meno in superficie di quanto si possa immaginare.

Tuttavia, l’approccio di Danto e, con lui, della prima ricezione analitica, non è sufficientemente radicale in questo movimento di retroversione; l’utilizzo di

categorie logiche più rigorose e dell’analisi epistemologica è infatti soltanto uno degli espedienti metodici di cui ci si può servire per ricostruire l’impalca- tura del sistema nietzschiano; il tutto con l’ovvia accortezza di distinguere costantemente ciò che è derivato da ciò che non lo è, e di partire dalle fonda- menta della riflessione nietzschiana senza capovolgere troppo rapidamente l’ordine degli elementi in gioco.

Una buona lettura di Nietzsche non può perciò trascurare – se non altro per- ché, come del resto ha sottolineato anche Mazzino Montinari58, nel suo caso lo

si è fatto troppo poco e, spesso, male, anche a motivo delle urgenze degli inter- preti e dei dibattiti in gioco – un inquadramento storiografico preciso, specie riguardo al tema controverso, ma proprio per questo ricco di implicazioni, delle fonti nietzschiane. Una adeguata comprensione di Nietzsche non deve infatti pre- scindere dall’attento esame del clima storico, politico e, più in generale cultura- le, in cui il filosofo tedesco si trovò a lavorare assorbendo, rivisitando e riartico- lando idee: «questo lavoro si fondava inoltre su una penetrante consapevolezza del carattere necessariamente “differito” di ogni attuale lettura di Nietzsche; per questo, ad avviso di Montinari, una attenta ricostruzione del contesto storico in cui l’opera nietzschiana si era formata costituiva una premessa e una conseguen- za dell’edizione. Uno degli aspetti principali, in cui questa lettura storicamente fondata si concretizzava, doveva consistere nella ricostruzione della “biblioteca ideale” di Nietzsche e delle molteplici letture da lui compiute, oltre che nella individuazione delle numerose fonti, dalle quali il pensatore aveva tratto spunto, talora trasformandole in vista di una originale assimilazione»59.

Il fatto che i conti non tornassero del tutto né all’interno del panorama conti- nentale – dove è stata soprattutto la Nietzsche Renaissance francese, anche attra- verso il lavoro di Gilles Deleuze, a mostrare che si potevano tentare strade dif- ferenti – né in quello anglo-americano, ha favorito appunto un ritorno paziente all’esame delle fonti60. Può sembrare paradossale che, dopo tanta letteratura

secondaria su Nietzsche61, si sia avvertita la necessità di rifare un discorso così

strettamente storico prima ancora che teorico. Ma a questo proposito l’una cosa è davvero parte integrante dell’altra, tanto che la ricerca sulle fonti ha finito per determinare in misura profonda anche la direzione speculativa.

Ed è proprio questo il percorso teorico indicato da tutta una serie di lavori che si sono occupati di ripercorrere alcune tra le fonti nietzschiane tradizional- mente meno conosciute e, quindi, meno considerate62. In quest’ambito, gli

studi dedicati alla ricostruzione del rapporto Nietzsche-Lange meritano un discorso particolare, sia perché sono cresciuti di numero tanto da formare una sottosezione trasversale e comune ai diversi indirizzi ermeneutici63, sia per le

implicazioni teoriche, nemmeno troppo implicite, generalmente sottese in que- sto genere di discorsi.

Stando a quel che ci dice G. J. Stack – ma è abbastanza agevole verificare quest’affermazione anche solo scorrendo l’indice dei nomi di un qualunque

testo di letteratura secondaria che riguarda Nietzsche – gli interpreti hanno spesso pensato che la Geschichte des Materialismus64 ha giocato un ruolo

importante nella complessa formazione nietzschiana; tale osservazione è tutta- via rimasta per lo più un luogo comune, quasi mai effettivamente approfondi- to o verificato65. Già Schlechta-Anders hanno notato di passaggio l’importan-

za di Lange nell’economia della teoria della conoscenza di Nietzsche66.

Tuttavia, il primo articolo che sottolinea con decisione la necessità di ricostrui- re il percorso che dalla Geschichte porta a Nietzsche è, nel 1978, di J. Salaquarda67. Ripercorrendo rapidamente la storia delle interpretazioni alla

luce del problema Lange, Salaquarda nota come «persino E. Förster-Nietzsche riconosce al libro un ruolo eminente nello sviluppo filosofico di Nietzsche, pur accontentandosi di fermarsi ad un’osservazione generica»68.

Oltre a Elisabeth, diversi altri critici hanno sottolineato la necessità di questo confronto: Bernoulli69«è stato fra i primi a vedere e a giudicare correttamente i

fatti nella loro globalità. Egli definisce la Storia del Materialismo il libro perso- nale di Nietzsche»70, e ribadisce che in esso troviamo la miglior guida per arri-

vare a chiarire le premesse filosofiche nietzschiane. Ma anche Hocks, Vaihinger, Del Negro, Mittasch e Dickopp hanno affrontato la questione71. E probabilmen-

te è stato proprio Hocks a inquadrare meglio i termini del problema: la Storia del Materialismo di Lange […] è l’opera che ha dato a Nietzsche le basi della sua formazione filosofica. L’influsso di questa lettura non può essere conside- rato mai troppo ampio, e va molto oltre il periodo del primo, decisivo impulso (1866/68). Se si sottraggono i fattori personali e il valore di vissuto della filosofia di Schopenhauer, Lange viene per Nietzsche addirittura prima di Schopenhauer, in quanto all’idealismo e al relativismo positivistico di Lange, che considera come fondamento, egli sovrappone il volontarismo come un piano superiore72.

Almeno tre aspetti vanno tenuti presenti per intendere tutta la portata del lavoro filosofico di Lange per Nietzsche: 1) per molti versi, almeno nella prima fase, Nietzsche rinvenne nella Geschichte una serie di importanti conferme ai suoi studi schopenhaueriani73; 2) la base concettuale che Lange fornisce a

Nietzsche è davvero molto complessa, e va ad aggiungersi a tutta una quantità di problematiche (che, con accezione generale, possiamo definire kantiane) che Nietzsche aveva già avuto modo di incontrare e di valutare attraverso Schopenhauer; 3) la Storia del Materialismo è ricca di una quantità di riferi- menti e di rimandi ad autori e opere prevalentemente scientifiche che Nietzsche non mancherà di approfondire, alcune volte fidandosi dei giudizi di Lange, altre volte procedendo secondo una direzione più autonoma.

Per tutte queste ragioni (e, ancora una volta, l’annotazione di Salaquarda in merito è preziosa74) è così difficile segnalare dei luoghi precisi, all’interno dei

testi nietzschiani, in cui il rapporto Nietzsche-Lange si configuri con sufficiente chiarezza: Lange rappresenta un po’ lo sfondo teorico in cui Nietzsche costruisce

la propria speculazione e, proprio come ogni sfondo, spesso si confonde con le cose che ne abitano l’interno. Questo sfondo – come del resto sa bene chiunque abbia letto la Geschichte – si articola in larga misura attraverso un costante con- fronto con il pensiero di Kant. Sia Schopenhauer sia Lange si pongono infatti dichiaratamente nell’ombra di Kant, anche se certo da prospettive differenti; per entrambi inoltre – e l’elemento merita di essere sottolineato – filosofia e scienza percorrono strade parallele, che spesso arrivano a incrociarsi e a confondersi.

Ma veniamo ai fatti documentati. Nietzsche legge Lange per la prima volta nel 1866 – un anno dopo aver letto Schopenhauer – e ne rimane subito entusia- sta (entusiasmo che per altro cercherà di comunicare, con scarso successo, anche a Gersdorff). Come dimostra Salaquarda75, egli certamente prese visio-

ne della prima edizione della Geschichte, quella del 1866 e della quarta del 1882, mentre non è del tutto sicuro che abbia letto anche la seconda edizione (e la terza identica alla seconda, entrambe, per altro molto accresciute) in cui Lange cita in nota la Nascita della tragedia76.

Cronologicamente, dunque la lettura della Geschichte ha radici lontane, che risalgono ancora agli anni della formazione nietzschiana. Ora viene da doman- darsi che significato abbia, a livello teorico, questa convivenza (testimoniata per altro dallo stesso Nietzsche) tra Schopenhauer e Lange, che è poi una conviven- za tra istinti teorici molto similari. La somiglianza, come per altro ho già accen- nato, sta nella compresenza, nella riflessione di entrambi, di due interessi fon- damentali: quello per le scienze della natura e quello per una metafisica non scientifica (in Schopenhauer l’arte, in Lange il punto di vista dell’ideale). «Se escludiamo qui i problemi “personali”, si può dire che Nietzsche poté sopporta- re per un certo periodo la tensione fra la “metafisica d’artista” della Nascita

della tragedia e delle ultime due Inattuali da una parte, e l’atteggiamento scien-

tifico che si esprime nelle sue lezioni e in scritti inediti come Su verità e men-

zogna dall’altra, perché attraverso la sua lettura di Lange disponeva di un

modello che lasciava valere l’una accanto all’altra entrambe le tendenze»77.

Non sempre i critici hanno colto la complementarietà di queste due anime nietz- schiane e comunque, di preferenza, si sono dedicati alle problematiche che hanno a che fare con la «metafisica d’artista» della Nascita della tragedia. Considerazione questa che ha ragion d’essere soprattutto per le letture continentali di Nietzsche, tipiche del dopo-Heidegger. Per questo, la riformulazione del rapporto Nietzsche- Lange (ma anche quello di Nietzsche-Schopenhauer) è una delle premesse fonda- mentali per l’approfondimento di questo secondo aspetto del pensiero nietzschia- no, quello per molti versi meno studiato, e probabilmente anche meno capito.

Mi sembra dunque interessante provare a ricostruire il pensiero nietzschia- no tenendo presente le indicazioni e le acquisizioni di quegli interpreti (Schlechta-Anders, Danto, Stack, Clarck, Moles, solo per citare alcuni nomi) che hanno provato a proporre una via alternativa alle ermeneutiche classiche (Heidegger e Kaufmann su tutti).

NOTE

1. Cfr. a riguardo EH: pp. 375-385. 2. H. G. GADAMER, 1960: it. p. 431.

3. Riguardo alla ricostruzione delle ermeneutiche regionali si rimanda, per l’ambito francese a: G. BIANQUIS, 1929 (il testo copre un periodo che va dalle origini fino alla data di pubblicazio-

ne); H.G. KUTTNER, 1966; P. BOUDOT, 1970; E. NOLTE, 1990; J. LERIDER, 1993, vol. 1: pp. 11-

62; A. D. SCHRIFT, 1995; D. SMITH, 1996; J. LERIDER, 1999. Per la Spagna: U. RUSKER, 1962.

Per l’ambito anglo-americano: H. A. STEILBERG, 1996; T. ANDINA, 1999. Per l’ambito tedesco:

S. E. ASCHHEIM, 1990 (è il testo di riferimento classico e più aggiornato, con un resoconto com-

pleto e ragionato dei più diversi tentativi di lettura di Nietzsche in Germania: dalle avanguardie artistiche, ai circoli esoterici, anarchici, ultraconservatori, alle leghe maschili, ai gruppi femmi- nisti, ai vegetariani, ai socialisti, ai sionisti, agli antisemiti); K. ANSELL-PEARSON, 1991. Per

l’Italia: M. STEFANI, 1975 (bibliografia annotata); D. M. FAZIO, 1988 (ricostruzione storica pun-

tuale); ID., 1993: pp. 304-319.