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Alcune sentenze di legittimità in materia di circolazione stradale e principio di affidamento

CIRCOLAZIONE STRADALE

5. Sviluppo e applicazione giurisprudenziale del principio di affidamento nell’esperienza italiana: il settore della circolazione stradale

5.1. Alcune sentenze di legittimità in materia di circolazione stradale e principio di affidamento

penale. La difficoltà di riconoscere la tutela dell’aspettativa in ordine al corretto comportamento degli altri partecipanti al traffico è dovuta al fatto che la normativa stradale tende a concentrare su ogni utente della strada un obbligo di diligenza di ampio contenuto, volto a neutralizzare pericoli diffusi, che limita la possibilità di applicazione del principio de quo, basandosi quest’ultimo sull’esistenza di obblighi distinti, di contenuto differente e facenti capo ai singoli agenti, sul cui rispetto poter confidare.

5.1. Alcune sentenze di legittimità in materia di circolazione stradale e principio di affidamento

Veniamo ora ad esaminare alcune sentenze della Corte di Cassazione da cui è possibile evincere l’esistenza e, in alcuni sporadici casi l’applicabilità, del principio di affidamento nel settore della circolazione stradale.

Una prima pronuncia, degna di nota per i risultati cui giunge, risale al 195665. In tale sentenza, la Suprema Corte giunse ad escludere la responsabilità del conducente di un motociclo a fronte dell’inopinata e imprevedibile imprudenza di un pedone, fornendo argomentazioni che sembrerebbero portare al riconoscimento implicito del principio di affidamento. Nella fattispecie, il pedone aveva attraversato la via in un punto in cui non era presente un passaggio pedonale senza prestare attenzione circa il fatto che sopraggiungessero veicoli; di conseguenza il motociclista, che procedeva a velocità regolare, non aveva potuto, nonostante i

65 Cass. pen. 11 luglio 1956, in Riv. giur. circ. trasp., 1958, citata da M. MANTOVANI, Il principio, cit. p. 229 ss.

tentativi messi in atto (frenando e deviando la direzione del veicolo), impedire l’impatto con il pedone, a seguito del quale questi era deceduto.

La Cassazione giunse ad annullare la decisione di condanna del conducente del motociclo, emessa dai giudici di secondo grado, ritenendo che al principio secondo cui ogni partecipante al traffico dovrebbe farsi carico di riconoscere e neutralizzare le imprudenze altrui non sarebbe possibile fornire una portata tanto estesa da dover pretendere <<un massimo di diligenza e prudenza anche di fronte al massimo di negligenza e imprudenza>>, tale da poter muovere un rimprovero al soggetto nei casi in cui il comportamento altrui, oltre che gravemente imprudente, fosse anche di fatto non prevedibile.

Dal punto di vista teorico66, in capo al conducente potrebbe riscontrarsi un’aspettativa circa il fatto che qualsiasi pedone, e non solo quello di cui abbia percepito visibilmente l’esistenza (differentemente da quanto sostenuto dalla giurisprudenza precedente di cui si diceva), tenga la condotta da lui attesa dall’ordinamento sulla base di una regola di condotta che gli si rivolge. Tale aspettativa del singolo conducente, che riflette quella dell’ordinamento stesso, è suscettibile di essere rimossa da indizi concreti che attestino che l’altro partecipante al traffico non si atterrà alle norme di diligenza che lo riguardano e, di conseguenza, rendano riconoscibile e prevedibile la verificazione di eventi infausti che la norma mirava ad evitare. In assenza di tali indizi sarà possibile tutelare il suo affidamento, in quanto giustificato.

Nella sentenza cui si fa riferimento, tuttavia, non vi è menzione esplicita del principio in questione, sebbene alcune argomentazioni poste a favore del riconoscimento della non responsabilità del conducente sembrino postularlo.

In particolare, i giudici di legittimità affermano l’inconferenza, ai fini dell’addebito di colpa da muoversi al conducente, dell’argomento, posto dai giudici di secondo grado, secondo cui nella condotta dell’imputato era ravvisabile un difetto di attenzione, a causa del quale egli avrebbe riconosciuto solo tardivamente la possibilità che la vittima intraprendesse l’imprudente attraversamento della carreggiata, attivandosi in modo intempestivo per evitarne i prevedibili effetti dannosi. Tuttavia, tale difetto di attenzione, a detta della Corte,

non sarebbe rimproverabile al conducente in quanto, per provarne l’esistenza, sarebbe necessario dimostrare che, nel momento in cui il pedone si apprestava a scendere imprudentemente dal marciapiede, <<tutta l’attenzione e le facoltà del motociclista dovevano essere concentrate precipuamente su quel movimento o che il movimento iniziale del pedone lasciasse intendere che questi non si sarebbe attenuto alle norme prudenziali a lui indirizzate>>67. Negando l’esistenza di tale dovere di diligenza, a carico del conducente (esteso sino comprendere il concentrarsi sulle possibili imprudenze altrui), per converso si evince come tale dovere debba essere circoscritto alla prevenzione di eventi lesivi originati da altre fonti di pericolo; il singolo conducente dovrà, dunque, tendenzialmente concentrarsi sull’osservanza dei precetti di cui è destinatario e solo in presenza di indizi concreti sarà possibile configurare in capo a lui un ulteriore dovere di impedire la realizzazione di pericoli che si rendano prevedibili in ragione delle riconoscibili imprudenze altrui. Di conseguenza, dovendo il conducente primariamente prestare attenzione ai doveri che lo riguardano direttamente, dovrà essere riconosciuta la tendenziale possibilità di un suo affidamento sul fatto che anche gli altri conducenti rispettino i propri doveri, escludendo una sua responsabilità in presenza di un’imprudenza della vittima non previamente riconoscibile alla luce dei propri doveri di diligenza.

Dunque, sembrerebbe68 che la ratio ispiratrice della sentenza del 1956 sia da identificare nell’esigenza di distribuire i rischi fra i partecipanti al traffico e di esonerare ciascuno dal dover fronteggiare pericoli, alla cui prevenzione sono posti specifici doveri di diligenza imposti ad altri, permettendo così un miglior assolvimento dei propri doveri, al fine di garantire una maggiore tutela dei beni giuridici coinvolti nella circolazione stradale.

Venendo ora alle più recenti pronunce della giurisprudenza di legittimità circa l’applicabilità del principio di affidamento nell’ambito della circolazione stradale, è da porre in evidenza il fatto che tale principio trova generale ed esplicito accoglimento, sebbene siano poche le sentenze che hanno fato riferimento a tale canone al fine di escludere la responsabilità colposa del conducente.

67 Cass. pen. 11 luglio 1956, cit.

In generale, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che <<in tema di reati commessi con violazione di norme sulla circolazione stradale e sul Codice della strada, il "principio di affidamento" trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente messo in atto da altri, purché questo rientri nel limite della prevedibilità>>69.

Nella maggior parte delle sentenze, di conseguenza, si assiste ad una enunciazione di principio circa l’esistenza del Vertrauensgrundsatz all’interno del settore cui ci si riferisce, tuttavia, raramente, in relazione ai casi concreti, vi è stata una sua applicazione; ciò è dovuto al fatto che, nella maggioranza dei casi, il comportamento imprudente altrui è stato ritenuto concretamente prevedibile impiegando l’ordinaria diligenza.

La giurisprudenza di Cassazione ha più volte affermato che il principio di affidamento debba essere riconosciuto nell’ambito della circolazione stradale poiché <<la soluzione contraria non solo sarebbe irrealistica ma condurrebbe a risultati non conformi al principio di personalità della responsabilità, prescrivendo obblighi inesigibili e votando l’utente della strada al destino del colpevole per definizione>>70, che <<la prevedibilità ed evitabilità va valutata in concreto>> e che <<il principio di affidamento non possa operare allorquando vi sia la ragionevole prevedibilità della condotta del terzo o della vittima da parte del soggetto attivo>>.

Nel caso71 di un conducente che, alla guida della propria vettura, aveva effettuato un repentino cambio dalla corsia di sorpasso a quella di destra senza segnalare per tempo la propria intenzione, scontrandosi con un motociclo che sopraggiungendo dietro di lui aveva tentato, imprudentemente, di sorpassarlo a destra, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di condanna impugnata ritenendo sussistente la responsabilità dell'imputato e inoperante il principio di affidamento. La Corte è pervenuta a tale decisione sostenendo, da un lato, che la condotta dell’automobilista fosse di per sé imprudente, in quanto contraria ai

69

Cass. pen. Sez. IV, 23 ottobre 2018, n. 54001, da DeJure.

70 Cass. pen. Sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 5691 e Cass. pen. Sez. IV, 8 ottobre 2009, n. 46741, da DeJure.

dettami dell’art 154 C.d.s, non essendosi egli assicurato, negligentemente, rientrando nella corsia di destra dopo il sorpasso, di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada e non avendo egli segnalato con sufficiente anticipo la propria intenzione, ritenendo che <<una più tempestiva e anticipata segnalazione dell’intendimento di cambiare corsia avrebbe messo il motociclista nella condizione di evitare l’azzardata manovra di sorpasso che gli costò la vita>>. Dall’altro, la Corte ha ritenuto che il comportamento della vittima, per quanto imprudente, fosse tutt’altro che imprevedibile, avendo potuto il conducente dell’auto accorgersi della presenza altrui sulla corsia di destra semplicemente rispettando le disposizioni precisamente tese a prevenire ed evitare il rischio che si è poi concretizzato; di conseguenza, tale prevedibilità della condotta altrui impediva l’applicazione del principio di affidamento.

Suddetta posizione della Corte di Cassazione si allineava con quanto stabilito in una sentenza precedente72 la quale aveva anch’essa escluso l’applicabilità del principio di affidamento a favore del conducente di un’autovettura che, nell’entrare in un parcheggio, si era scontrato con un ciclomotore che lo stava sorpassando in modo azzardato, in ragione della prevedibilità del comportamento altrui.

Quest’ultima decisione è particolarmente interessante poiché, nella motivazione, esamina una pluralità di aspetti relativi al principio di affidamento nel settore della circolazione stradale, rielaborando e citando alcune riflessioni presenti in un’altra importante sentenza73

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In particolare, si ammette l’esistenza del principio di affidamento nell’ambito della circolazione stradale in quanto <<dover continuamente tener conto delle altrui possibili violazioni della diligenza imposta avrebbe come risultato di paralizzare ogni azione, i cui effetti dipendano anche dal comportamento altrui>>; in tale settore, si dice, il principio de quo <<assicura la regolarità della circolazione, evitando l’effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze>>, esso <<circoscrive entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l’obbligo di rapportarsi alle altrui condotte>> ed è

72 Cass. pen. Sez. IV, 16 dicembre 2011, n. 6967, da DeJure.

definibile, come in passato era già stato sostenuto dalla stessa Corte, come <<vera e propria pietra angolare della tipicità colposa>>.

A fronte della valorizzazione del principio in questione, tuttavia, anche nel caso in esame la giurisprudenza di legittimità è giunta ad escludere la possibilità di far affidamento sulla correttezza dell’altrui condotta, poiché il comportamento imprudente altrui non era da ritenersi imprevedibile. Interessante è l’affermazione secondo cui <<le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente>>, da cui emerge una ben limitata possibilità dei conducenti di confidare sulla correttezza del comportamento altrui, dovendo questi, piuttosto, prestare particolare prudenza a fronte dei molteplici rischi insiti nel traffico, tra i quali si annovera l’imprudente condotta di altri che, in quanto caratteristica del settore in esame, difficilmente sarà qualificabile quale fattore eccezionale.

Si citano poi una serie di situazioni in cui, nonostante la tendenziale possibilità di aspettativa sulla diligenza altrui, dettata dalle circostanze del caso, sia comunque necessario adoperare particolare prudenza, la quale permette di prevedere inadempienze e prevenire eventuali effetti dannosi; così, ad esempio, nelle ipotesi in cui il semaforo verde consente la marcia, l’automobilista <<deve accertarsi dell’eventuale presenza, anche colpevole, di pedoni che si attardino nell’attraversamento>>, così come <<il conducente deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale nella normale prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa>>. Emerge spiccatamente quanto, nei fatti, la giurisprudenza ritenga particolarmente esteso il dovere di prevedere le altrui imprudenze, tanto da fondare quasi una sfiducia nel comportamento dei soggetti con cui si interagisce e, di conseguenza, la sostanziale impossibilità di applicazione del principio di affidamento. Poiché la prudenza in materia di circolazione stradale è tanto estesa da dover ricomprendere anche la previsione di comportamenti scorretti altrui, il principio in oggetto non potrà che operare solo nelle aree in cui non si può

chiedere che tale prudenza venga estesa, vale a dire i casi di totale imprevedibilità delle condotte dei soggetti.

A ciò si aggiunge il rilievo, sottolineato dalla Corte stessa, che nell’ambito della circolazione stradale le condotte imprudenti sono tanto frequenti da costituire un <<rischio tipico e prevedibile, da governare nei limiti del possibile>> in ragione del quale gli utenti sono tenuti ad usare la massima prudenza.

Nonostante ciò, i giudici si premurano di precisare che tale circostanza, e le norme dall’ampio contenuto presenti nel Codice della strada, non possono essere estese in modo tale da dover enucleare un obbligo generale di prevedere e governare sempre e comunque il rischio da altrui attività illecita, poiché <<vi sono aspetti della circolazione stradale che implicano necessariamente un razionale affidamento>>, portando ad esempio il caso in cui di fronte ad una strada in cui il senso di marcia sia regolato non si può pretendere che l’automobilista si paralizzi nel timore che qualcuno possa non attenersi a tale disciplina. Così, si dice, è una <<esigenza di ragionevolezza del sistema>> quella che porta a riconoscere, in generale, il principio di affidamento nel settore della circolazione stradale, dal momento che <<la soluzione contraria non solo sarebbe irrealistica, ma condurrebbe a risultati non conformi al principio di personalità della responsabilità, prescrivendo obblighi talvolta inesigibili e votando l’utente della strada al destino del colpevole per definizione>>74.

A fronte di queste motivazioni, che valgono quindi a indicare le particolarità del settore in analisi, nella sentenza si pone in rilievo la necessità, ai fini dell’applicazione del principio di affidamento, di effettuare una valutazione della prevedibilità ed evitabilità dell’evento in concreto. Si precisa che tale prevedibilità ed evitabilità in concreto dell’evento si pone, in primo luogo e senza incertezze, nella colpa generica, poiché in essa la prevedibilità dell’evento è funzionale all’individuazione della norma cautelare stessa, ma anche nell’ambito della colpa specifica, quale è appunto il caso della violazione delle norme dettate dal Codice della strada. Nella colpa specifica, in particolare, la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma ma rileva anche in relazione al <<profilo soggettivo, al rimprovero personale, imponendo

un’indagine rapportata alle diverse classi di agenti modello e a tutte le specifiche contingenze del caso>>. Ed è proprio questa la chiave di volta che permette di valutare la possibilità di applicazione del principio di affidamento.

Infatti, soprattutto in caso di norme elastiche, che indicano un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, la Corte sottolinea la possibilità di effettuare un cauto apprezzamento circa la prevedibilità ed evitabilità dell’evento da parte dell’agente modello. Di conseguenza, è ben possibile che contingenze particolari possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa, ad esempio, dell’imprevedibilità della condotta di guida dell’altro soggetto coinvolto nell’incidente, sebbene <<tale ponderazione non può essere meramente ipotetica, congetturale, ma deve di necessità fondarsi su emergenze concrete e risolutive>>75.

Sarà, dunque, sempre necessario, anche con riferimento alla violazione delle norme del Codice della strada, che fonda una colpa specifica, effettuare un’indagine concreta nonostante il fatto che, nel settore in questione, la condotta inosservante di altri soggetti non costituisce in sé una circostanza imprevedibile, in ragione della richiesta di alta prudenza che tali norme impongono. L’esigenza di preservare la dimensione soggettiva della colpa, e cioè la rimproverabilità della condotta del soggetto, permette di poter affermare che <<le particolarità del caso concreto possono dar corpo ad una condotta realmente imprevedibile>>, che consente l’applicazione del principio di affidamento e il conseguente esonero da responsabilità per il soggetto. Dalle motivazioni della Corte emerge la possibilità di applicazione del principio in analisi: non potendo essere invocato in presenza di prevedibilità del comportamento colposo altrui, sarà l’eventuale imprevedibilità della condotta, alla luce delle circostanze concrete, a permettergli di operare.

In linea con tali prese di posizione, confermando la sentenza di condanna in un caso di investimento di un pedone da parte di un conducente di autoveicolo che aveva superato i limiti di velocità, la Corte di Cassazione è giunta ad affermare76 che il comportamento colposo del pedone può escludere la responsabilità del conducente <<solo nei casi in cui risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi

75 Ancora, Cass. pen. Sez. IV, 16 dicembre 2011, n. 6967, da DeJure. 76 Cass. pen. Sez. IV, 22 giugno 2017, n. 45795, da DeJure.

estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone ed osservarne per tempo i movimenti, che risultino attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile, poiché l'utente della strada deve regolare la propria condotta in modo che essa non costituisca pericolo per la sicurezza di persone o cose, tenendo anche conto della possibilità di comportamenti irregolari altrui, sempre che questi ultimi non risultino assolutamente imprevedibili>>.

La Corte precisa poi, riprendendo argomentazioni delle indicate sentenze precedenti, che <<nell'ambito della circolazione stradale, la specificità di alcune norme impone, infatti, di escludere o limitare la possibilità di fare affidamento sull'altrui correttezza, estendendo al massimo l'obbligo di attenzione e prudenza, sino a ricomprendervi il dovere dell'agente di prospettarsi le altrui condotte irregolari>> specificando, in termini ulteriormente restrittivi, i limiti di invocabilità e operatività del principio di affidamento nell’ambito della circolazione stradale, sottolineando come solo in via eccezionale e per motivi estranei ad ogni obbligo di diligenza il soggetto agente, se oggettivamente impossibilitato ad impedire l’evento, possa ritenersi esente da responsabilità penale77.

In taluni, rari, casi, la giurisprudenza di legittimità si è invece dimostrata favorevole all’applicazione del principio di affidamento, addivenendo ad un giudizio di non responsabilità del soggetto in ragione della <<ragionevole imprevedibilità>>78 del comportamento altrui.

In passato79 la Corte di Cassazione giunse ad una pronuncia assolutoria affermando che <<in tema di responsabilità da sinistri stradali, l'esatto principio secondo il quale il conducente di un autoveicolo ha l'obbligo di prevedere le imprudenze altrui ragionevolmente prevedibili e probabili (non solo possibili) deve contemperarsi con il principio altrettanto esatto - che costituisce corollario e limite dell'obbligo menzionato - dell'affidamento nell'altrui condotta di guida che abbia tutta l'apparenza della normalità>> riconoscendo la possibilità di applicazione del principio di affidamento.

77 Come evidenziato da I. COPPOLA, Principio di affidamento e limiti della sua operatività in materia di circolazione stradale, in Ilpenalista.it, 2017, nota a Cass. pen. Sez. IV, 22 giugno 2017,

n. 45795.

78 Cass. pen. Sez. IV, 8 ottobre 2009, n. 46741, da DeJure.

Di particolare rilievo risulta, infine, un’ulteriore pronuncia80

della Corte di Cassazione che escluse la responsabilità di un conducente che, nell’accedere ad

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