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Il dirigente di struttura semplice e il dirigente sanitario alla prima assunzione

CIRCOLAZIONE STRADALE

2. Le fonti normative relative agli operatori sanitari e i soggetti partecipanti all’attività medica plurisoggettiva

2.2. Il dirigente di struttura semplice e il dirigente sanitario alla prima assunzione

Subordinati al dirigente di struttura complessa risultano due sanitari: il dirigente di struttura semplice (aiuto) e il dirigente alla prima assunzione (assistente). Entrambe queste figure, grazie agli interventi legislativi del 1992 e del 1999, hanno visto ampliati i propri ambiti decisionali e di autonomia, con conseguente estensione delle proprie aree di responsabilità. La norma che disciplina i profili professionali e le attribuzioni di suddetti operatori sanitari è l’art. 63 del d.lgs. n. 761/1979 ( ancora valida, sebbene formalmente superata nella terminologia) in cui l’assistente (medico appartenente alla posizione iniziale) è definito come colui che <<svolge funzioni medico-chirurgiche di supporto e funzioni di studio, di didattica e di ricerca, nonché attività finalizzata alla sua formazione, all’interno dell’area dei servizi alla quale è assegnato, secondo le direttive dei medici appartenenti alle posizioni funzionali superiori>>. A tale figura è riconosciuta la <<responsabilità per le attività professionali a lui direttamente affidate e per le istruzioni e direttive impartite nonché per i risultati conseguiti>>; tuttavia, la sua attività è <<soggetta a controllo e gode di autonomia vincolata alle direttive ricevute>>. La disposizione in esame indica chiaramente la posizione di indipendenza tecnica e professionale dell’assistente: le sue competenze, infatti, possono estendersi fino a riguardare, nelle veci del superiore, il trattamento dei singoli pazienti; tuttavia, tale prestazione è soggetta al controllo del dirigente di struttura complessa ed è vincolata alle direttive da questi ricevute.

Il citato articolo 63 tratta, inoltre, della figura dell’aiuto (medico appartenente alla posizione intermedia) indicandolo come colui che <<svolge funzioni autonome nell’area dei servizi a lui affidata, relativamente ad attività e prestazioni medico-chirurgiche, nonché ad attività di studio, di didattica, di ricerca e di partecipazione dipartimentale, anche sotto il profilo della diagnosi e cura, nel rispetto delle necessità del lavoro di gruppo e sulla base delle direttive ricevute dal medico appartenente alla posizione apicale>>. Anche tale figura, dunque, gode di una certa autonomia che, diversamente da quanto avviene per il dirigente alla prima assunzione (assistente), non è strettamente vincolata alle direttive ricevute

ma deve svolgersi “sulla base” di quest’ultime, ragion per cui la dottrina parla di “autonomia limitata” quando tratta delle attività riferibili a suddetto medico12

. Successivamente il d.lgs. n. 229/1999, individuando un unico ruolo ed un unico livello per tutta la dirigenza sanitaria, ha collocato questi medici nell’ambito dell’articolo 15, comma 4, d.lgs. n. 502/1992 (come modificato dalla normativa del 1999) distinguendo tra “dirigenti sanitari all’atto della prima assunzione” (corrispondenti alla figura dell’assistente) e “dirigenti sanitari con cinque anni di attività”. In particolare, ai primi sono affidati <<compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura>> e vengono ad essi attribuite <<funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dell’attività>>. Viceversa, ai dirigenti con cinque anni di attività13 sono attribuite <<funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettive, di verifica e controllo, nonché incarichi di direzione di strutture semplici>>. In tal modo, alla luce della normativa del 1999, sarà possibile distinguere la figura dirigenziale a seconda del tipo di struttura gestita, ricollegandosi alle precedenti figure di aiuto e primario; il primo viene ad essere “dirigente di struttura semplice”, assumendo funzioni direttive e vedendo ampliata la propria responsabilità, mentre il secondo corrisponde al “dirigente di struttura complessa”, cui vengono attribuiti fondamentali compiti di organizzazione e gestione. Ad oggi, quindi, assumono rilievo medici che collaborano in posizione subordinata rispetto al dirigente di struttura complessa, i cui ambiti di autonomia avranno maggiore o minore estensione a seconda che essi siano o meno a capo di un struttura semplice.

Merita precisare che, comunque, nonostante entrambe le figure (di aiuto e assistente) abbiano assunto ruoli dirigenziali e funzioni assimilabili, la loro fisionomia professionale risulta ancora distinta; l’assistente è un professionista con una preparazione per lo più teorica e con limitata esperienza pratica, mentre

12 Il d.lgs. n. 502/1992 attribuiva all’aiuto, insieme al nuovo titolo di “dirigente di primo

livello”, <<funzioni di supporto, di collaborazione e corresponsabilità, con riconoscimento di precisi ambiti di autonomia professionale nella struttura di appartenenza, da attuarsi nel rispetto delle direttive del responsabile>>.

13 Il quale, secondo quanto disposto dall’articolo 15, comma 4, in esame, abbia superato con

l’aiuto è un professionista con un’esperienza, anche pratica, piuttosto consolidata (almeno quinquennale) e che, in ragione di ciò, potrebbe essere preposto ad una struttura semplice.

2.3. Lo specializzando

La figura dello specializzando (o assistente in formazione)14 pone particolari problemi circa l’individuazione dei limiti entro cui tale soggetto può svolgere la propria attività e la perimetrazione della sua eventuale responsabilità penale, nel caso in cui si verifichino eventi infausti a lui ascrivibili. Tale problematicità è dovuta al fatto che, alla luce delle fonti legislative di riferimento15, lo specializzando è identificato come un allievo che svolge un periodo di studio e pratica clinica con ruolo limitato nell’organigramma, mentre, nella realtà ospedaliera, questi non ha affatto un ruolo marginale ma, anzi, svolge spesso mansioni proprie di figure a lui gerarchicamente sovraordinate.

L’art. 38 d.lgs. n. 368/199916

, adottato in attuazione di alcune direttive comunitarie17, individua, in maniera più precisa rispetto alla precedente disciplina, le mansioni di tale medico. Si dispone che tutti i compiti dello specializzando debbano svolgersi sotto la guida del proprio tutore (un medico di comprovate esperienze professionali e di elevata qualificazione scientifica); che l’assistente in formazione debba svolgere attività sia teoriche che pratiche e <<assumere gradualmente compiti di natura assistenziale ed eseguire interventi diagnostici e terapeutici, con autonomia vincolata alle direttive ricevute dal tutore>>18. Egli, dunque, è costantemente assoggettato al controllo del proprio tutore, il quale è

14 Con tale denominazione ci si riferisce ad un laureato in medicina e chirurgia che, superando

un apposito concorso, abbia avuto accesso alle Scuole di formazione specialistica, il cui scopo è far acquisire una professionalità coerente con le esigenze del Servizio Sanitario Nazionale.

15

Ci si riferisce in particolare al d.lgs. n. 368 del 1999.

16 Tale decreto ha sostituito la normativa previgente contenuta nel d.lgs. n. 257/1991, adottato

in attuazione della direttiva comunitaria 82/76/CEE, che all’art. 4 individuava i diritti e doveri dello specializzando sancendo che <<la formazione specialistica del medico a tempo pieno implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio di cui fanno parte le strutture nelle quali essa si effettua, ivi comprese le guardie e l’attività operatoria per le discipline chirurgiche, nonché la graduale assunzione di compiti assistenziali in modo che lo specializzando dedichi alla formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intero anno>>.

17

In particolare le direttive 93/16/CEE, 97/50/CE, 98/21/CE e 99/46/CE.

18 Non sono ricomprese, tra i compiti riferibili a quest’ultimo, attività prettamente

amministrative quali, ad esempio, la richiesta di esami di laboratorio e il rilascio di certificazioni sanitarie.

tenuto a verificare (e discutere criticamente con lui) ogni prestazione lasciata all’autonomia gestionale dello specializzando.

La disciplina normativa dell’attività degli assistenti in formazione è, infine, completata dall’art. 16 d.lgs. n. 502/1992 che prescrive tassativamente la partecipazione dello specializzando <<all’attività operatoria per le discipline chirurgiche, nonché la graduale assunzione di compiti assistenziali e l’esecuzione di interventi con autonomia vincolata alle direttive ricevute dal medico responsabile della formazione>>, stabilendo che <<la formazione comporta l’assunzione delle responsabilità connesse all’attività svolta>>.

Ne consegue che lo specializzando non partecipa all’attività sanitaria per la sola formazione professionale e che questi non è un mero esecutore degli ordini del tutore ma, anzi, è dotato di una certa autonomia, in ragione della quale assume la responsabilità per le attività compiute, una responsabilità confermata da varie pronunce giurisprudenziali. Nonostante la parziale autonomia, riconosciuta al medico specializzando, merita sottolineare che la disciplina introdotta dal d.lgs. n. 368/1999 ha accentuato i poteri-doveri di controllo del tutore, stabilendo che la partecipazione dello specializzando alle attività mediche debba essere <<guidata>>19 e che la sua autonomia debba essere vincolata alle direttive impartite dal tutore. Ricorre, dunque, anche qui (come nel caso dell’assistente) un’autonomia vincolata la quale, soprattutto in relazione all’operatività tecnica dello specializzando, si espone ad interpretazioni contraddittorie. Da un lato, l’esistenza di difficoltà legate all’acquisizione di competenze professionali in campo sanitario rende inadeguati, alla valutazione dell’operato dello specializzando, i parametri di diligenza che si richiedono allo specialista; dall’altro, non si può nemmeno immaginare una deresponsabilizzazione dello specializzando, che comporterebbe necessariamente una resistenza dei tutori ad affidare agli allievi compiti rilevanti20.

19

Alla luce di ciò, parte della dottrina ha individuato due limiti cui deve sottostare lo specializzando nello svolgimento dell’attività: della gradualità progressiva e della direzione e controllo. Il primo comporta che, alla progressiva acquisizione di conoscenze, deve seguire una corrispondente estensione degli ambiti di intervento ad esecuzione personale dello specializzando, il secondo riguarda la supervisione del tutore sul suo operato. In tal senso A. PALMA, Paradigmi

ascrittivi, p. 9.

20 Sul punto A.R. DI LANDRO, Vecchie e nuove linee, cit. p. 238. A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 9, sottolinea che, nonostante le previsioni normative, che rendono pregnante la figura

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