CIRCOLAZIONE STRADALE
6. I diversi modelli di cooperazione tra medici e le loro conseguenze sull’operatività del principio di affidamento
6.3. La responsabilità nell’attività medico-chirurgica in équipe: la figura del capo-équipe
L’attività chirurgica costituisce la forma per eccellenza della collaborazione in ambito medico, che comprende qualsiasi intervento svolto in un unico contesto spazio-temporale da parte di un gruppo di sanitari che vi partecipano assieme, ma con compiti differenziati. L’équipe chirurgica rappresenta il contesto che, per eccellenza, fotografa la contemporanea attività di sanitari appartenenti a differenti specialità, il più delle volte organizzati gerarchicamente e diretti da un capo-
équipe. In particolare, tale forma di collaborazione si caratterizza per la
contemporanea presenza di rapporti di tipo orizzontale e verticale, che danno vita a differenti questioni con riferimento alla ripartizione di responsabilità in caso di fatti colposi commessi da uno dei partecipanti al gruppo. In tale contesto vi è un’ultima questione, di particolare rilievo, che resta da trattare: i profili di responsabilità, per errori commessi da altri membri dell’équipe, del medico che, senza necessariamente ricoprire un ruolo sovraordinato rispetto ai colleghi, assume la conduzione e la guida nel corso dell’intervento. La figura del capo-
équipe pone una serie di problematiche, avvalorate dal fatto che la stessa
giurisprudenza non ha sviluppato a tal proposito una linea interpretativa unica e costante, riconoscendone a volte la responsabilità, in ragione della posizione ricoperta, ed altre volte escludendola, in ragione del principio di affidamento.
Il nodo cruciale della questione riguarda il tipo di ruolo svolto da tale sanitario, non riscontrandosi a tal proposito opinioni unitarie. Il capo-équipe, infatti, è un
medico al quale, per qualifica professionale, esperienza ed anzianità, è demandata la materiale organizzazione, il coordinamento e la direzione del gruppo di lavoro.
Tale qualifica, tuttavia, è meramente fattuale: non trova alcun riscontro in ambito normativo e non coincide necessariamente con il medico dirigente di reparto. Sono due, astrattamente, le situazioni che possono concretizzarsi: da un lato un’équipe chirurgica diretta dal dirigente di reparto e, quindi, organizzata, anche dal punto di vista formale, in modo gerarchico; dall’altro un’équipe diretta da un sanitario che non abbia la qualifica apicale e che, comunque, assuma in concreto la funzione di coordinare il gruppo di lavoro. Questa differenziazione è fondamentale al fine di poter ritenere responsabile il capo-équipe nel caso in cui, a causa di una condotta colposa tenuta da un partecipante, si verifichi un evento dannoso per il paziente. Infatti, mentre con riferimento alla prima ipotesi non si pongono particolari questioni interpretative, facendo capo al medico tutti i doveri (sanciti dall’art. 63 d.P.R. n. 761/1979 e dall’art. 15 d.lgs. n. 502/1992) che discendono dalla posizione apicale, compreso quello di controllo (pur nei limiti indicati), nella seconda, al contrario, sorge il problema di stabilire quali doveri incombano sul medico che abbia assunto il ruolo di capo-équipe e, in particolare, se sullo stesso incombano, come per il medico in posizione apicale, doveri di istruzione e vigilanza sui componenti dell’équipe chirurgica.
La questione, a ben vedere, è di primario rilievo in quanto, a seconda della posizione che si intenda assumere, sarà o meno possibile individuare una responsabilità del capo-équipe per omesso controllo sull’operato dei colleghi.
A tal riguardo merita rilevare che la giurisprudenza è solita ricondurre la figura del capo-équipe, indipendentemente dal ruolo formale assunto nella gerarchia ospedaliera, a quella del medico in posizione apicale disciplinata dall’art. 63 d.P.R. n. 761/1979, facendone, quindi, discendere l’esistenza di doveri di controllo e sorveglianza sull’operato dei membri dell’équipe. Spesso, infatti, nelle sentenze della Corte di Cassazione si fonda una responsabilità del capo-équipe sul fatto che questi <<dirige e coordina l’attività posta in essere con i collaboratori, esercitando un controllo diffuso dell’operato altrui>>, deducendone che <<nei suoi confronti, il principio di affidamento si attenua, posto che la direzione di un intervento chirurgico impone una generale attività di controllo sulle operazioni
poste in essere dai colleghi>>166. Da tali posizioni si evince una sostanziale indifferenza della Corte rispetto al formale ruolo ricoperto dal capo-équipe, non operandosi alcuna differenziazione tra i casi in cui questi risulti anche dirigente di struttura complessa (posizione da cui discenderebbero effettivamente doveri di controllo) e quelli in cui, viceversa, non ricopra una posizione apicale.
Soprattutto, non sembra corretta l’applicabilità dell’art. 63 d.P.R. n. 761/1979 (sostenuta dalla giurisprudenza) al capo-équipe che non abbia anche qualifica apicale; l’articolo in questione, infatti, disciplina i doveri incombenti sul “medico in posizione apicale” facendo riferimento non alla generica assunzione di una posizione di superiorità (come nel caso di direzione di un intervento) ma all’assunzione di una qualifica giuridico-formale167
. Inoltre, coordinando tale rilievo con quanto disposto dall’art. 15 d.lgs. n. 502/1992 (che ha riorganizzato la dirigenza sanitaria individuando un unico ruolo dirigenziale distinto in tre profili professionali), si deve ritenere che l’assunzione di una posizione apicale sia strettamente connessa alla qualifica giuridico-funzionale di direzione di una struttura e non possa da essa prescindere.
Dunque, dall’attuale sistema normativo non sembra potersi far discendere un generale dovere di controllo sul medico che, senza ricoprire una posizione apicale, assuma materialmente la direzione dell’intervento. Da ciò consegue, necessariamente, la possibilità per il capo-équipe di far affidamento (salvo l’emergere di situazioni concrete) sul corretto operato dei partecipanti all’intervento. La portata di tale affidamento andrà correlata al tipo di ruolo che ricopre suddetto soggetto: una minore estensione in caso di medico in posizione apicale (essendo questi ex lege investito di un dovere di controllo), una maggiore per il sanitario privo di qualifica dirigenziale (sempre, s’intende, nei limiti esistenti all’applicabilità del principio). In conseguenza di ciò, in dottrina si è
166 In tal senso, Cass. pen. Sez. IV, 8 luglio 2014, n. 7346, in Cass. pen., fasc. 3, 2016, con nota
di A. MARCHINI (Osservazioni a Cass. pen., 8 luglio 2014, sez. IV, n. 7346), da DeJure. Nella sentenza in questione, relativa alla responsabilità penale di un’équipe chirurgica per aver dimenticato una garza laparotomica nel corpo di un paziente, cui erano seguite delle lesioni, la Corte afferma che <<la funzione di controllo (del capo-équipe) è specificamente quella di fronteggiare un tipico, ricorrente e grave rischio operatorio: quello di lasciare nel corpo del paziente oggetti estranei>>. Simili conclusioni circa la responsabilità del capo-équipe, per errori commessi dai colleghi, si rinvengono anche in Cass. pen. Sez. IV, 5 maggio 2015, n. 33329, in
Cass. pen., fasc. 3, 2016, citata in precedenza.
evidenziato che solo a carico del medico che assume contemporaneamente la posizione apicale ed il ruolo di capo-équipe sussiste un obbligo di indirizzo e vigilanza nei confronti degli altri sanitari componenti l’équipe chirurgica, mentre su colui che assuma solo la direzione dell’intervento chirurgico non incombe un dovere di vigilanza sistematica sui colleghi; quest’ultimo, nondimeno, sarà destinatario di specifici doveri cautelari di coordinamento e raccordo operativo tra le condotte dei vari componenti dell’équipe, in modo da permettere un’adeguata convergenza tra le attività dei medici appartenenti a differenti specializzazioni.
In conclusione, dovrà, quindi, riconoscersi la generale e piena operatività del principio di affidamento a favore del capo-équipe, il quale potrà confidare nel fatto che i propri collaboratori rispettino le leges artis della propria professione.
Nonostante l’incerta qualificazione dogmatica del capo-équipe, merita segnalare che, in talune circostanze, la giurisprudenza stessa ha applicato a suo favore il principio in esame. Ciò, in particolare si è verificato nei casi in cui l’errore fosse riconducibile all’operato di membri dell’équipe aventi una specializzazione diversa rispetto al direttore dell’intervento; in tal caso si è ritenuto che << non sembra possibile articolare un addebito di colpa, in ragione del mancato intervento, da parte di chi, privo di specifica competenza professionale in uno specifico settore, non sia intervenuto a fronte di un errore altrui di cui ragionevolmente può non essersi accorto, avendo piuttosto agito facendo legittimo affidamento sull’altrui capacità professionale>>168
.
Similmente, la Corte di Cassazione ha riconosciuto l’irresponsabilità del capo-
équipe, in forza del principio di affidamento, che si era allontanato dalla sala
operatoria prima della conclusione dell’intervento, affidando i restanti compiti agli altri membri dell’équipe chirurgica, precisando che tale anticipato scioglimento dell’équipe può <<ben esonerare da responsabilità colposa il medico allontanatosi che, quindi, non sia presente nel momento in cui o è stata omessa la dovuta prestazione professionale o è stato eseguito il maldestro intervento che ha causato conseguenze dannose per il paziente>> nei casi in cui ciò avvenga <<per cause giustificate o per la semplicità delle residue attività da compiere o per
impellente necessità di allontanarsi per la cura indilazionabile di altri pazienti>>169.
Concordando con tale assunto, la dottrina170 ha precisato che, in caso di allontanamento del capo-équipe, sarà possibile escluderne la responsabilità, per errori commessi da altri operatori, se, essendo giustificato il suo congedo, tali errori si siano verificati in un contesto di assoluta normalità senza che vi fossero per tale soggetto ragioni di dubitare dell’operato diligente dei collaboratori. Ad ogni modo, residuerà a carico del capo-équipe un obbligo di sorveglianza sul decorso post-operatorio, dal momento che l’allontanamento dalla sala non elide l’obbligo di protezione incombente sul sanitario, il quale dovrà essere pur sempre reperibile nel caso di eventuali complicanze post-operatorie171; nondimeno, questi potrà affidare il malato ad altro medico con le dovute capacità tecniche, informandolo circa la situazione del paziente, così da potersi liberare della propria posizione di garanzia.
169 Cass. pen. Sez. IV, 6 aprile 2005, n. 22579, in CED, rv. 231783, cit.
170 E. BELFIORE, Sulla responsabilità colposa nell’ambito dell’attività medico-chirurgica in <<équipe>>, in Foro it., 1983, II, p. 167 ss.; l’autore ritiene che si debba, invece, riconoscere la
responsabilità del medico allontanatosi dalla sala operatoria se <<l’errore dei medici che “chiusero” l’operazione fu determinato da una situazione di difficoltà conosciuta o conoscibile da parte del chirurgo>>.