CIRCOLAZIONE STRADALE
6. Possibilità di individuare una legittimazione costituzionale del principio di affidamento
Occorre interrogarsi sulla possibilità di riscontrare una convalida sul piano costituzionale del c.d. Vertrauensgrundsatz.
Alla luce di alcuni principi costituzionali ciò sembrerebbe, di fatto, possibile83. Un primo avvallo costituzionale all’operatività del principio di affidamento sembra riscontrabile nell’articolo 27, comma 1, Cost., laddove si prevede che
81 R. RUSSO, Sul principio di affidamento in materia di circolazione stradale, op. cit. 82
Tale configurazione offerta dalla giurisprudenza, in realtà, potrebbe spiegarsi tenendo conto della difficoltà di permettere al principio di affidamento di esplicare pienamente i suoi effetti nell’ambito della circolazione stradale proprio a causa dell’ampiezza della richiesta di prudenza imposta dalle norme del Codice della strada che impediscono al partecipante al traffico, anche in ragione dell’impersonalità dei soggetti con cui si relaziona, di poter confidare nella corretta condotta altrui e vedere così limitata la richiesta di diligenza a lui rivolta, possibilità che, date le stringenti premesse del contesto de quo, non potrà che essere concessa solo in caso di comportamenti eccezionali e imprevedibili.
<<La responsabilità penale è personale>>. L’applicazione del principio in esame, infatti, avrebbe proprio come obiettivo quello di rendere possibile, in ragione della divisione dei doveri relativi a certe attività, una corretta distribuzione delle responsabilità per colpa, impedendo di dover rispondere per imprudenze altrui e, di conseguenza, garantendo che ognuno sia da ritenersi responsabile solo per circostanze a lui realmente riconducibili. Ogni soggetto, infatti, in forza del principio in questione vedrà limitata la richiesta di diligenza a lui rivolta, non dovendo preoccuparsi di controllare il comportamento altrui e potendo, di regola, confidare sulla sua correttezza; ciò varrà fintanto che non si palesino indizi concreti circa la non conformità di tale condotta alle prescrizioni impartite, circostanza da cui deriverebbe un’estensione del dovere di diligenza del primo soggetto in ragione della quale neutralizzare le conseguenze dannose del comportamento di altri. Da ciò deriva che, nel caso in cui abbia legittimamente confidato nella condotta dei soggetti con cui interagisce, l’agente non dovrà rispondere delle eventuali conseguenze dannose ingenerate dal comportamento di altri; se così non fosse, infatti, si configurerebbe una responsabilità per fatto altrui, in contrasto con quanto disposto dall’articolo 27, comma 1, Cost.
Il principio di affidamento sembrerebbe, poi, trovare legittimazione anche alla luce dell’articolo 54, comma 1, Cost., che postula il dovere dei cittadini di osservare la Costituzione e le leggi84. A tale dovere di tutti i cittadini di rispettare le leggi conseguirà un’aspettativa dell’ordinamento stesso circa la loro effettiva osservanza da parte dei destinatari, aspettativa che, come si è visto, si rifletterà anche sui consociati che con essi si relazionano; la tutela del principio di affidamento deriverebbe, in tal senso, dal rispetto delle norme da parte dei consociati.
Un’ulteriore disposizione costituzionale che giustificherebbe l’esistenza del principio di affidamento è l’articolo 3, comma 1, Cost., che fonda il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge; da tale articolo si desume il meccanismo in ragione del quale l’aspettativa dell’ordinamento circa la produzione di un dato comportamento, prescritto dalla legge a un singolo consociato, si riverberi anche sugli altri che con quest’ultimo entrino in contatto.
Infatti, poiché dall’articolo 54, comma 1, Cost. deriva il fatto che l’ordinamento giuridico si attende il rispetto della legge e delle singole disposizioni, che esso pone, da parte dei destinatari, e poiché l’articolo 3, comma 1, Cost. sancisce l’uguaglianza di tutti i consociati, ne deriva che ciascun cittadino sa che, così come l’ordinamento si attende da lui il rispetto delle prescrizioni rivoltegli, allo stesso modo esso si attenderà il rispetto da parte degli altri consociati delle norme a loro indirizzate e, di conseguenza, ognuno potrà adeguare il proprio comportamento potendo confidare, alla luce del combinato disposto degli artt. 54, comma 1, e 3 comma 1, Cost., che gli altri rispettino i doveri a loro imposti.
Le norme costituzionali oltre a legittimare, secondo quanto esposto, la tutela del principio di affidamento permetterebbero anche di giustificare i limiti che ad esso sono posti. Si tratta di stabilire, in particolare, quali siano le disposizioni costituzionali idonee a dare rilievo all’impossibilità di avvalersi del principio di affidamento nei casi in cui è certo, o comunque riconoscibile, che coloro che sono tenuti all’osservanza di una certa norma non lo faranno85.
A tal fine, è necessario distinguere a seconda che l’eventualità che un individuo non si attenga alle regole di diligenza che lo riguardano sia o meno contemplata da una disposizione volta ad ampliare, nel caso in cui ciò accada, i doveri relativi ad un altro soggetto.
Qualora tale disposizione esista, la prevedibile inottemperanza alle pretese dell’ordinamento da parte di chi che ne è destinatario darà luogo ad un’estensione dei doveri di diligenza di chi con lui si rapporta. Così, ad esempio, nell’ambito della circolazione stradale, la circostanza che i pedoni che si trovino sul percorso tardino a scansarsi o diano segni di incertezza, nonostante essi siano destinatari di autonomi obblighi di comportamento alla luce dell’articolo 190 C.d.s., determinerà per l’automobilista che vi si imbatte l’ampliamento degli ordinari doveri di diligenza, obbligandolo a ridurre la velocità e, se del caso, anche a fermarsi (secondo quanto indicato dall’articolo 141 comma 4 C.d.s.).
Il dovere di compensare le altrui inosservanze nello svolgimento di un’attività pericolosa si configura come l’enunciazione normativa di un dovere di solidarietà
sociale, compreso tra quelli cui rinvia l’articolo 2 Cost. e si lega alla necessità di tutelare chi non è in grado di difendersi da certi pericoli rispettando le norme finalizzate a prevenirli, similmente a quanto avviene in caso di costituzione di una posizione giuridica di garanzia in capo ad un soggetto che sia tenuto a tutelare terzi in ragione della loro incapacità di prevenire e controllare specifici pericoli.
Diverso sarà il caso in cui non vi sia una norma che contempli la possibilità che il soggetto con cui ci si relaziona potrebbe non rispettare le norme di diligenza a lui rivolte; in tale circostanza sarà, quindi, necessario un diverso inquadramento costituzionale.
Si è visto come il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3, comma 1, Cost. sia idoneo a legittimare, in astratto, la possibilità di far affidamento sul fatto che gli altri consociati rispetteranno le norme ad essi rivolte; ebbene, quando emergano situazioni che pongano delle differenze tra i consociati dal punto di vista sostanziale, non ci si potrà richiamare al principio in questione e vedersi garantita la possibilità di confidare nella corretta condotta altrui. Infatti, può accadere che, pur permanendo una condizione di uguaglianza formale tra i consociati, a ciò si accompagni una differenza sostanziale in ragione della presenza in alcuni di essi di elementi che gli permettono di potere e dovere riconoscere la certa o verosimile inosservanza altrui. Di conseguenza, come l’uguaglianza formale legittima un’eguale ripartizione di doveri e di aspettative, allo stesso modo la diversificazione sul piano sostanziale impone di differenziare situazioni, appunto, diverse, in modo da garantire la reale applicazione del principio di uguaglianza. In ragione di ciò, sarà necessario estendere gli obblighi incombenti su coloro che si trovano in questa posizione differenziata, essendo venuto meno il presupposto di uguaglianza ex ante nei confronti di soggetti che, si sa o si potrebbe sapere, non adempiranno i propri doveri. È questa la situazione, ad esempio, del datore di lavoro che, nonostante abbia fornito una corretta formazione al lavoratore, secondo quanto stabilito dal d.lgs. n. 81/2008 e lo abbia assegnato a mansioni adeguate alle sua capacità, abbia motivo di dubitare della sua idoneità rispetto agli standard di sicurezza che da lui si pretendono; oppure la situazione del chirurgo che, alla luce di segnali di impaccio o difficoltà da parte dell’anestesista, debba dubitare della sua capacità di eseguire i propri compiti e
debba, quindi, intervenire al fine di neutralizzare possibili conseguenze negative della sua condotta.
Quando, dunque, le contingenze del caso portino ad una differenziazione dei soggetti interagenti, permettendo ad alcuni di riconoscere l’inosservanza altrui, non sarà possibile richiamarsi al principio di affidamento e, anzi, sarà necessario, al fine di garantire il riconoscimento di un’uguaglianza anche dal punto di vista sostanziale, postulare un’intensificazione e un ampliamento della propria diligenza, per impedire che si concretizzino i pericoli, da cui possono derivare eventi infausti, che l’altrui condotta scorretta potrebbe determinare.
CAPITOLO III
I
L PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO NELL’
ATTIVITÀMEDICO
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CHIRURGICASOMMARIO: 1. Le caratteristiche dell’attività medico-chirurgica plurisoggettiva e le diverse forme di collaborazione - 2. Le fonti normative relative agli operatori sanitari e i soggetti partecipanti all’attività medica plurisoggettiva - 2.1. Il dirigente di struttura complessa - 2.2. Il dirigente di struttura semplice e il dirigente sanitario alla prima assunzione - 2.3. Lo specializzando - 2.4. Il personale paramedico - 3. Il riparto di competenze e la posizione di garanzia del sanitario - 3.1. Inquadramento della posizione giuridica del sanitario alla luce della concezione formalistico-sostanziale - 4. La successione nella posizione di garanzia del sanitario - 4.1. La successione nelle attività inosservanti - 5. La responsabilità per colpa del medico e l’applicabilità del principio di affidamento - 5.1. Le regole cautelari in materia sanitaria - 5.2. La responsabilità penale del medico alla luce della riforma “Gelli-Bianco” - 6. I diversi modelli di cooperazione tra medici e le loro conseguenze sull’operatività del principio di affidamento - 6.1. La cooperazione orizzontale tra medici senza vincolo gerarchico: i sanitari appartenenti allo stesso reparto - 6.1.1. La collaborazione con medici di altro reparto aventi la medesima specializzazione: la cooperazione per consulto - 6.1.2. La collaborazione fra sanitari aventi diversa specializzazione: i rapporti tra chirurgo ed anestesista - 6.2. La cooperazione verticale tra medici con differente posizione gerarchica - 6.2.1. La responsabilità colposa del subordinato - 6.2.2. La responsabilità colposa del medico in posizione apicale - 6.2.3. La responsabilità per carenze strutturali ed organizzative - 6.3. La responsabilità nell’attività medico-chirurgica in équipe: la figura del capo-
équipe.
1. Le caratteristiche dell’attività medico-chirurgica plurisoggettiva e le