CIRCOLAZIONE STRADALE
4. La successione nella posizione di garanzia del sanitario
4.1. La successione nelle attività inosservant
L’impostazione esposta rappresenta la dimensione “fisiologica” della successione nelle posizioni di garanzia, caratterizzata dalla cessione di attività pericolose ma giuridicamente autorizzate, scevre da pregresse inosservanze cautelari. Rapportando ciò all’attività medico-chirurgica, emerge che all’atto del passaggio di consegne tra medici in eguale posizione gerarchica, in presenza di un corretto assolvimento dell’obbligo informativo e in assenza di precedenti violazioni cautelari, si avrà la successione nella posizione di garanzia, di modo che sul nuovo garante ricadrà l’onere dell’integrale gestione del bene giuridico affidatogli (la salute del paziente) con responsabilità esclusiva per eventuali eventi dannosi, con conseguente liberazione del cedente.
Tale distribuzione di responsabilità muta i suoi caratteri nei casi di c.d. successione in un’attività inosservante, detta anche successione “patologica”. Si tratta di situazioni in cui il garante originario cede al subentrante un’attività in cui egli stesso ha instaurato un fattore di rischio (superiore ai limiti connessi al normale esercizio dell’attività pericolosa) per il paziente oppure non ha eliminato i pericoli innestati dalla propria gestione. Una cessione dell’attività che avviene in presenza di una violazione di regole cautelari da parte del cedente, che ha attivato un fattore di pericolo che non si è ancora evoluto nella verificazione dell’evento lesivo al momento del passaggio delle consegne.
In tali contesti, l’individuazione del soggetto responsabile del successivo verificarsi dell’evento dannoso per il paziente, diventa particolarmente ardua e controversa. La disputa ruota intorno a tre astratte possibilità: far ricadere la responsabilità sul solo cedente, in quanto autore della violazione delle regole cautelari, ovvero sul cessionario, da cui si poteva attendere un’eliminazione delle violazioni cautelari commesse dal predecessore, oppure su entrambi i soggetti.
Quest’ultima è la posizione prevalentemente accolta dalla giurisprudenza che, in suddetti contesti, ritiene configurabile una responsabilità, a titolo colposo, in
primo luogo a carico del cedente (nonostante non fosse dotato dei necessari poteri impeditivi dell’evento, avendoli trasmessi al cessionario), poiché questi dovrebbe assicurarsi che il successore provveda all’eliminazione degli effetti negativi della sua condotta; in secondo luogo a carico del cessionario che, una volta subentrato nella posizione di garanzia, deve avere contezza dei fattori di rischio della situazione in cui si inserisce51. Il cedente, quindi, potrebbe essere chiamato a rispondere per fatti, realizzati almeno in parte durante lo svolgimento delle proprie funzioni; se, infatti, al momento della cessione sussistono inosservanze cautelari determinanti rispetto all’evento, la colpa non libererebbe il garante cessato dalla responsabilità per omesso impedimento dell’evento verificatosi dopo la successione nella posizione di garanzia. Secondo la Corte, in capo al soggetto cedente rimarrebbe una posizione di garanzia che trova fonte, non esplicitata, nella propria “precedente attività pericolosa”, che determinerebbe l’obbligo di impedire l’evento52
.
Tale teoria, tuttavia, non può trovare accoglimento, in quanto non conforme ai principi di legalità e di determinatezza; il suo riconoscimento da parte della giurisprudenza, inoltre, porta ad individuare una posizione di garanzia dalla portata sostanzialmente illimitata che vincolerebbe il garante originario, in quanto autore di una violazione di regole cautelari, ad un tutela ininterrotta del bene interessato53. La Suprema Corte in varie pronunce54 osserva che sul garante originario, il quale abbia instaurato (o non abbia rimosso) un fattore di rischio, permarrebbe l’obbligo di garanzia in ragione dell’impossibilità di applicare a suo favore il principio di affidamento; avendo violato alcune regole cautelari, il cedente non può confidare sul fatto che il successore ponga rimedio alle sue omissioni o elimini le violazioni commesse55; allo stesso modo anche il garante
51
Il principio è stato elaborato nella sentenza relativa al tragico disastro di Stava, da Cass. pen.
Sez. IV, 11 dicembre 1990, n. 4793.
52 Come rilevato da A. GARGANI, Ubi culpa, p. 625 ss. 53
Come sottolinea A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, cit., p. 37. L’autrice evidenzia che una ricostruzione teorica di tal guisa comporterebbe che <<per escludere la responsabilità del garante originario, che ha violato delle regole cautelari, non sarebbe sufficiente un passaggio di consegne informato ma sarebbe necessario, altresì che lo stesso elimini le fonti di rischio prima di cedere la cura del paziente ovvero che le stesse siano eliminate dal garante secondario>>.
54
Cass. pen. Sez. IV 11 dicembre 1990, n. 4793, Cass. pen. Sez. IV, 1 ottobre 1998, n. 11444, citate da A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 36 ss.
55 Tale impostazione è frutto di una confusione dogmatica in cui incorre la giurisprudenza; il
subentrato non potrebbe far affidamento sulla correttezza dell’operato del predecessore, a meno che non emergano indizi di senso opposto.
Anche quest’ultimo orientamento giurisprudenziale, tuttavia, non appare condivisibile. In particolare, non sembra corretto sostenere che il cedente, per non aver rispettato delle regole cautelari, sia chiamato a rimuovere direttamente le fonti di pericolo o gli effetti negativi della sua condotta, ritenendo che a questi continuino ad essere riferibili obblighi di impedimento di eventi lesivi del bene tutelato. Infatti, alla luce della successione nella posizione di garanzia, il garante originario ha trasmesso i propri poteri di intervento al subentrante, restandone privo; di conseguenza, essendo venuto meno l’originario obbligo giuridico di agire e avendo traferito i propri poteri, egli non potrà attivarsi per impedire personalmente l’evento dannoso. Dunque, una volta ceduta l’attività o la fonte di pericolo, il predecessore, nonostante la violazione di regole cautelari, perde la titolarità dell’obbligo di agire in funzione di impedimento dell’evento, che passa al successore, così che il primo non potrà mai essere chiamato a rispondere dell’evento in forma omissiva56
.
Alla luce di ciò, parte della dottrina57, contrapponendosi alla posizione della giurisprudenza, ha precisato che, nelle situazioni in esame, la posizione di garanzia del soggetto cedente permanga, subendo una modifica dei propri contenuti, restando in capo a costui un residuale obbligo di agire, non più finalizzato all’impedimento diretto dell’evento (o dell’altrui omissione) ma alla neutralizzazione dei fattori di rischio da egli stesso colposamente innestati58, dovendo questi rimediare alle deficienze della propria gestione. In tal modo, la
nelle sentenze viene richiamato per affermare la sussistenza del nesso di causalità; ciò risulta un errore metodologico in quanto determina una sovrapposizione tra omissione (obbligo giuridico) e momento omissivo della colpa (obbligo di diligenza), come osservato da A. PALMA, Paradigmi
ascrittivi, p. 38, e A. GARGANI, Ubi culpa, p. 619. 56
In tal senso, A. GARGANI, Ubi culpa, p. 642 ss. L’autore rileva, inoltre, che con la cessione della fonte di pericolo inficiata da inosservanze cautelari il predecessore non può rispondere di omesso impedimento dell’evento nemmeno a titolo concorsuale, poiché <<non sussistono i presupposto giuridici e fattuali necessari per posturale l’esistenza, in capo al cedente di una posizione di garanzia avente per oggetto l’obbligo di impedire l’altrui omissione impropria>>.
57 A. GARGANI, Ubi culpa, p. 643 ss., A. R. DI LANDRO, Vecchie e nuove linee, p. 261. 58 Ne consegue che il trasferimento dei poteri gestori non libera automaticamente il cedente da
ogni tipo di responsabilità; sebbene il cessionario abbia acquisito un potere di controllo corrispondente a quello del precedente titolare, il garante originario vede mutare il contenuto del proprio obbligo di garanzia, in ragione del trasferimento di poteri al cedente, similmente a quanto avviene in presenza di una delega di funzioni. In tal senso, A. GARGANI, Ubi culpa, p. 643 ss.
posizione di garanzia modificata è la conseguenza di una precedente attività colposa a cui non è seguito (ancora) l’evento; di conseguenza, si potrà postulare una colpa solo quando l’obbligo giuridico di rimozione dei fattori di rischio non venga adempiuto dal garante originario, nel qual caso egli risulterebbe responsabile della produzione del risultato in forma commissiva.
Dal momento che il cedente, mediante la successione, ha perso i poteri di controllo sulla fonte di pericolo, trasferendoli al cessionario, la neutralizzazione dei fattori di rischio da lui instaurati dovrà necessariamente passare attraverso l’intervento di chi è investito dei necessari poteri di controllo, vale a dire il nuovo garante. Ne consegue che il garante originario dovrà effettuare una neutralizzazione per così dire “mediata” delle fonti di pericolo; la modificata posizione di garanzia di cui è titolare gli impone di informare il suo successore delle caratteristiche di tali fonti di pericolo e delle esigenze di controllo da attuare, nonché di rivelargli eventuali vizi occulti della propria gestione, impossibili da conoscere altrimenti per il cessionario.
Dunque, non potendo il cedente rimuovere direttamente i rischi da lui creati, l’unico modo per raggiungere tale obiettivo sarà fornire al cessionario le informazioni necessarie affinché sia questi a provvedere. È questa la situazione davanti a cui ci si trova spesso nel campo della responsabilità medica per attività svolte in maniera diacronica; nel caso di trasferimento del paziente, ad esempio, il medico sarà tenuto ad informare il proprio successore delle peculiarità del caso clinico e delle procedure effettuate, in modo da permettere al secondo di garantire al meglio la salute del malato.
Una volta ceduta l’attività e assolto correttamente l’obbligo di informare il cessionario, il titolare originario potrà liberarsi della sua residua posizione di garanzia e andare esente da responsabilità in caso si verifichino eventi infausti, potendo questi far affidamento sul fatto che il successore, ora completamente edotto della situazione da gestire, sia in grado di far fronte ai vari pericoli che possono minacciare il bene tutelato59.
59 Merita, tuttavia, rilevare che parte della dottrina non condivide l’orientamento esaminato. In
particolare, A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 40, sottolinea la necessità di distinguere le situazioni di successione in attività inosservanti, e la eventuale responsabilità del cedente, a seconda che il rischio, instaurato dal cedente, possa o meno essere eliminato dal cessionario. L’autrice precisa che, nelle fattispecie colpose a struttura causale, la condotta tipica sia da
Per quanto riguarda, infine, la responsabilità del cedente (ad esempio il sanitario) in caso di inadempimento dell’obbligo di informazione, si profilano due possibili scenari: se il successore viola l’obbligo di rimuovere i fattori di rischio si avrà un concorso di condotte colpose indipendenti (aggiungendosi la condotta colposa del subentrante a quella, parimenti colposa, del garante originario), mentre se egli, non essendo stato informato, si attiene alla propria posizione di garanzia (non potendo conoscere il rischio esistente), si configurerà per il cedente, nel caso di verificazione di evento dannoso, una responsabilità a titolo mono- soggettivo commissivo colposo60.
Non sarebbe, invece, possibile, in questi casi, configurare una cooperazione colposa. Ai fini della configurabilità dell’ipotesi concorsuale tipizzata dall’art. 113 c.p., infatti, oltre alla realizzazione di condotte oggettivamente e soggettivamente colpose, occorre la consapevolezza di concorrere con altri nella realizzazione di tali condotte inosservanti. Dunque, poiché la condotta colposa del garante (si pensi ad un’erronea trasfusione di sangue) avviene in un momento precedente, rispetto al passaggio di consegne ed alla condotta colposa del cessionario, non potrà esservi alcuna consapevolezza di interagire con l’altrui omissione impropria61.
5. La responsabilità per colpa del medico e l’applicabilità del principio di