CIRCOLAZIONE STRADALE
4. Limiti all’operatività del principio di affidamento
È necessario, a questo punto, valutare i limiti all’applicabilità del principio di affidamento.
Si è visto che il Vertrauensgrundsatz postula che ciascun agente, a seconda dell’ambito in cui opera, può, di regola, confidare che il comportamento dei soggetti con cui interagisce sia conforme alle regole di diligenza che li riguardano e che il principio in esame trova, per come configurato, fondamento negli stessi criteri che servono all’individuazione delle regole di diligenza. Chi svolge una certa attività garantisce di essere in grado di agire come il modello di agente che svolga la medesima attività così che gli altri consociati possano regolare il proprio comportamento confidando sul fatto che chi esegue quell’attività si uniformerà al
44 I cui rapporti vengono delineati dall’art. 2381, comma 2 e seguenti, c.c.
45 Per tali rilievi v. A. ALESSANDRI e S. SEMINARA, Diritto penale commerciale. I principi generali, vol. I, Torino, Giappichelli, 2018, p. 76 ss.
suo doveroso standard di diligenza46, rispecchiando in questo senso l’aspettativa dell’ordinamento giuridico stesso a che le regole da esso poste vengano correttamente rispettate e siano, quindi, dotate di efficacia.
Orbene, tale affidamento non potrà considerarsi in ogni caso meritevole di tutela e, per ciò stesso, limitare la richiesta di diligenza indirizzata al soggetto interessato permettendo un’esenzione da responsabilità di costui in ragione dell’impossibilità di configurare una sua rimproverabilità alla luce delle circostanze concrete in cui si è trovato ad agire.
Tale tutela, infatti, non è apprestata a favore di qualsivoglia affidamento ma soltanto di un affidamento fondato, motivato e giustificato; viceversa in presenza di un affidamento cieco, in cui l’aspettativa non venga suffragata da elementi positivi di conferma, non si potrà giungere a dichiarare un’esenzione da responsabilità del soggetto.
Per comprendere le ragioni sottese ai limiti al principio in oggetto è necessario partire da due differenti configurazioni dell’affidamento.
In generale, si parla di “affidamento fondato”, dunque giustificato e meritevole di tutela, quando all’atto di prestarlo il soggetto ottemperi ai doveri di attenzione e controllo, a lui imposti dalle regole di diligenza, delle circostanze concrete che lo giustificano; in altri termini, egli non fruirà della tutela garantita dall’ordinamento alla sua aspettativa quando il mancato assolvimento di questi obblighi di verifica, fa sì che la sua attesa circa il futuro comportamento altrui sia da ritenersi ingiustificata. Più precisamente, non sarà possibile qualificare come fondato l’affidamento sul corretto comportamento di terzi quando dapprima il soggetto abbia violato una regola di condotta che lo obbligava a prevedere il possibile comportamento inosservante altrui alla luce delle contingenze concrete; in tale situazione l’agente non potrà, di conseguenza, far affidamento sul fatto che altri evitino la realizzazione del pericolo da egli stesso creato violando la norma cautelare.
L’affidamento sarà ritenuto fondato nelle situazioni in cui due o più persone siano poste nella condizione di potersi vicendevolmente controllare, a prescindere da qualsiasi mediazione di carattere normativo, avendo l’uno contezza del
46 MARINUCCI G., DOLCINI E., GATTA G.L., Manuale di diritto penale, Parte Generale,
comportamento dell’altro, di modo che possano valutare le circostanze concrete in base alle quali formulare un giudizio prognostico relativo all’azione della controparte; di conseguenza, verrà tutelata l’aspettativa, circa la circostanza che l’altro soggetto terrà il comportamento che da lui l’ordinamento si attende, in ragione del fatto che tale aspettativa è il risultato del precedente assolvimento di un generico dovere di analizzare le condizioni del proprio agire e non risulti, pertanto, cieca.
L’affidamento può, poi, assumere una differente fisionomia in presenza di date situazioni, configurandosi come “affidamento necessario”47. Quest’ultimo si caratterizza per il fatto che colui, che confida sulla conformità ai doveri di diligenza del comportamento di altri, si trova nella posizione di dover necessariamente attendere quel comportamento, in ragione di un suo deficit di conoscenza, che non gli permette di controllare e valutare la condotta altrui.
Tale affidamento necessario, così denominato proprio in ragione dell’invincibile esigenza di confidare sulla diligenza di altri, si verifica in presenza di situazioni caratterizzate da mancanza o inferiorità di conoscenze tecniche dell’agente rispetto al soggetto su cui deve far affidamento ma anche in contesti in cui tale mancanza di conoscenze si leghi al carattere anonimo dei soggetti con cui si interagisce.
Il settore che, per antonomasia, si caratterizza per l’impossibilità di conoscere i soggetti con cui ci si relaziona, e, di conseguenza, per l’impossibilità di presagirne la condotta, è quello della circolazione stradale: la mancata conoscenza dell’identità degli altri partecipanti determina la necessità di dover partire dall’assunto della loro conformità alle regole di comportamento.
In entrambi i casi di affidamento necessitato, non è soltanto la citata mancanza di possibilità di conoscere e controllare l’agire altrui che autorizza e legittima l’aspettativa circa il rispetto delle regole di diligenza indirizzate agli altri soggetti, ma anche la circostanza che già sul piano normativo è la formulazione stessa di una regola di diligenza a far sorgere, nell’ordinamento e di riflesso in ogni consociato, l’aspettativa che il destinatario vi si conformi. Tuttavia, benché si
definisca “affidamento necessario”, tale espressione non sta ad indicare che esso sia sempre giustificato ed autorizzato.
Infatti, per entrambi i tipi di affidamento, fondato e necessitato, nonostante la loro differenziazione teorica, è possibile individuare dei limiti48 alla meritevolezza della loro tutela, ossia dei requisiti che l’affidamento del singolo deve presentare per poter godere di protezione giuridica.
Un primo limite49 all’operatività del Vertrauensgrundsatz si configura in presenza di circostanze o indizi concreti che, nella situazione di fatto, portino a ritenere che l’agire altrui sia difforme da quello atteso sulla base delle prescrizioni normative di diligenza e a prevedere, di conseguenza, che a ciò potrà conseguire il verificarsi dell’evento dannoso che la norma cautelare era finalizzata ad evitare.
Tale situazione determinerà a carico del soggetto, che riponeva fiducia nel corretto agire altrui, il dovere di adattare la propria condotta alle circostanze effettive (da cui deriva un ampliamento del proprio dovere di diligenza) e neutralizzare le conseguenze dannose dell’inosservanza di altri. Ciò significa che l’agente non potrà più assumere a orientamento della propria condotta le aspettative a base astratta promananti dalle regole cautelari ad altri rivolte ma dovrà, viceversa, sostituirle con i dati emergenti dal contesto concreto.
Suddetto dato ha una valenza ben precisa sul terreno della colpa e dei doveri di cui il fatto colposo rappresenta la violazione.
Nella teoria della colpa, infatti, la riconoscibilità e prevedibilità, della realizzazione di un fatto corrispondente alla fattispecie, da cui sorge per il singolo l’obbligo di impiegare la diligenza necessaria ad evitarne la verificazione, viene posta in correlazione alle conoscenze riferibili a un individuo coscienzioso e appartenente al medesimo gruppo sociale del soggetto, vale a dire un agente modello. Tali conoscenze, tuttavia, andranno necessariamente integrate con le informazioni supplementari di cui l’agente concreto disponeva in ragione della situazione di fatto in cui si è trovato ad operare.
Quanto delineato significa che il portatore dell’obbligo di diligenza, che interagisca con altri soggetti destinatari di prescrizioni cautelari finalizzate ad
48 M. MANTOVANI, Il principio, p. 155 ss. e M. MANTOVANI, Sui limiti del principio di affidamento, in Ind. pen., 1999, p. 1196 ss.
impedire lo stesso tipo di evento che egli è chiamato ad evitare, potrà in generale far legittimo affidamento, riflettendo l’aspettativa dell’ordinamento stesso, circa il fatto che anche gli altri soggetti rispetteranno le norme di diligenza che li riguardano. Ciò sarà possibile fintanto che le circostanze concrete in cui opera l’agente non forniscano indizi precisi in base ai quali sarà oggettivamente prevedibile che gli altri soggetti non rispetteranno i propri obblighi, così da rendere riconoscibile il verificarsi dell’evento che la norma cautelare mirava a prevenire. Queste conoscenze supplementari, fornite all’agente dalla situazione concreta, determineranno il venir meno della fondatezza della sua aspettativa e, viceversa, produrranno l’insorgere in lui di un ulteriore dovere di impiegare la diligenza necessaria al fine di neutralizzare le conseguenze dannose dell’illecita condotta altrui, dovendo altrimenti ritenersi responsabile in concorso con gli altri soggetti per l’evento dannoso eventualmente verificatosi.
In tali casi, quindi, l’affidamento dovrà cedere il passo al dovere cautelare aggiuntivo di tenere una condotta che, in condizioni normali, sarebbe risultata estranea alle regole di diligenza50; così, ad esempio, il conducente dovrà ridurre fortemente la velocità ed eventualmente arrestare il veicolo per dare precedenza a chi non ne aveva diritto, nel momento in cui si renda conto che quest’ultimo non rispetterà il proprio obbligo di dar precedenza; del pari, il chirurgo dovrà personalmente verificare l’attendibilità delle informazioni fornitegli dall’anestesista, se precedenti esperienze negative o imprecisioni manifestate durante l’operazione portino a ritenere non affidabile il suo operato; il direttore dei lavori che, a seguito di una verifica personale in cantiere, si avveda che i lavoratori non erano protetti dalle misure di sicurezza che aveva richiesto al preposto di far adottare, lo richiamerà ai propri doveri di diligenza e si accerterà, periodicamente, dell’avvenuta adozione di quelle misure.
Il principio di affidamento incontra poi un secondo limite, posto da parte della dottrina51, nei casi in cui, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p., l’agente ricopra una posizione giuridica di garanzia ed abbia dunque un obbligo di protezione, finalizzato ad impedire eventi lesivi dell’altrui vita o integrità fisica, o un obbligo
50 G.A. DE FRANCESCO, Diritto penale, I Fondamenti, Torino, Giappichelli, 2008, cit., p.
444.
di controllo, posto al fine di presidiare certe forme di pericolo che possano provocare effetti lesivi in danno di terzi. In tal senso, il Vertrauensgrundsatz si atteggerebbe differentemente in relazione ai reati omissivi impropri52.
Si è visto come, nelle ipotesi di colpa commissiva, l’aspettativa, circa il corretto adempimento degli altrui doveri di diligenza, riposta dal titolare di un obbligo della medesima natura, sia da ritenersi meritevole di una tutela tendenziale da parte dell’ordinamento, tutela la cui fondatezza viene meno in presenza di circostanze concrete che inficino la legittimità di tale attesa e determino l’espansione dei doveri di diligenza.
Diversamente accadrebbe, secondo l’opinione di M. Mantovani, in presenza di fattispecie omissive, dove chiunque, destinatario di un certo obbligo di diligenza, si trovi a rapportarsi col garante, dovrebbe poter godere di un’aspettativa, circa il fatto che questi rispetti i doveri legati alla posizione di garanzia di cui è titolare, in modo assoluto ed incondizionato53. In questi casi, dunque, sarebbe possibile riporre legittimo affidamento sull’assolvimento degli obblighi che riguardano il garante, mentre, viceversa, quest’ultimo non potrebbe richiamare a proprio favore la possibilità di far affidamento sul diligente comportamento dei soggetti che è giuridicamente tenuto a proteggere. Questa circostanza emergerebbe in modo evidente nel caso in cui la posizione di garanzia determini un obbligo di controllo su una determinata fonte di pericolo.
Rispetto a suddetta posizione di garanzia, infatti, chiunque venga a contatto col garante sarebbe autorizzato a fare completo affidamento sul fatto che questi adempia gli obblighi legati alla situazione di signoria esclusiva su una data fonte di pericolo, dal potere di incedere sulla quale i terzi sono esclusi. Le eventuali conoscenze superiori che altri soggetti possano avere circa singoli fattori relativi alla fonte di pericolo, su cui si estende la posizione di garanzia, non potranno fondare responsabilità in relazione ai fatti che da questi fattori derivino. In questi casi, infatti, l’oggettiva impossibilità di ingerirsi in ambiti riservati all’esclusiva sfera di signoria di altri giustificherebbe l’assoluta tutela dell’aspettativa circa il fatto che il garante adempia i propri obblighi; essendo impossibile interferire con la fonte di pericolo, il singolo non potrà far altro che confidare sul fatto che il
52 Secondo quanto esposto da M. MANTOVANI, Il principio, p. 164 ss. 53 M. MANTOVANI, Il principio, p. 163.
garante appresti le misure necessarie a impedire la lesione dei beni giuridici tutelati.
Da tale impostazione deriverebbe una netta distinzione tra obbligo di diligenza, la cui violazione segna il momento omissivo delle ipotesi di colpa commissiva, e obbligo di controllo, la cui violazione segna il primo passo della tipicità dei reati omissivi impropri. Nel primo caso, l’aspettativa che l’esistenza di un obbligo di diligenza in capo ad altri soggetti ingenera in chi con essi interagisce è da ritenersi tendenziale, in quanto suscettibile di essere rimossa in presenza di indizi concreti, e non possiede valenza liberatoria poiché, in caso di riconoscibilità del comportamento inosservante altrui, il soggetto che con questi si rapporta avrà il potere di incidere sulla situazione di pericolo che la violazione dell’obbligo di diligenza può determinare. Nel secondo caso, viceversa, l’aspettativa non potrebbe mai essere rimossa, anche qualora i terzi vengano a conoscenza di inadempienze del garante, in quanto mancherà il potere di prevenirne gli effetti.
Questa la posizione elaborata, inizialmente, da M. Mantovani nella sua analisi del principio di affidamento.
Tuttavia, la dottrina non è unanime nel riconoscere alla posizione di garanzia una portata tanto estesa da impedire in ogni caso la possibilità di affidamento da parte del suo titolare, diversamente da quanto sostenuto a livello giurisprudenziale, e lo stesso M. Mantovani ha modificato la propria impostazione in materia. Nella parte finale della sua opera54, egli stempera la rigida posizione precedentemente assunta, circa l’impossibilità di veder operare il principio di affidamento in presenza di posizioni giuridiche di garanzia, ritenendo di dover differenziare due tipi di situazioni. Nel caso in cui il soggetto destinatario della tutela, sia da ritenersi totalmente incapace di salvaguardare i beni giuridici di sua spettanza, questa sua condizione precluderebbe ab origine che si possa contare sulla di lui osservanza di regole cautelari che intendono preservarlo dai pericoli che lo possono minacciare e, di conseguenza, impedirebbe in toto la possibilità per il garante di far affidamento sulla correttezza della sua condotta, dovendo quest’ultimo sempre intervenire per impedire il verificarsi di eventi infausti.
Differente, invece, risulterebbe essere la situazione in cui, pur sussistendo una posizione giuridica di garanzia, il soggetto che usufruisce di essa sia da considerarsi parzialmente capace di far fronte ad alcuni pericoli che possono riguardarlo: in questo caso il garante potrà tendenzialmente far affidamento sul rispetto da parte di questi delle regole cautelari finalizzate a impedire pericoli che è in grado di fronteggiare, mentre dovrà necessariamente intervenire in presenza di pericoli che il soggetto tutelato non è in grado di contrastare.
L’esempio paradigmatico, da cui muove la riconsiderazione di M. Mantovani, è quello del lavoratore: essendo questo un soggetto parzialmente capace di tutelarsi, in ragione dei precisi doveri di sicurezza (ex art. 20 d.lgs. n. 81/2008) cui è destinatario e della formazione ricevuta dal datore di lavoro, da ciò consegue la possibilità per il titolare della posizione di garanzia, in particolare il datore di lavoro, di far affidamento sull’osservanza degli obblighi su di lui incombenti.
In tal modo, sarebbe possibile mitigare il rigido limite posto all’operatività del principio di affidamento in presenza di posizioni giuridiche di garanzia, distinguendo le situazioni concrete in relazione alle capacità del soggetto tutelato; quando l’incapacità è soltanto parziale, bisognerà ammettersi la possibilità dell’affidamento del garante sul corretto adempimento degli obblighi del soggetto protetto, circoscritto alla sfera di capacità di questi.
In relazione alle posizioni giuridiche di garanzia, il rischio paventato da alcune posizioni dottrinali55 è che si determini, solamente in ragione dell’esistenza di tale ruolo dal punto di vista formale, una responsabilità per posizione. Per evitare tali derive applicative la dottrina sottolinea come sia necessario, oltre alla verifica della sussistenza di una posizione giuridica di garanzia di derivazione legale, tener conto dei reali poteri di prevenzione e impedimento, di cui il garante disponeva nel momento in cui si è verificato l’evento dannoso; non si può prescindere, quindi, dal valutare la corrispondenza alla qualifica formale di adeguati poteri di
55
In generale, C. SILVA, Responsabilità colposa e principio di affidamento. La controversa
applicazione nell’attività medica di équipe, in Studi in onore di Mauro Ronco, a cura di E.M.
AMBROSETTI, Torino, Giappichelli, 2017; G.A. DE FRANCESCO, Diritto penale, I
Fondamenti, op. cit., MARINUCCI G., DOLCINI E., GATTA G.L., Manuale di diritto penale, Parte Generale, op. cit., FIANDACA G., MUSCO E., Diritto Penale, Parte Generale, op. cit., A.
MASSARO, Principio di affidamento e “obbligo di vigilanza” sull’operato altrui: riflessioni in
materia di attività medico-chirurgica in équipe, in Cass. pen., fasc. 11, 2011, p. 3857 ss., nota a Cass. pen. Sez. IV, 2 aprile 2010, n. 19637, da DeJure.
intervento e strumenti di neutralizzazione del pericolo. In particolare, relativamente alle posizioni di garanzia che postulano un obbligo di controllo in capo al garante, non è possibile ritenerlo responsabile, nel caso in cui si verifichino eventi infausti, per il solo fatto di ricoprire tale posizione, qualora si accerti che abbia adeguatamente adempiuto i propri obblighi al fine di prevenire ed impedire tali eventi. Tale situazione si configura, in particolare, in relazione a soggetti posti in una situazione di superiorità gerarchica rispetto a coloro con cui cooperano; in questi casi il previo assolvimento di un compito funzionale all’osservanza da parte di altri delle regole cautelari che a essi competono e la predisposizione di strumenti funzionali alla verifica del loro corretto adempimento potrà, di regola, garantire il corretto assolvimento del dovere di controllo che li riguarda e, di conseguenza, porre le premesse per giustificare l’applicabilità del principio di affidamento.
Si pensi, in primo luogo, al datore di lavoro, che è titolare di una posizione giuridica di garanzia a tutela dei soggetti a lui subordinati, e (alla sua fiducia nel) all’adempimento dei propri doveri di diligenza da parte dei lavoratori, i quali risultano di per sé destinatari di specifici obblighi, secondo quanto disposto dall’art. 20 d.lgs. n. 81/2008. Il datore di lavoro ha il dovere di attuare le misure di sicurezza previste nel T.U.S.L., di informare i lavoratori sui rischi specifici derivanti dallo svolgimento delle proprie mansioni, di esigere il rispetto delle disposizioni impartite, di vigilare sul comportamento dei lavoratori e di formarli, informarli e addestrarli alle proprie mansioni. Qualora il datore di lavoro abbia correttamente adempiuto tali obblighi, in particolare quello di vigilanza, eventualmente individuando soggetti idonei al controllo dei lavoratori (non potendo, naturalmente, chiedersi un suo controllo personale e continuo), potrà, nonostante la titolarità di una posizione di garanzia, far affidamento sul corretto svolgimento dei propri compiti da parte dei lavoratori e dei soggetti preposti al loro controllo, a meno che non si palesino elementi in senso opposto, e potrà non essere rimproverabile a titolo di colpa. Questo, da un punto di vista teorico: nella prassi, infatti, la posizione di garanzia facente capo al datore di lavoro è ritenuta particolarmente stringente e solo in caso di comportamenti anomali ed eccezionali dei lavoratori la giurisprudenza gli ha riconosciuto un’esenzione da responsabilità.
Un’altra situazione in cui sarebbe possibile garantire l’operatività del principio di affidamento, nonostante la titolarità di una posizione di garanzia da parte del soggetto, riguarda l’attività medico-chirurgica e, in particolare, la figura del capo-
équipe.
Il capo dell’équipe, di solito un primario ospedaliero, oltre a selezionare in modo oculato i propri collaboratori (rischiando altrimenti un rimprovero a titolo di
culpa in eligendo) deve premurarsi di informarli ed istruirli adeguatamente circa
le condotte da tenere, stabilendo le direttive opportune e vigilando di massima circa il loro adempimento da parte dei sottoposti. Se avrà adempiuto correttamente questi suoi doveri, fermo restando che egli abbia correttamente assolto anche gli atti che rientrano nei suoi compiti specifici, potranno delinearsi i presupposti per un suo legittimo affidamento sul corretto svolgimento delle mansioni assegnate, fintanto che non emergano segnali che portino a dubitarne.